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Liquidazione spese legali: inderogabili i minimi

In una causa per equa riparazione dovuta all’eccessiva durata di un processo, la Corte di Cassazione interviene per la seconda volta. Dopo aver stabilito l’importo del risarcimento, la Corte si pronuncia sulla liquidazione spese legali, accogliendo il ricorso degli attori. Viene stabilito che il giudice non può derogare ai minimi tariffari previsti dalla legge senza adeguata motivazione, cassando la precedente decisione e condannando il Ministero della Giustizia al pagamento delle spese corrette.

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Pubblicato il 3 novembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Liquidazione Spese Legali: La Cassazione Conferma l’Inderogabilità dei Minimi Tabellari

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale in materia di liquidazione spese legali: i minimi tariffari previsti dalla legge sono inderogabili. La vicenda, nata da una richiesta di equa riparazione per un processo durato oltre vent’anni, si è conclusa con una pronuncia che tutela la corretta remunerazione dell’attività forense, anche quando la controparte è lo Stato.

Il Fatto: Dalla Richiesta di Equa Riparazione al Conflitto sulle Spese

Due cittadini avevano avviato una causa per ottenere un indennizzo a causa della durata eccessiva di un precedente procedimento ereditario, protrattosi per circa 21 anni. Inizialmente, la Corte d’Appello aveva riconosciuto un ritardo irragionevole e liquidato una somma a titolo di risarcimento.

La questione, tuttavia, è approdata una prima volta in Cassazione, che ha fissato in modo vincolante la durata del ritardo (11 anni e 9 mesi) e l’importo annuo dell’indennizzo. Il caso è stato quindi rinviato a un altro giudice per le determinazioni conseguenti, incluse le spese legali del giudizio di legittimità. Proprio su quest’ultimo punto è nato un nuovo contenzioso: il giudice del rinvio ha liquidato le spese in un importo che i ricorrenti hanno ritenuto inferiore ai minimi tabellari, dando così origine a un secondo ricorso in Cassazione.

La Questione Giuridica sulla Liquidazione Spese Legali

Il cuore della controversia portata nuovamente all’attenzione della Suprema Corte riguardava la presunta violazione degli articoli 91 e 92 del Codice di Procedura Civile e del D.M. 55/2014. I ricorrenti sostenevano che il giudice del rinvio avesse errato nel liquidare le spese legali del precedente giudizio di cassazione in una somma inferiore ai minimi tariffari, senza fornire alcuna motivazione per tale deroga.

Il principio in gioco è quello dell’inderogabilità dei minimi tabellari. Secondo la normativa e la giurisprudenza consolidata, un giudice può discostarsi dai valori minimi solo in circostanze eccezionali e fornendo una motivazione specifica e puntuale, cosa che nel caso di specie era totalmente assente.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il primo motivo di ricorso, con cui si tentava di rimettere in discussione la durata del ritardo e l’importo del risarcimento. I giudici hanno infatti ribadito il principio dell’intangibilità delle pronunce di cassazione: quanto stabilito nella precedente ordinanza era ormai definitivo e vincolante per il giudice del rinvio.

Ha invece accolto pienamente il secondo motivo, quello relativo alla liquidazione spese legali. La Corte ha affermato con chiarezza che la sentenza di legittimità era stata emessa nel 2021, quindi per la liquidazione delle relative spese si doveva fare riferimento ai valori tabellari del D.M. 55/2014 (come modificato nel 2018). Questi valori, in particolare gli importi minimi, sono considerati inderogabili. La somma liquidata dal giudice del rinvio, pari a 523,00 euro, era palesemente inferiore a tali minimi. Di conseguenza, il giudice non avrebbe potuto in alcun caso derogarvi, men che meno in assenza di qualsiasi motivazione.

Le Conclusioni e l’Impatto della Decisione

Accogliendo il ricorso sulle spese, la Cassazione ha cassato il decreto impugnato e, non essendo necessari ulteriori accertamenti, ha deciso la causa nel merito. Ha condannato il Ministero della Giustizia al pagamento delle spese processuali sia del precedente che del presente giudizio di legittimità, liquidandole correttamente in base ai parametri di legge.

Questa ordinanza rafforza un principio di certezza giuridica e di tutela della professione forense. Stabilisce in modo inequivocabile che la liquidazione spese legali non è un atto discrezionale del giudice, ma deve attenersi ai parametri normativi. La deroga ai minimi è un’eccezione che richiede una giustificazione robusta, garantendo così che il compenso per l’attività legale sia sempre equo e prevedibile.

Un giudice può liquidare le spese legali in un importo inferiore ai minimi previsti dalle tabelle ministeriali?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che gli importi minimi sono inderogabili e il giudice non può scendere al di sotto di essi, se non in casi eccezionali e con una motivazione specifica, che in questo caso mancava.

Una precedente pronuncia della Cassazione sugli stessi fatti è vincolante per il giudice a cui viene rinviato il caso?
Sì, l’accertamento contenuto in una sentenza della Corte di Cassazione è vincolante nel giudizio di rinvio. Nel caso specifico, la durata irragionevole del processo e l’importo annuo dell’indennizzo erano già stati decisi e non potevano essere nuovamente messi in discussione.

Cosa succede se la Corte di Cassazione accoglie un motivo di ricorso ma non sono necessari altri accertamenti di fatto?
La Corte può cassare la sentenza impugnata e decidere la causa direttamente nel merito, come avvenuto in questo caso, condannando la parte soccombente al pagamento delle spese liquidate secondo i parametri corretti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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