Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 4813 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 4813 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 23/02/2024
Oggetto: equa riparazione
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 28046/2022 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE E RAGIONE_SOCIALE, rappresentati e difesi dall’AVV_NOTAIO, con domicilio digitale come in atti.
-RICORRENTE –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Ministro p.t.. con domicilio in Roma, INDIRIZZO.
-CONTRORICORRENTE –
avverso il decreto RAGIONE_SOCIALE Corte d’appello di Milano n. 2051/2022, pubblicato in data 26.5.2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 8.2.20224 dal Consigliere NOME COGNOME.
RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO RAGIONE_SOCIALE DECISIONE
Con ricorso depositato in data 5 ottobre 2018, NOME e NOME COGNOME hanno chiesto la liquidazione dell’indennizzo per l’ eccessiva durata di una causa ereditaria instaurata il 28.4.1997 e conclusa in appello in data 6.4.2018. Con decreto n. 3264/2019 del 28 agosto 2018, il Presidente RAGIONE_SOCIALE Corte di Appello ha accolto il ricorso e ha condannato il RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE al pagamento in favore di ciascun ricorrente, RAGIONE_SOCIALE somma di euro 4.400,00, oltre
accessori e spese legali, ritenendo che la causa presupposta avesse avuto una durata irragionevole di undici anni.
Il provvedimento è stato parzialmente riformato dal giudice dell’opposizione , solo relativamente alla liquidazione delle spese processuali; detta pronuncia è stata cassata con ordinanza n. 34666/2021 per violazione dell’art. 5 ter Legge 89/2001 e dell’art. 6, par.1 CEDU, oltre che dell’art. 360, 1° comma n.5) c.p.c.
L’ordinanza di questa Corte ha stabilito che correttamente erano stati detratti dalla residua durata di 14 anni i tempi necessari per proporre impugnazione (art. 2, 2° co. quater, legge n. 89/2001) (cfr. Cass. 22.12.2016, n. 26833) e del pari correttamente erano stati eseguiti gli arrotondamenti (per eccesso o per difetto) per le frazioni temporali superiori ovvero inferiori a sei mesi dei singoli gradi di giudizio, nonché ascritti ai residui 15 mesi di durata ragionevole “i periodi corrispondenti ai rinvii chiesti dalle parti per fini conciliativi” (così decreto impugnato, pag. 3), ritenendo che non si potessero inglobare nella complessiva durata ragionevole (dieci anni) i nove mesi occorsi per la rinnovazione RAGIONE_SOCIALE c.t.u. resasi necessaria a causa dello smarrimento o comunque RAGIONE_SOCIALE sopravvenuta indisponibilità del testo RAGIONE_SOCIALE precedente relazione di consulenza, concludendo che nell’ambito del complessivo svolgimento del giudizio “presupposto”, pari a 21 anni (dal 28.4.1997 al 6.4.2018), 11 anni e 9 mesi fossero da ascrivere alla durata irragionevole.
Riassunto il processo, il giudice del rinvio ha ritenuto di poter rideterminare solo la misura dell’indennizzo in relazione al periodo di durata del processo presupposto, pari a 11 anni e 9 mesi, e che le altre questioni fossero precluse dal rigetto dei restanti motivi di ricorso per cassazione; ha liquidato l’imp o rto di € 4800,00 , pari a 12 anni di ritardo, per l’importo annuo di € 400,00, regolando le spese.
La cassazione del decreto è chiesta da NOME e NOME COGNOME con ricorso affidato a due motivi, cui il RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ha replicato con controricorso.
2. Il primo motivo denuncia la violazione dell’art. 5 ter L.89/2011, 6.1 CEDU e l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio. Lamentano i ricorrenti che anche nel giudizio di legittimità era stato evidenziato che, posta la durata complessiva RAGIONE_SOCIALE causa pari a 21 anni, non poteva considerarsi legittimo il periodo di 14 anni, potendosi addebitare alle parti solo il ritardo di 21 mesi intercorrente dal deposito delle sentenze alla proposizione dei gravami, occorrendo infine computare la durata complessiva dal deposito dell’atto introduttivo alla decisione finale e comunque ricomprendere i periodi inferiori a sei mesi, adeguando l’importo annuo all’effettività del pregiudizio, dato che la somma liquidata di € 400,00 risulterebbe inferiore ai parametri RAGIONE_SOCIALE giurisprudenza comunitaria.
Il motivo è inammissibile.
L’ordinanza di legittimità n. 34666/2021 ha individuato la durata irragionevole del processo in 9 anni e 9 mesi, considerando anche i rinvii, gli arrotondamenti, i differimenti per la rinnovazione RAGIONE_SOCIALE consulenza e i termini per proporre impugnazione, e ha ritenuto congruo l’importo annuo liquidato, pari ad € 400,00, secondo il disposto dell’art. 2 bis L. 89/2001, nella formulazione applicabile ratione temporis.
Tale accertamento è vincolante nel giudizio di rinvio e non può essere rimesso in discussione , poiché un’eventuale diversa individuazione RAGIONE_SOCIALE durata irragionevole del processo o dell’ammontare dell’indennizzo per ciascun anno di ritardo verrebbe a limitare gli effetti RAGIONE_SOCIALE sentenza di legittimità, che si è
esplicitamente pronunciata sul punto – in contrasto col principio di intangibilità delle pronunce di cassazione.
3. Il secondo motivo denuncia la violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., del D.M. 55/2014, l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio e vizio di motivazione, per aver il giudice del rinvio liquidato le spese processuali, in particolare per il giudizio di legittimità, in un importo inferiore ai minimi tabellari e in totale carenza di motivazione.
Il motivo è fondato.
La sentenza di legittimità è stata adottata nel 2021, per cui, per la liquidazione delle spese, occorreva far riferimento ai valori tabellari contenuti nel D.M. 5/2014, come modificato dal D.M. 37/2018, di cui questa Corte ha stabilito l’inderogabilità degli importi minimi (Cass. 9185/2023).
Tenuto conto RAGIONE_SOCIALE somma liquidata a titolo di indennizzo, la somma di €. 523,00 è inferiore ai minimi tabellari, cui il giudice non poteva in alcun caso derogare, neppure con apposita motivazione. E’ accolto il secondo motivo di ricorso, è respinto il primo; il decreto è cassato in relazione al motivo accolto e, non essendovi altri accertamenti da compiere, la causa può essere decisa nel merito, con condanna del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE al pagamento delle spese processuali sia del precedente che del presente giudizio di legittimità, queste ultime liquidate in base al decisum (commisurato sull’importo spettante a titolo di spese processuali per il primo processo in cassazione), con liquidazione in dispositivo. P.Q.M.
accoglie il secondo motivo di ricorso, dichiara inammissibile il primo, cassa il decreto impugnato in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, condanna il RAGIONE_SOCIALE al pagamento delle spese processuali del precedente giudizio di
legittimità, liquidate in € 200,00 per esborsi ed € 1000,00 per compenso, oltre alle spese del presente giudizio, liquidate in €. 200,00 per esborsi ed € 600,00 per compenso, il tutto oltre ad iva, c.p.a. e rimborso forfettario delle spese generali.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio RAGIONE_SOCIALE Seconda