Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 31635 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 31635 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 09/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 22683/2019 R.G. proposto da:
COGNOME rappresentato e difeso dell’avvocato NOME COGNOME per procura speciale a margine del ricorso
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE di NOME COGNOME e NOME, nonché di COGNOME e di NOME COGNOME, in persona del curatore p.t. , rappresentato e difeso dall ‘avv . NOME COGNOME per procura speciale in calce al controricorso
-controricorrente-
avverso il DECRETO del TRIBUNALE di ROMA n. 23881/2019 depositato il 26/06/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 26/06/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
RILEVATO CHE
Il Tribunale di Roma, con decreto del 26.6.2019, ha dichiarato inammissibile il reclamo ex art. 26 l. fall. proposto da NOME
COGNOME, creditore ammesso allo stato passivo del Fallimento della RAGIONE_SOCIALE e dei suoi soci illimitatamente responsabili, NOME COGNOME e NOME COGNOME, contro il provvedimento del G.D. che aveva a sua volta respinto il reclamo ex art. 110, comma 3, l.fall. dallo stesso avanzato perché il progetto di ripartizione finale assegnava al curatore un compenso superiore a quello che gli sarebbe spettato secondo i parametri del D.M. 30/12.
Il giudice d el merito, in accoglimento dell’eccezione sollevata dal Fallimento, ha rilevato che COGNOME difettava di interesse ad agire, ai sensi dell’ art. 100 c.p.c., in quanto il progetto di ripartizione impugnato prevedeva il pagamento integrale del suo credito, che dunque non risultava in alcun modo pregiudicato dalla misura del compenso riconosciuto al curatore; ha aggiunto che, mediante l’impugnazione del piano di riparto e il successivo reclamo, COGNOME aveva aggirato la previsione dell’art. 39 comma 1° l. fall., che esclude espressamente la reclamabilità dei decreti di liquidazione del compenso del curatore; ha quindi condannato il reclamante al pagamento delle spese del procedimento, ritenuto di valore indeterminabile, liquidate in € 6.934,00 oltre accessori .
NOME COGNOME ha proposto ricorso straordinario per la cassazione del decreto, affidandolo a quattro motivi, cui il Fallimento della C.R.C. System s.n.c. e dei soci COGNOME NOME e COGNOME NOME ha resistito con controricorso illustrato da memoria ex art. 380 bis. 1 c.p.c..
CONSIDERATO CHE
1. In via preliminare va esaminata l’eccezione di inammissibilità del ricorso per difetto di procura speciale, sollevata dal controricorrente sul rilievo che la formula utilizzata dal ricorrente ‘ Delego a rappresentarmi e difendermi ai fini del presente giudizio, in ogni fase e grado, ivi compresa la fase esecutiva …’ non risponde ai requisiti
richiesti da ll’art. 365 c.p.c., per la celebrazione del giudizio di cassazione.
L’eccezione deve essere respinta, in quanto la procura è stata rilasciata a margine del ricorso ex art. 111 Cost. e dunque è necessariamente riferita al giudizio di cassazione.
1.1. Anche l’altra eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata dal Fallimento , per violazione dell’art. 366 comma 1° n. 4 c.p.c., deve essere rigettata, avendo il ricorrente sufficientemente illustrato il proprio ricorso in modo tale da consentire a questa Corte di comprendere il contenuto delle censure avanzate.
Con il primo motivo, che denuncia la violazione degli artt. 110, 36,26, 25 e 31 l.fall. e 91 c.p.c., COGNOME osserva che gli artt. 110 e 36 l. fall., nel disciplinare l’impugnazione al piano di riparto finale , non prevedono che il giudice debba provvedere sulle spese e lasciano perciò presumere che il procedimento, volto al controllo e alla direzione dell’ attività del curatore, non abbia natura contenziosa strictu sensu.
Aggiunge che, seguendo questa impostazione, il suo ricorso sarebbe inammissibile, in quanto rivolto contro un provvedimento abnorme, non avente natura decisoria (e chiede, per tale caso, la compensazione delle spese del presente giudizio) e sostiene che, in caso contrario, il tribunale avrebbe invece dovuto rilevare d’ufficio l’ abnormità dell’autorizzazione data dal G.D. al curatore a costituirsi in sede di reclamo con il patrocinio di un avvocato, posto che l’organo della procedura deve partecipare in proprio al procedimento, nel quale si discute della legittimità di un suo atto.
