Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 21618 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 21618 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 28/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n° 2770 del ruolo generale dell’anno 2020
, proposto da
COGNOME NOME (cod. fisc. CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (cod. fisc. CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (cod. fisc. CODICE_FISCALE) e COGNOME NOME (cod. fisc. CODICE_FISCALE), tutti anche quali eredi legittimi ed in parte uguali della madre NOME COGNOME, vedova COGNOME, rappresentati e difesi, giusta procura in calce al ricorso, dall’Avv. NOME COGNOME (cod. fisc.: CODICE_FISCALE -P.E.C.: EMAIL; Fax N. 081.68.1846), con il quale sono elettivamente domiciliati, ai fini del presente giudizio, in Roma, alla INDIRIZZO presso lo studio del Prof. Avv. NOME COGNOME
Ricorrenti
contro
COGNOME NOME COGNOME nato a Napoli il 2 maggio 1946 ed ivi residente alla INDIRIZZO (DLC PQL CODICE_FISCALE), elettivamente domiciliato presso l’Avv. NOME COGNOME del Foro di Napoli (CRL CODICE_FISCALE – che lo rappresenta e difende in virtù di procura speciale in calce al ricorso – in Roma alla INDIRIZZO
INDIRIZZO presso l’Avv. NOME COGNOME Pec EMAIL
Ricorrente incidentale
nonché contro
Comune di Sant’Agnello , in persona del Sindaco p.t., con sede legale presso la Casa comunale in S. Agnello (NA) alla INDIRIZZO, P.IVA P_IVA, rapp.to e difeso, giusta determina di settore 71 del 13/02/2020 N. generale 127, nonché procura a margine del controricorso, dall’Avv. NOME COGNOMEC.F. CODICE_FISCALE e con questi elett.te dom.to in Roma alla INDIRIZZO presso lo studio del Prof. Avv. NOME COGNOMEper le comunicazioni di rito fax NUMERO_TELEFONO -P.E.C. EMAIL ordineavvocatita.it.
Controricorrente
avverso la sentenza della Corte d’appello di Napoli n° 5321 depositata il 6 novembre 2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 29 maggio 2025 dal consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1 .- Il Tribunale di Torre Annunziata (divenuto competente nel corso della lite di primo grado in luogo del tribunale di Napoli, originariamente adito), con sentenza del 31 maggio 2004, condannò il comune di Sant’Agnello al risarcimento del danno per l’occupazione (finalizzata alla realizzazione di un impianto sportivo polivalente) di alcuni terreni di NOME COGNOME, NOME COGNOME, nonché di NOME NOME, NOME e NOME COGNOME, ubicati nel territorio dell’Ente locale, avvenuta in base ad atti amministrativi poi annullati dal giudice amministrativo.
Determinava il risarcimento nella complessiva somma di euro 625.847, oltre ad euro 16.589 per danni ai manufatti ed euro 30.163 per frutti pendenti, oltre a rivalutazione ed interessi legali.
2 .- In parziale accoglimento delle impugnazioni, la Corte di appello di Napoli, con sentenza n° 3997 del 19 dicembre 2007, condannò l’Amministrazione comunale a corrispondere agli espropriati: (a) euro 1.547.660,51, con accessori, per l’occupazione dei terreni utilizzati per la costruzione dell’opera pubblica; (b) euro 41.902,00, con accessori, per danni ai manufatti ed ai frutti pendenti; (c) euro 128.120,84, con accessori, per l’occupazione illegittima dei terreni dalla data di immissione in possesso a quella della loro trasformazione.
La Corte suddivise, quindi, detti importi in base alle quote di ciascun proprietario e respinse le domande di costoro dirette ad ottenere il risarcimento dei danni ai fondi residui, nonché ad una struttura tensoriale rimasta sul suolo.
3 .- Con sentenza n° 14940/2010 questa Corte cassava la decisione della Corte territoriale, rilevando che la liquidazione degli importi fosse stata fatta col metodo analitico-ricostruttivo, ma senza alcuna indicazione della natura dei terreni e senza considerare che i beni realizzabili, secondo il metodo di stima adottato, non potevano considerarsi avulsi dalla destinazione dei suoli.
4 .-Adita in sede di rinvio, la Corte d’appello di Napoli definiva il giudizio con sentenza n° 716/2013, condividendo il giudizio del c.t.u. quanto all’adozione del metodo analitico -ricostruttivo, ma non i risultati cui era giunto il consulente, ritenendoli in contrasto con alcuni dati storici acquisiti al processo.
La Corte liquidava, quindi, il valore delle aree ricorrendo all’equità, ai sensi degli artt. 2056 e 1226 cod. civ., ed attribuendo all’area in zona B1 (mq 3.296) un valore dì lire 350 milioni, all’area in zona F2 (mq 9.784) un valore di lire 750 milioni ed all’area in zona E3 (mq 119) un valore di lire 2 milioni, per un totale di lire 1.102.000.000 al 1992 e per un controvalore in euro di 569.135,50 alla stessa data, da rivalutare alla data della sentenza e da maggiorare di
interessi legali dal 31 ottobre 1992 sulle somme rivalutate anno per anno.
5 .- Anche questa sentenza veniva cassata da questa Corte, che con ordinanza n° 3955/2018 osservava che la Corte del rinvio aveva quantificato i risarcimenti riportandosi al ‘ quadro di riferimento costituito da non decisivi, ma comunque significativi, dati storici all’uopo utilizzabili come parametri orientativi ‘, senza esplicitare come essa fosse addivenuta alla liquidazione delle somme attribuite alle parti private, rimettendo così al lettore della sentenza di estrapolare quei dati da un panorama di considerazioni valutative contenuto in oltre venti pagine di motivazione, senza chiarire l’ aestimatio operata in concreto.
6 .-Nuovamente adita in sede di rinvio, la Corte d’appello di Napoli ha definito il giudizio con la sentenza n° 5321/2019, qui gravata.
Osservava la Corte che doveva essere confermata la necessità di procedere alla liquidazione dei risarcimenti in via equitativa, mancando un campione sufficientemente rappresentativo ai fini di una stima comparativa ed essendo gli stessi dati utilizzati nel metodo analitico ricostruttivo estremamente opinabili.
Riassunti una serie di elementi documentali, la Corte riteneva che il valore dei suoli (edificabili ad eccezione di mq 119) potesse essere dato con maggiore plausibilità dagli Avvisi di accertamento emessi, il primo, dall’Ufficio del registro di Napoli (col quale era stato attribuito d’ufficio un valore di lire 70 mila al mq ad un terreno di mq 2.345 sito in zona F2, venduto da tale NOME COGNOME a tale NOME COGNOME) e il secondo dall’Ufficio del registro di Castellammare di Stabia (col quale, in relazione alla denuncia di successione di tal NOME COGNOME veniva attribuito un valore di lire 100 mila al mq alle aree in zona C1 ed un valore di lire 20 mila al mq ai suoli in E3).
Tali atti, a giudizio della Corte, erano maggiormente attendibili in considerazione dell’attività istituzionale svolta dal Ministero delle
Finanze e della sua specifica conoscenza del settore, nonché della possibilità di accesso ad una molteplicità di atti e dati su cui fondare la propria valutazione.
Da tali Avvisi (sub lettere e] ed f], pagina 8 della sentenza) si ricavava, sempre a giudizio della Corte, che i valori accertati erano pari a lire 70 mila al mq per i suoli in zona F2 (dedicata ad attrezzature sportive con indice fondiario di 1 mc/mq), a lire 100 mila al mq per le aree in C1 (zona residenziale con indice fondiario di 2 mc/mq) ed a lire 20 mila al mq per i fondi in E3 (zona verde di rispetto).
La Corte, quindi, per il terreno in zona F2, considerato il valore di lire 70 mila/mq indicato dall’Ufficio del registro di Napoli ed il valore accertato dal c.t.u. nel giudizio di primo grado con riferimento al 1992, pari a lire 100 mila/mq, riteneva in concreto di attribuire al terreno in zona F2 di metri quadrati 9.784 il più probabile valore di lire 85 mila/mq, così liquidando complessive lire 831.640.000 a titolo risarcitorio per la perdita di esso.
Quanto al suolo in zona B1, la Corte osservava che l’indice di fabbricabilità era ‘ quasi dimezzato ‘ rispetto a quello in zona C1, mentre da un rogito del 1993 emergeva che ai suoli in zona C4, con indice di fabbricabilità di 3mc/mq era stato attribuito il valore di lire 200 mila/mq.
D’altra parte, i COGNOME nel febbraio 1992 avevano dichiarato di essere disposti a cedere volontariamente il suolo in B1 per lire 33.725/mq: ammontare, tuttavia, ‘ deficitario ‘, considerata la posizione di inferiorità nella quale il privato si trova nei confronti della PA e la possibile adesione ad un importo inferiore a quello effettivo pur di evitare lunghe vicende giudiziarie.
Doveva dunque ritenersi, in via equitativa, che il più probabile valore di mercato del suolo in B1 fosse di lire 60 mila/mq, per un totale di lire 197.760.000.
Al fondo di 119 metri quadrati in zona E3 (verde di rispetto, senza possibilità edificatorie) veniva attribuito un valore di lire 20.000 al metro quadrato, per complessive lire 2.380.000.
Il danno complessivo era, in conclusione, di lire 1.031.780.000, pari ad euro 532.869,90, cui andavano aggiunti euro 42.902,00 per la perdita dei manufatti e dei frutti pendenti, come già irrevocabilmente statuito nelle precedenti decisioni della Corte.
Alle parti private spettava, inoltre, il risarcimento dei danni patiti per non aver goduto della superficie fondiaria e/o dei relativi frutti dall’11 maggio 1991 al 31 ottobre 1992, equitativamente liquidabili, con riferimento a quest’ultima data, in un importo pari a quello the avrebbe prodotto, a titolo dì interessi legali, nel medesimo periodo di tempo la somma di euro 532.869,90, devalutata ad un periodo intermedio (4 febbraio 1992) secondo la variazione dell’indice calcolato dall’ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati verificatasi in quello stesso periodo di tempo.
Da ultimo, il danno per la perdita totale dei fondi andava rivalutato e maggiorato di interessi alla data della decisione (24 settembre 2019), portando ad un risultato finale di euro 1.889.633,14, da assegnare in favore dei COGNOME per euro 1.284.950,53 ed in favore del COGNOME per euro 604.682,60, in ragione delle rispettive quote di proprietà.
In considerazione della parziale reciproca soccombenza, nella quale era maggiormente soccombente il Comune, la Corte compensava per metà le spese di tutti i giudizi e poneva a carico dell’Ente territoriale la residua metà.
8 .- La sentenza n° 5321/2019 è stata ancora attinta da ricorso per cassazione da parte dei COGNOME (primo ricorso, in quanto notificato il 10 gennaio 2020, entro il termine breve) e del COGNOME (secondo ricorso, notificato successivamente il 13 ed il 14 gennaio 2020, da
considerare, dunque, incidentale), i quali hanno affidato le rispettive impugnazioni a quattro mezzi, illustrati da memorie.
Resiste il Comune con controricorso proposto solo nei confronti dei COGNOME illustrato da memoria (con la quale si difende anche sul ricorso del COGNOME), concludendo per l’inammissibilità delle impugnazioni e comunque per la loro reiezione.
La causa è stata assegnata per la trattazione in Adunanza Camerale ai sensi dell’art. 380 -bis cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
9 .- Col primo motivo i COGNOME lamentano la violazione dell’art. 394 cod. proc. civ.
La sentenza n° 716/2013, resa in sede di primo rinvio, non era stata impugnata da parte del Comune: nondimeno la Corte napoletana, con la sentenza qui impugnata (n° 5321/2019) aveva inammissibilmente riformato in peius il risultato economico della liquidazione.
Tale reformatio in peius era intervenuta anche per le spese, avendo la Corte ridotto le spese dell’intero giudizio, compensandole per la metà.
10 .- Il mezzo è del tutto infondato.
Giova precisare che nell’ordinamento processuale civile non esiste un generale principio di divieto di reformatio in peius , poiché sia l’appello, sia il giudizio di cassazione traggono il loro oggetto dai motivi di impugnazione formulati delle parti, i quali, ove proposti in via incidentale, possono ovviamente portare ad una riforma peggiorativa a sfavore dell’impugnante principale.
Volta che la sentenza d’appello sia stata cassata e ci si trovi in sede di rinvio, è, pertanto, sempre agli artt. 342 e 346 cod. proc. civ. che occorre avere riguardo per delimitare l’oggetto di tale giudizio (sul che si veda la chiara ed assolutamente condivisibile motivazione di Cass., sez. II, 8 novembre 2013, n° 25244).
Ora, a seguito della cassazione della sentenza d’appello n° 716/2013, per difetto di motivazione, è chiaro che l’oggetto del processo di rinvio consisteva nella liquidazione dei risarcimenti spettanti ai danneggiati e nella esposizione dei parametri del divisamento della Corte: dunque, in sostanza, in una nuova liquidazione, essendo del tutto contrario a logica pretendere l’intangibilità del risultato finale di una valutazione dopo aver censurato l’assoluta mancanza di esplicitazione dei parametri di calcolo, ossia degli snodi logici seguiti per pervenire a tale soluzione.
D’altra parte, anche a tacere della inaccettabilità del postulato implicitamente predicato col mezzo in esame, deve poi anche osservarsi che, se è vero che il Comune non impugnò la sentenza n° 716/2013, è pure vero che l’impugnazione dei COGNOME (e del COGNOME) riaprì l’intero thema decidendum , ossia la quantificazione del risarcimento.
È, infatti, fin troppo noto ( ex multis : Cass., sez. lav., 20 luglio 2023, n° 21789) che ai fini della selezione delle questioni, di fatto o di diritto, suscettibili di devoluzione e, quindi, di giudicato interno se non censurate in appello, occorre aver riguardo alla locuzione giurisprudenziale ” minima unità suscettibile di acquisire la stabilità del giudicato interno “.
Essa individua la sequenza logica costituita dal fatto, dalla norma e dall’effetto giuridico, ossia la statuizione che affermi l’esistenza di un fatto sussumibile sotto una norma e di un effetto giuridico che ad esso si ricolleghi.
Ne consegue che, sebbene ciascun elemento di detta sequenza possa essere oggetto di singolo motivo di impugnazione, nondimeno la critica motivata anche in ordine ad uno solo di essi riapre la cognizione sull’intera statuizione.
Nella presente vicenda i ricorrenti in cassazione hanno devoluto al giudizio di questa Corte la cognizione sulla correttezza dei
parametri di calcolo, dolendosi della violazione degli artt. 2056 e 1226 cod. civ. (ordinanza pagina 10).
E lamentando la violazione di tali norme, essi hanno riaperto la discussione non solo sulle norme denunciate, ma anche sul loro effetto, ossia, in altre parole, sull’intera questione sottoposta all’esame in sede di legittimità, consistente nella liquidazione del risarcimento per l’occupazione usurpativa dei loro suoli.
Col che è escluso che al giudice di rinvio fosse precluso di liquidare una somma inferiore a quanto già fissato dalla sentenza n° 716/2013.
È, infine, infondata anche la censura riguardante le spese legali, sol che si consideri che il giudice del rinvio, al termine del giudizio, ha proceduto a rivalutare il ‘ complessivo esito della controversia ‘ (sentenza pagina 15), motivatamente ritenendo che il Comune -pur ‘ sostanzialmente soccombente ‘ -fosse nondimeno ‘ vittorioso in relazione ai gradi successivi al primo giudizio di appello, venendo ad essere ridimensionati gli importi ritenuti dovuti ‘: dal che la condivisibile ed incensurabile compensazione parziale delle spese.
11 .- Col secondo mezzo i COGNOME lamentano la violazione degli artt. 1223, 1226 e 2056, primo e secondo comma, cod. civ.
Il giudice del secondo rinvio si sarebbe limitato ad elencare alcuni elementi comparativi, senza spiegare i criteri seguiti ed i parametri utilizzati nella liquidazione equitativa.
Avrebbe, inoltre, omesso la liquidazione del danno subito per non aver potuto utilizzare dette aree secondo la loro natura edificatoria.
Col terzo motivo deducono falsa applicazione degli artt. 1223, 1226 e 2056, primo e secondo comma, cod. civ.
Nonostante Cass. 3955/2018, il giudice avrebbe nuovamente proceduto ad una estrapolazione, tra i molti dati in suo possesso, di quelli dalla Corte stessa ritenuti attendibili ed operandone una media.
12 .- I due motivi, esaminabili congiuntamente in ragione del comune tema che pongono, sono inammissibili, trattandosi di critiche oltremodo generiche alla sentenza impugnata e, comunque, contraddette dalla puntuale analisi dei dati utilizzabili ai fini della determinazione dei risarcimenti (sentenza pagine 6-9), dall’esposizione delle plausibili ragioni per le quali alcuni di essi erano maggiormente attendibili (sentenza pagina 9) e dalla illustrazione della concreta applicazione di tali parametri a ciascuno dei tre suoli per cui è causa.
13 .- Col quarto motivo i ricorrenti deducono l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio.
La Corte avrebbe completamente ignorato le prospettazioni dei ricorrenti e gli elementi che questi avevano offerto, in particolare nella comparsa conclusionale, per procedere ad una reale e giusta valutazione equitativa.
14 .- Anche questo mezzo è inammissibile, essendo noto ( ex multis : Cass., sez. II, 14 giugno 2017, n° 14802) che la mancata considerazione di deduzioni difensive non è prospettabile come vizio ai sensi dell’art. 360 n° 5 cod. proc. civ., dato che il concetto di omesso esame di un fatto controverso e decisivo è riferibile a un preciso accadimento o ad una precisa circostanza in senso storiconaturalistico e non ricomprende questioni o argomentazioni difensive (Cass., sez. VI-1, 6 settembre 2019, n° 22397).
15 .-Si passa ora all’esame del ricorso incidentale del COGNOME.
Col primo motivo il ricorrente lamenta la violazione degli artt. 1223, 1226 e 2056, primo e secondo comma, del cod. civ.
Dopo aver lamentato l’elusione principi espressi da Cass. 3955/2018, il COGNOME lamenta che la Corte abbia liquidato il danno partendo da una mera elencazione di dati, per poi arrivare a liquidare il pregiudizio derivante dalla sola perdita delle aree, così trascurando di considerare che il risarcimento, per essere effettivo, avrebbe dovuto comprendere anche il ristoro dei danni derivati
dall’impossibilità di ritrarre i vantaggi economici dall’utilizzazione dei suoli e, dunque, dall’entità patrimoniale del costruibile, in conformità alle previsioni urbanistiche, come del resto risulterebbe anche dalla c.t.u. a firma prof. COGNOME il quale aveva valorizzato i fondi in lire 2.639.500.000.
Col secondo motivo il ricorrente lamenta, di nuovo, la violazione degli artt. 1223, 1226 e 2056, primo e secondo comma, del cod. civ.
Il mezzo replica quanto già detto col primo motivo, aggiungendo che la Corte avrebbe liquidato il risarcimento facendo una media tra i dati risultanti da una pluralità di atti di compravendita.
16 .- I due mezzi, esaminabili congiuntamente in ragione della sostanziale identità del tema posto, sono in parte inammissibili e in parte infondati.
Anzitutto, essi contengono doglianze genericamente formulate, in quanto -pur censurando l’operato e le conclusioni cui è giunta la Corte -non si confrontano con gli specifici snodi del percorso motivazionale riassunto nella precedente parte narrativa della presente ordinanza.
Secondariamente, essi non considerano che la liquidazione in via equitativa è stata considerata legittima dalla stessa Cass. 3955/2018, la quale aveva censurato la decisione emessa in sede di secondo rinvio sul diverso rilievo della mancata esplicitazione dei criteri seguiti nella quantificazione del risarcimento.
In terzo luogo, i mezzi in esame, pur dichiarando di non condividere il criterio liquidatorio seguito dal giudice del rinvio, non si peritano di indicare un diverso ed alternativo percorso che quel giudice avrebbe dovuto seguire, ma ribadiscono -peraltro in modo del tutto aspecifico, come già detto -che la liquidazione avrebbe dovuto tener conto del valore del ‘ realizzabile ‘.
Con ciò, però, i motivi reintroducono implicitamente un parametro di stima, quello analitico-ricostruttivo, che era stato disatteso nei
precedenti giudizi proprio per l’impossibilità di ricavarne un responso affidabile, come già chiarito dalla stessa Cass. 3955/2018 (la quale ha anche precisato che il giudice gode di un’ampia libertà di scelta nell’adozione dei criteri e delle metodiche di stima ai fini della determinazione del valore dei beni espropriati).
17 .- Col terzo motivo il COGNOME lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio.
La Corte avrebbe omesso di considerare le allegazioni difensive esposte nella citazione in sede di rinvio, così decidendo la causa in modo autoreferenziale, senza considerare la natura edificatoria dei suoli.
18 .- Il mezzo è inammissibile per le stesse ragioni in base alle quali è stato dichiarato inammissibile il quarto motivo di ricorso principale dei COGNOME.
19 .- Con la quarta doglianza il COGNOME lamenta la violazione dell’art. 394 cod. proc. civ., avendo la Corte territoriale riformato in peius la liquidazione operata dalla precedente sentenza n° 716/2013.
20 .- Il motivo è infondato per le stesse ragioni in base alle quali è stato ritenuto destituito di fondamento il primo motivo di ricorso principale dei COGNOME
21 .- Dato che il Comune non ha depositato controricorso nei confronti del COGNOME, non occorre liquidare le spese tra quest’ultimo e l’Ente locale.
Alla soccombenza dei ricorrenti principali segue la loro condanna a rifondere le spese del presente giudizio in favore del Comune di Sant’Agnello, per la cui liquidazione fatta in base al valore della lite (euro 1,284 milioni per Maresca) ed al d.m. n° 55 del 2014, come modificato dal d.m. n° 147 del 2022 -si rimanda al dispositivo che segue.
Va inoltre dato atto della sussistenza dei presupposti di cui all’articolo 13, comma 1 -quater , del decreto del presidente della
repubblica 30 maggio 2002 n° 115, per il raddoppio del contributo unificato a carico dei ricorrenti principali e del ricorrente incidentale, ove dovuto.
p.q.m.
la Corte respinge il ricorso principale e quello incidentale e condanna i ricorrenti principali a rifondere al Comune resistente le spese del presente giudizio, che liquida in euro 12.200,00 per compensi ed euro 200,00 per esborsi quanto ai ricorrenti principali, oltre al rimborso forfettario delle spese in ragione del 15%, oltre al cp ed all’iva, se dovuta.
Dà atto della sussistenza dei presupposti di cui all’articolo 13, comma 1quater , del decreto del presidente della repubblica 30 maggio 2002 n° 115, per il raddoppio del contributo unificato a carico dei ricorrenti principali e del ricorrente incidentale, ove dovuto.
Così deciso in Roma il 29 maggio 2025, nella camera di