Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 3104 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3   Num. 3104  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 02/02/2024
sul ricorso n. 21603/2021 R.G. proposto da:
NOME, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME;
-ricorrente – contro
RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE), in persona del Ministro pro tempore, domiciliato ex lege in RAGIONE_SOCIALEINDIRIZZO INDIRIZZO presso l’RAGIONE_SOCIALE Generale RAGIONE_SOCIALEo Stato da cui è rappresentato e difeso;
nonchè contro
RAGIONE_SOCIALE  Capitale,  in  persona  del  Sindaco  pro  tempore,  domiciliata  presso  l’Ufficio RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE in INDIRIZZO INDIRIZZO, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME;
-controricorrente – avverso  la  sentenza  n.  302/2021  RAGIONE_SOCIALEa  CORTE  D’APPELLO  di  ROMA,  depositata  il 15/1/2021;
udita  la  relazione  RAGIONE_SOCIALEa  causa  svolta  nella  camera  di  consiglio  del  29/1/2024  dal Consigliere NOME COGNOME:
Rilevato che:                                                            21603/2021
Per quanto qui interessa, NOME COGNOME con atto di citazione del 4 marzo 2013 conveniva davanti al Tribunale di RAGIONE_SOCIALE il RAGIONE_SOCIALE – poi RAGIONE_SOCIALE Capitale – e il RAGIONE_SOCIALE – poi RAGIONE_SOCIALE – per ottenerne la quantificazione di danni e la relativa condanna risarcitoria: danni subiti il 3 ottobre 1978 a causa di un allagamento derivato dal fosso di Santa Maura in RAGIONE_SOCIALE in un immobile locato come autorimessa pubblica dal NOME, allagamento in relazione al quale aveva avuto luogo un precedente giudizio sull’accertamento RAGIONE_SOCIALEa responsabilità, conclusosi con Cass. 15177/2002 a favore del COGNOME. Si costituiva soltanto RAGIONE_SOCIALE Capitale, che resisteva.
Il Tribunale, con sentenza del 6 febbraio 2017, rigettava la domanda.
Il COGNOME proponeva appello, cui resisteva RAGIONE_SOCIALE Capitale, il RAGIONE_SOCIALE rimanendo contumace.
La  Corte d’appello  di  RAGIONE_SOCIALE,  con  sentenza  del  15  gennaio  2021,  rigettava  il gravame.  In  particolare,  avvalendosi  RAGIONE_SOCIALEo  strumento  RAGIONE_SOCIALEa  ragione  liquida, asseriva  assorbente  il  difetto  di  prova  dei  danni,  non  potendosi  neppure procedere a liquidazione equitativa per non avere l’appellante fornito i necessari elementi parametrici e la disposta consulenza tecnica d’ufficio essendo esplorativa.
Il COGNOME ha presentato ricorso, basato su unico motivo, illustrato con memoria, da cui si sono difesi, con rispettivo controricorso, RAGIONE_SOCIALE Capitale e il RAGIONE_SOCIALE.
Considerato che:
L’unico  motivo  denuncia,  in  relazione  all’articolo  360,  primo  comma,  n.3 c.p.c., falsa applicazione degli articoli 1226, 2056 e 2697 c.c.
Premesso che l’esito del precedente giudizio era stato nel senso RAGIONE_SOCIALEa responsabilità del RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE e del RAGIONE_SOCIALE, così formandosi un giudicato sull’ an , osserva il ricorrente che il quantum del danno ‘ è stato impossibile da provare attraverso l’utilizzazione di scritture contabili a causa RAGIONE_SOCIALEa distruzione totale di tutta la documentazione presente e conservata nell’autorimessa durante l’alluvione’; pertanto l’unica possibilità che gli sarebbe rimasta per provare il danno sarebbe ‘per semplici presunzioni e relazioni tecniche di periti’, non essendo stato ‘nemmeno possibile reperire i documenti fiscali in possesso RAGIONE_SOCIALE‘Amministrazione finanziaria’.
Viene invocata Cass. 10750/2020, la quale ribadisce che il danno da lucro cessante può essere provato anche mediante prova indiziaria; e il giudice ha ‘facoltà di scegliere tra i vari mezzi di prova ed i criteri stabiliti dalla legge quelli ritenuti più idonei a consentire la ricostruzione (anche ideale) e la estimazione di quanto il creditore avrebbe conseguito per normale successione di eventi, in base ad una ragionevole e fondata attendibilità, qualora l’illecito non si fosse verificato’, inclusa la liqu idazione equitativa se la prova è ‘estremamente difficoltosa o addirittura impossibile’.
La consulenza tecnica d’ufficio , poi, non potrebbe definirsi esplorativa, essendo ‘necessaria alla quantificazione, almeno in via presuntiva, del danno subito’ ; si richiama giurisprudenza di questa Suprema Corte per cui in due casi la consulenza può supplire ai deficit probatori, tra i quali quello RAGIONE_SOCIALEa impossibilità di provare il fatto costitutivo RAGIONE_SOCIALEa pretesa se non mediante cognizioni tecniche. E proprio questo caso si ricorrerebbe, in contrasto con quanto erroneamente ritenuto dal giudice d’appello.
La corte territoriale avrebbe errato pure nel non tenere in conto – come invece correttamente aveva fatto il consulente tecnico d’ufficio che ‘il reddito potenziale del autorimessa ‘ sarebbe stato agevolmente dimostrabile tramite il numero di auto che al momento RAGIONE_SOCIALEa sommersione nell’acqua vi erano collocate (oltre 100), il che condurrebbe a ritenere che l’autorimessa produceva reddito . Le presunzioni utilizzate per quantificare il danno sarebbero state gravi, precise e concordanti e quindi il giudice avrebbe dovuto valutarle come tali.
Per di più, secondo ‘una interpretazione costituzionalmente orientata’, essendo stati distrutti tutti i documenti contabili, ritenere che per questo il ricorrente non possa provare il danno in via presuntiva violerebbe l’articolo 24 Cost. , perché così gli sarebbe tolto il diritto di agire in giudizio per tutelare i suoi diritti, e non avendo  altre  possibilità  per  ottenere  il  risarcimento  pur  avendo tenuto  ‘un comportamento del tutto incolpevole ‘.
Il giudice d’appello ha rigettato , in sostanza affermando la non possibilità di provare  i  danni  subiti,  dovendosi  intendere  la  sua  pronuncia  in  termini  di quantum essendosi già stato formato giudicato sull’ an .
Come emerge infatti da Cass. 15177/2002, richiamata nel ricorso – ma singolarmente non menzionata nella sentenza ora in esame la Corte d’appello di RAGIONE_SOCIALE, con sentenza n. 34/1999, aveva dichiarato la responsabilità del RAGIONE_SOCIALE e del RAGIONE_SOCIALE (all’epoca RAGIONE_SOCIALE) per il sinistro, condannandoli in solido al risarcimento del derivato danno ‘nella misura RAGIONE_SOCIALEa met à, da liquidarsi in separato giudizio’, e i ricorsi poi presentati avverso tale sentenza erano stati disattesi appunto con Cass. 15177/2002.
3. Nella presente sentenza, con una motivazione assai scarna, la corte capitolina si limita ad affermare che ‘il rilievo assorbente ha il difetto di prova dei danni subiti, di cui ex art. 26977 (sic) c.c. l’appellante era onerato’. Dichiara poi la corte che nel caso in esame ‘non poteva concedersi liquidazione equi tativa non avendo l’appellante fornito gli elementi parametrici’, peraltro non indicando in concreto quali elementi avrebbero assunto tale funzione e quindi avrebbero dovuto essere forniti.
Il giudice d’appello si limita a richiamare due pronunce di questa Suprema Corte (Cass. 4534/2017 – che afferma la necessità, per ottenere la liquidazione equitativa, in primis di accertare l’esistenza del danno e, in secondo luogo, di accertare che l’impossibilità o estrema difficoltà di una ‘stima esatta’ non dipenda dalla negligenza del danneggiato – e Cass. 127/2016 -che riconosce la necessità RAGIONE_SOCIALEa prova RAGIONE_SOCIALE‘ an e altresì la necessità RAGIONE_SOCIALEa oggettiva impossibilità o particolare difficoltà di provare in altro modo -) per poi affermare che la consulenza tecnica d’ufficio non avrebbe potuto essere disposta perché ‘avrebbe avuto portata esplorativa ed avrebbe sopperito al mancato adempimento RAGIONE_SOCIALE‘onere di allegazione e soprattutto di prova incombente sulla parte’.
La consulenza tecnica d’ufficio, in realtà, era stata disposta, e le ragioni per cui, secondo il giudice d’appello, non avrebbe dovuto invece dispo rsi sono evidentemente generiche, e per di più contrastanti con la giurisprudenza appena sopra richiamata dal giudice d’appello stesso: infatti, questa Suprema Corte ha più volte affermato che può esistere l’obiettiva impossibilità (o comunque la particolare difficoltà) di provare il quantum del danno, mentre secondo la corte territoriale nel caso in esame sarebb e stato ancora presente l’onere probatorio, senza però che la corte giunga a spiegare perché.
4. D’altronde, la necessità di una quantificazione equitativa è ben difficile negar la in un caso in cui una esondazione h a completamente investito l’immobile de quo , come viene esposto nel ricorso e come si evince anche dalla motivazione RAGIONE_SOCIALEa già citata Cass. 15177/2002; alla natura RAGIONE_SOCIALE‘evento, accertato nel precedente giudizio  sfociato  in  Cass.  15177/2002,  che  aveva  causato  i  danni  la  corte territoriale  non  concede  però,  irragionevolmente,  alcun  riferimento.  Ed  è  in
questo  quadro  di  radicale  quanto  illogica astrazione  dalle caratteristiche RAGIONE_SOCIALE‘evento che il giudice d’appello incastona l’asserto che la consulenza tecnica d’ufficio sarebbe stata ‘esplorativa’.
