Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 27466 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 27466 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 14/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso 23846-2022 proposto da:
COGNOME NOME, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1491/2022 RAGIONE_SOCIALE CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 11/04/2022 R.G.N. 499/2020;
Oggetto
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud. 17/09/2025
CC
udita la relazione RAGIONE_SOCIALE causa svolta nella camera di consiglio del 17/09/2025 dal AVV_NOTAIO.
RILEVATO che
Con sentenza n. 1491/2022 pubblicata l’11.4.2022, la Corte d’Appello di Roma, sezione lavoro, in parziale accoglimento dell’appello proposto da NOME COGNOME, riformava la sentenza del Tribunale di Velletri n. 1540/19 limitatamente alla liquidazione delle spese di lite del primo grado, condannando l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE al pagamento di € 888,00 (rispetto ai € 700,00 liquidati in primo grado), oltre spese forfettarie del 15%, da distrarsi ex art. 93 c.p.c. Condannava, altresì, l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE alla rifusione delle spese di lit e del giudizio di appello, liquidate in € 300,00, oltre spese forfettarie del 15%, da distrarsi ex art. 93 c.p.c.
Avverso tale sentenza, NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione, affidandolo a tre motivi.
Resiste, con controricorso, l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE.
RITENUTO che
Con il primo motivo di ricorso si deduce la violazione o falsa applicazione di legge, in particolare dell’art. 2233, comma 2 c.c., dell’art. 91 c.p.c. e dell’art. 4, commi 1 e 5 D.M. n. 55 del 10.3.2014, come modificato dal D.M. n. 37/2018, e allegata Tabella.
1.1. Con il secondo motivo si allega la violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4 c.p.c.
1.2. Con il terzo motivo si denunzia la violazione dell’art. 2233, comma 2, c.c., dell’art. 91 c.p.c. e del D.M. n. 55/2014 (in particolare degli artt. 4 e 5) e allegata tabella, nonché dell’art. 132, comma 2, n. 4 c.p.c..
1.3. Il primo ed il secondo motivo, da esaminarsi congiuntamente per ragioni logico- sistematiche, non possono trovare accoglimento.
Il ricorrente censura con il primo motivo la sentenza d’appello per aver applicato l’art. 4 RAGIONE_SOCIALE L. 724/1942, riducendo i compensi di avvocato in misura pari al 50% dei minimi, in deroga al D.M. n. 55/2014, come modificato dal D.M. n. 37/2018, e allegata Tabella. Sostiene che l’art. 60 del R.D. n. 1578/1933 e l’art. 4 RAGIONE_SOCIALE L. 724/1942, riferendosi alle abrogate tariffe forensi (con distinzione tra “onorari” e “diritti”), sarebbero inconciliabili con l’attuale sistema dei parametri forensi. Afferma, inoltre, che la giurisprudenza richiamata dalla Corte d’Appello, che ammette la deroga ai minimi con idonea motivazione, attiene a casi definiti antecedentemente all’ingresso del D.M. n. 37/2018. Il ricorrente sottolinea che il D.M. n. 55/2014, come modificato dal D.M. n. 37/2018, all’art. 4, comma 1, dispone che la diminuzione degli importi non può mai andare oltre il 50% del valore medio, senza consentire l’abbattimento dei minimi così individuati.
Lamenta, con il secondo motivo di ricorso, la violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4 c.p.c., sostenendo che la motivazione RAGIONE_SOCIALE Corte d’Appello relativa alla liquidazione dei compensi sotto i minimi tabellari, basata sulla “dichiarazione di parziale cessazione del contendere”, sia apparente e incongrua. Assume che il comportamento processuale dell’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, consistente nel riconoscimento
delle pretese attoree a giudizio in corso, non possa costituire un presupposto adeguato per la motivazione.
Deve, preliminarmente, rammentarsi che il vizio di motivazione di cui all ‘art. 132 comma 2, n. 4 cod. proc. civ. e 111 Cost. può ipotizzarsi esclusivamente là dove la decisione riveli una obiettiva carenza nell’indicazione del criterio logico che ha condotto il giudice alla formazione del proprio convincimento, come accade essenzialmente qualora non sussista alcuna disamina logico -giuridica da cui si evinca il percorso argomentativo seguito (ex plurimis, Cass. n. 3819 del 2020).
In tema di liquidazione delle spese processuali, questa Corte ha chiarito che il D.M. n. 55/2014 (e le successive modifiche) non impone un vincolo alla determinazione dei compensi secondo i valori medi ivi indicati, dovendo il giudice solo quantificare il compenso tra il minimo ed il massimo delle tariffe, a loro volta derogabili con apposita motivazione. L’esercizio del potere discrezionale del giudice, se contenuto tra i valori minimi e massimi, non è soggetto a sindacato in sede di legittimità, in quanto attiene a parametri fissati tabellarmente, mentre la motivazione è doverosa allorquando il giudice medesimo decida di aumentare o diminuire ulteriormente gli importi da riconoscere.
La Corte d’Appello ha ritenuto che la “dichiarazione di parziale cessazione RAGIONE_SOCIALE materia del contendere”, avvenuta per effetto dell’annullamento d’ufficio dell’indebito e RAGIONE_SOCIALE liquidazione RAGIONE_SOCIALE prestazione da parte dell’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, ben potesse legittimare una valutazione inferiore al minimo ai sensi dell’art. 4 RAGIONE_SOCIALE L. n. 724/1942. Tale motivazione, seppur succinta, attiene alle “peculiari
modalità di svolgimento e di conclusione del giudizio”, circostanza che può giustificare una modulazione dei compensi all’interno RAGIONE_SOCIALE fascia di valori consentita, senza che ciò integri una violazione di legge. La Suprema Corte ha già avuto modo di affermare che l’art. 60, comma 5, del r.d. n. 1578 del 1933 consente al giudice di scendere sotto i limiti minimi fissati dalle tariffe professionali quando la causa risulti di facile trattazione, sebbene limitatamente alla voce dell’onorario e non anche a quelle dei diritti e delle spese, e sempre che sia adottata espressa ed adeguata motivazione con riferimento alle circostanze di fatto del processo. La riduzione massima del 50% dei minimi è consentita nelle cause di particolare semplicità, a norma dell’art. 4 RAGIONE_SOCIALE L. n. 724 del 1942. La giurisprudenza citata dal ricorrente (Cass. n. 34573/2021) non esclude la possibilità di scendere fino alla riduzione del 50% dei valori medi, ma ribadisce che tale riduzione costituisce un limite oltre il quale il giudice non ha la possibilità di spingersi, rafforzando in tal modo il vincolo di inderogabilità dei minimi tariffari. La valutazione offerta al riguardo dalla Corte deve ritenersi sottratta al sindacato di legittimità.
Non si ravvede una motivazione non coerente con i fatti di causa, né illegittima o apparente, che giustificherebbe le doglianze del ricorrente e deve ritenersi che parte ricorrente, nel formulare le proprie censure mediante ricorso per cassazione, non si è conformata a quanto statuito dal Supremo Collegio in ordine alla apparente deduzione di vizi ex artt. 360 co. 1 nn.3 e 5 e, cioè, che è inammissibile il ricorso per cassazione che, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa
applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio miri, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito (cfr., SU n. 34476 del 2021).
Il ricorrente contesta con il terzo motivo la liquidazione delle spese RAGIONE_SOCIALE fase d’appello, pari a € 300,00, perché non motivata e palesemente inferiore ai valori minimi tabellari. Sostiene che tale statuizione violi gli artt. 2233, comma 2, c.c., 91 c.p.c., il D.M. n. 55/2014 (in particolare gli artt. 4 e 5) e allegata tabella, nonché l’art. 132, comma 2, n. 4 c.p.c., in quanto non si è distinta la liquidazione tra le varie fasi del giudizio, né si è fornita una motivazione sulla decisione.
Il motivo non è fondato. La Corte d’Appello ha liquidato le spese del giudizio d’appello in un importo complessivo di € 300,00 , superiore al minimo spettante in base alle tabelle vigenti ratione temporis (euro 247), talché la liquidazione è superiore. Ed invero nel caso in disamina il valore RAGIONE_SOCIALE controversia si determina in base al criterio del disputatum (ex multis Cass. 2024 n. 18465), laddove il giudizio di secondo grado abbia accolto l’appello limitatamente alla valutazione delle spese processuali, il valore RAGIONE_SOCIALE controversia è dato dall’importo delle spese liquidate in primo grado.
Alla luce delle suesposte argomentazioni, il ricorso deve essere respinto. Ai sensi dell’art. 152 disp. att. c.p.c., il ricorrente dichiara di essere nelle condizioni reddituali per essere esonerato dal pagamento delle spese di lite e del contributo unificato, come risulta dalle autocertificazioni allegate in atti.
P.Q.M.
La Corte, rigetta il ricorso. Nulla spese. Così deciso in Roma nell’Adunanza camerale del 17 settembre 2025
La Presidente NOME COGNOME