Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 27271 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 27271 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 12/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 20790/2022 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa da ll’avvocato COGNOME ;
-ricorrente-
contro
COMUNE RAGIONE_SOCIALE BARI, rappresentato e difeso da ll’avvocato COGNOME NOME e dall’avvocato COGNOME NOME; -controricorrente- avverso la SENTENZA del TRIBUNALE di BARI n. 649/2022, depositata il 16/02/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 6/05/2025 dal Consigliere NOME COGNOME NOME.
Con la sentenza n. 2632/2016 il Giudice di pace di Bari ha accolto l’opposizione fatta valere dalla società RAGIONE_SOCIALE contro una sanzione amministrativa, comminata dal Comune di Bari per violazione dell’art. 7, commi 1 -14 del codice della strada; dopo avere in motivazione affermato che si giustificava ‘comunque per il caso la compensazione delle spese’, ha poi in dispositivo condannato il Comune di Bari al pagamento delle spese in favore della società opponente, liquidandole ‘in complessivi euro 150, di cui euro 50 per spese, oltre accessori come per legge’.
La sentenza è stata impugnata dalla società RAGIONE_SOCIALE che ha denunciato il mancato esame nel merito di ulteriori censure da parte del primo giudice, nonché, in relazione alle spese, il contrasto tra motivazione e dispositivo della sentenza e il quantum liquidato.
Con la sentenza n. 649/2022, il Tribunale di Bari ha rigettato il motivo di appello attinente alla nullità della pronuncia per contrasto tra motivazione e dispositivo, trattandosi di mero errore materiale emendabile con il procedimento di correzione; ha accolto il motivo relativo al quantum della liquidazione, riconoscendo la somma complessiva di euro 132,50; ha dichiarato inammissibile il terzo motivo per carenza di interesse, non avendo il Comune di Bari proposto appello incidentale; ha infine compensato le spese di lite del giudizio d’appello.
Avverso la sentenza la società RAGIONE_SOCIALE ricorre per cassazione.
Resiste con controricorso il Comune di Bari.
La ricorrente ha depositato memoria.
CONSIDERATO CHE
1 Il ricorso è articolato in sei motivi, ma per priorità logica, va esaminato per primo il sesto motivo, che attiene al merito della causa. Il motivo contesta illegittimità, erroneità e/o nullità della
sentenza impugnata per violazione degli artt. 100, 112, 113, 156 cpc, 2907 cc, 24 e 111 Cost. per la dichiarata inammissibilità del terzo motivo d’appello per ritenuta carenza di interesse: a dire della ricorrente, il Tribunale ha erroneamente dichiarato inammissibile il terzo motivo d’appello (con cui si richiamavano gli ulteriori motivi di opposizione non esaminati in primo grado) invece di dichiararlo fondato e/o assorbito in ragione dell’avvenuto accoglimento della domanda di rideterminazione delle spese di primo grado, oltreché della sostanziale ed effettiva conferma dell’annullamento del verbale da parte del giudice di pace.
Il motivo è inammissibile.
La parte che propone ricorso per cassazione deducendo la nullità della sentenza per un vizio dell’attività del giudice lesivo del proprio diritto di difesa, ha l’onere di indicare il concreto pregiudizio derivato, atteso che, nel rispetto dei principi di economia processuale, di ragionevole durata del processo e di interesse ad agire, l’impugnazione non tutela l’astratta regolarità dell’attività giudiziaria ma mira ad eliminare il concreto pregiudizio subito dalla parte, sicché l’annullamento della sentenza impugnata è necessario solo se nel successivo giudizio di rinvio il ricorrente possa ottenere una pronuncia diversa e più favorevole a quella cassata (tra le tante, Sez. 1 – , Sentenza n. 19759 del 09/08/2017; Sez. 1, Ordinanza n. 19789 del 2024).
Nel caso in esame, non è dato comprendere quale sarebbe il concreto pregiudizio derivato alla parte ricorrente dalla formula decisoria adottata dal Tribunale, visto che il verbale era stato totalmente annullato nel merito dal primo giudice per ritenuta erroneità e genericità della contestazione e questa statuizione non era stata oggetto di appello incidentale da parte del Comune.
Il primo e il secondo motivo sono tra loro strettamente connessi:
il primo denuncia, ai sensi del n. 4 dell’art. 360 c.p.c., nullità della sentenza o del procedimento per vizio di motivazione;
sostiene la ricorrente di avere impugnato la sentenza di primo grado anzitutto per il palese e inconciliabile contrasto fra la motivazione e il dispositivo in punto di spese processuali; che il Tribunale ha sì dichiarato inammissibile l’eccezione di nullità della sentenza, ma nel contempo ha parzialmente riformato la medesima circa le spese in senso parzialmente più favorevole all’appellante, cosicché oggi parrebbe superfluo rimettere in discussione la questione della nullità della sentenza di primo grado, anche perché questa è stata sostituita dalla sentenza di appello, ma non è così per due ragioni; anzitutto perché l’illegittima declaratoria di inammissibilità del primo motivo d’appello è stata resa con motivazione apparente, implicante a sua volta la nullità della sentenza di secondo grado, e poi perché il rigetto dei proposti motivi di appello poteva influire sulla decisione finale del Tribunale di compensare le spese; è pertanto opportuno che la Corte di cassazione valuti l’illegittimità del rigetto dell’eccezione di nullità della sentenza di primo grado.
il secondo motivo ripropone la stessa censura ai sensi del n. 3 dell’art. 360 c.p.c.