Peraltro, dopo avere richiamato un arresto sulla consulenza tecnica d’ufficio esplorativa (Cass. 15774/2018), il giudice d’appello inserisce nella motivazione alcuni passi RAGIONE_SOCIALEa relazione del CTU, estrapolati evidentemente da un contesto (il secondo addirittura viene arrest ato dopo l’espressione ‘e più precisamente’), dai quali tuttavia emerge che sussistevano elementi che avrebbero potuto, pur non del tutto agevolmente, essere parametrici in una valutazione equitativa: l’elenco RAGIONE_SOCIALE vetture di proprietà d ei terzi e di quelle di proprietà del NOME, nonché l’elenco RAGIONE_SOCIALE attrezzature esistenti nei locali al momento RAGIONE_SOCIALE‘inondazione (sentenza, pagina 3: ‘Nei fascicoli del dibattimento durato 36 anni non sono mai stati depositati dati economici e/o fiscali necessari per la quantificazione del danno, ad eccezione RAGIONE_SOCIALE‘elenco RAGIONE_SOCIALE autovetture di proprietà di terzi e l’elenco RAGIONE_SOCIALE autovetture di proprietà NOME nonché RAGIONE_SOCIALE attrezzature esistenti nei locali al momento RAGIONE_SOCIALE‘evento dannoso’).
5. Ora, la giurisprudenza che si è consolidata negli ultimi anni insegna – ancor più chiaramente di quella, comunque non contrastante, citata nella sentenza in esame – che, qualora sia stato accertato l’ an , il giudice non può esimersi dall’espletare la valutazione del quantum mediante lo strumento equitativo, se l’esito istruttorio che ha consentito di raggiungere la prova del l’ an non si estende anche al quantum , rimanendo il suo accertamento obiettivamente impossibile o comunque particolarmente difficoltoso.
Tra gli arresti massimati Cass. 20990/2011 – sulla scorta di Cass.10607/2010, Cass.13288/2007 e Cass.13469/2002 – ha spiegato che il potere di liquidare equitativamente, ex articoli 1226 e 2056 c.c. è espressione del più generale potere ex articolo 115 c.p.c., e dà luogo ad un giudizio di diritto caratterizzato dalla c.d. equità giudiziale correttiva o integrativa, dovendosi ‘intendere l’impossibilità di provare l’ammontare preciso del danno in senso relativo’, bastando per attivare il parametro RAGIONE_SOCIALE‘equità anche soltanto una difficoltà di un certo rilievo; e in questi casi il giudice non può emettere una pronuncia di non
liquet , giacché ciò significherebbe negare quel che in realtà è già stato accertato sull’esistenza RAGIONE_SOCIALEa condotta cagionante il danno ingiusto e sulla conseguente legittimità RAGIONE_SOCIALEa relativa domanda risarcitoria. A detta pronuncia sono pienamente conformi la recente Cass. ord. 13515/2022 nonché, su un piano più generale, Cass. ord. 9339/2019 e Cass. 31546/2018.
Analoga giurisprudenza si è sviluppata per i danni derivati da inadempimento contrattuale: così da ultimo Cass. 21258/2020 – che espressamente dichiara che l’accertamento RAGIONE_SOCIALE‘ an preclude negare la sussistenza del danno per mancanza di prove, per cui ‘a fronte RAGIONE_SOCIALEa difficoltà di prova del danno il giudice … deve esercitare il suo potere discrezionale … secondo la c.d. equità giudiziale correttiva o integrativa’ (in questo caso si trattava di rapporto fra sentenza non definitiva che aveva accertato l’ an e sentenza definitiva, ma ciò evidentemente nulla cambia) -e Cass. ord. 17950/2021 – per cui, in caso di impossibilità o particolare difficoltà di determinare l’ammontare, il giudice, anche d’ufficio, deve esercitare il potere discrezionale di liquidazione equitativa, avvalendosi del materiale istruttorio con cui si è accertata l’esistenza del danno -. Si è pure precisato che l’esercizio d’ufficio RAGIONE_SOCIALEa liquidazione quantitativa compete anche al giudice d’appello ( Cass. ord. 1636/2020).
6. La sentenza impugnata non ha tenuto affatto conto di questo consolidato e coerente insegnamento RAGIONE_SOCIALEa giurisprudenza di legittimità riguardo al l’esercizio del potere di liquidazione equitativa, che è, più che potere in senso di facoltà, potere in senso di strumento per adempiere un dovere. Il ricorso deve pertanto essere accolto, non incidendo la mancata proposizione di motivi attinenti alle ulte riori censure che erano presenti nell’atto di gravame, in quanto è stato il giudice d’appello a circoscrivere alla ragione cosiddetta liquida il suo vaglio.
La  sentenza  deve  essere  cassata,  con  rinvio,  anche  per  le  spese,  alla  Corte d’appello di RAGIONE_SOCIALE, in diversa sezione e composizione.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata  e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’appello di RAGIONE_SOCIALE .
Così deciso in RAGIONE_SOCIALE il 29 gennaio 2024