Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 487 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 487 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 09/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 7590/2023 R.G. proposto da:
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore , domiciliato ex lege in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO), che lo rappresenta e difende in forza di legge ; -ricorrente- contro
NOME, NOME e NOME, quali eredi di NOME, NOMECOGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOME e NOME COGNOME
-intimati-
avverso il DECRETO della CORTE D’APPELLO di POTENZA n. 371/2020 depositato il 2.2.2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 9.7.2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE
Con decreto n. 228/2020 il Consigliere delegato della Corte d’Appello di Potenza, accogliendo parzialmente la domanda di equa riparazione per l’eccessiva durata della procedura fallimentare della società RAGIONE_SOCIALE ex RAGIONE_SOCIALE (aperta con sentenza del Tribunale di Potenza del 25.6.1999 e chiusa il 16.1.2020), riconosceva una durata illegittima della procedura, dalla data di ammissione al passivo alla data di chiusura del fallimento, di 15 anni, e liquidava a favore di COGNOME NOME, COGNOME Francesco GiovanniCOGNOME NOME e NOME l’indennizzo di € 4.000,00 ciascuno, ed a favore di NOME NOME e NOME, quali eredi di NOME, l’indennizzo complessivo di € 3.600,00, oltre ad interessi legali dalla domanda e spese.
A seguito di opposizione ex art. 5 ter L. 89/2001 degli originari istanti, che ribadivano la richiesta di un indennizzo di € 14.200,00 ciascuno con incremento ex art. 2 bis della L. n. 89/2001, il Ministero della Giustizia chiedeva il rigetto dell’opposizione, ritenendo congruo l’indennizzo liquidato, e chiedeva di considerare la procedura dell’opposizione n. 371/2020 RGVG, unitariamente alla procedura di equa riparazione n. 383/2020 RGVG, promossa dallo stesso difensore degli opponenti a favore di altri soggetti ammessi al passivo della medesima procedura fallimentare, ai fini della liquidazione delle spese.
La Corte d’Appello di Potenza col decreto n. 46/2023 accoglieva parzialmente l’opposizione, revocando il decreto opposto, e condannava il Ministero della Giustizia al pagamento in favore di COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e NOME
Donato di un indennizzo di € 6.000,00 ciascuno, ed in favore degli eredi di NOME, pro quota, di un indennizzo complessivo di € 5.200,00, sempre oltre interessi legali dalla domanda al saldo.
Quanto alle spese processuali, la Corte d’Appello le dichiarava compensate tra le parti per 2/3 e condannava il Ministero della Giustizia al pagamento del terzo residuo in € 1.665,66 (1/3 di € 4.997,00), oltre IVA, CA e rimborso spese generali del 15% ed € 27,00 per spese, da distrarre in favore del legale antistatario degli opponenti, avv. NOME COGNOME applicando lo scaglione del D.M. n. 55/2014, aggiornato dal D.M. n. 147/2022, per le cause civili della Corte d’Appello fino ad € 260.000,00, facendo riferimento all’importo complessivo delle pretese di indennizzo, con esclusione della voce relativa alla fase di trattazione.
Avverso il decreto collegiale della Corte d’Appello di Potenza ha proposto ricorso a questa Corte, notificato al legale domiciliatario degli opponenti il 4.4.2023, il Ministero della Giustizia, affidandosi a due motivi, mentre gli opponenti sono rimasti intimati, e non sono state depositate memorie ex art. 380 bis.1 c.p.c.
1) Col primo motivo il Ministero lamenta, in relazione all’art. 360, comma primo n. 4) c.p.c., la violazione dell’art. 112 c.p.c., dolendosi che la Corte d’Appello non si sia pronunciata sulla richiesta, che aveva formulato nel giudizio di opposizione, di procedere ad una valutazione unitaria insieme alla procedura di equa riparazione n. 383/2020 RGVG, promossa dal medesimo avv. NOME COGNOME per altri clienti ammessi al passivo fallimentare della stessa società RAGIONE_SOCIALE, ex RAGIONE_SOCIALE, ai fini della liquidazione delle spese processuali, richiamando la giurisprudenza della Corte sull’abuso del processo (Cass. n. 2587/2016).
Il primo motivo è infondato, in quanto la decisione sulla riunione, o meno di due procedimenti connessi, rientra nell’ambito dell’esercizio di un potere discrezionale del giudice di merito, insindacabile in sede di legittimità, e l’eventuale violazione della
norma sui presupposti della riunione non comporta la nullità della decisione adottata (vedi in tal senso Cass. n. 24997/2016; Cass. n.11187/2007; Cass. n. 9336/2004), e comunque non risulta dedotto dal Ministero che nel giudizio presupposto l’avv. NOME COGNOME avesse agito congiuntamente per gli ammessi al fallimento della società RAGIONE_SOCIALE ex Cripo dei procedimenti per equa riparazione n. 371/2020 RGVG e n. 383/2020 RGVG sì da rendere ipotizzabile un abusivo frazionamento del credito, e che per essi fosse uguale il periodo di irragionevole durata della procedura fallimentare.
