Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 836 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 836 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 13/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 10476/2023 r.g. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del suo curatore, Prof. Avv. NOME COGNOME con Studio in Caserta alla INDIRIZZO P. I.V.A. 00333160612, rappresentato e difeso, giusta procura speciale in calce al ricorso dall’avv. NOME COGNOME C.F. CODICE_FISCALE.
– ricorrente –
contro
L’avv. Prof. NOME COGNOME (c.f.: CFA NTN CODICE_FISCALE), rappresentato e difeso da sé stesso, ai sensi dell’art. 86 c.p.c., nonché, unitamente e disgiuntamente, dall’avv. NOME COGNOME (c.f.: CFA CODICE_FISCALE; PEC: EMAIL), dall’avv. NOME COGNOME (c.f. CST CODICE_FISCALE) e dall’avv. NOME COGNOME COGNOME (c.f. CST FNC CODICE_FISCALE ed elettivamente domiciliato nel proprio studio, in Roma, alla INDIRIZZO come da procura allegata al controricorso.
-controricorrente –
avverso l’ordinanza pubblicata in data 12/04/23 dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, notificata in pari data; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 19/12/2024
dal Consigliere dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con l ‘ ordinanza impugnata il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, decidendo sul reclamo ex art. 26 l. fall. proposto dall’Avv. NOME COGNOME nei confronti del Fallimento ‘S. Giuseppe’, ha accolto l’impugnazione così proposta e ha rettificato il provvedimento di liquidazione impugnato per compensi professionali di avvocato , liquidando in favore dell’avv. NOME COGNOME: (a) per il giudizio contro COGNOME NOME, in applicazione dei parametri minimi previsti per lo scaglione di riferimento (€ 105.079,25), per le fasi di studio, introduttiva, istruttoria e decisionale € 5.450,00 oltre IVA, CPA e spese generali nella misura del 12,50%; (b) per il giudizio contro COGNOME in applicazione dei parametri minimi previsti dal DM 140/2012 per lo scaglione di riferimento (240.095,44), per le fasi di studio, introduttiva, istruttoria e decisionale € 5.450,00 oltre IVA, CPA e spese generali nella misura del 12,50%; (c) per il giudizio contro NOMECOGNOME in applicazione dei parametri minimi previsti dal DM 55/2014 per lo scaglione di riferimento (€ 221.178,50), per le fasi di studio, introduttiva, istruttoria e decisionale € 7.795,00 per onorari, oltre IVA, CPA e spese generali i n misura del 15%; (d) per il giudizio contro NOME COGNOME in applicazione dei parametri minimi previsti dal DM 55/2014 per lo scaglione di riferimento (€ 221.771,98), per le fasi di studio, introduttiva, istruttoria e decisionale € 7.795,00 per onorari, oltre IVA, CPA e spese generali in misura del 15%; (e) per il giudizio contro NOME in applicazione dei parametri minimi previsti dal DM 55/2014 per lo scaglione di riferimento (€ 202.559,41), per le fasi di studio, introduttiva, istruttoria e decis ionale € 7.795,00 per onorari, oltre IVA, CPA e spese generali in misura del 15%.
Con ricorso depositato in data 10.3.2022, l’avv. NOME COGNOME aveva, infatti, proposto reclamo ex art. 26 l. fall. avverso il provvedimento del 28.2.2022, comunicato il 3.3.2022, con il quale il g.d. aveva liquidato il
relativo compenso, per l’attività di difensore da lui svolta a favore della procedura.
