Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 29910 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 2 Num. 29910 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 12/11/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 9943/2019 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME. che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocata COGNOME NOME, rappresentati e difesi dall’avvocato COGNOME NOME AVV_NOTAIO
COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME
–
contro
ricorrenti e ricorrenti incidentali-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di BRESCIA n. 99/2019 depositata il 21/01/2019.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 1°/7/2025 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME.
Udito il AVV_NOTAIO Ministero in persona del AVV_NOTAIO, il quale ha concluso per l’accoglimento del primo e del terzo motivo del ricorso principale, da rigettarsi per il resto, e per l’inammissibilità del ricorso incidentale condizionato.
Uditi gli AVV_NOTAIO NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, anche per delega dell’AVV_NOTAIO.
FATTI DI CAUSA
1.- NOME COGNOME ha proposto ricorso in via principale che si sviluppa in 82 pagine ed è articolato in quattro motivi avverso la sentenza n. 99/2019 della Corte d’appello di Brescia depositata il 21 gennaio 2019.
NOME, NOME, NOME e NOME COGNOME hanno resistito con controricorso e proposto altresì ricorso incidentale condizionato.
– Per quanto esposto in atti, le parti erano comproprietarie in porzioni uguali, in forza di successione mortis causa al padre e di atti di compravendita, di un fondo agricolo e di fabbricati in San Paolo (Brescia). Nel 1996 esse avevano poi costituito una società semplice, denominata RAGIONE_SOCIALE, ripartendo il patrimonio sociale in quote del 20% ciascuna.
Il presente giudizio ha in particolare ad oggetto l’adempimento delle obbligazioni derivanti dalle scritture del 1° agosto 2006, del 26 marzo 2007 e del 29 marzo 2007, ritenute integranti il verbale di assemblea del 30 marzo 2007 della società, che aveva accettato il recesso di NOME COGNOME ed aveva nominato due periti per procedere allo scioglimento della comunione ed alla liquidazione della quota in relazione alla partecipazione dello stesso NOME COGNOME. Questi, con
citazione del 3 agosto 2010, convenne quindi i fratelli NOME, NOME, NOME e NOME per sentir accertare il proprio adempimento e l’inadempimento dei convenuti, anche quali soci della società RAGIONE_SOCIALE, rispetto alle obbligazioni assunte con le scritture del 1° agosto 2006, dal 26 marzo 2007 e del 29 marzo 2007, nonché nel verbale di assemblea del 30 marzo 2007, pronunciando le conseguenti condanne ad adempiere le rispettive prestazioni, ovvero sentenza ai sensi dell’art. 2932 c.c. produttiva degli effetti del contratto non concluso, ed ancora condanna al risarcimento dei danni.
I convenuti, contestata la loro legittimazione passiva in ordine alla pretesa di liquidazione della quota (da azionare nei confronti della società), chiesero di procedere allo scioglimento della comunione limitatamente alla quota spettante a NOME COGNOME, ed ancora la condanna di quest’ultimo alla restituzione di somme riscosse o prelevate ed al risarcimento dei danni.
Espletata CTU, l’adito Tribunale di Brescia, con sentenza n. 2465/2015, respinse le domande proposte da NOME COGNOME, determinò in €. 4.839.060,00 il valore del compendio da dividere ed in €. 967.812,00 la quota pari ad 1/5 spettante allo stesso attore NOME COGNOME, dichiarò sciolta la comunione limitatamente alla stessa quota da attribuire a NOME COGNOME e assegnò a questo i beni facenti parte del primo piede, come individuati nella relazione tecnica. Con la sentenza n. 99/2019, la Corte d’appello di Brescia ha affermato in dispositivo: ‘ respinge l’appello proposto da COGNOME NOME ‘. L’appello incidentale tardivo di NOME, NOME, NOME e NOME COGNOME non è stato poi ‘ preso in considerazione ‘ perché proposto in via subordinata all’accoglimento del gravame principale. Dalla motivazione della sentenza di secondo grado, si apprende, peraltro, che la Corte di appello di Brescia:
ha dichiarato inammissibile il motivo di appello sulla carenza di legittimazione passiva dei convenuti in ordine alla domanda di liquidazione della quota sociale, perché l’appellante principale non aveva ‘ evidenziato quale sarebbe l’errore logico giuridico commesso dal giudice di primo grado ‘ e si sarebbe ‘ limitato solo a citare giurisprudenza ‘;
ha dichiarato inammissibile il motivo di appello sul rigetto delle domande ex art. 2932 c.c., non avendo l’appellante principale assunto ‘ nessuna posizione critica ‘ su quanto affermato dal Tribunale circa la ‘ assenza di qualsivoglia vincolo di natura contrattuale ‘ derivante dagli ‘ accordi (mai sottoscritti) ‘ azionato per l’adempimento e risultante ‘ in forma scritta ‘. Sul punto, la Corte d’appello ha sostenuto che l’appello principale non avanzava una ‘ critica compiuta ‘ al ragionamento logico giuridico seguito dal Tribunale circa la carenza di un preliminare sottoscritto.