I motivi sono infondati.
Anzitutto, la sentenza impugnata non è viziata sotto il profilo denunciato di vizio di motivazione. La censurabilità del difetto di motivazione in cassazione è oggi limitata alle ipotesi di anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali (vedere per tutte le pronunce delle sez. un. n. 8053/2014 e n. 8038/2018), ipotesi non ravvisabili nella motivazione della sentenza in esame. In ogni caso, come ha osservato la stessa ricorrente, il motivo è privo di interesse avendo il giudice d’appello riformato la decisione sulle spese del giudizio di
primo grado, profilo sicuramente considerato nel provvedimento di compensazione delle spese di secondo grado.
3. Il terzo motivo denuncia, ai sensi dei nn. 3 e 4 dell’art. 360 c.p.c., vizio di motivazione e violazione di norme di diritto in relazione alla liquidazione operata dal Tribunale delle spese e competenze legali del giudizio di primo grado.
Il motivo è fondato per quanto di ragione.
Il Tribunale di Bari ha ritenuto che non possano essere riconosciuti gli onorari per la fase istruttoria, in quanto la stessa non si è tenuta, e che i compensi previsti nella misura media dal d.m. 55/2014 dovuti per le fasi di studio, introduttiva e decisoria vadano ridotti del 50% ai sensi dell’art. 4 del d.m., avuto riguardo alla particolare semplicità delle questioni in fatto e diritto risolte, alla circostanza che non siano state depositata note conclusionali da parte della ricorrente e al valore esiguo della causa di opposizione. Il Tribunale è partito dai parametri medi di euro 65,00 per la fase di studio, euro 65,00 per quella introduttiva ed euro 135,00 per quella decisoria, riconoscendo la somma complessiva di euro 265,00 che, ridotta del 50%, ( al fine di applicare i parametri minimi) è stata determinata in euro 132,50. La ricorrente contesta tale liquidazione per due ragioni: perché sono stati illegittimamente negati gli onorari per la fase istruttoria e perché è stato dimezzato l’importo dei compensi.
La censura è corretta solo per quanto concerne il mancato riconoscimento del compenso per la fase istruttoria. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, il compenso per la trattazione/istruzione è ineludibile (cfr. in tal senso tra le tante, Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 21743 del 2019; Sez. 2, Ordinanza n. 27034 del 2024; Sez. 2, Ordinanza n. 977 del 2025).
La censura invece non coglie nel segno laddove contesta l’applicazione da parte del Tribunale del dimezzamento del 50% dei valori medi previsti dal d.m., in quanto rientra certamente
nell’esercizio del potere discrezionale del giudice la determinazione tra il minimo e il massimo dei parametri previsti, potere discrezionale che nel caso in esame il giudice ha ampiamente motivato. Va precisato che, per quanto concerne l’attività istruttoria, il valore medio può essere diminuito sino al 70% (secondo la normativa ratione temporis applicabile).
L’errore di diritto sussiste quindi solo nei limiti indicati e determina la cassazione della sentenza impugnata senza rinvio, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto (v. art. 384 comma 2 cpc).
Pertanto, in relazione alle spese del giudizio di primo grado vanno riconosciuti, attenendosi ai valori minimi (come stabilito dal giudice di merito) euro 33,00 per la fase di studio, euro 33,00 per la fase introduttiva, euro 19,50 per la fase istruttoria ed euro 68,00 per la fase decisionale, per un totale di euro 153,50. Resta fermo l’importo delle spese vive già liquidato dal Tribunale.
La decisione della causa nel merito, con la nuova liquidazione delle spese del giudizio di primo grado e -conseguentemente – di quelle di appello comporta logicamente l’assorbimento del quarto e del quinto motivo, che rispettivamente contestano:
il quarto motivo, ai sensi del n. 4 dell’art. 360 c.p.c., nullità della sentenza per vizio di motivazione per avere il Tribunale compensato le spese del giudizio d’appello con motivazione apparente, essendosi il giudice limitato ad enunciare principi giurisprudenziali senza calare gli stessi nella fattispecie concreta; non sussisteva alcuna soccombenza reciproca avendo da un lato il Tribunale condiviso, seppure in difetto, l’eccepita erroneità nella liquidazione delle spese del giudizio di primo grado e dall’altro avendo esso errato su tutto il resto.
il quinto motivo ripropone la stessa censura ai sensi del n. 3 dell’art. 360 c.p.c.
In conclusione, la sentenza impugnata va cassata senza rinvio solo in relazione alla censura accolta.
Le spese del giudizio d’appello e di legittimità vanno compensate per reciproca soccombenza, non potendo, come si è visto, la società ricorrente essere considerata totalmente vittoriosa in questi giudizi.
P.Q.M.
La Corte accoglie il terzo motivo nei limiti di cui in motivazione, rigetta il primo, il secondo e il sesto e dichiara assorbiti i restanti; cassa la sentenza impugnata in relazione alla censura accolta e, decidendo nel merito, liquida le spese del giudizio di primo grado in euro 153,50, oltre euro 50,00 per spese vive già liquidate; compensa le spese del giudizio d’appello e del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, in data 6 maggio 2025.
Il Presidente NOME COGNOME