Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 19607 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 19607 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 16/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 23784/2024 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE, domicilio digitale: EMAIL -ricorrente-
contro
LIQUIDAZIONE GIUDIZIALE RAGIONE_SOCIALE rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE, domicilio digitale: EMAIL
-controricorrente-
nonché contro
PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE DI APPELLO DI BARI, PUBBLICO MINISTERO DELLA PROCURA DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI BARI
-intimati- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO BARI n. 1254/2024 depositata il 03/10/2024;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13/06/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
-Dalla sentenza impugnata risulta che con ricorso ex art. 161, comma 6, l.fall. del 10/02/2014 la Salvatore RAGIONE_SOCIALE (di seguito SM), nei cui confronti pendevano alcune istanze di fallimento, ha presentato al Tribunale di Bari domanda di concordato preventivo con riserva, poi omologato nel 2016.
1.1. – In data 22/02/2022 il creditore Agenzia delle Entrate ha proposto istanza di risoluzione del concordato preventivo per grave inadempimento della debitrice, ai sensi dell’art. 186 l.fall., e contro il rigetto da parte del Tribunale di Bari ha proposto reclamo.
1.2. – Con decreto del 19/12/2023 la Corte di appello di Bari ha accolto il reclamo e per l’effetto ha dichiarato risolto il concordato preventivo ex art. 186 l.fall. per inadempimento delle obbligazioni assunte, disponendo la trasmissione degli atti al Tribunale di Bari per i provvedimenti di competenza.
1.3. – In data 29/01/2024 SM ha proposto ricorso per cassazione contro la declaratoria di risoluzione del concordato.
1.4. – In data 31/01/2024 il PM presso il Tribunale di Bari ha proposto domanda di apertura della Liquidazione giudiziale, accolta dal Tribunale di Bari con sentenza del 28/05/2024.
1.5. – SM ha proposto reclamo ex art. 51 CCII per violazione del successivo art. 119, comma 7, in quanto, alla data di deposito della sentenza di apertura della liquidazione giudiziale, il decreto di risoluzione del concordato non era esecutivo, né passato in giudicato, pendendo giudizio per cassazione, sicché il Tribunale avrebbe dovuto prendere atto che la procedura di concordato preventivo era ancora pendente e conseguentemente dichiarare inammissibile (o comunque rigettare) la domanda di apertura della liquidazione giudiziale proposta dal PM per insussistenza della condizione di cui all’art. 119 , comma 7, CCII.
1.6. -Il reclamo è stato respinto dalla Corte d’appello di Bari sulla base del seguente percorso motivazionale: i) la domanda di apertura della liquidazione giudiziale non poteva che essere valutata ai sensi della nuova disciplina del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, e dunque con applicazione dell’art. 119, comma 7 CCII – norma ritenuta applicabile anche nell’ipotesi
di risoluzione di concordato preventivo omologato prima del 15/07/2022 (data di entrata in vigore del CCII) e risolto in base alla disciplina previgente (come nel caso in esame) -con conseguente esclusione del la possibilità di dichiarare l’apertura della liquidazione giudiziale ‘ omisso medio ‘ , ossia senza previa risoluzione del concordato preventivo, come è invece nella vigenza della legge fallimentare; ii) tuttavia, l ‘art. 186 l.fall. richiama l’art. 137 l.fall. in quanto compatibile, il cui quarto comma dispone che la sentenza che risolve il concordato è provvisoriamente esecutiva, e siccome l’art. 119 , comma 7, CCII non subordina l’apertura della liquidazione giudiziale al passaggio in giudicato della pronuncia di risoluzione, la domanda di apertura della liquidazione giudiziale proposta dal PM in data 31/01/2024 era senz’altro ammissibile essendo già intervenuta la risoluzione del concordato.
-Avverso detta sentenza SM ha proposto ricorso per cassazione in due mezzi, illustrato da memoria, cui la intimata Liquidazione giudiziale di SM ha resistito con controricorso, anch’esso illustrato da memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
2.1. – Con il primo motivo (« Violazione e/o falsa applicazione dell’art.119, co.7, CCII, in relazione all’art.186, L.F. e normativa collegata in tema di risoluzione per inadempimento del concordato preventivo in collegamento con l’art.137, co.4, L.F. e 186, co.5, L.F., nonché l’art.741 c.p.c. ») i l ricorrente osserva che l’art. 137, comma 4, l.fall., laddove dichiara provvisoriamente esecutiva la sentenza di risoluzione del concordato fallimentare, non sarebbe applicabile al concordato preventivo, per difetto della compatibilità prevista dalla clausola di rinvio ex art. 186, comma 5, l.fall., dal momento che in quest’ultimo, non preesistendo a differenza del primo una sentenza di fallimento, la non provvisoria esecutività sarebbe rivolta a tutela dei creditori, di fronte di una società che, pur dichiarata inadempiente ai suoi obblighi concordatari, tornerebbe nella piena disponibilità dell’imprenditore .
2.2. -Con il secondo mezzo (« Violazione e/o falsa applicazione dell’art.51 CCII e normativa collegata in tema di necessaria limitazione della cognizione della Corte di Appello alle
sole questioni ritualmente dedotte dalle part i»), si deduce che la questione della non immediata esecutività del decreto di risoluzione del concordato preventivo, affermata dal Tribunale di Bari, non era stata messa in discussione da alcuno in sede di reclamo dinanzi alla Corte di Appello, che perciò aveva deciso in senso opposto con violazione del giudicato interno formatosi sul punto.
3. – Entrambi i motivi sono infondati.
3.1. -Quanto al primo è sufficiente richiamare la condivisibile giurisprudenza di questa Corte, espressa dapprima in tema di annullamento del concordato preventivo e poi applicata anche al caso della sua risoluzione, in base alla quale si è escluso che per la dichiarazione di fallimento debba attendersi il passaggio in giudicato del decreto di annullamento o di risoluzione del concordato preventivo (Cass. 14788/2016, 24962/2017).
Analoga conclusione è stata tratta anche in relazione alla dichiarazione di fallimento in pendenza dei termini per impugnare il decreto di inammissibilità della domanda di concordato preventivo, tenuto conto che l’effetto devolutivo pieno che caratterizza il reclamo avverso la sentenza di fallimento riguarda anche la decisione sull’inammissibilità del concordato (Cass. 27301/2018).
D’altro canto, sul versante dell’omologazione del concordato preventivo è principio consolidato che la sopravvenuta dichiarazione del fallimento comporta l’inammissibilità delle impugnazioni autonomamente proponibili contro il diniego di omologazione e, comunque, l’improcedibilità del separato giudizio di omologazione in corso, perché l’eventuale giudizio di reclamo ex art. 18 l.fall. assorbe l’intera controversia relativa alla crisi dell’impresa, mentre il giudicato sul fallimento preclude in ogni caso il concordato (Cass. sez. U, 9146/2017).
Ed è proprio, più in generale, l’insussistenza di un rapporto di pregiudizialità tecnico-giuridica tra le varie procedure che la dichiarazione di fallimento non è esclusa durante le eventuali fasi di impugnazione dell’esito negativo del concordato preventivo (Cass. 8982/2021).
3.2. -L’infondatezza del secondo mezzo discende dalla insussistenza dell’invocato giudicato interno sul difetto di esecutività del decreto di risoluzione del concordato preventivo.
Secondo il consolidato insegnamento di questa Corte, infatti, il giudicato interno si forma su una statuizione minima della decisione, costituita dalla sequenza rappresentata da fatto, norma ed effetto, suscettibile di acquisire autonoma efficacia decisoria nell’ambito della controversia, sicché l’impugnazione rivolta contro anche uno soltanto degli elementi di quella statuizione riapre la cognizione sull’intera questione che essa identifica, così espandendo nuovamente il potere del giudice di riconsiderarla e riqualificarla anche relativamente agli aspetti che, sebbene ad essa coessenziali, non siano stati singolarmente coinvolti, neppure in via implicita, dal motivo di gravame (Cass. 30728/2022).
-Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente alla rifusione delle spese processuali, liquidate in dispositivo.
– Sussistono i presupposti processuali per il cd. raddoppio del contributo unificato (Cass. Sez. U, 20867/2020).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 10.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 13/06/2025.