Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 492 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 492 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 09/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 7589/2023 R.G. proposto da:
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore, domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO), che lo rappresenta e difende ex lege ;
-ricorrente-
contro
COGNOME COGNOME, NOMECOGNOME ed eredi di COGNOME ossia COGNOME, COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME e NOME COGNOME
-intimati-
avverso il DECRETO della CORTE D’APPELLO di POTENZA n. 383/2020 depositato il 2.2.2023. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 9.7.2024 dal
Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE
Con decreto n. 242/2020 del 5.10.2020 il Consigliere delegato della Corte d’Appello di Potenza, accogliendo parzialmente la domanda di equa riparazione per l’eccessiva durata della procedura fallimentare della RAGIONE_SOCIALE (aperta con sentenza del Tribunale di Potenza n. 632/1999 del 25.6.1999 e chiusa il 16.1.2020), riconosceva una durata illegittima della procedura di quindici anni, a favore di COGNOME NOME, NOME e COGNOME NOME, liquidando a favore dei predetti un indennizzo di € 6.000,00 ciascuno (moltiplicatore di € 400,00 annui), oltre interessi legali dalla domanda e spese processuali, ed una durata illegittima della procedura di due anni per gli eredi di COGNOME NOME (COGNOME Vita, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME), che non essendosi costituiti nella procedura fallimentare, avevano diritto alle rispettive quote solo fino alla data del decesso del dante causa, liquidando in loro favore un indennizzo di € 800,00 (moltiplicatore di € 400,00 annui), oltre interessi legali dalla domanda e spese processuali.
Proponevano opposizione ex art. 5 ter L. 89/2001 nei confronti del Ministero della Giustizia gli originari ricorrenti, che chiedevano il riconoscimento in loro favore di un indennizzo di € 14.200,00 ciascuno, da incrementare ex art. 2 bis della L. n. 89/2001, mentre il Ministero della Giustizia chiedeva il rigetto dell’opposizione, e poiché il medesimo difensore degli opponenti aveva avanzato domanda di indennizzo per irragionevole durata della stessa procedura fallimentare per altri soggetti ammessi al passivo (proc. n. 371/2020 RGVG), chiedeva che ai fini della liquidazione delle
spese processuali si procedesse, previa riunione dei procedimenti, ad una valutazione unitaria.
La Corte d’Appello di Potenza in composizione collegiale, col decreto n. 78/2023 del 26.1/2.2.2023, accoglieva parzialmente l’opposizione, revocava l’opposto decreto, con condanna del Ministero della Giustizia al pagamento dell’indennizzo di € 6.000,00 ciascuno a favore di COGNOME NOME, NOME e COGNOME NOME, e dell’indennizzo di € 1.200,00 pro quota a favore degli eredi di COGNOME NOME, oltre interessi legali dalla domanda al saldo. Quanto alle spese processuali, la Corte d’Appello le dichiarava compensate per 2/3 e condannava il Ministero della Giustizia al pagamento del terzo residuo, da distrarre in favore del legale antistatario degli opponenti, determinando l’importo dovuto per l’intero in € 4.997,00 oltre IVA, CA e rimborso spese generali del 15% (esclusa la fase di trattazione) sulla base dello scaglione della tariffa 12 allegata al D.M. n. 55/2014, come modificato dal D.M. n.147/2022, per le cause di valore compreso tra € 52.001,00 ed € 260.000,00, individuato in base all’importo degli indennizzi pretesi, oltre al pagamento di € 27,00 per rimborso spese relativo alla fase monitoria.
Avverso il decreto collegiale della Corte d’Appello di Potenza, ha proposto ricorso a questa Corte, notificato al legale domiciliatario degli opponenti il 4.4.2023, il Ministero della Giustizia, affidato a due motivi; gli opponenti sono rimasti intimati.
Non sono state depositate memorie ex art. 380 bis. 1 c.p.c. e la causa è stata trattenuta in decisione nell’adunanza camerale del 9.7.2024.
Col primo motivo il Ministero lamenta, in relazione all’art. 360, comma primo n. 4) c.p.c., la violazione dell’art. 112 c.p.c., dolendosi che la Corte d’Appello non si sia pronunciata sulla richiesta, che aveva formulato nel giudizio di opposizione, di procedere ad una valutazione unitaria insieme alla procedura di
equa riparazione n. 371/2020 RGVG, promossa dal medesimo avv. NOME COGNOME per altri clienti ammessi al passivo fallimentare della stessa società RAGIONE_SOCIALE ex RAGIONE_SOCIALE, ai fini della liquidazione delle spese processuali, richiamando la giurisprudenza della Corte sull’abuso del processo (Cass. n. 2587/2016).
Il primo motivo è infondato, in quanto la decisione sulla riunione, o meno di due procedimenti connessi, rientra nell’ambito dell’esercizio di un potere discrezionale del giudice di merito, insindacabile in sede di legittimità, e l’eventuale violazione della norma sui presupposti della riunione non comporta la nullità della decisione adottata (vedi in tal senso Cass. n. 24997/2016; Cass. n. 11187/2007; Cass. n. 9336/2004), e comunque non risulta dedotto dal Ministero che nel giudizio presupposto l’avv. NOME COGNOME avesse agito congiuntamente per gli ammessi al fallimento della società RAGIONE_SOCIALE ex RAGIONE_SOCIALE che hanno poi promosso i procedimenti per equa riparazione n. 371/2020 RGVG e n.383/2020 RGVG, sì da rendere ipotizzabile un abusivo frazionamento dei crediti.