ha rigettato le critiche mosse alle risultanze della CTU sul valore del compendio immobiliare da dividere.
Il AVV_NOTAIO Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, ha depositato memoria, concludendo per l’accoglimento del primo e del terzo motivo del ricorso principale, da rigettarsi per il resto, e per l’inammissibilità del ricorso incidentale condizionato.
Hanno depositato memorie altresì NOME COGNOME e NOME COGNOME.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Va premesso che il ricorso principale si sviluppa in 82 pagine, mentre il controricorso si diffonde in 49 pagine. Si farà qui perciò sintetico rinvio per relazione ai rispettivi motivi ed agli argomenti contenuti negli atti di parte.
Nella memoria depositata da NOME COGNOME in data 20 giugno 2025, per contestare l’ipotesi di litispendenza o di connessione, è stata evidenziata la sopravvenienza dell’ordinanza n. 4821 del 2024 resa da questa Corte nel giudizio R.G. n. 30844/2018, che ha respinto il ricorso di NOME COGNOME avverso la sentenza n. 1305/2018 della Corte di appello di Brescia. Per effetto di tale pronuncia, sono rimaste rigettate le pretese avanzate da NOME COGNOME con citazione del 3 agosto 2010, volte a sentire accertare la validità degli accordi divisionali intercorsi fra fratelli in relazione all’azienda agricola familiare, nonché a dichiarare i convenuti obbligati al pagamento della somma di € 75.000,00 (in aggiunta al valore della quota stabilita come buonuscita), ad attribuire i beni e eseguire le opere come da accordo divisionale del 1° agosto 2006, corrispondere la quota di utili e risarcire i danni.
1.-Il primo motivo del ricorso di NOME COGNOME (pagine da 43 a 49) lamenta la violazione o falsa applicazione degli artt. 352, 112, 39, 273, 274 e 295 c.p.c., nonché l’omesso esame di fatti decisivi, circa la asserita carenza di legittimazione passiva dei convenuti sulla domanda di liquidazione della quota sociale. Si richiama anche una vicenda di litispendenza di altro giudizio fra le parti che avrebbe dovuto determinare la sospensione o la riunione delle cause (giudizio ormai definito, come sopra considerato).
Il secondo motivo del ricorso principale (da pagina 49 a pagina 69) denuncia la violazione o falsa applicazione degli artt. 352 e 112 c.p.c. e 2932 c.c., nonché l’omesso esame di fatti decisivi, circa l’esistenza di un vincolo obbligatorio fra le parti, gravante proprio sui convenuti ed avente ad oggetto un accordo divisionale.
Il terzo motivo del ricorso di NOME COGNOME (pagine da 69 a 71) deduce la violazione o falsa applicazione degli artt. 352 e 112 c.p.c., 1337 e 1375 c.c., nonché l’omesso esame di fatti decisivi, per la
mancata pronuncia sulla domanda di contrarietà a buona fede delle condotte dei convenuti.
Il quarto motivo del ricorso principale (pagine da 72 a 81) lamenta la violazione o falsa applicazione degli artt. 352 e 112, 191 e ss. c.p.c., nonché l’omesso esame di fatti decisivi, quanto alle osservazioni critiche rivolte alla CTU.
