Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 16054 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 16054 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 10/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso 14691-2023 proposto da:
COGNOME NOME, rappresentata e difes a dall’AVV_NOTAIO e domiciliata presso la cancelleria della Corte di Cassazione
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO e domiciliato presso la cancelleria della Corte di Cassazione
– controricorrente e ricorrente incidentale nonchè contro
COGNOME NOME, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO e domiciliata presso la cancelleria della Corte di Cassazione
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 869/2023 della CORTE DI APPELLO DI L’AQUILA, depositata il 04/06/2023;
udita la relazione della causa svolta in camera di consiglio dal Consigliere COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con atto di citazione ritualmente notificato COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, nella loro rispettiva qualità di usufruttuari e nudi proprietari di un terreno sito in territorio del Comune di Pescara, evocavano in giudizio innanzi il locale Tribunale COGNOME NOME NOME, invocando il rilascio di una porzione occupata da quest’ultima e l’apposizione dei termini corrispondenti al confine tra le rispettive proprietà. Si costituiva la COGNOME, proponendo domanda riconvenzionale di accertamento dell’usucapione dell’area controversa.
Con sentenza n. 92/2000 il Tribunale di Pescara, dopo aver qualificato la domanda principale come di regolamento dei confini, accoglieva la riconvenzionale ed individuava il confine in adesione alle risultanze della C.T.U. esperita nel corso del giudizio di primo grado.
Con sentenza n. 910/2017, la Corte di Appello di L’Aquila riformava la decisione di prima istanza, rigettando la domanda di usucapione proposta in via riconvenzionale dalla convenuta, ricostruendo il confine sulla base del tipo di frazionamento dell’8.7.1973 ed autorizzando la corrispondente apposizione dei termini.
Con ordinanza n. 19870/2022 la Corte di Cassazione cassava la decisione della Corte distrettuale in relazione alla sola statuizione in punto di spese, rinviando il giudizio innanzi la Corte di Appello di L’Aquila.
Con la sentenza impugnata, n. 869/2023, il giudice del rinvio liquidava le spese del giudizio di primo grado in applicazione dello scaglione di tariffa corrispondente al valore del giudizio, e poneva a
carico della COGNOME anche quelle dei giudizi di legittimità e di rinvio, tenendo conto del complessivo esito della lite.
Propone ricorso per la cassazione di detta decisione NOME COGNOME NOME, affidandosi a quattro motivi.
Resistono con separati controricorsi NOME e NOME COGNOME, anche quali eredi dei genitori NOME COGNOME e NOME COGNOME, il secondo spiegando altresì ricorso incidentale affidato ad un unico motivo.
In prossimità dell’adunanza camerale, tutte le parti hanno depositato memoria.
RAGIONI DI DIRITTO
1 Preliminarmente, va accolta l’istanza di rimessione in termini proposta da NOME COGNOME per il principio della avvenuta presa di contatto tra la parte e l’ufficio giudiziario.
Va quindi revocato il provvedimento presidenziale del 14.9.2023 che comunque aveva rimesso ogni decisione al Collegio.
2 Ciò premesso, va rilevata l’improcedibilità del ricorso principale perché depositato in cancelleria, ed iscritto al ruolo generale, in data 11.07.2023, oltre il termine di 20 giorni dalla sua notificazione, avvenuta in data 12.06.2023, previsto dall’art. 369 c.p.c.
3 Con l’unico motivo del ricorso incidentale (tempestivo, come si è visto), si denuncia invece la violazione e falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c., in relazione al D.M. n. 585 del 1994 ed all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., perché la Corte di Appello avrebbe omesso di liquidare anche il compenso per i diritti, espressamente previsti dalla tariffa allegata al predetto D.M., indicato come applicabile alla fattispecie dall’ordinanza della Corte di Cassazione n. 19870/2022.
La censura è inammissibile.
Va premesso che nel caso di specie la Corte di Appello si è pronunciata all’esito del giudizio di rinvio, che di per sé ha carattere chiuso, posto il principio, che merita di essere ribadito, secondo cui ‘Il giudice di rinvio è vincolato al principio di diritto affermato dalla Corte di cassazione in relazione ai punti decisivi non congruamente valutati dalla sentenza cassata e, se non può rimetterne in discussione il carattere di decisività, conserva il potere di procedere ad una nuova
valutazione dei fatti già acquisiti e di quegli altri la cui acquisizione si renda necessaria in relazione alle direttive espresse dalla sentenza di annullamento’ (Cass. Sez. U, Sentenza n. 17779 del 22/07/2013, Rv. 627553; conf. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 3150 del 02/02/2024, Rv. 669995).
