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Liquidazione equitativa: quando il danno va provato

In un caso di appalto pubblico per la ristrutturazione di una scuola, la Corte di Cassazione ha stabilito un principio fondamentale sulla liquidazione equitativa del danno. Non è sufficiente che vi sia un inadempimento contrattuale da parte dell’appaltatore per ottenere un risarcimento. Il committente deve prima dimostrare l’esistenza effettiva di un pregiudizio economico (‘an debeatur’). Solo dopo aver assolto a tale onere probatorio, il giudice può procedere alla quantificazione del danno in via equitativa, qualora il suo preciso ammontare sia di difficile determinazione. La Corte ha cassato la sentenza d’appello che aveva ‘semplicemente supposto’ il danno, ribadendo che il potere equitativo del giudice non può surrogare la prova dell’esistenza del danno stesso.

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Pubblicato il 5 novembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Liquidazione Equitativa del Danno: La Prova dell’Esistenza è un Passo Obbligato

Con l’ordinanza n. 6116/2024, la Corte di Cassazione torna a pronunciarsi su un tema cruciale in materia di risarcimento: la liquidazione equitativa del danno. Questo strumento, previsto dall’art. 1226 del codice civile, consente al giudice di quantificare un danno quando risulta impossibile o particolarmente difficile provarlo nel suo preciso ammontare. Tuttavia, la Corte ribadisce un principio fondamentale: tale potere non può mai sostituirsi alla prova, che grava sempre sulla parte danneggiata, dell’esistenza stessa del pregiudizio. L’inadempimento contrattuale, da solo, non basta.

I Fatti di Causa: Un Appalto Scolastico Incompiuto

La vicenda trae origine da un contratto d’appalto per lavori di ristrutturazione e adeguamento normativo di un edificio scolastico. L’impresa appaltatrice, dopo l’aggiudicazione, contestava l’idoneità degli infissi previsti nel progetto esecutivo, ritenendoli non conformi alle normative sulla trasmittanza termica. Sosteneva, inoltre, la nullità del contratto per la mancanza di autorizzazioni previste dal codice dei beni culturali.

Di fronte al mancato avvio dei lavori, il Comune committente chiedeva e otteneva in primo grado la risoluzione del contratto per grave inadempimento dell’appaltatore e la sua condanna al risarcimento dei danni, quantificati in via equitativa in 30.000 euro. Tale decisione veniva sostanzialmente confermata dalla Corte d’Appello, la quale riteneva che il pregiudizio per l’ente pubblico fosse evidente, data l’impossibilità di completare le opere in tempo per l’inizio dell’anno scolastico.

La Decisione della Cassazione sulla Liquidazione Equitativa del Danno

L’impresa appaltatrice ricorreva in Cassazione, e i Giudici di legittimità hanno accolto il motivo di ricorso relativo proprio alla violazione delle norme sulla quantificazione del danno.

La Suprema Corte ha censurato la decisione della Corte d’Appello, evidenziando come i giudici di merito avessero commesso un errore di diritto. Essi avevano dato per scontato che il ritardo e l’inadempimento dell’appaltatore avessero automaticamente generato un danno risarcibile per il Comune. In altre parole, avevano confuso l’inadempimento con il danno che ne sarebbe derivato.

La Cassazione ha chiarito che il potere di liquidazione equitativa del danno, conferito al giudice dall’art. 1226 c.c., presuppone che due condizioni siano state soddisfatte:

1. Prova dell’esistenza del danno (l’ an debeatur): La parte che chiede il risarcimento deve prima di tutto provare che un danno concreto si è verificato. Deve dimostrare di aver subito una perdita patrimoniale o un mancato guadagno.
2. Difficoltà nella quantificazione: Solo una volta provata l’esistenza del danno, se risulta impossibile o estremamente difficile calcolarne il preciso ammontare, il giudice può intervenire con il suo potere equitativo per determinarne l’entità.

Nel caso di specie, il Comune non aveva fornito alcuna prova di aver subito un pregiudizio economico concreto. La Corte d’Appello aveva ‘semplicemente supposto’ il danno, basandosi sulla generica circostanza del mancato completamento dei lavori prima dell’inizio delle lezioni.

Le Motivazioni della Sentenza

Le motivazioni della Suprema Corte sono nette: la liquidazione equitativa del danno ha la sola funzione di ‘colmare le lacune insuperabili ai fini della precisa determinazione del danno stesso’. Non può, invece, ‘assumere valenza surrogatoria della prova, incombente sulla parte, dell’esistenza dello stesso e del nesso di causalità giuridica che lo lega all’inadempimento’.

I rilievi della Corte di Bologna – ovvero che a fine luglio l’appaltatore non aveva ancora iniziato i lavori rendendo impossibile la conclusione prima dell’inizio della scuola – non sono sufficienti a dimostrare l’an del pregiudizio. Il giudice non può inventare il danno; può solo quantificarlo quando la sua esistenza è certa ma la sua misura è incerta. Pertanto, la Corte ha cassato con rinvio la sentenza impugnata, affinché la Corte d’Appello, in diversa composizione, riesamini la questione attenendosi a questo principio.

Conclusioni

Questa ordinanza rappresenta un importante monito per tutti coloro che intendono agire in giudizio per ottenere un risarcimento. Non basta lamentare un inadempimento contrattuale per vedersi riconosciuto un indennizzo. È indispensabile fornire al giudice elementi concreti che dimostrino l’esistenza di una perdita economica effettiva. L’articolo 1226 c.c. è uno strumento per fare giustizia quando la prova del quantum è ardua, non una scorciatoia per aggirare l’onere fondamentale di provare che un danno, prima di tutto, esiste.

È possibile ottenere un risarcimento del danno basato su una valutazione equitativa del giudice senza provare l’esistenza del danno stesso?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che la liquidazione equitativa ai sensi dell’art. 1226 c.c. può avvenire solo dopo che la parte danneggiata ha fornito la prova dell’esistenza effettiva di un danno (il cosiddetto ‘an debeatur’).

In un appalto, l’inadempimento dell’appaltatore (come il mancato inizio dei lavori) è sufficiente a dimostrare che il committente ha subito un danno economico?
No. Secondo la sentenza, il solo inadempimento contrattuale non è sufficiente a dimostrare l’esistenza di un danno. Il committente deve provare di aver subito un pregiudizio concreto, come una perdita patrimoniale o un mancato guadagno, causalmente collegato all’inadempimento.

Qual è la funzione dell’art. 1226 del codice civile sulla liquidazione equitativa del danno?
La sua funzione è quella di consentire al giudice di determinare l’ammontare del danno quando la sua esistenza è stata provata, ma risulta impossibile o particolarmente difficile quantificarlo nel suo preciso valore. Non serve a sostituire la prova dell’esistenza del danno.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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