Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 23630 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 23630 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 03/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso 20787 – 2022 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Ministro pro tempore, domiciliato in Roma, INDIRIZZO, rappresentato e difeso dall’RAGIONE_SOCIALE ope legis ;
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME, elettivamente domiciliata in Cosenza, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO dal quale è rappresentata e difesa, giusta procura allegata al controricorso, con indicazione de ll’ indirizzo pec;
– controricorrente –
avverso il decreto n. cronol. 1974/2022 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO, pubblicato il 7/7/2022;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del l’8 /2/2024 dal consigliere COGNOME; letta la memoria della controricorrente.
FATTI DI CAUSA
Con decreto n. cronol. 1974/2022 del 7/7/2022, notificato l’8/7/2022, la Corte d’appello di Catanzaro, in accoglimento dell’opposizione ex art. 5 ter della l. 89/2001 avverso il decreto monocratico di rigetto, ha riconosciuto, in favore di NOME COGNOME, un equo indennizzo per l’irragionevole durata di un procedimento di lavoro, liquidandolo in Euro 550,00; ha, quindi, condannato il Ministero anche al rimborso delle spese di giudizio, liquidandole per compensi professionali in Euro 3.523,00, anche per la fase monitoria, conclusasi con il rigetto della pretesa.
Il Ministero della Giustizia ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi a cui NOME COGNOME ha resistito con controricorso, illustrato da memoria.
RAGIONI RAGIONE_SOCIALE DECISIONE
Con il primo motivo, articolato in riferimento al n. 3 del comma I dell’art. 360 cod. proc. civ., il Ministero ha lamentato la violazione e falsa applicazione dell’ art. 91 cod. proc. civ. nonché delle tabelle n. 8 e 12 allegate al d.m. 55/2014, per avere la Corte liquidato una somma esorbitante rispetto ai parametri, anche considerati nei valori massimi, previsti per il primo scaglione (cause di valore fino a Euro 1.100), applicabile in considerazione del valore del decisum , pari ad euro 550 oltre interessi. In particolare, non risulta giustificabile l’importo neppure considerando congiuntamente il compenso della fase monocratica e di opposizione.
1.2. Con il secondo motivo, articolato in riferimento al n. 4 del comma I dell’art. 360 cod. proc. civ., il Ministero ha denunciato la nullità del decreto per «anomalia motivazionale» nonché per
«motivazione apparente e/o perplessa» in relazione agli artt. 111 Cost. e 132 comma II n.4 cod. proc. civ., per avere la Corte d’appello omesso ogni motivazione sull’ammontare delle spese liquidate.
I due motivi, che possono essere trattati congiuntamente per continuità di argomentazione, sono fondati.
Come stabilito dall’art. 5, comma 1, terzo periodo, del d.m. n. 55 del 10 marzo 2014, nella liquidazione dei compensi a carico del soccombente si ha riguardo all’entità economica dell’interesse sostanziale che riceve tutela attraverso la decisione, cioè, nella specie, Euro 550, sicché i parametri applicabili erano quelli relativi al primo scaglione, riservato alle cause di valore fino a Euro 1.100.
Per principio consolidato, l’esercizio del potere discrezionale del giudice, contenuto tra il minimo e il massimo dei parametri previsti, non è soggetto al controllo di legittimità, attenendo pur sempre a parametri indicati tabellarmente, mentre la motivazione è doverosa allorquando il giudice decida di aumentare o diminuire ulteriormente gli importi da riconoscere, essendo in tal caso necessario che siano controllabili le ragioni che giustificano lo scostamento e la misura di esso ( ex plurimis , Cass. Sez. 2, n. 14198 del 05/05/2022).
Nel decreto qui impugnato , invero, l’ammontare delle spese liquidate esorbita, senza che sia stata resa una motivazione sul punto, dall’aumento massimo consentito dai parametri applicabili in base alla tabella 12 allegata al d.m. n. 55 del 2014, prevista per i giudizi aventi natura contenziosa e applicabile ai giudizi di opposizione ex art. 5 ter (Cass. Sez. 6 – 2, n. 15493 del 21/07/2020).
A ciò deve aggiungersi, quanto alle spese della fase monocratica, che se il decreto che la conclude è una pronuncia di accoglimento, la condanna alle spese si giustifica perché sussiste la possibilità che il provvedimento adottato in quella sede divenga definitivo se non opposto; se, invece, come nel caso in esame, la conclusione della fase
monocratica è un decreto di rigetto, non vi è alcuna statuizione sulle spese perché non vi è stato alcun contraddittore.
Ciò posto, l’opposizione ex art. 5 -ter della legge n.89/2001 non è in alcun modo assimilabile ad un appello avverso un decreto di rigetto, sicché, se la domanda sia accolta in tale sede, la condanna alle spese seguirà l’esito complessivo del giudizio, senza che sia possibile prevedere, con l’accoglimento, una distinta liquidazione per la fase monitoria, ora per allora: il procedimento è infatti unico e non vi è un capo del decreto opposto che possa essere modificato per effetto dell’accoglimento dell’opposizione, mentre, come detto, viene in rilievo unicamente la fase contenziosa (Cass. Sez. 6 – 2, n. 18200 del 16/09/2015).
La statuizione sulle spese non si è correttamente uniformata ai principi suesposti.
Il ricorso è perciò, accolto e il decreto impugnato deve essere cassato in punto di spese.
Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa deve essere decisa nel merito e le spese del giudizio di merito imposte al Ministero della giustizia, secondo soccombenza, devono essere rideterminate in applicazione dei parametri previsti per il primo scaglione (cause di valore fino a Euro 1.100), applicabile in considerazione del valore del decisum , pari ad euro 550 oltre interessi, e liquidate secondo i minimi tariffari nel complessivo importo di Euro 355,00, oltre rimborso forfettario, accessori e spese come già riconosciuti nel decreto impugnato. L’applicazione dei minimi si giustifica in riferimento alla semplicità e alla ripetitività delle controversie in materia di equa riparazione.
È disposta la distrazione per essere stata tempestivamente chiesta dal difensore, come risulta dal decreto impugnato, in conformità al principio per cui la richiesta ha da essere effettuata
all’interno del singolo grado, per essere riconosciuta «nella stessa sentenza in cui il giudice condanna alle spese la parte soccombente» (cfr. Cass. Sez. 6 – 1, n. 16244 del 18/06/2019; Sez. 1, n. 2667 del 18/07/1969).
Le spese di legittimità sono compensate in considerazione dell’esito complessivo della lite.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato quanto alla statuizione sulle spese e, decidendo nel merito, liquida le spese del giudizio di opposizione in Euro 355,00, oltre rimborso forfettario, accessori e spese come già riconosciuti nel decreto impugnato, ponendole interamente a carico del Ministero, con distrazione in favore dell’AVV_NOTAIO, dichiaratosi antistatario;
compensa interamente le spese di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda