Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 4615 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2   Num. 4615  Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 21/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 26920/2021 R.G. proposto da:
COGNOME  NOME,  elettivamente  domiciliato  in  INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE domiciliato in INDIRIZZO, INDIRIZZO, presso l’RAGIONE_SOCIALE (P_IVA), che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
 avverso il DECRETO della CORTE D’APPELLO DI PERUGIA n. 1084/2019 depositato il 23/03/2021;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21/09/2023 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Con ricorso ex artt. 2 e 3 legge 24 marzo 2001, n. 89, depositato il 24.08.2012, NOME COGNOME adiva la Corte d’Appello di Perugia
al  fine  di  vedersi  riconoscere  l’equo  indennizzo  per  l’irragionevole durata  di  un  giudizio  civile  intrapreso  dallo  stesso  ricorrente  nel novembre 1999 innanzi al Tribunale di Roma, definito con sentenza della Corte d’Appello di Roma depositata il 29 maggio 2012.
1.1. La Corte d’Appello di Perugia si pronunciava con decreto del 31.08.17. Il ricorrente proponeva, pertanto, ricorso per Cassazione: questa Corte, con ordinanza n. 14834 del 30.05.19, cassava il decreto impugnato  e  rinviava  il  giudizio  alla  Corte  d’Appello  di  Perugia  in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
1.2. La Corte d’Appello di Perugia in sede di rinvio, chiamata a pronunciarsi nuovamente sulla richiesta indennitaria, ha riconosciuto al COGNOME – con il decreto n. 138/2021 qui impugnato – la somma di € . 3.750,00 (sulla base del moltiplicatore annuo di € . 500,00) quale equo indennizzo per l’eccedenza del processo presupposto (rispetto alla durata ragionevole) pari ad anni 7 e mesi 6; liquidava, altresì, le spese del procedimento in € . 405,00 per ciascuna delle due fasi di merito, e in € . 893,00 per la fase di legittimità, oltre alle maggiorazioni di legge e il rimborso delle spese vive.
Avverso detto decreto propone ricorso per Cassazione NOME COGNOME, affidandolo ad un unico motivo, al quale resiste il Ministero della Giustizia depositando controricorso.
RAGIONI RAGIONE_SOCIALE DECISIONE
Con l’unico motivo di gravame si deduce violazione e/o falsa applicazione degli artt. 91, 92 e 132 cod. proc. civ., dell’art. 2233 cod. civ., degli artt. 2, 4 e 11 D.M. n. 55 2014, dell’art. 6 CEDU, in relazione alle spese liquidate (art. 360, comma 1, n. 3) cod. proc. civ.) Nella prospettazione del ricorrente, la liquidazione delle spese effettuata dalla Corte territoriale – quantomeno con riferimento ai giudizi di merito – non appare rispettare i minimi di legge, non tiene conto delle spese
esenti indicate dai parametri di cui al decreto ministeriale, non chiarisce le  modalità con cui sono state calcolate (soprattutto con riferimento alle fasi del giudizio) né il relativo scaglione di riferimento, né prende in considerazione le indennità di trasferta pure richieste e quantificate.
1.1. Il motivo è fondato.
Questa Corte ha già precisato come il procedimento per l’equa riparazione del pregiudizio derivante dalla violazione del termine di ragionevole durata del processo – di cui alla legge n. 89 del 2001 – vada considerato, ai fini della liquidazione dei compensi spettanti all’avvocato, quale procedimento avente natura contenziosa, con la conseguenza che, nel caso in esame, trova applicazione la tabella 12 allegata al D.M. 10 marzo 2014, n. 55 (cfr. tra le varie, Sez. 6-2, Ordinanza n. 15493 del 21/07/2020).
1.1.1. Peraltro, è stato anche chiarito come, in tema di liquidazione delle spese processuali successiva al D.M. n. 55 del 2014 (che detta i criteri da applicare nel regolare le spese di causa, mentre il D.M. n. 140 del 2012 regola la materia dei compensi tra professionista e cliente: Cass. Sez. 2 , 17/01/2018, n. 1018), non sussistendo più il vincolo legale della inderogabilità dei minimi tariffari, i parametri di determinazione del compenso per la prestazione defensionale in giudizio e le soglie numeriche di riferimento costituiscono criteri di orientamento e individuano la misura economica standard del valore della prestazione professionale; pertanto, il giudice è tenuto a specificare i criteri di liquidazione del compenso solo in caso di scostamento apprezzabile dai parametri medi, fermo restando che il superamento dei valori minimi stabiliti in forza delle percentuali di diminuzione incontra il limite dell’art. 2233, comma 2, cod. civ., il quale preclude di liquidare somme praticamente simboliche, non consone al decoro della professione.
1.2.  La  Corte  d ‘Appello ha  ritenuto che  si trattasse di  un procedimento di volontaria giurisdizione e quindi è incorsa in errore di diritto.
La pronuncia, pertanto, merita di essere cassata e il giudizio va rinviato alla medesima Corte d’Appello in diversa composizione, che deciderà anche sulle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La  Corte,  in  accoglimento  del  ricorso,  cassa  il  provvedimento impugnato e rinvia alla Corte d’Appello di Perugia in diversa composizione, che deciderà anche sulle spese del presente giudizio.
Roma, il 21 settembre 2023.