2) Col secondo motivo il Ministero della Giustizia, lamenta, in relazione all’art. 360, comma primo n. 3) c.p.c., la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 5 del D.M. 10.3.2014 n. 55, in quanto la Corte d’Appello, nel procedere alla liquidazione delle spese processuali del giudizio conseguente all’opposizione, ha applicato lo scaglione della tariffa 12 allegata al D.M. n. 55/2014, come modificato dal D.M. n. 147/2022, per le cause civili di valore compreso tra € 52.000,01 ed € 260.000,00, basandosi sulla somma domandata, anziché su quella attribuita alla parte parzialmente vincitrice, come previsto dall’art. 5 comma 1 del D.M. n. 55/2014, riconoscendo in tal modo dovuta, per effetto della disposta compensazione per 2/3, la somma di € 1.665,66 per compensi, pari ad 1/3 dell’intero (€ 4.997,00), da distrarre in favore del legale antistatario, anziché calcolare nella misura di 1/3 i compensi spettanti nel minimo tariffario secondo la suddetta
tabella, ferma l’esclusione della fase di trattazione, per le cause di valore compreso tra € 5.200,01 ed € 26.000,00, essendo stata riconosciuta dovuta agli opponenti la complessiva somma di € 19.200,00, ricompresa in tale scaglione.
Per l’ipotesi in cui venga invece effettuata una valutazione unitaria delle procedure di opposizione n. 371/2020 RGVG e n. 383/2020 RGVG della Corte d’Appello di Potenza ai fini delle spese processuali, il Ministero chiede per entrambe le procedure l’applicazione dello scaglione tra € 26.000,01 ed € 52.000,00, individuato in base alla somma degli indennizzi che in esse sono stati riconosciuti dovuti (€ 19.200,00 + € 29.200,00), per complessivi € 48.400,00, e quindi la liquidazione dei compensi per l’intero in € 3.473,00 anziché in € 4.997,00, ferma restando l’esclusione della fase di trattazione e la compensazione per 2/3 disposta, con condanna del Ministero al terzo residuo.
Il secondo motivo di ricorso è parzialmente fondato e merita accoglimento per quanto di ragione.
Richiamato quanto già esposto relativamente al primo motivo, deve escludersi una valutazione unitaria dei compensi per le due procedure di opposizione n. 371/2020 RGVG e n. 383/2020 RGVG della Corte d’Appello di Potenza, che sono rimaste separate, non essendo stato neppure allegato che i creditori ammessi al passivo che hanno proposto le opposizioni avessero ab origine agito tutti congiuntamente, e che al di là della riferibilità dei loro crediti alla medesima procedura fallimentare e dell’identità del difensore incaricato, vi fossero per tutti le stesse problematiche di fatto e di diritto da affrontare nei giudizi di equa riparazione, sì da rendere ipotizzabile un abusivo frazionamento dei crediti vantati, comunque distinti.
Va invece accolto il secondo motivo di ricorso nella parte in cui lamenta l’erronea individuazione dello scaglione della tabella 12 allegata al D.M. n. 55/2014, come modificato dal D.M. n.
147/2022, applicabile, in quello compreso tra € 52.000,01 ed € 260.000,00, anziché in quello compreso tra € 5.200,01 ed € 26.000,00, in quanto in osservanza dell’art. 5, comma 1 del D.M. n. 55/2014, la Corte d’Appello, come richiesto dal ricorrente, avrebbe dovuto applicare lo scaglione individuato in base agli indennizzi riconosciuti dovuti nel procedimento n. 383/2020 RGVG, pari ad € 19.200,00, e non a quelli che erano stati pretesi nel medesimo procedimento, ammontanti ad € 56.800,00 (€ 14.200,00 x 4).
Applicando quindi i minimi tariffari dello scaglione compreso tra € 5.200,01 ed € 26.000,00 della tabella 12 allegata al D.M. n. 55/2014, come modificato dal D.M. n. 147/2022, valevole per i giudizi di equa riparazione conseguenti ad opposizione, aventi natura contenziosa, individuato in base agli indennizzi attribuiti di € 19.200,00, e mantenendo ferma la disposta esclusione della fase di trattazione, che non è stata oggetto di ricorso incidentale degli intimati, i compensi dovuti ammontavano ad € 567,00 per fase di studio, € 461,00 per fase introduttiva ed € 956,00 per fase decisionale, per complessivi € 1.984,00, aumentati ad € 2.100,00 ex art. 4 comma 2° del D.M. n. 55/2014 per la difesa di più soggetti aventi la medesima posizione processuale. Restano fermi il già disposto rimborso spese della fase monitoria di € 27,00, la compensazione per 2/3 con condanna al terzo residuo del Ministero della Giustizia, prevalentemente soccombente nel giudizio di opposizione, e la distrazione in favore del legale antistatario degli opponenti, che non sono stati fatti oggetto d’impugnazione in questa sede.
La reiezione del primo motivo di ricorso, e l’accoglimento parziale del secondo motivo, giustificano la dichiarazione di irripetibilità delle spese del giudizio di legittimità nei confronti degli intimati, che non hanno contrastato la rideterminazione corretta dei compensi del giudizio conseguente ad opposizione.
P.Q.M.
La Corte di Cassazione, accoglie per quanto di ragione il secondo motivo, respinto il primo motivo, cassa l’impugnato decreto in relazione al motivo accolto, e decidendo nel merito, condanna il Ministero della Giustizia al pagamento di 1/3 delle spese processuali del giudizio conseguente ad opposizione avanti alla Corte d’Appello di Potenza, che fermo il rimborso delle spese della fase monitoria di € 27,00 e la disposta compensazione per 2/3, ridetermina per l’intero in € 2.100,00 per compensi, oltre IVA, CA e rimborso spese generali del 15%, da distrarre a favore del legale antistatario, avvocato NOME COGNOME.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda