Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 5770 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 5770 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 04/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso 22690 – 2021 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE unipersonale, in persona del legale rappresentante NOME COGNOME elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME giusta procura allegata all’atto di costituzione e rinuncia del 27/4/2023, con indicazione de ll’ indirizzo pec;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME dal quale è rappresentata e difesa, giusta procura allegata al controricorso e ricorso incidentale, con indicazione de ll’ indirizzo pec;
contro
ricorrente e ricorrente incidentale –
avverso la sentenza n. 1678/2021 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, pubblicata il 9/6/2021, notificata il 10/6/2021; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 29/5/2024 dal consigliere NOMECOGNOME
FATTI DI CAUSA
Con ordinanza ex art. 702 ter cod. proc. civ., il Tribunale di Rovigo dichiarò la risoluzione del contratto preliminare di vendita concluso in data 11 marzo 2016 tra la società RAGIONE_SOCIALE (oggi RAGIONE_SOCIALE e la società RAGIONE_SOCIALE per inadempimento di quest’ultima; ordinò a RAGIONE_SOCIALE l’immediato rilascio dell’immobile promesso e la condannò al pagamento della somma di Euro 66.000,00 a titolo di penale, con conseguente diritto della venditrice alla ritenzione di quanto già ricevuto; per l’occupazione dell’immobile , condannò RAGIONE_SOCIALE al pagamento della somma di Euro 1.875,00, oltre alla somma di Euro 250,00 per ciascun mese di occupazione fino all’effettivo rilascio .
Con sentenza nr. 1678/2021, la Corte d’ appello di Venezia rigettò l’impugnazione principale proposta da RAGIONE_SOCIALE e, in parziale accoglimento del l’appello incidentale proposto da RAGIONE_SOCIALE, condannò RAGIONE_SOCIALE a pagare, per l’occupazione dell’immobile, Euro 4.550,00, oltre Euro 650,00 al mese fino al rilascio, con interessi dalla domanda al saldo; condannò pure RAGIONE_SOCIALE al pagamento delle spese di lite del grado.
Avverso questa sentenza RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi; RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso e ricorso incidentale, affidato a due motivi; la ricorrente principale non ha svolto ulteriori difese.
Nelle more del giudizio, RAGIONE_SOCIALE ha rinunciato al ricorso principale; controparte non ha aderito.
Il difensore di RAGIONE_SOCIALE ha comunicato l’intervenuta dichiarazione di liquidazione giudiziale della società da lui assistita, con sentenza n. 45/2023 del Tribunale di Rovigo.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Preliminarmente deve escludersi che l’intervenuta dichiarazione di liquidazione giudiziale abbia determinato l’interruzione del presente giudizio, come chiesto dal difensore, perché il procedimento di legittimità è dominato dall’impulso d’ufficio, con la ulteriore conseguenza che non vi è un onere di instaurazione del contraddittorio nei confronti della curatela fallimentare.
Deve, quindi, prendersi atto dell’intervenuta rinuncia al ricorso principale da parte di RAGIONE_SOCIALE unipersonale, a cui non ha aderito la controricorrente RAGIONE_SOCIALE: in conseguenza, non deve provvedersi all’esame dei motivi di ricorso principale , entrambi articolati in riferimento al n. 3 del comma I dell’art. 360 cod. proc. civ., con cui la ricorrente aveva denunciato la violazione dell’art. 1456 cod. civ., per non essere stata dichiarata la nullità della clausola risolutiva espressa e la violazione dell’art. 2697 cod. civ., dell’art. 115 e 345 cod. proc. civ. nella valutazione del suo inadempimento.
La rinuncia al ricorso principale non implica l’inefficacia dell’impugnazione incidentale tardiva: come statuito da questa Corte, la parte destinataria della rinuncia non ha alcun potere di opporsi all’iniziativa dell’avversario, sicché l’ipotetica assimilazione di tale ipotesi a quelle dell’inammissibilità e dell’improcedibilità dell’impugnazione principale finirebbe per rimettere l’esito dell’impugnazione incidentale tardiva all’esclusiva volontà dell’impugnante principale (Cass. Sez. U, n. 8925 del 19/04/2011; Sez. 6 – 1, n. 13888 del 03/05/2022). Deve, pertanto, procedersi all’esame del ricorso incidentale.
3.1. Con il primo motivo di ricorso incidentale, RAGIONE_SOCIALE ha prospettato, in riferimento al n. 3 del comma I dell’art. 360 cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell’art. 1384 cod. civ. per avere la Corte d’ appello di Venezia ridotto d’ufficio la clausola penale contrattualmente determinata.
3.2. Il motivo è infondato. Per principio consolidato di questa Corte, infatti, il potere di riduzione della penale ad equità è attribuito al giudice dall’art. 1384 cod. civ. a tutela dell’interesse generale dell’ordinamento di assicurare l’equilibrio contrattuale e può, perciò, essere esercitato d’ufficio, seppure ex actis , cioè sulla base del materiale probatorio legittimamente acquisito al processo, senza che il giudice possa ricercarlo d’ufficio ( ex multis, Cass. Sez. 2, n. 34021 del 19/12/2019; Sez. 6 – 2, n. 11439 del 15/06/2020).
Con il secondo motivo di ricorso incidentale, articolato in riferimento al n. 4 del comma I dell’art. 360 cod. proc. civ., la società ha lamentato, ex art. 132 n. 4 cod. proc. civ. e d.m. n. 55/2014, che la Corte d’appello abbia liquidato le spese in un importo inferiore ai limiti fissati, trascurando di compensare ciascuna delle fasi processuali.
4.1. Il motivo è fondato. La Corte d’appello ha liquidato le spese, secondo soccombenza, a carico di RAGIONE_SOCIALE unipersonale e in favore di RAGIONE_SOCIALE, in Euro 4.758,00, senza giustificare in alcun modo questo ammontare.
Con l’appello principale, tuttavia, RAGIONE_SOCIALE aveva devoluto al Giudice di secondo grado la questione della fondatezza della domanda di dichiarazione della risoluzione del preliminare come proposta nei suoi confronti in primo grado, della invalidità della clausola risolutiva espressa e della insussistenza del suo inadempimento, oltre che della erroneità del rito utilizzato per la proposizione della domanda di rilascio e di pagamento dell’indennità di occupazione e aveva sostenuto la natura mista di vendita e locazione del contratto oggetto
di giudizio; aveva, quindi, indicato, in atto di appello, in Euro 455.000 il valore della controversia; con l’appello incidentale, RAGIONE_SOCIALE aveva chiesto la riliquidazione della penale spettante nel maggior importo pattuito e del canone di occupazione fino al rilascio.
Il valore della causa, pertanto, avrebbe dovuto essere individuato in relazione alla materia devoluta al giudice di appello: in particolare, la Corte d’appello avrebbe dovuto considerare il valore indicato dallo stesso appellante quale valore dell’immobile oggetto di controversia, in mancanza di diverse indicazioni, atteso che il valore di una causa in cui si controverta dell’inadempimento di un contratto preliminare di vendita si determina in riferimento al valore della cosa che costituisce oggetto del previsto contratto definitivo (Cass. Sez. 2, n. 2669 del 08/07/1975) e che il valore di un immobile deve essere ricavato dalle indicazioni in atti, in mancanza di dati relativi al reddito dominicale o al la rendita catastale dell’immobile oggetto del contratto (cfr. Sez. 2, n. 10810 del 26/05/2015); non era invece cumulabile il valore della domanda riproposta in appello incidentale in quanto non ampliava il thema decidendum .
In conseguenza, considerato che l’appellante aveva indicato il valore della causa in Euro 455.000, l’importo liquidato a titolo di spese nella sentenza impugnata risulta certamente inferiore ai minimi liquidabili in applicazione dello scaglione di valore compreso tra Euro 260.001 ed Euro 520.000, considerata la remunerabilità di tutte le fasi processuali come previste dall’art. 4 d.m. n. 55/2014 per il procedimento di cognizione.
In punto di spese, pertanto, la sentenza impugnata deve essere cassata, in accoglimento di questo secondo motivo di ricorso.
Non risultando necessari ulteriori accertamenti di merito, questa Corte può procedere, ex art. 384 cod. proc. civ., a riliquidare le
spese del giudizio di appello, in applicazione dei parametri stabiliti per lo scaglione delle cause di valore compreso tra Euro 260.001 ed Euro 520.000, secondo l’ammontare stabilito in dispositivo .
Le spese di legittimità sono compensate per la metà, in considerazione dell’intervenuta rinuncia al ricorso principale e dell’accoglimento soltanto parziale, in punto di spese, dell’appello incidentale; per la residua metà devono essere poste a carico del ricorrente principale RAGIONE_SOCIALE
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso incidentale, rigettato il primo motivo; dichiara estinto il ricorso principale;
cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, condanna RAGIONE_SOCIALE al pagamento delle spese di appello in favore di RAGIONE_SOCIALE, liquidandole in Euro 14.000,00, oltre euro 200,00 per esborsi, spese forfettarie al 15% ed accessori;
condanna RAGIONE_SOCIALE al pagamento, in favore di RAGIONE_SOCIALE, di ½ delle spese del giudizio di legittimità, che liquida per detta parte in Euro 3.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 e agli accessori di legge, compensando la residua metà.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda