Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 24369 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 24369 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 02/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1807/2025 R.G. proposto da avv. NOME COGNOME elettivamente domiciliato presso l’indicato indirizzo PEC, che si difende in proprio ex art. 86 c.p.c.
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in liquidazione , elettivamente domiciliato presso l’indicato indirizzo PEC dell’avv. NOME COGNOME che lo rappresenta e difende
– controricorrente –
avverso il decreto pronunciato dal Tribunale di Milano nel procedimento n. 568-2/2011, depositato l’11 .7.2024;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 9.7.2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
L’avv. NOME COGNOME COGNOME -ammesso al passivo del fallimento RAGIONE_SOCIALE in liquidazione per un credito di € 35.000, oltre accessori, privilegiat o ai sensi dell’art. 2751 -bis , n. 2, c.c. -propose reclamo ai sensi degli artt. 110, comma 2, e 36 legge fall. contro il progetto di riparto finale proposto dal curatore fallimentare.
Instauratosi il contraddittorio, il giudice delegato, preso atto che l’avv. NOME COGNOME aveva presentato ricorso per cassazione contro la liquidazione del compenso al curatore, invitò quest’ultimo ad aumentare i già previsti accantonamenti per spese legali future e ad accantonare la somma destinata al pagamento del suo compenso; quindi, ritenendo comunque infondato il reclamo, condannò il reclamante alla rifusione delle spese in favore della procedura, liquidate in € 2.700, oltre accessori.
Il ricorrente propose reclamo al collegio ai sensi dell’art. 26 legge fall., che venne respinto dal Tribunale di Milano, con ulteriore condanna dell’avv. NOME COGNOME alla rifusione delle spese legali, liquidat e in € 4.217, per compensi, oltre agli accessori.
Contro il decreto del tribunale l’ avv. NOME COGNOME ha presentato ricorso per cassazione articolato in tre motivi.
Il fallimento RAGIONE_SOCIALE in liquidazione si è difeso con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memoria illustrativa nel termine di legge anteriore alla data fissata per la trattazione in camera di consiglio ai sensi dell ‘ art. 380 -bis .1 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Preliminarmente occorre farsi carico dall’e ccezione di inammissibilità sollevata dal controricorrente con riguardo alla pretesa tardività del ricorso.
L’impugnazione è sicuramente tempestiva rispetto alla data di notificazione del decreto indicata nello stesso ricorso (10.12.2024), ma nel controricorso si afferma che «quel decreto gli era stato comunicato, dalla Cancelleria della Sezione Fallimentare del Tribunale di Milano, in data 2731.7.2024, come da ricevute PEC che si producono».
1.1. L’eccezione è palesemente infondata.
Infatti, da un lato, come rilevato nella memoria illustrativa del ricorrente, i documenti prodotti non dimostrano affatto che il decreto fosse stato comunicato dalla cancelleria anche all’avv. NOME COGNOME (si tratta solo dell’immagine informatica di una stampa della relata di invio -non di consegna -di una PEC di cui non si conosce il contenuto e che indica quale oggetto «PROVVEDIMENTO RECLAMO»).
Dall’altro lato, e in ogni caso, la comunicazione integrale del provvedimento da parte della cancelleria non è idonea a far decorrere il termine breve per l’impugnazione (art. 325, comma 2, c.p.c.) con riferimento al ricorso straordinario per cassazione ai sensi dell’art. 111, comma 7, Cost. (Cass. n. 16938/2019) .
Con il primo motivo di ricorso l’avv. NOME COGNOME denuncia «v iolazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.».
Il ricorrente ribadisce la contestazione, già proposta con il reclamo al collegio del Tribunale di Milano, di non essere stato soccombente davanti al giudice delegato, avendo questi invitato il curatore a modificare il progetto di riparto finale.
2.1. Il motivo è infondato.
Come rilevato dal Tribunale di Milano, le modifiche del progetto di riparto disposte dal giudice delegato non scaturirono dall’accoglimento del reclamo proposto dall’avv. NOME COGNOME bensì soltanto dalla constatazione del fatto sopravvenuto del
ricorso interposto contro il decreto di liquidazione del compenso per il curatore.
Basti dire che il ricorrente aveva contestato la necessità dell’accantonamento per spese legali future e che il giudice delegato ne ha disposto invece l’aumento, proprio in ragione delle prevedibili spese da sostenere nel giudizio di cassazione.
Quanto all’accantonamento del compenso del curatore, il reclamo era chiaramente connesso alla contestazione dell’importo liquidato (ritenuto eccessivo), mentre la decisione del giudice delegato si era limitata a prendere atto della pendenza del ricorso per cassazione, senza alcuna delibazione sul suo possibile fondamento.
Il secondo motivo denuncia «violazione degli artt. 25 e 31 legge fall . in relazione all’art. 360, c omma 1, n. 3, c.p.c.».
Sull’asserito presupposto che il curatore fallimentare si era fatto assistere davanti al giudice delegato da difensore abilitato senza autorizzazione del giudice delegato, il ricorrente contesta «la invalidità della costituzione in giudizio del fallimento e l’illegittimità della liquidazione delle spese a favore dello stesso».
3.1. Il motivo è inammissibile, perché la critica non è coerente rispetto al contenuto del decreto impugnato.
Il ricorrente pone una questione di legittimità della costituzione del fallimento a mezzo di difensore in assenza di autorizzazione del giudice delegato.
Viceversa, il Tribunale ha respinto un’eccezione incentrata su « un’asserita violazione da parte del g.d. del dovere di astensione previsto dall’art. 25 , comma, 2 legge fall.». Pertanto, mentre l’eccezione trattata nel giudizio di merito presuppone l’esistenza dell’autorizzazione del giudice delegato (tant’è che si discuteva della violazione del dovere di astensione), con il
ricorso per cassazione si prospetta un vizio connesso all’assenza di autorizzazione del giudice delegato. Aspetto di cui non risulta che si sia discusso davanti al tribunale.
Il terzo motivo censura «violazione degli artt. 10, 91 e 92 c.p.c. e del d.m. n. 55 del 2014 (aggiornato con d.m. n. 147 del 2022) in relazione al l’art. 360 , comma 1, n. 3, c.p.c.».
Il motivo contesta la liquidazione delle spese poste a suo carico per la soccombenza nel procedimento di reclamo davanti al collegio, perché questo ha fatto esplicito riferimento a un valore della causa tra € 52.001 ed € 260.000, mentre il reclamo aveva ad oggetto soltanto la condanna alla rifusione delle spese, liquidate dal giudice delegato in € 2.700.
4.1. Il motivo è fondato.
In effetti, poiché davanti al collegio la materia del contendere era limitata alla decisione sulle spese di lite, liquidate dal giudice delegato in € 2.700, il tribunale ha errato nel dichiarare che il valore della causa era compreso tra € 52.001 ed € 260.000, il che gli ha permesso di liquidare gli onorari in € 4.217, nonostante abbia espressamente rilevato «la non complessità delle questioni giuridiche trattate».
Il decreto deve essere pertanto cassato, in parte qua , tenuto anche conto che -applicato il corretto scaglione di valore (cause di valore non superiore a € 5.200) l’importo liquidato dal tribunale eccede il massimo tabellare.
In definitiva, accolto il terzo motivo di ricorso, rigettato il primo motivo e dichiarato inammissibile il secondo, la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione al motivo accolto (e quindi limitatamente alla statuizione sulle spese).
Inoltre, poiché non sono necessari ulteriori accertamenti di fatto (art. 384, comma 2, c.p.c.), si procede in questa sede a una nuova condanna alla rifusione delle spese per la fase di
reclamo al collegio, che vengono liquidate, con riferimento al corretto parametro (cause di valore fino a € 5.200), in € 1.500 per compensi, oltre alle spese generali al 15% e agli accessori di legge.
Le spese relative al presente giudizio di legittimità vengono, invece, interamente compensate, in ragione della reciproca parziale soccombenza.
P.Q.M.
La Corte accoglie il terzo motivo di ricorso, rigetta il primo motivo e dichiara inammissibile il secondo motivo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, condanna l’avv. NOME COGNOME al pagamento, in favore del fallimento RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, delle spese di lite relative alla fase di reclamo davanti al collegio, liquidate in € 1.500 per compensi, oltre alle spese generali al 15% e agli accessori di legge;
compensa le spese del presente giudizio di legittimità. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del