Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 28346 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 28346 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 25/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso 19243-2022 proposto da:
COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, nella loro qualità di eredi di COGNOME NOME, rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrenti –
contro
RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME, NOME, NOME COGNOME, NOME PREDEN;
– resistente con mandato –
Oggetto
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud. 17/09/2025
CC
avverso la sentenza n. 79/2022 della CORTE D’APPELLO DI LECCE SEZIONE DISTACCATA DI TARANTO, depositata il 01/02/2022 R.G.N. 306/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 17/09/2025 dal AVV_NOTAIO.
R.G. 19243/22
Rilevato che:
Con sentenza n.79/22, la Corte d’appello di Lecce sezione distaccata di Taranto, accoglieva parzialmente il gravame proposto da COGNOME NOME avverso la sentenza del tribunale di Taranto che aveva riconosciuto il diritto di quest’ultimo alla rivalut azione contributiva con riferimento al periodo 1.1.9331.5.2001, condannando l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE alla ricostituzione della posizione contributiva e al pagamento delle differenze sui ratei di pensione, a far data dal 1.7.2010.
La Corte d’appello accoglieva parzialmente il gravame del COGNOME, ritenendo non ravvisabile la decadenza triennale per nessun rateo, durante la vigenza dell’art. 38 del DL n. 98/11 e, trattandosi di differenze non maturate prima della domanda, doveva considerarsi operante il previgente ordinario termine di prescrizione decennale, con esclusione dei ratei anteriori al decennio, rispetto alla data della domanda giudiziale. In riferimento alle spese di lite, compensava per un terzo le competenze giudizial i e condannava l’RAGIONE_SOCIALE al rimborso dei residui due terzi che liquidava nell’importo complessivo di € 600,00, oltre accessori di legge.
Avverso tale sentenza, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, nella qualità di eredi di COGNOME NOME, hanno proposto ricorso per cassazione sulla base di tre motivi, illustrati da memoria.
L’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE pur intimato, non ha spiegato difese scritte.
Il collegio riserva ordinanza, nel termine di sessanta giorni dall’adozione della decisione in camera di consiglio.
Considerato che:
Con il primo motivo di ricorso, i ricorrenti denunciano la violazione e falsa applicazione degli artt. 91, 112 e 132 c.p.c., dell’art. 111 Cost. e dell’art. 5 del DM n. 55 del 2014, in relazione all’art. 360 primo comma n. 3 c.p.c., per essersi la Corte d’ appello discostata dal limite minimo stabilito dal DM n. 55, cit.
Con il secondo motivo di ricorso, i ricorrenti denunciano la violazione e falsa applicazione dell’art. 2233 c.c., in relazione all’art. 360 primo comma n. 3 c.p.c., perché la liquidazione di un compenso di € 600,00 per un giudizio dinanzi alla Corte d’appe llo è offensivo della dignità personale.
Con il terzo motivo di ricorso, i ricorrenti denunciano la violazione e falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c. e degli artt. 2, 4. 5 e 6 del DM n. 55/14, per avere la Corte territoriale sottostimato il valore della causa.
Il primo, secondo e terzo motivo, che possono essere oggetto di un esame congiunto, sono fondati.
Infatti, secondo la giurisprudenza di questa Corte, ‘Ai fini della liquidazione delle spese processuali a carico della parte soccombente, il giudice non può in nessun caso diminuire oltre il 50% i valori medi delle tabelle allegate alle tariffe forensi’ (Cass. n. 19049/25) .
Nella specie, la Corte d’appello, senza indicare lo scaglione di riferimento, non ha motivato in alcun modo, la liquidazione delle spese sotto i minimi tabellari, anche in caso di scaglione sino a € 5.200,00 e non ha tenuto conto che rispetto al DM n. 55/ 14, il quadro normativo ha poi subito un’ulteriore variazione a seguito dell’emanazione del D.M. n. 37 del 2018, entrato in
vigore il 27 aprile 2018, che ha modificato solo alcune delle previsioni del D.M. n. 55 del 2014. Ai fini che rilevano, la modifica ha integrato i parametri per la determinazione dei compensi, sia per l’attività giudiziale che per quella stragiudiziale (rispettivamente artt. 4 e 19) precisando che la riduzione, rispetto al valore medio di liquidazione non può essere superiore alla misura del 50 % (per la sola fase istruttoria fino al 70 %) mentre l’aumento può essere anche superiore alla percentuale fissata di regola nell’80 %, eliminando per il potere di riduzione l’espressione “di regola” che aveva appunto giustificato l’interpretazione volta a consentire, sia pure con motivazione, la liquidazione anche al di sotto dei minimi tariffari. La significatività della modifica del testo delle norme richiamate si ricava anche dalle argomentazioni spese dal Consiglio di Stato nel parere reso sullo schema del decreto del 2018 (parere numero 02703/2017 del 27/12/2017), nel quale si sottolinea come tra gli obiettivi del Ministero vi fosse anche quello di “superare l’incertezza applicativa ingenerata dalla possibilità, nell’attuale sistema parametrale, che il giudice provveda alla liquidazione del compenso dell’avvocato senza avere come riferimento alcuna soglia numerica minima, rendendo inadeguata la remunerazione della prestazione professionale”, limitando quindi “…. il perimetro di discrezionalità riconosciuto al giudice, individuando delle soglie minime percentuali di riduzione del compenso rispetto al valore parametrico di base al di sotto delle quali non è possibile andare”. Nel parere, inoltre, si rimarcava come la modifica proposta non si palesasse in contrasto neanche con la normativa Europea in materia anche alla luce delle argomentazioni contenute nella sentenza n. 427 del 23 novembre 2017 della Corte di Giustizia dell’Unione Europea. Nella specie, si segnalava che, rispetto alla vicenda
vagliata dal giudice Eurounitario, il provvedimento che fissa i parametri, oltre che essere adottato non da un’organizzazione di rappresentanza della categoria forense ma dal Ministro della giustizia, rispondeva anche all’esigenza di perseguire precisi criteri d’interesse pubblico stabiliti dalla legge quali la trasparenza e l’unitarietà nella determinazione dei compensi professionali.
Al fine dell’indicazione dei valori minimi, per una controversia di natura previdenziale, può farsi riferimento alle statuizioni di altro precedente di questa Corte (Cass. n. 32551/22) secondo cui, nella fattispecie, nella quale pacificamente viene in rilievo una prestazione previdenziale e non assistenziale, ai fini della determinazione del valore della causa si deve applicare il criterio previsto dall’art.13, comma 1°, cod. proc.civ. e, pertanto, s e il titolo è controverso il valore si determina in base all’ammontare delle somme dovute per dieci anni (Cass. S.U. n. 10455/2015) e lo scaglione di riferimento è quello inerente alle controversie di valore compreso fra € 26.000,01 ed € 52.000,00 ed i parametri minimi stabiliti, computando tre fasi per il procedimento di istruzione preventiva e quattro per la causa di merito vanno individuati rispettivamente in € 1.212,00 (risultanti dalla somma di € 472,50 per studio della controversia, € 375,00 per la fase introduttiva del giudizio ed € 364,00 per la fase istruttoria e/o di trattazione, dovendosi ridurre le prime due del 50% e la terza del 70%, ai sensi dell’art. 4, d.m. n. 55/2014) e, trattandosi di causa inquadrabile nella tab. 4 (cause di previdenza), in € 3903,00 per il giudizio di merito (risultanti dalla somma di € 810,00 per la fase di studio, € 373,50 per la fase introduttiva del giudizio, € 769,50 per la fase istruttoria e/o di trattazione ed € 1750,00 per la fase decisionale, dovendosi ridurre le prime due e la fase decisionale
del 50% e la fase istruttoria del 70%, ancora ai sensi dell’art. 4 d.m. n. 55/2014, cit.).
Le spese andranno tuttavia liquidate all’attualità (cfr. Cass. n. 2450/23), secondo le tabelle vigenti al momento della liquidazione.
Pertanto, il ricorso va accolto e la sentenza va cassata e la causa va rinviata alla Corte d’appello di Lecce, affinché, alla luce dei principi sopra esposti, riesamini il regime di regolamentazione delle spese alla luce del corretto scaglione di riferimento.
P.Q.M.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Accoglie il ricorso.
Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Lecce, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 17.9.2025
Il Presidente AVV_NOTAIOssa NOME COGNOME