-Il ricorso incidentale condizionato proposto da NOME, NOME, NOME e NOME concerne l’appello incidentale condizionato, sul risarcimento dei danni per l’interruzione delle trattative e il recesso ingiustificato attribuibili a NOME COGNOME, che la Corte d’appello non ha esaminato in quanto assorbito dalla pronuncia negativa sul gravame principale.
-I primi due motivi del ricorso principale sono fondati nei sensi di cui alla seguente motivazione.
3.1. L’appello proposto da NOME COGNOME con citazione dell’8 ottobre 2015 conteneva una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confutava e contrastava le ragioni addotte dal Tribunale sia quanto al profilo della carenza di legittimazione passiva dei convenuti in ordine alla domanda di liquidazione della quota sociale, sia quanto alla esperibilità delle domande ex art. 2932 c.c. (cfr. Cass. Sez. Un. n. 27199 del 2017; n. 36481 del 2022).
In tal senso, è agevole verificare che il primo ed il secondo motivo dell’appello di NOME COGNOME non si limitavano a chiedere, senza indicare alcuna ragione di doglianza, la riforma dell’appellata decisione, contenendo essi, piuttosto, molteplici ragioni di critica alla pronuncia di primo grado, sia su questioni di rito, attinenti alla legittimazione passiva dei convenuti, sia sul riesame del compendio
istruttorio ai fini della ravvisabilità, nella specie, di un vincolo obbligatorio tra le parti.
A fronte di quanto sostenuto dalla Corte d’appello di Brescia, deve invero considerarsi che la specificità dei motivi d’appello richiesta dall’art. 342 c.p.c., nella formulazione operante ratione temporis , si correla all’indicazione delle circostanze da cui deriva la denunciata violazione della legge e della loro rilevanza ai fini della decisione, e dunque alla portata ed al contenuto delle censure in concreto proposte.
Sicché, se l’appellante lamenti l’erronea ricostruzione dei fatti da parte del giudice di primo grado, ciò basta a devolvere al giudice di appello di valutare “ex novo” le prove già raccolte e di sottoporre a riesame le argomentazioni già svolte nel processo di primo grado, salvo che la sentenza non sia strutturata su capi di decisione distinti e autonomi, suscettibili di una individualità propria e indipendente dalle altre statuizioni.
Vieppiù, se le censure dell’appellante sono dirette a far valere una questione di rito, quale la legittimazione dei convenuti, ovvero il dovere degli stessi di subire il giudizio instaurato dall’attore in base alla prospettazione della domanda in ordine al rapporto oggetto di lite, il requisito della specificità ex art. 342 c.p.c. si attenua allorché dal contesto dell’atto d’appello si evinca in modo chiaro ed inequivocabile la volontà della parte di impugnare in toto la decisione per ragioni di rito (arg. da Cass. Sez. Unite n. 927 del 2022).
3.2. Il primo ed il secondo motivo dell’appello principale sono stati invece dichiarati entrambi inammissibili dalla Corte di Brescia, perché l’appellante principale non avrebbe ‘ evidenziato quale sarebbe l’errore logico giuridico commesso dal giudice di primo grado ‘, si sarebbe ‘ limitato solo a citare giurisprudenza ‘ e non avrebbe assunto
‘ nessuna posizione critica ‘ sul ragionamento logico giuridico seguito dal Tribunale.
3.3. -Le statuizioni di inammissibilità dei motivi di appello inerenti alla questione della legittimazione passiva dei convenuti in ordine alla domanda di liquidazione della quota sociale ed alla questione della praticabilità delle domande di esecuzione specifica dell’obbligo di concludere un contratto ex art. 2932 c.c. comportano che la Corte d’appello di Brescia si sia così spogliata della potestas iudicandi in relazione al merito di tali profili della controversia, sicché il soccombente NOME COGNOME non aveva nemmeno l’onere di impugnare le argomentazioni ad abundantiam impropriamente inserite al riguardo nella sentenza (Cass. Sez. Un. n. 3840 del 2007; n. 2078 n. 1990).
La Corte d’appello di Brescia ha ripercorso le ragioni di fatto e di diritto esposte nella sentenza del Tribunale non per far proprie e confermare le argomentazioni del primo giudice attraverso l’esame e la valutazione di infondatezza dei motivi di gravame, ma per dedurre che l’atto di impugnazione non sviluppava adeguate motivazioni critiche in ordine ad esse.
Conseguentemente, il primo ed il secondo motivo di ricorso sono ammissibili e risultano fondati soltanto nelle considerazioni rivolte, come denuncia di errores in iudicando de iure procedendo , contro la statuizione pregiudiziale di inammissibilità delle censure spiegate con l’atto di appello, statuizione che si esaurisce in una pronuncia meramente processuale, idonea, quindi, a dar luogo alla formazione del giudicato sulle sottese questioni di merito in base alle decisioni espresse dal giudice di primo grado (Cass. n. 21514 del 2019).
Effetto dell’erronea declaratoria di inammissibilità dei motivi di appello sul punto della legittimazione passiva dei convenuti in ordine alla domanda di liquidazione della quota sociale e sul punto della
esperibilità delle domande ex art. 2932 c.c. è che la Corte di Brescia si è così sottratta al compito di operare la revisio prioris instantiae che è connaturata al giudizio di gravame e postula, nei limiti del devoluto segnati dal quantum appellatum , una completa conoscenza del materiale di causa e un riesame del thema decidendum .
4. La decisione sul merito dei primi due motivi dell’appello principale, cui dovrà procedere il giudice di rinvio, avrà cura di dar risposta ai seguenti profili di diritto sollecitati da quelle censure, sui quali questa Corte non può allo stato svolgere il sindacato diretto di legittimità per la evidenziata natura meramente processuale della resa declaratoria di inammissibilità dovuta a difetto di specificità.
5. -Sul primo punto, occorrerà seguire certamente l’insegnamento dettato nella sentenza delle Sezioni Unite di questa Corte nella sentenza n. 291 del 2000 (conformi di seguito Cass. n. 816 e n. 19132 del 2009; n. 1727 del 2015).
La domanda di liquidazione della quota di una società di persone, da parte del socio receduto o escluso, ovvero degli eredi del socio defunto, fa valere un’obbligazione non degli altri soci (in via solidale), ma della società, e, pertanto, ai sensi dell’art 2266 c.c., essa va proposta nei confronti della società medesima, quale soggetto passivamente legittimato, senza che vi sia necessità di evocare in giudizio anche detti altri soci. Questa ricostruzione discende dalla qualificazione come credito verso la società del diritto alla liquidazione della quota, spettante al socio receduto od escluso od all’erede del socio defunto.
4.3. -Ben diverso è però il caso in cui si sia in presenza della fattispecie negoziale regolata dall’art. 2283 c.c., alla quale tale disposizione dichiara applicabile la disciplina sulla divisione dei beni comuni. Tale convenzione non è l’atto di scioglimento della società, bensì quella con cui, verificatosi per qualsiasi causa lo scioglimento
del rapporto sociale e compiuta la liquidazione del patrimonio della società con un residuo attivo, i soci che si siano venuti così a trovare in uno stato di comunione sui beni residui provvedano alla ripartizione di tali beni fra loro. Il contratto con il quale uno dei soci attribuisce ad un altro socio la sua quota sociale, sia che ne consegua lo scioglimento del rapporto soltanto nei confronti del socio cedente (come si prospetta avvenuto nella specie), sia che ne consegua il totale scioglimento della società, non è qualificabile come contratto di divisione, neppure se con esso venga attuato anche il trasferimento di quote di beni conferiti alla società o acquistati da questa nel corso del rapporto. Contenuto di tale contratto non è, infatti, la trasformazione di una quota di comunione in porzione di titolarità singola, bensì l’attribuzione ad altro socio della titolarità della quota del socio cedente; controprestazione di tale attribuzione non è un corrispettivo corrispondente al valore di una porzione di beni comuni, bensì il versamento di una somma corrispondente al valore della quota di patrimonio sociale alla data dello scioglimento (cfr. Cass. n. 424 del 1975).
