Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 7593 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 7593 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 21/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 22553/2023 R.G. proposto da :
NOMECOGNOME elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME COGNOME che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro in carica, domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ex lege,
-controricorrente-
avverso il DECRETO della CORTE D’APPELLO di PERUGIA n.277/2022 depositato il 14.6.2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 26.2.2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con ricorso depositato il 19.1.2018 presso la Corte d’Appello di Roma, COGNOME COGNOME chiedeva l’equa riparazione per la non ragionevole durata di analogo procedimento svoltosi innanzi alla stessa Corte d’Appello.
In seguito alla declaratoria d’incompetenza territoriale, il ricorso veniva riassunto innanzi alla Corte d’Appello di Perugia, la quale con decreto n.939/2020, nella resistenza del Ministero della Giustizia, condannava quest’ultimo al pagamento in favore della COGNOME di un indennizzo di €1.000,00, pari a quello riconosciuto dovutole nel giudizio presupposto, nonché al pagamento delle spese di lite, liquidate in € 225,00 per compensi, oltre accessori, con distrazione in favore del legale antistatario, avvocato NOME COGNOME
Avverso tale decreto, la COGNOME proponeva ricorso per cassazione, deducendo che, nel calcolo del valore del giudizio presupposto, alla sorte capitale già riconosciutale, andavano aggiunti gli interessi al tasso legale dalla domanda alla data del deposito del decreto.
Nella resistenza del Ministero della Giustizia, che proponeva anche ricorso incidentale, questa Corte con l’ordinanza n. 16752/2022, accoglieva il ricorso principale, dichiarava inammissibile il ricorso incidentale, e cassava l’impugnato decreto in relazione al motivo accolto, con rinvio alla Corte d’Appello di Perugia in diversa composizione anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
La COGNOME riassumeva il giudizio davanti alla Corte d’Appello di Perugia, chiedendo la condanna del Ministero al pagamento dell’indennizzo di € 1.181,31, oltre interessi legali dal deposito della domanda al saldo, con condanna del Ministero alle spese legali dei tre gradi di giudizio.
Con decreto n. 80/2023 del 16.1/14.6.2023, la Corte d’Appello di Perugia, nella resistenza del Ministero, a parziale modifica del decreto n.939/2020, condannava il Ministero della Giustizia al pagamento in favore della COGNOME dell’indennizzo di € 1.181,31 oltre interessi legali dalla domanda al saldo, nonché al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in € 27,00 per spese vive ed € 962,00 per compensi, oltre accessori, da distrarre in favore dei legali antistatari della COGNOME, compensava tra le parti le spese processuali del giudizio di rinvio, e confermava per il resto il decreto n. 939/2020 della Corte d’Appello di Perugia (in particolare quindi per la condanna del Ministero al pagamento delle spese processuali del giudizio di opposizione già liquidate, da distrarre in favore del legale antistatario della COGNOME).
Avverso questo decreto, NOME COGNOME ha proposto tempestivo ricorso a questa Corte, affidandosi a due motivi, ed il Ministero della Giustizia ha resistito con controricorso.
Nell’imminenza dell’adunanza camerale, COGNOME ha depositato memoria ex art. 380bis .1 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1) Col primo motivo, la ricorrente ha lamentato la violazione degli articoli 91 e 2233 2° comma cod. civ., nonché del D.M. n. 55/2014, del D.M. n. 37/2018 e del D.M. n. 147/2022, per aver il decreto impugnato confermato la liquidazione delle spese del giudizio di opposizione in appena € 225,00 per compensi professionali, inferiore ai minimi tariffari, senza applicare alla presente fattispecie i parametri stabiliti per le cause di valore compreso tra € 1.100,01 ed € 5.200,00 dalla Tabella n. 12 del D.M. n. 55/2014, con le modifiche apportate dal D.M. n. 147/2022, delle quali si doveva tenere conto in virtù dell’effetto espansivo discendente dalla riforma del decreto n. 939/2020 della Corte d’Appello di Perugia in punto di determinazione dell’indennizzo in sede d’impugnazione, incidente anche sulle spese del giudizio di opposizione, posto che il
decreto impugnato era stato emesso dalla Corte d’Appello di Perugia il 14.6.2023 e quindi dopo l’entrata in vigore del D.M. n.147/2022.
