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Liquidazione spese legali: no a compensi sotto i minimi

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 8508/2025, ha accolto il ricorso di un cittadino contro il Ministero della Giustizia, stabilendo un principio cruciale sulla liquidazione delle spese legali. La Corte ha chiarito che il giudice non può liquidare compensi professionali inferiori ai minimi stabiliti dalle tabelle forensi, neanche in cause di presunta semplicità. È stato inoltre ribadito che la fase di trattazione deve essere sempre ricompresa nel calcolo dell’onorario, in quanto parte di un compenso unitario. La Corte ha quindi cassato il decreto impugnato e, decidendo nel merito, ha rideterminato i compensi dovuti all’avvocato nel rispetto dei parametri minimi.

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Pubblicato il 19 settembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Liquidazione Spese Legali: La Cassazione Ribadisce il Rispetto dei Minimi Tariffari

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio fondamentale a tutela della professione forense: la liquidazione spese legali a carico della parte soccombente non può mai scendere al di sotto dei minimi stabiliti dai parametri ministeriali. Questa decisione, che interviene in una causa per equo indennizzo contro il Ministero della Giustizia, offre importanti chiarimenti sull’inderogabilità dei compensi minimi e sulla corretta valutazione di tutte le fasi processuali.

Il Contesto della Controversia: Equo Indennizzo e Spese Legali

Il caso trae origine da una richiesta di equo indennizzo per la durata irragionevole di un processo. Dopo un primo ricorso in Cassazione, la causa era stata rinviata alla Corte d’Appello per una nuova determinazione sia dell’indennizzo che delle spese legali. La Corte d’Appello, pur aumentando l’indennizzo, aveva liquidato i compensi per le fasi di opposizione e di rinvio in misura ritenuta troppo bassa dal ricorrente, escludendo inoltre il compenso per la fase di trattazione.

Il cittadino ha quindi proposto un nuovo ricorso in Cassazione, lamentando la violazione dei minimi tariffari previsti dal d.m. 147/2022 e sostenendo che la liquidazione operata non fosse remunerativa del lavoro professionale effettivamente svolto, anche alla luce di una maggiorazione del 30% richiesta per l’uso di tecniche informatiche negli atti.

La Decisione sulla liquidazione spese legali: il Ruolo dei Minimi Tariffari

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, fornendo indicazioni vincolanti sulla corretta liquidazione spese legali. Gli Ermellini hanno ribadito un orientamento giurisprudenziale consolidato: il giudice, nel condannare la parte soccombente al pagamento delle spese, non può liquidare un compenso inferiore ai minimi tabellari. Questo principio garantisce la dignità della professione forense e assicura che l’attività dell’avvocato riceva un’adeguata remunerazione.

L’Errore della Corte d’Appello: l’Esclusione della Fase di Trattazione

Un punto centrale della decisione riguarda il compenso per la fase di trattazione. La Corte d’Appello lo aveva escluso, presumibilmente ritenendo che non si fosse svolta una vera e propria attività istruttoria. La Cassazione ha censurato questa impostazione, chiarendo che il d.m. 55/2014 prevede un compenso unitario per la fase di trattazione, che include anche l’istruttoria. Pertanto, questo compenso deve essere riconosciuto a prescindere dal concreto svolgimento di attività istruttorie specifiche, essendo parte integrante del lavoro difensivo.

Il Valore della Causa come Parametro Unitario

La Corte ha inoltre specificato che, ai fini della liquidazione, il valore della causa deve essere determinato considerando l’intera vicenda processuale. Nel caso dei procedimenti di opposizione per equo indennizzo, questi non costituiscono un giudizio autonomo ma una fase a contraddittorio pieno dell’unico procedimento. Di conseguenza, le spese vanno liquidate tenendo conto dell’intero valore della pretesa, non solo di eventuali importi aggiuntivi liquidati in una fase successiva.

Le Motivazioni

La Corte di Cassazione fonda la sua decisione sul principio di inderogabilità dei minimi tariffari, come sancito dalla normativa sulla professione forense e confermato da una giurisprudenza costante. Liquidare un compenso inferiore ai minimi significherebbe violare una norma imperativa e ledere il decoro della professione. La motivazione sottolinea come la semplificazione delle questioni trattate possa giustificare un attestarsi sui valori minimi, ma mai una discesa al di sotto di essi. Inoltre, l’interpretazione della normativa sui parametri (d.m. 55/2014) impone di considerare il compenso per la fase di trattazione/istruttoria come unitario e sempre dovuto, per evitare che parti dell’attività difensiva rimangano ingiustamente non retribuite. La Corte ha quindi proceduto a un calcolo analitico basato sui minimi di tabella per le fasi di studio, introduzione, trattazione e decisione, applicando la maggiorazione del 30% richiesta, pervenendo a un importo corretto e conforme ai parametri.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame rappresenta un importante monito per i giudici di merito e una garanzia per gli avvocati. Le conclusioni pratiche sono chiare: 1) la discrezionalità del giudice nella liquidazione delle spese legali trova un limite invalicabile nei minimi tariffari; 2) tutte le fasi processuali previste dai parametri devono essere liquidate, inclusa quella di trattazione, che ha carattere unitario; 3) l’uso di strumenti telematici, se richiesto, deve comportare l’applicazione delle relative maggiorazioni. Questa decisione rafforza la certezza del diritto in materia di compensi professionali e assicura che l’attività difensiva sia sempre equamente remunerata secondo i criteri di legge.

Un giudice può liquidare le spese legali in un importo inferiore ai minimi previsti dalle tabelle professionali?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che il giudice, nel porre le spese a carico della parte soccombente, non può liquidare un compenso che si collochi al di sotto del minimo di tabella, in quanto si tratta di un limite inderogabile.

Il compenso per la fase di trattazione è sempre dovuto, anche se non si svolge un’attività istruttoria specifica?
Sì. Il compenso per la fase di trattazione è unitario e comprende anche quella istruttoria. Deve essere quindi sempre riconosciuto nel computo dell’onorario, a prescindere dal concreto svolgimento di specifiche attività istruttorie.

Come si determina il valore della causa per la liquidazione delle spese in un giudizio di opposizione per equa riparazione?
Il valore della causa va determinato considerando l’intera vicenda processuale. L’opposizione non è un giudizio autonomo, ma una fase a contraddittorio pieno di un unico procedimento. Pertanto, le spese devono essere liquidate in base al valore complessivo della pretesa fatta valere sin dall’inizio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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