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 19870/2022, con la quale era stato parzialmente accolto il ricorso proposto dalla COGNOME avverso la sentenza di secondo grado, ha affermato espressamente che ‘… applicando i valori massimi, la corte territoriale avrebbe potuto riconoscere l’importo omnicomprensivo di euro 4.286,63 in luogo di quello pari ad 8.000,00 euro in concreto liquidato’ (cfr. pag. 6 dell’ordinanza richiamata). Ne consegue la correttezza della liquidazione operata dal giudice del rinvio, in termini esattamente corrispondenti a quelli indicati da questa Corte (v. pag. 5 sentenza impugnata che ha richiamato appunto la suddetta affermazione).
Peraltro, l’ordinanza n. 19870/2022, dianzi richiamata, se da un lato afferma che al giudizio di primo grado doveva essere applicata, ratione temporis , la tariffa allegata al D.M. n. 585 del 1994 (cfr. pag. 6), ribadisce anche, nella motivazione di accoglimento del quinto motivo di ricorso, il principio secondo cui il giudice non può riconoscere alla parte un compenso maggiore di quello indicato in nota spese (cfr. pagg. 8 e 9).
Il ricorrente incidentale afferma, nello svolgimento della sua censura, di aver trascritto nel proprio atto di costituzione in sede di rinvio ‘le voci del tariffario previste per i diritti nell’apposita tabella B del DM 585/1994’ (cfr. pagg. 9 e 16 del controricorso con ricorso incidentale), e di aver prodotto ‘copia della prima pagina della nota spese depositata in primo grado il 28.1.2000’ . In tal modo, tuttavia, egli dimostra soltanto che il complesso delle voci previste, in astratto, dal D.M. n. 585/1994 come diritti di procuratore ed esposte come dovute in sede di rinvio era pari ad € 5.371,70, ma non anche di aver effettivamente svolto le singole attività difensive alle quali ciascuna delle voci suindicate si riferisce, né di aver depositato, in primo grado, una nota delle spese che esponeva quel valore complessivo.
In definitiva la censura, da un lato non considera il dato decisivo della corrispondenza della liquidazione operata dal giudice del rinvio rispetto alla statuizione resa da questa Corte con la già richiamata ordinanza n. 19870/2022 e dall’altro lato difetta del richiesto grado di
specificità, dovendosi ribadire il principio secondo cui la parte che lamenti la scorretta applicazione di una determinata tariffa, o di uno scaglione della stessa, in luogo di quelli cui il giudice di merito avrebbe dovuto fare riferimento, ha l’onere di specificare, nel motivo di censura dedotto in Cassazione, le voci e gli importi considerati in ordine ai quali il giudice di merito sarebbe incorso in errore (Cass. Sez. 62, Ordinanza n. 30716 del 21/12/2017, Rv. 647175; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 18086 del 07/08/2009, Rv. 609456; Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 27020 del 15/11/2017, Rv. 64617), di indicare il valore della controversia (Cass. Sez. 6-3, Ordinanza n. 2532 del 10/02/2015, Rv. 634324) e di dimostrare che l’attività sia stata effettivamente resa e quali siano state, in concreto, le violazioni dei limiti tariffari (Cass. Sez. 6-3, Ordinanza n. 7654 del 27/03/2013, Rv. 625598) Solo in questo modo, infatti, il collegio è posto in grado di apprezzare quale sarebbe stato, in concreto, il pregiudizio economico che la parte avrebbe subito per effetto del vizio denunciato, e dunque la rilevanza e la decisività della doglianza sollevata.
Il ricorso incidentale va quindi dichiarato inammissibile.
Le spese del presente giudizio di legittimità sono integralmente compensate tra ricorrente e ricorrente incidentale per il principio della reciproca soccombenza, mentre seguono la soccombenza nei confronti dell’altra controricorrente NOME COGNOME.
Stante il tenore della pronuncia, va dato atto -ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater , del D.P.R. n. 115 del 2002- della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente e del ricorrente incidentale, di un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.
P.Q.M.
la Corte dichiara improcedibile il ricorso principale ed inammissibile quello incidentale e compensa le spese del presente giudizio di legittimità tra le parti dei suddetti ricorsi.
Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità in favore della controricorrente COGNOME NOME, che liquida in € 4.200, di cui € 200 per esborsi, oltre rimborso delle spese generali, nella misura del 15%, iva, cassa avvocati ed accessori tutti come per legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente principale e del ricorrente incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma il 28 marzo 2024, nella camera di consiglio