Il primo motivo é fondato.
Va premesso che ove una sentenza (e lo stesso principio vale per il decreto di liquidazione dell’indennizzo per l’irragionevole durata del processo) sia stata riformata in sede d’impugnazione, come avvenuto nella specie, perché l’indennizzo che il decreto della Corte d’Appello di Perugia nell’originario decreto n. 939/2020 aveva determinato in € 1.000,00, col decreto impugnato, conseguente alla cassazione con rinvio del precedente decreto, é stato rideterminato in € 1.183,31, per la liquidazione del compenso spettante per il giudizio di opposizione, trattandosi di causa camerale ma contenziosa, doveva essere utilizzata la tabella 12 allegata al D.M. n. 55/2014 (vedi sull’applicabilità di tale tabella ai giudizi di equa riparazione Cass. ord. 23.12.2024 n. 34178; Cass. ord. 21.7.2020 n. 15493), come modificata dal D.M. n. 147/2022, che era già entrato in vigore prima che l’attività difensiva fosse stata utilmente completata con l’emissione del decreto n. 80/2023 del 16.1/14.6.2023 della Corte d’Appello (vedi in tal senso in ipotesi di riforma della sentenza impugnata ord. Cass. 10.12.2018 n. 31884; Cass. ord. 19.12.2017 n. 30529) per lo scaglione delle cause di valore compreso tra € 1.100,01 ed € 5.200,00, riferendosi all’importo riconosciuto dovuto di € 1.183,31.
Il giudice del rinvio, cui la causa sia stata rimessa anche per provvedere sulle spese del giudizio di legittimità, si deve attenere, infatti, al principio della soccombenza applicato all’esito globale del processo, piuttosto che ai diversi gradi del giudizio ed al loro risultato, sicché non deve liquidare le spese con riferimento a ciascuna fase del giudizio, ma, in relazione all’esito finale della lite (Cass. 7.3.2024 n. 6151; Cass. sez. un. 8.11.2022 n. 32906).
Nella specie, pertanto, dovendosi applicare per il giudizio di opposizione la tabella 12 allegata al D.M. n. 55/2014, come modificato dal D.M. n. 147/2022, per lo scaglione delle cause comprese tra € 1.100,01 ed € 5.200,00, per le quattro voci ivi previste (fase di studio, introduttiva, istruttoria/trattazione e decisoria, da ritenere comprensive anche della pregressa fase monitoria che andava unitariamente considerata a seguito dell’opposizione, che non introduce un autonomo giudizio d’impugnazione del decreto che ha deciso sulla domanda, ma realizza una fase a contraddittorio pieno di un unico procedimento, avente ad oggetto la medesima pretesa fatta valere con il ricorso introduttivo), i compensi liquidati dal decreto impugnato, con la conferma del precedente decreto n. 939/2020 della Corte d’Appello di Perugia, di soli € 225,00 oltre accessori, risultavano largamente inferiori ai minimi tabellari, e lesivi del decoro della professione di avvocato (vedi in tal senso Cass. ord. 15.1.2025 n. 974; Cass. 26.6.2024 n. 17613; Cass. ord. n.28325/2022).
Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, il compenso spettante per il giudizio di opposizione, decidendo nel merito, va quindi rideterminato in €1.458,00 (€ 268,00 per fase di studio, €268,00 per fase introduttiva, €496,00 per fase istruttoria ed €426,00 per fase decisionale) per compensi, oltre IVA, CA e rimborso spese generali del 15%, e va distratto a favore del legale antistatario della COGNOME nel giudizio di opposizione, avv. NOME COGNOME.