3. Il motivo deve essere respinto.
Al di là del rilievo che la statuizione di condanna alle spese ha sempre natura decisoria e definitiva e può quindi essere impugnata per cassazione anche quando contenuta in un provvedimento di per sé
non ricorribile ai sensi dell’art. 111 Cost. perché privo di tali caratteri, va rilevato che questa Corte non ha mai dubitato dell’ammissibilità del ricorso straordinario per cassazione contro il decreto del tribunale che pronuncia sul reclamo ex art. 36, 2° comma, l. fall. proposto avverso il provvedimento del G.D. di rigetto delle contestazioni rivolte al progetto di ripartizione finale, trattandosi di provvedimento che incide in modo irreversibile sul diritto dei creditori a partecipare al concorso.
Ciò premesso, è errata l’affermazione del ricorrente secondo cui nel predetto procedimento il curatore dovrebbe difendersi personalmente, senza l’assistenza di un difensore , perché l’art. 36, 2° comma, cit. non prevede alcuna deroga al disposto dell’art. 82 c.p.c., secondo il quale le parti devono stare in giudizio col ministero di un procuratore legalmente esercente, ‘ salvo che la legge non disponga altrimenti ‘.
Con il secondo motivo, che lamenta la ‘ violazione dell’art. 360 comma 1° n. 3 c.p.c. in relazione al D.M. 37/2018’ (così, testualmente, in rubrica) il ricorrente assume che il tribunale ha liquidato le spese in misura eccessiva, sia perché il thema disputandum era limitato alla somma di € 20.096,35, pari all’importo del compenso del curatore ritenuto eccedente rispetto a quello liquidabile secondo i parametri di legge, sia perché avrebbero dovuto essere applicate le tariffe relative ai procedimenti di ‘ volontaria giurisdizione’, anziché contenziosi, e le spese avrebbero dovuto essere parametrate alla sola fase di studio della controversia e a quella introduttiva, senza tener conto dell’attività istruttoria e decisionale, essendo il processo stato celebrato in un’unica udienza di discussione.
Il motivo è fondato nella sua prima parte, atteso che (pur versandosi certamente in un giudizio a carattere contenzioso e non di volontaria giurisdizione) è pacifico che il ricorrente si fosse limitato
ad impugnare il piano di riparto nella parte in cui riconosceva al curatore, a titolo di compenso, la somma di € 20.096,35 , a suo avviso in eccedenza rispetto a quella liquidabile secondo i parametri di legge: il valore della controversia andava dunque determinato in misura pari al predetto importo, che era l’unico in contestazione, con la conseguenza che le spese avrebbero dovuto essere liquidate secondo lo scaglione fino a 26.000 euro, mentre il tribunale ha erroneamente ritenuto il valore indeterminabile e liquidato le spese in base al relativo scaglione.
Con il terzo motivo, che deduce la violazione dell’art. 110 c.p.c. , il ricorrente sostiene che aveva interesse ad agire, in quanto, avendo presentato un domanda di insinuazione tardiva al fallimento, ex art. 101, 4° comma, l. fall., la richiesta di riforma del progetto di riparto finale era funzionale alla liquidazione in suo favore delle somme che gli sarebbero state riconosciute una volta accolta la domanda ultra -tardiva.
Il motivo, prima ancora che manifestamente infondato (stante il disposto dell’art. 112 l. fall.), è inammissibile perché introduce per la prima volta in sede di legittimità -peraltro in via totalmente generica – una questione (mista di fatto e di diritto) che non risulta essere stata dedotta in sede di merito.
L ‘ inammissibilità del terzo motivo, determinando il passaggio in giudicato del capo del decreto impugnato che ha accertato il difetto di interesse ad agire del ricorrente, ex art. 100 c.p.c., comporta l’ inammissibilità anche del quarto, per difetto di rilevanza della questione di costituzionalità dell’art. 39 comma 1° . fall. in esso sollevata.
All’accoglimento del secondo mezzo consegue la cassazione del decreto impugnato limitatamente alla statuizione relativa alle spese di lite. Non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, questa Corte può decidere nel merito, a norma dell’art. 384 comma 2°
c.p.c., e liquidare le spese del reclamo – in base alle tabelle del DM 37/2018 e tenuto conto della minima rilevanza delle questioni trattate in complessivi € 1.950,00 (€ 500,00 per la fase di studio della controversia, € 450, 00 per la fase introduttiva del giudizio ed € 1000,00 per la fase decisionale), oltre spese forfettarie nella misura del 15% ed accessori di legge.
La parziale, reciproca soccombenza delle parti giustifica la compensazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo del ricorso, infondato il primo, inammissibile il terzo, assorbito il quarto; cassa il decreto impugnato in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, liquida le spese del precedente grado di reclamo a carico del ricorrente in € 1.950,00, oltre rimborso forfettario nella misura del 15% ed accessori di legge; compensa tra le parti le spese del presente giudizio di legittimità
Così deciso in Roma in data 26.6.2024