Così, la liquidazione del valore della quota spettante al socio che recede dalla società viene considerata come un diritto di credito e non come un atto di divisione del patrimonio sociale, potendo le parti convenire di soddisfare in natura il credito del socio receduto, mediante negozio costitutivo di una datio in solutum (Cass. n. 2684 del 1963).
Si è affermato del resto in giurisprudenza che il procedimento formale di liquidazione nelle società di persone non è imposto dalla legge in modo assoluto, potendo i soci evitarlo anche attraverso una divisione consensuale o chiedendo al giudice, nelle forme ordinarie, di definire i rispettivi rapporti di dare ed avere (Cass. n. 22 del 1967; n. 3320 del 1972; n. 333 del 1978).
4.4. -La risposta nel merito alle censure dell’appellante NOME COGNOME imporrà, pertanto, ai giudici di rinvio di verificare se l’azionata domanda di adempimento delle obbligazioni derivanti dalle scritture del 1° agosto 2006, del 26 marzo 2007 e del 29 marzo 2007, poi integrate nel verbale di assemblea del 30 marzo 2007, si intenda come domanda di liquidazione della quota o come domanda di esecuzione di una convenzione di ripartizione dei beni ex art. 2283 c.c., alla quale si applicano le disposizioni sulla divisione dei beni comuni, anche per i correlati profili di carattere processuale.
5. -Sul secondo punto, dalla esatta qualificazione delle convenzioni di cui alle scritture del 1° agosto 2006, del 26 marzo 2007 e del 29 marzo 2007, poi recepite nel verbale di assemblea del 30 marzo 2007, come contratto (eventualmente preliminare) di divisione o come atto (promessa) di ripartizione dei beni in natura, contenente le necessarie modalità di attribuzione, discenderà anche la risposta circa l’ammissibilità della pronuncia di una sentenza costitutiva in esecuzione dell’obbligo di contrarre che produca gli effetti del contratto non concluso, ai sensi dell’art. 2932 c.c.
6. -Il terzo ed il quarto motivo del ricorso di NOME COGNOME restano assorbiti dall’accoglimento, per quanto di ragione, del primo e del secondo motivo, essendo rimesso ai giudici di rinvio il compito di pronunciarsi sul merito dei motivi dell’appello principale, e quindi essenzialmente sull’esatta portata delle convenzioni inter partes del 1° agosto 2006, del 26 marzo 2007 e del 29 marzo 2007, poi integrate nel verbale di assemblea del 30 marzo 2007, sicché la decisione sugli obblighi comportamentali delle parti e sulla valutazione delle risultanze peritali va riservata ai giudici di rinvio secondo le regole del procedimento di cui all’art. 394 c.p.c. La cassazione pregiudiziale per l’erronea declaratoria di inammissibilità
dei motivi d’appello impone, in sostanza, una piena rinnovazione della fase decisoria.
7.Pure le ragioni relative al ricorso incidentale condizionato proposto da NOME, NOME, NOME e NOME e concernente l’appello incidentale condizionato non esaminato, perché assorbito dal rigetto dell’appello principale, potranno essere fatte valere nel giudizio di rinvio.
8. -Il primo ed il secondo motivo del ricorso di NOME COGNOME vanno perciò accolti, nei sensi di cui in motivazione, e vanno dichiarati assorbiti i restanti motivi del ricorso principale e il ricorso incidentale condizionato proposto da NOME, NOME, NOME e NOME COGNOME, Consegue la cassazione della sentenza impugnata, in ragione delle censure accolte, con rinvio alla Corte d’appello di Brescia, in diversa composizione, la quale procederà a nuovo esame della causa, uniformandosi ai principi enunciati, e provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo ed il secondo motivo del ricorso di NOME COGNOME, dichiara assorbiti i restanti motivi del ricorso principale e il ricorso incidentale condizionato proposto da NOME, NOME, NOME e NOME COGNOME, cassa, in ragione delle censure accolte, la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d’appello di Brescia, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2 Sezione civile della Corte suprema di cassazione, il 1° luglio 2025.
Il AVV_NOTAIO estensore
NOME COGNOME
La Presidente NOME COGNOME