2) Col secondo motivo, la ricorrente ha lamentato la violazione dell’art. 92 c.p.c., per aver il decreto impugnato disposto la compensazione integrale tra le parti delle spese del giudizio di rinvio, svoltosi davanti alla Corte d’Appello di Perugia, a seguito della riassunzione successiva alla cassazione con rinvio del precedente decreto n. 939/2020 della Corte d’Appello di Perugia, in considerazione del comportamento processuale del Ministero della
Giustizia, che in sede di giudizio di rinvio non si era opposto alla domanda della COGNOME, ancorché tale ragione non rientri tra i casi per i quali l’articolo suddetto, nella versione applicabile ratione temporis, consentiva la compensazione.
Anche il secondo motivo é fondato e merita accoglimento, in quanto l’art. 92 c.p.c. nel testo modificato dall’art. 13 comma 1 del D.L. 12.9.2014 n. 132, convertito con modificazioni nella L.10.11.2014 n. 162, applicabile ratione temporis, consentiva di disporre la compensazione delle spese processuali per soccombenza reciproca, o per l’assoluta novità della questione trattata, o per mutamento della giurisprudenza rispetto alle questioni dirimenti, o di altre analoghe gravi ed eccezionali ragioni (secondo quanto stabilito dalla sentenza n. 77/2018 della Corte Costituzionale), ma non contemplava fra le ipotesi di compensazione delle spese processuali, quella della mancata opposizione alla domanda da parte del convenuto, che ha comunque costretto la ricorrente a rivolgersi al giudice per ottenere quanto di sua spettanza (vedi in tal senso Cass. 31.8.2023 n.25542 ; Cass. 31.8.2023 n. 25539).
Il decreto impugnato, pertanto, non ricorrendo un’ipotesi di soccombenza reciproca, né un’altra delle ipotesi legittimanti la compensazione, avrebbe dovuto applicare per il governo delle spese del giudizio di rinvio il principio della soccombenza, sia pure rapportato al disputatum nei limiti del decisum, ossia al solo importo degli interessi che non erano stati ricompresi nell’indennizzo di € 1.000,00 riconosciuto dal decreto della Corte d’Appello di Perugia n. 939/2020, ammontanti ad € 183,31.
Applicando pertanto nei minimi, per la semplicità della controversia, i compensi previsti dal D.M. n. 147 del 13.8.2022 per lo scaglione fino ad € 1.100,00, e decidendo nel merito ex art. 384 comma 2° c.p.c., in quanto non sono necessari ulteriori accertamenti di fatto, gli importi spettanti alla ricorrente per il
giudizio di rinvio, da porre a carico del Ministero della Giustizia e da distrarre in favore dei legali antistatari della COGNOME nel giudizio di opposizione, avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME, erano di € 71,00 per fase di studio, di € 71,00 per fase introduttiva, di € 90,00 per fase istruttoria e/o di trattazione e di €105,00 per fase decisionale, per complessivi € 337,00, oltre IVA, CA e rimborso spese generali del 15%.
Mentre non sono stati fatti oggetto d’impugnazione i compensi liquidati a carico del Ministero soccombente per il primo giudizio di cassazione, il controricorrente va condannato, in base al principio della soccombenza, al pagamento delle spese processuali di questo secondo giudizio di cassazione, secondo il principio del disputatum nei limiti del decisum da distrarre in favore del legale antistatario della ricorrente, avvocato NOME COGNOME.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa l’impugnato decreto in relazione ai motivi accolti, e decidendo nel merito, condanna il Ministero della Giustizia al pagamento delle spese processuali del giudizio di opposizione, riliquidate in € . 1.458,00 per compensi, oltre IVA, CA e rimborso spese generali del 15%; al pagamento delle spese processuali del giudizio di rinvio, liquidate in € . 337,00 per compensi, oltre IVA, CA e rimborso spese generali del 15%; nonché al pagamento delle spese processuali del presente giudizio di legittimità, liquidate in € . 200,00 per spese vive ed € . 1.500,00 per compensi, oltre IVA, CA e rimborso spese generali del 15%. Dispone la distrazione di tutte le spese così come richiesto.
Così deciso nella camera di consiglio del 26.2.2025