2) Col secondo motivo il ricorrente lamenta, in relazione all’art. 360, comma primo n. 3) c.p.c., la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 5 del D.M. 10.3.2014 n. 55, dolendosi del fatto che la Corte d’Appello abbia liquidato le spese processuali applicando lo scaglione del D.M. n. 55/2014, come modificato dal D.M. n. 147/2022, per le cause di valore compreso tra € 52.000,01 ed € 260.000,00, facendo riferimento alle somme complessivamente pretese ed escludendo la fase di trattazione, ancorché l’art. 5 del D.M. 10.3.2014 n. 55 stabilisca che nei giudizi per il pagamento di somme o liquidazione danni si ha riguardo alla somma attribuita alla parte vincitrice, piuttosto che a quella domandata, ed al valore effettivo della causa quando risulti manifestamente diverso da quello presunto secondo il codice di procedura civile e la legislazione speciale, ed ulteriormente richiede la liquidazione unitaria delle spese per le due procedure di equa riparazione per le quali ha invano richiesto la riunione in sede di opposizione, in tal caso individuando in € 48.400,00 (€ 29.200,00 + € 19.200,00) il valore complessivo degli indennizzi liquidati nelle due procedure, in base al quale individuare lo scaglione applicabile per la liquidazione unitaria delle spese processuali.
Il secondo motivo è parzialmente fondato e merita accoglimento per quanto di seguito illustrato.
Invero, pur non potendosi addivenire ad una liquidazione unitaria delle spese processuali per le due procedure di equa riparazione della Corte d’Appello di Potenza n. 371/2020 RGVG e n. 383/2020 RGVG, che nell’esercizio di un potere discrezionale non sindacabile in questa sede non sono state riunite, si è comunque verificata la lamentata violazione dell’art. 5 del D.M. n.55/2014, come modificato dal D.M. n. 147/2022, in quanto pur essendo il giudizio di equa riparazione volto ad ottenere il pagamento di una somma di denaro, nell’individuazione dello scaglione della tariffa forense della Corte d’Appello applicabile (allegato 11), il decreto impugnato ha fatto erroneamente riferimento alle somme pretese dagli opponenti nel giudizio di equa riparazione, applicando quindi lo scaglione per le cause tra € 52.000,01 ed € 260.000,00 e pervenendo alla liquidazione di compensi pari ad 1/3 di € 4.997.00 (€ 1.665,66), anziché fare riferimento all’importo dell’indennizzo di maggior valore riconosciuto dovuto all’esito del giudizio di equa riparazione di € 6.000,00, e quindi allo scaglione del medesimo allegato relativo alle cause comprese tra € 5.201,00 ed € 26.000,00.
Questa Corte cassa la decisione impugnata in relazione alla parte del secondo motivo accolto, rigettato il primo, e non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito.
Per le tre voci (studio controversia, introduttiva e decisionale) riconosciute della suddetta tariffa (esclusa la voce trattazione, il cui diniego non è stato oggetto di ricorso incidentale), l’importo minimo dei compensi da liquidare per il giudizio di opposizione svoltosi davanti alla Corte d’Appello era secondo lo scaglione tra € 5.201,00 ed € 26.000,00 dell’allegato 11 alla tariffa del D.M. n. 55/2014, come modificata dal D.M. n. 127/2022, di € 1.984,00 (€ 567,00 + € 461,00 + € 956,00), ed applicati la riduzione ad € 1.500,00 ex art. 4, comma 4° del D.M. n. 55/2014 in quanto la
prestazione professionale dell’avv. NOME COGNOME non ha comportato l’esame di specifiche distinte questioni di fatto e di diritto, e l’aumento ex art. 4, comma 2° dello stesso decreto ad € 1.800,00 per la difesa di più soggetti con la medesima posizione processuale, fermi restando il rimborso delle spese non impugnato, la distrazione in favore del legale antistatario degli opponenti, avvocato NOME COGNOME e la disposta compensazione per 2/3, per cui il Ministero della Giustizia va condannato al pagamento del terzo residuo non compensato, pari ad € 600,00, oltre IVA, CA e rimborso spese generali del 15%.
L’accoglimento in misura parziale del ricorso giustifica l’irripetibilità delle spese processuali del giudizio di legittimità del Ministero ricorrente nei confronti degli intimati.
P.Q.M.
La Corte di Cassazione accoglie nei limiti di cui in motivazione il secondo motivo di ricorso, respinto il primo; cassa l’impugnato decreto in relazione al motivo accolto, e decidendo il merito, fermo il rimborso delle spese della fase monitoria e ferma la compensazione per 2/3, condanna il Ministero della Giustizia al pagamento in favore degli opponenti e con distrazione a favore del legale antistatario, avv. NOME COGNOME di 1/3 dei compensi del giudizio di opposizione, liquidato in € 600,00, oltre IVA, CA e rimborso spese generali del 15%; dichiara irripetibili le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione civile, in data 9.7.2024.
Il Presidente NOME COGNOME