3. Il Tribunale, accogliendo dunque il reclamo ex art. 26 l. fall. sopra descritto, ha osservato e rilevato, per quanto qui ancora di interesse, che: (i) preliminarmente poteva ritenersi incontestata l’applicabilità dei parametri di cui al DM 140/2012 ai giudizi contro COGNOME NOME e COGNOME COGNOME, e di quelli di cui al DM 55/2014 per i giudizi contro COGNOME NOME, NOME COGNOME e COGNOME NOME, in quanto non oggetto di contestazione nel reclamo; (ii) risultava in realtà fondato il motivo di doglianza afferente l’erronea liquidazione unitaria dei giudizi ; (iii) recentemente le Sezioni Unite della Cassazione – discostandosi dalle pronunce aderenti al principio di unicità della liquidazione, anche in assenza di riunione di più giudizi accomunati da identità di oggetto – avevano espressamente affermato che in tema di onorari di avvocato, l’art. 4, comma 2, del d.m. n. 55 del 2014 non si applica nel caso in cui il professionista difenda più parti aventi la stessa posizione processuale ovvero una sola parte contro più parti ma in processi introdotti separatamente e non riuniti, ancorché aventi ad oggetto le medesime questioni di fatto e di diritto’ (Cass. n. 31030/2019) ; (iv) nel caso in cui l’avvocato assista, pertanto, la stessa parte in una pluralità di cause, che, pur se aventi ad oggetto identiche questioni di fatto e di diritto, non siano state riunite, la liquidazione degli onorari deve essere effettuata separatamente, in relazione a ciascun procedimento; (v) tale principio poteva ritenersi applicabile anche all’ipotesi di liquidazione degli onorari di avvocato per attività svolta sotto la vigenza dei parametri previsti dal D.M. 140/2012, potendo ritenersi, l’inciso di cui al secondo comma dell’art. 4 DM 55/2014 – s econdo cui ‘La disposizione di cui al periodo precedente si applica quando più cause vengono riunite, dal momento dell’avvenuta riunione e nel caso in cui l’avvocato assiste un solo soggetto contro più soggetti’ – una mera specificazione di quanto già cont enuto nel precedente comma 4 dell’art. 4 del DM 140/2012 ; (vi) non risultava infatti persuasiva un’applicazione estensiva della liquidazione unitaria anche in assenza di riunione di giudizi, e ciò in ragione di una interpretazione letterale anche dell’art. 5, co. 4, del DM 127/2004, secondo cui ‘Qualora in una causa l’avvocato assista e difenda più persone aventi la
stessa posizione processuale l’onorario unico può essere aumentato per ogni parte oltre la prima del 20% fino ad un massimo di dieci e, ove le parti siano in numero superiore, del 5% per ciascuna parte oltre le prime dieci e fino ad un massimo di venti. La stessa disposizione trova applicazione, ove più cause vengano riunite, dal momento dell’avvenuta riunione e nel caso in cui l’avvocato assista e difenda una parte contro più parti quando la prestazione comporti l’esame di particolari situazioni di fatto o di diritto’ ; (vi) invero, sia il riferimento ‘in una causa’, che l’inciso ‘ove più cause vengano riunite, dal momento della riunione’, fa cevano propendere per una precisa scelta del legislatore, ossia di procedere ad una liquidazione unitaria con eventuali aumenti, solo in presenza di una unicità di giudizi, originaria o per effetto di riunione; (vii) impostazione quest’ultima che risultava confortata anche da una lettura storico-sistematica delle disposizioni esaminate, in quanto risultava dirimente la scelta dal legislatore di riprodurre in modo pressoché identico la lettera del precedente art. 5, comma 4, del D.M. 8/4/2004, n. 127 e, prima, dell’art. 5 del D.M. 5/10/1994, del tutto innovativo rispetto al precedente omologo delle tariffe approvate con DM 24/11/1990, n. 392 (art. 5, comma 4), che invece prevedeva una parcella unica, con aumento percentuale per ogni parte, ‘nei casi di assistenza e difesa di più parti aventi la stessa posizione processuale, anche se non interviene riunione di cause’ ; (viii) l’eliminazione di questo inciso nei DD.MM. successivi, sino ad arrivare ad una specificazione di segno opposto, risultava essere indice univoco della volontà normativa di riconoscere il compenso unico solo in caso di riunione e dal momento in cui quest’ultima venisse disposta; (ix) nel caso di specie, dagli atti emergeva che il reclamante avesse assistito la curatela fallimentare in una serie di giudizi scaturiti dalla proposizione di domande tardive, ex art. 101 l. fall. ratione temporis applicabile, non riunite, di guisa che le liquidazioni dovevano essere effettuate singolarmente, non potendosi procedere ad una liquidazione unitaria.
La ordinanza, pubblicata il 12/04/23, è stata impugnata dal RAGIONE_SOCIALE con ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, cui l’Avv. NOME COGNOME ha resistito con controricorso.
Il controricorrente ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo il Fallimento ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., vi zio di ‘ omesso esame dell’eccezione di mancanza di prova documentale …’, sul rilievo che i l Tribunale, nel provvedimento impugnato, avrebbe omesso di esaminare l’eccezione sollevata nella propria comparsa di costituzione e risposta del procedimento di reclamo ex art. 26 L.F., relativa all’assenza di prova circa l’attività difensiva svolta dal reclamante nei giudizi avverso le controparti COGNOME e COGNOME per i quali era stata chiesta la liquidazione dei compensi.
1.1 Il primo motivo è all’evidenza inammissibile.
Siamo infatti fuori del paradigma applicativo delineato dall’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., per come raffinato dalla giurisprudenza delle Sezioni Unite di questa Corte (sent. n. 8053/2014), paradigma invece invocato dalla parte ricorrente a sostegno delle sue doglianze nel motivo qui in esame.
Sul punto, giova invero ricordare che , secondo l’arresto da ultimo citato, l ‘art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., riformulato dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, ha introdotto nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni degli artt. 366, primo comma, n. 6, e 369, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie.
Ciò posto e ricordato, risulta di tutta evidenza che l’eccezione sopra ricordata in premessa non rappresenta certo un ‘fatto storico’, nel cui omesso esame sarebbe incorso il Tribunale nel suo iter decisionale, ai sensi del sopra richiamato art. 360, primo comma, n. 5, codice di rito.
A ciò va anche aggiunto che l’asserito omesso esame dell ‘ eccezione relativa alla mancata prova dell ‘ esecuzione della prestazione professionale neanche potrebbe essere ritenuta integrare un ‘ eccezione in senso stretto (ai fini di un possibile rilievo della violazione dell’art. 112 cod. proc. civ.), riguardando invece l’apprezzamento di merito sull’ idoneità della prova dei fatti costitutivi del diritto, che non risulta peraltro più sindacabile nel giudizio di cassazione in quanto attinente allo scrutinio della sufficienza della prova.
2. Con il secondo mezzo si deduce violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., dell’art. 4 co. 4 d.m. 140/2012 e dell’art. 4 co. 2 del d.m. 55/14, sul rilievo dell’erroneità della decisione impugnata laddove nella stessa si era affermato che ‘ Principio, quello pocanzi richiamato ‘ (quello cioè della separazione delle liquidazioni del compenso) ‘… può ritenersi applicabile anche all’ipotesi di liquidazione degli onorari di avvocato per attività svolta sotto la vigenza dei parametri previsti dal D.M. 140/2012, potendo ritenersi, l’inciso di cui al secondo comma dell’art. 4 DM 55/2014 -secondo cui ‘La disposizione di cui al periodo precedente si applica quando più cause vengono riunite, dal momento dell’avvenuta riunione e nel caso in cui l’avvocato assiste un solo soggetto contro più soggetti’ – una mera specificazione di quanto già contenuto nel pr ecedente comma 4 dell’art. 4 del DM 140/2012 ‘. Si evidenzia da parte del Fallimento ricorrente che, con la sopra riportata motivazione, il Tribunale dopo aver confermato l’applicabilità dei parametri di cui al D.M. 140/12 -aveva ritenuto che il principio espresso dalle Sezioni Unite (sent. n. 31030/19), secondo cui ‘nel caso in cui l’avvocato assista la stessa parte in una pluralità di cause, che, pur se aventi ad oggetto identiche questioni di fatto e di diritto, non siano state riunite, la liquidazione degli onorari deve essere effettuata separatamente, in relazione a ciascun procedimento’ , potesse applicarsi anche nella vigenza del D.M. 140/12.
2.1 Tale conclusione decisoria non sarebbe tuttavia condivisibile, in quanto la formulazione dell’art. 4 , co. 4, del D.M. 140/12 si discosterebbe dalla formulazione del D.M. precedente (art. 5 co. 4 del D.M. 127/04) e da quella del successivo (art. 4 co. 2 del D.M. 55/14). Secondo il ricorrente, la conferma che il D.M. 55/14 non sia una specificazione del D.M. 140/12 emergerebbe dalla circostanza che le Sezioni Unite – pur prendendo in esame, nella citata sentenza, la normativa di cui al D.M. 55/14 e svolgendo un excursus ricostruttivo della formulazione dell’art. 4 co. 2 (richiamando le precedenti formulazioni contenute nei D.M. 127/04 e, prima ancora, nel D.M. 585/94), mai avevano però richiamato l’art. 4 , co. 4, del D.M. 140/12.
2.2 Osserva inoltre il ricorrente che l a formulazione dell’art. 4 co. 4 del D.M. 140/12 non conteneva né il riferimento all’attività prestata ‘in una causa’ intesa come unico processo nè, tantomeno, il riferimento al momento della riunione quale presupposto per la liquidazione unitaria. Contrariamente ai D.M. in materia regolatoria dei compensi professionali precedenti e successivi a quello del 2012, in quest’ultimo sarebbe pertanto evidente che il legislatore avesse voluto lasciare al giudice un maggiore potere discrezionale di valutazione. A sostegno di tale argomentazione soccorrerebbe anche il comma 2 del medesimo articolo che così dispone: ‘ Nella liquidazione il giudice deve tenere conto del valore e della natura e complessità della controversia, del numero e dell’importanza e complessità delle questioni trattate, con valutazione complessiva anche a seguito di riunione delle cause, dell’eventuale urgenza della prestazione ‘. Sempre secondo il Fallimento ricorrente l ‘inciso ‘anche a seguito di riunione delle cause’, rapportato con la successiva formulazione del comma 4 in cui si faceva riferimento unicamente alla posizione processuale della parte ( scevra da richiami all’unicità della causa oppure al presupposto della riunione) dovrebbe far propendere per una lettura ampia della norma che si tradurrebbe nell’attribuzione di un’altrettanta ampia discrezionalità nella determinazione dei compensi da parte del Giudice. 2.3 La doglianza così articolata è infondata.
Occorre in primo luogo evidenziare che per tre giudizi è incontestato che si applichi il DM 55/2014 e per questi valgono pertanto i principi fissati delle SSUU del 2019, sopra ricordate in premessa.
Per i due giudizi per cui è invece del pari incontestata l’applicazione del diverso DM 140/2012, occorre ricordare che l ‘art. 4, comma 2, dettato da dal DM da ultimo menzionato, statuisce che ‘
A parere del Collegio la norma da ultimo citata vuol significare, diversamente da quanto opinato dal Fallimento ricorrente, che il giudice deve procedere sempre a una valutazione complessiva dell’attività professionale, sia che la causa sia partita e arrivata come lite unica, sia nel caso in cui vi sia stata una riunione di cause. L ‘intera norma fa riferimento , infatti, ad un’unica causa (considerandone le fasi, al comma 1, e considerando la possibilità che nella stessa causa più persone abbiano la stessa posizione o una parte sia contrapposta a più parti, comma 4). Ed invero, proprio perché la norma qui in esame si riferisce a una singola causa la sua interpretazione non consente di applicare una liquidazione unitaria per processi non riuniti.
Ne è la riprova che l’art. 4, comma 2, ricalca la lettera del precedente art. 5, comma 4, del D.M. 8/4/2004, n. 127 e, prima ancora, dell’art. 5 del D.M. 5/10/1994.
Con il terzo motivo si censura il provvedimento impugnato, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per ‘ violazione e falsa applicazione dell’art. 4 co. 2 del d.m. 55/14 e dell’art. 26 co. 3 del codice deontologico forense’.
3.1 Sottopone il ricorrente ad ulteriore censura la decisione del Tribunale che si era uniformato alla sentenza a Sezioni Unite n. 31030/19 rispetto alla liquidazione separata degli onorari in assenza del presupposto dell’unica causa o di quello alternativo della riunione di più cause, dovendosi ritenere così integrata la violazione e falsa applicazione dell’art. 4 co. 2 del D.M. 55/14, anche in conseguenza dell’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, e cioè quello dell’omessa valutazione della questione della riunione , anche d’ufficio, da parte del giudice di prime cure,
che, decidendo di non applicarla, non avrebbe potuto pregiudicare il diritto della stessa parte reclamata alla corretta determinazione del compenso.
3.1 La doglianza così articolata è inammissibile per più ragioni tra loro concorrenti.
3.1.1 In primo luogo, il motivo di censura assomma più profili di doglianza tra loro eterogenei.
Sul punto giova ricordare che è inammissibile la mescolanza e la sovrapposizione di mezzi di impugnazione eterogenei, facenti riferimento alle diverse ipotesi contemplate dall’articolo 360, comma 1, nn. 3, 4 e 5, c.p.c., non essendo consentita la prospettazione di una medesima questione sotto profili incompatibili, quali quelli della violazione di norme di diritto, sostanziali e processuali, che suppone accertati gli elementi del fatto in relazione al quale si deve decidere della violazione o falsa applicazione della norma, e del vizio di motivazione, che quegli elementi di fatto intende precisamente rimettere in discussione (cfr. Cass. n. 4979 del 2024; Cass. nn. 35782, 30878 e 27505 del 2023; Cass. nn. 11222 e 2954 del 2018; Cass. nn. 27458, 23265, 16657, 15651, 8335, 8333, 4934 e 3554 del 2017; Cass. nn. 21016 e 19133 del 2016; Cass. n. 3248 del 2012; Cass. n. 19443 del 2011). Una tale impostazione, che assegna al giudice di legittimità il compito di dare forma e contenuto giuridici alle lagnanze della parte ricorrente al fine di decidere successivamente su di esse, finisce con il sovvertire i ruoli dei diversi soggetti del processo e rende il contraddittorio aperto a conclusioni imprevedibili, gravando l’altra parte del compito di farsi interprete congetturale delle ragioni che il giudice potrebbe discrezionalmente enucleare dal conglomerato dell’esposizione avversaria (cfr., ex plurimis , anche nelle rispettive motivazioni, Cass. nn. 16448 e 4979 del 2024; Cass. nn. 35782, 30878, 27505 e 4528 del 2023; Cass. nn. 35832 e 6866 del 2022; Cass. n. 33348 del 2018; Cass. nn. 19761, 19040, 13336 e 6690 del 2016; Cass. n. 5964 del 2015; Cass. nn. 26018 e 22404 del 2014).
3.1.2 A ciò va anche aggiunto che la censura, così impropriamente articolata, presuppone comunque l’accertamento di un fatto mai dedotto in sede di merito, perché, davanti al Tribunale, il fallimento, oggi ricorrente, si è invero lamentato del fatto che il giudice istruttore non avesse disposto la riunione,
ma non del fatto che il proprio difensore non lo avesse avvisato di non aver richiesto la riunione.
3.1.3 Occorre, da ultimo evidenziare, che i l fatto ‘omesso’ (se anche lo si voglia comunque ricondurre a ll’invocato paradigma di cui all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ.) non investe comunque un profilo decisivo della controversia , posto che, ai sensi dell’art. 274 c od. proc. civ., la decisione di riunione dei giudizi, in ipotesi di connessione, risulta assolutamente discrezionale e non sindacabile in cassazione.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art.13 (Cass. Sez. Un. 23535 del 2019).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 5.500 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 19.12.2024