Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 34174 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 34174 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 23/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso 20199-2021 proposto da:
NOME COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale mandatario della RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentati e difesi dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME
– resistenti con mandato –
Oggetto
R.G.N.20199/2021
COGNOME
Rep.
Ud.31/10/2024
CC
avverso la sentenza n. 750/2021 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 01/03/2021 R.G.N. 2504/2017; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 31/10/2024 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
NOME COGNOME aveva proposto dinanzi al Tribunale di Roma ricorso in opposizione a cartelle di pagamento recanti crediti INPS, in contraddittorio con l’Istituto ed il concessionario della riscossione, ed il Tribunale aveva dichiarato l’inesistenza del diritto dei resistenti ad agire esecutivamente, condannando INPS a rifondere le spese al ricorrente, liquidate in € 1650,00, e compensando le altre.
Il COGNOME ha appellato la sentenza, dolendosi della illegittima compensazione nei confronti del concessionario e della illegittima liquidazione, a carico dell’Inps, in misura inferiore ai minimi tabellari (per causa di valore compreso tra €5201,00 e €26.000, 00), chiedendo che la Corte riconoscesse in suo favore le spese del primo grado in misura conforme al d.m. n. 55/2014 e disponesse la condanna in solido di INPS e Agenzia delle Entrate.
INPS ha proposto a sua volta appello, censurando la sentenza nella parte in cui aveva erroneamente accertato la soccombenza, che doveva essere attribuita in via esclusiva al concessionario, chiedendo, quindi, la compensazione delle spese nel rapporto con il Febi.
La Corte romana, con la sentenza n.750/2021 qui impugnata, ha respinto entrambi gli appelli e compensato le spese del grado tra COGNOME e INPS, condannandoli, in solido, a rifondere le spese del grado in favore dell’Agente della Riscossione.
INPS non ha svolto attività difensiva in questa sede.
Chiamata la causa all’adunanza camerale del 31 ottobre 2024, il Collegio ha riservato il deposito dell’ordinanza nel termine di giorni sessanta (art.380 bis 1, secondo comma, cod. proc. civ.).
CONSIDERATO CHE
NOME COGNOME impugna la sentenza n. 750/2021 della Corte capitolina per ‘Violazione o falsa applicazione dell’art. 4 d.m. n. 55/2014 e succ. modifiche e delle tabelle 1-2 dei parametri ad esso allegate, art. 91 cod. proc. civ. art. 132, comma 2, n. 4 cod. proc. civ. art. 118 disp. att. cod. proc. civ., con riferimento alla liquidazione delle spese del primo grado di giudizio in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ.’.
Il ricorrente lamenta che la Corte, nel rigettare il gravame con riferimento alla sola domanda di riforma della sentenza nella parte in cui liquidava le spese del primo grado in misura inferiore ai minimi e nel confermare la correttezza della liquidazione operata dal Tribunale, ha violato i parametri minimi, senza motivare le ragioni.
Il motivo è fondato.
Premesso che il valore di causa era pari ad € 19.423,99, in applicazione della tabella 4 (cause di previdenza) del d.m. n. 55/2014, come modificato dal d.m. n. 37/2018, vigente ratione temporis , i medi tabellari, con riguardo allo scaglione di valore tra €5.200,01 ed €26.000,00, erano pari a €885,00 per la fase di studio della controversia, €740,00 per la fase introduttiva, € 1925,00 per la fase decisionale, ai quali va applicata la previsione d ell’art. 4, comma 1, del d.m. n. 55/2014 e le relative riduzioni (fino al 50%). Non può accedersi alla tesi del ricorrente secondo cui, ai fini della liquidazione delle spese, la fase istruttoria andrebbe comunque considerata anche laddove non sia stata effettuata alcuna attività, dovendosi, viceversa, al riguardo evidenziare che, come già rilevato da questa Corte,
l’art. 4, comma 5, lett. c, del citato d.m. «prevede che la fase istruttoria (..) rileva ai fini della liquidazione del compenso quando effettivamente svolta» (Cass. n. 1196/2022) e, nel caso di specie, ciò non è avvenuto.
Considerato che i minimi fissati per ciascuna fase processuale dal testo dell’art. 4, comma 1, del d.m. n. 55/2014, come modificato dal d.m. n. 37/2018 (in forza del quale il giudice tiene conto dei valori medi di cui alle tabelle allegate che, in applicazione dei parametri generali, possono essere diminuiti in ogni caso non oltre il 50%), hanno carattere inderogabile (Cass. n. 21361/2023 e n. 9815/2023 ex multis ), la Corte, confermando la correttezza della liquidazione delle spese di primo grado in € 1650, 00, è scesa al di sotto del minimo tabellare.
Parte ricorrente, applicando le tariffe vigenti ratione temporis e dimezzando i valori medi nelle stesse riportati, ha quantificato le spese per il primo grado in €1776,00, sicché, nel rispetto del principio di corrispondenza fra il chiesto ed il pronunciato di cui all’art. 112 cod. proc. civ., in detti termini la domanda deve essere accolta e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito liquidando le spese così come richiesto.
Le spese del giudizio di legittimità vengono compensate in ragione della non rilevante entità dello scarto tra le spese dovute al momento della liquidazione operata dalla Corte d’appello e quelle effettivamente riconosciute (Cass. n.21770/2024, n. 2450/2023, n. 35750/2022).
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, liquida le spese del giudizio di primo grado in € 1776,00, oltre spese
generali in misura pari al 15% ed accessori di legge, detratte le somme eventualmente già corrisposte per gli stessi titoli, con distrazione in favore del procuratore dichiaratosi antistatario.
Compensa le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale del 31 ottobre