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Liquidazione spese legali: i minimi sono inderogabili

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso di un cittadino contro una liquidazione delle spese legali inferiore ai minimi di legge. L’ordinanza stabilisce che i parametri forensi sono inderogabili e chiarisce che sia l’ente previdenziale sia l’agente di riscossione sono responsabili in solido per le spese in caso di prescrizione dei contributi, annullando la precedente decisione e rinviando alla Corte d’Appello.

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Pubblicato il 28 ottobre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Liquidazione Spese Legali: La Cassazione Conferma l’Inderogabilità dei Minimi Tariffari

La corretta liquidazione delle spese legali rappresenta un pilastro fondamentale per la tutela dei diritti e per l’equità del processo. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce con forza un principio cardine: i compensi professionali non possono essere liquidati al di sotto dei minimi tabellari previsti dalla legge. Questa decisione offre importanti chiarimenti anche sulla ripartizione delle responsabilità tra ente impositore e agente della riscossione.

I Fatti del Contenzioso

Una contribuente, dopo aver ottenuto una sentenza favorevole in primo grado, si vedeva liquidare le spese di lite in un importo che riteneva ingiusto. Il Tribunale aveva infatti stabilito un compenso di 1.618,00 euro, ponendolo a carico dell’Agente della Riscossione. La contribuente decideva di appellare la decisione, sostenendo che l’importo fosse inferiore ai minimi di legge e che non tenesse conto di tutta l’attività difensiva svolta. La Corte d’Appello, tuttavia, rigettava il gravame.

La controversia è quindi giunta dinanzi alla Corte di Cassazione, con la ricorrente che ha sollevato due motivi principali:
1. La violazione dei parametri forensi per aver liquidato un compenso inferiore al minimo tabellare (pari a 1.776,00 euro) e per il mancato riconoscimento dell’attività svolta nella fase istruttoria.
2. L’errata compensazione implicita delle spese nei confronti dell’ente previdenziale, il quale, pur essendo risultato pienamente soccombente sull’eccezione di prescrizione, non era stato condannato al pagamento delle spese.

L’Analisi della Corte sulla Liquidazione Spese Legali

La Corte di Cassazione ha accolto entrambi i motivi del ricorso, cassando la sentenza impugnata e rinviando la causa alla Corte d’Appello per una nuova valutazione. Gli Ermellini hanno fornito un’analisi dettagliata e rigorosa dei principi che regolano la materia.

Le Motivazioni

Sul primo motivo, la Corte ha riaffermato un orientamento ormai consolidato: i parametri per la liquidazione delle spese legali, stabiliti dal D.M. n. 55/2014, hanno carattere inderogabile. Il giudice non può scendere al di sotto dei valori minimi, come avvenuto nel caso di specie. Inoltre, ha chiarito che la chiamata in causa dell’agente della riscossione, avvenuta iussu iudicis (per ordine del giudice), costituisce a tutti gli effetti un’attività processuale che rientra nella fase istruttoria e, come tale, deve essere adeguatamente compensata. La Corte territoriale ha quindi errato nel non qualificare tale attività come meritevole di compenso.

Sul secondo motivo, la Cassazione ha richiamato un’importante sentenza delle Sezioni Unite (n. 7514/2022). In materia di prescrizione di contributi previdenziali, la legittimazione a resistere in giudizio spetta esclusivamente all’ente previdenziale, in quanto titolare della pretesa impositiva. Di conseguenza, se l’eccezione di prescrizione sollevata dal contribuente viene accolta, l’ente previdenziale deve essere considerato integralmente soccombente. La Corte ha inoltre specificato che l’inerzia dell’agente della riscossione non costituisce una “grave ed eccezionale ragione” per compensare le spese. In base al principio di causalità, sia l’ente impositore sia l’agente della riscossione devono essere considerati soccombenti e condannati in solido al pagamento delle spese di lite.

Le Conclusioni

Questa ordinanza rafforza la tutela del lavoro dei professionisti legali, garantendo che i loro compensi non possano essere arbitrariamente ridotti al di sotto delle soglie minime. Sottolinea l’importanza di una valutazione completa di tutta l’attività difensiva svolta, inclusi gli adempimenti processuali ordinati dal giudice. Infine, fa chiarezza sulla ripartizione delle responsabilità in materia di riscossione, stabilendo che sia l’ente creditore che l’agente incaricato devono rispondere solidalmente delle conseguenze processuali, senza che le inefficienze interne al loro rapporto possano ricadere sulla parte vittoriosa. La Corte d’Appello dovrà ora adeguarsi a questi principi nel riesaminare il caso.

Un giudice può liquidare le spese legali in un importo inferiore ai minimi previsti dalla legge?
No, la Corte di Cassazione ha ribadito che i minimi tabellari previsti dai parametri forensi hanno carattere inderogabile e il giudice non può scendere al di sotto di tali valori.

La chiamata in causa di un terzo per ordine del giudice costituisce attività istruttoria da compensare?
Sì, secondo la Corte, l’esame degli atti e i relativi adempimenti connessi alla chiamata in causa di un terzo, anche se ordinata dal giudice, rientrano a pieno titolo nella fase istruttoria e devono essere considerati nella liquidazione del compenso.

In caso di prescrizione di contributi, chi paga le spese legali se l’agente della riscossione è rimasto inerte?
La Corte ha stabilito che la responsabilità è sia dell’ente previdenziale (titolare della pretesa) sia dell’agente della riscossione. Entrambi sono considerati soccombenti e devono pagare le spese in solido, in base al principio di causalità, senza che l’inerzia di uno possa giustificare una compensazione delle spese.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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