Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 32448 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 32448 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 13/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso 19973-2020 proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME;
– resistente con mandato –
avverso il decreto del TRIBUNALE di COGNOME, depositato il 17/12/2019 R.G.N. 1744/2019;
Oggetto
R.G.N. 19973/2020
COGNOME
Rep.
Ud. 26/09/2024
CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 26/09/2024 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
R.G. 19973/20
Rilevato che:
Con decreto di omologa del 17.12.2019, il Tribunale di Velletri, in accoglimento del ricorso, ex art. 445 bis comma 5 c.p.c., proposto da COGNOME NOME, ha accertato la sussistenza dei requisiti sanitari per beneficiare dell’assegno mensile, ex artt. 2 e 13 della legge n. 118/71, con condanna dell’INPS alla rifusione delle spese di lite liquidate in complessivi euro 800,00, oltre accessori.
Avverso tale sentenza, COGNOME NOME ha proposto ricorso per cassazione deducendo un motivo di censura.
L’INPS ha resistito con controricorso.
Il collegio riserva ordinanza, nel termine di sessanta giorni dall’adozione della decisione in camera di consiglio.
Considerato che:
Con il motivo di ricorso, la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 13 comma 1 e 113 c.p.c., nonché dell’art. 2233 comma 2 e degli artt. 4 e 5 del DM n. 55 del 2014 e del DM di modifica n. 37/18 e delle tabelle in esso contenute, in relazione all’art. 360 primo comma n. 3 c.p.c., perché il tribunale aveva liquidato le spese legali in violazione dei parametri fissati dal DM n. 55/14, modificato dal DM n. 37/18 e senza indicare il sistema di liquidazione adottato, nonché perché il tribunale aveva violato senza giustificazione e/o motivazione le tariffe professionali, alla luce dell’inderogabilità dei compensi forensi minimi, senza alcuna motivazione in ordine alla non riconoscibilità dei compensi, stabiliti dai DD.MM. citati e senza indicare le concrete circostanze che giustificherebbero una deroga ai minimi tabellari.
Il motivo è fondato.
Deve anzitutto convenirsi con parte ricorrente nel rilievo secondo cui, avuto riguardo all’oggetto del giudizio, il valore della causa risulta compreso nello scaglione compreso tra Euro 5.200,00 e Euro 26.000,00, essendo consolidato il principio secondo cui, nelle controversie relative a prestazioni assistenziali, il valore della causa ai fini della liquidazione delle spese di giudizio si stabilisce con il criterio previsto dall’art. 13, comma 1°, c.p.c. per le cause relative alle prestazioni alimentari, sicché, se il titolo è controverso, il valore si determina in base all’ammontare delle somme dovute per due anni (così Cass. S.U. n. 10454 del 2015 e innumerevoli successive conformi).
Ciò premesso, in base ai criteri vigenti al momento della liquidazione, i parametri minimi stabiliti per tale scaglione, computando tre fasi per il procedimento di istruzione preventiva, andavano individuati in Euro 911,00 (risultanti dalla somma di Euro 270,00 per studio della controversia, Euro 337,50 per la fase introduttiva del giudizio ed Euro 303,00 per la fase istruttoria e/o di trattazione, dovendosi ridurre le prime due del 50% e la terza del 70%, ai sensi dell’art. 4, D.M. n. 55/2014: cfr. da ult. Cass. n. 2450 del 2023), per modo che la liquidazione delle spese contenuta nell’impugnato decreto risulta inferiore ai minimi di legge, per come ratione temporis previsti.
Ciò detto, il decreto, in relazione all’impugnata statuizione sulle spese, va pertanto cassato e, non apparendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito, dovendo tuttavia applicarsi, per la liquidazione dei compensi, i parametri del D.M. n. 55/2014 per come modificati dal D.M. n. 147/2022, che, all’art. 6, prevede che le nuove tariffe “si applicano alle
prestazioni professionali esaurite successivamente alla sua entrata in vigore”; a questo proposito, secondo quanto affermato da Cass. S.U. n. 17405 del 2012, deve ritenersi “esaurita successivamente” alla entrata in vigore del decreto recante i nuovi parametri tariffari “la prestazione che, iniziata e in parte svoltasi nella vigenza della pregressa regolamentazione”, si conclude nella vigenza della nuova disciplina (cfr. in tal senso anche Cass. n. 31884 del 2018) e alla stregua dell’anzidetto principio, la riforma del decreto di omologa, ancorché solo sulle spese, comporta che la prestazione professionale deve considerarsi completata all’attualità, nella vigenza dunque dei nuovi parametri (così Cass. n. 2450 del 2023, cit.).
Sulla scorta di quanto sopra, il compenso professionale va liquidato, per la fase di accertamento tecnico preventivo, in complessivi Euro 1.168,50, risultante dalla riduzione al 50% dei valori medi indicati in Euro 567,00 per la fase di studio della controversia, Euro 709,00 per la fase introduttiva del giudizio e Euro 1061,00 per la fase istruttoria, ai sensi dell’art. 4 comma 1, D.M. cit. (così ancora Cass. n. 2450 del 2023, cit.), con attribuzione ai difensori della parte ricorrente, dichiaratisi antistatari.
Tuttavia, in considerazione della modestissima entità dello scarto tra le spese dovute al momento della liquidazione operata dal Tribunale e quelle effettivamente riconosciute, va ravvisata la sussistenza di giusti motivi per compensare interamente le spese del giudizio di legittimità (cfr. Cass. n. 35750 del 2022).
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso nei termini di cui in parte motiva.
Cassa il decreto impugnato nella statuizione relativa alla liquidazione delle spese di lite e, decidendo nel merito, liquida
le medesime in Euro 1.168,50, oltre spese generali in misura pari al 15% e accessori di legge, da distrarsi in favore dell’avv.
NOME COGNOME che si è dichiarato antistatario.
Compensa le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno