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Liquidazione equitativa del danno: la Cassazione

Un utente, agente di commercio, subisce l’interruzione della linea telefonica per 12 giorni. Il Giudice di Pace liquida un danno di 400 euro. Il Tribunale, in appello, nega il risarcimento per carenza di prova sul quantum. La Cassazione cassa la sentenza d’appello, affermando che la difficoltà di provare l’esatto ammontare del danno non impedisce la liquidazione equitativa del danno, una volta accertata la sua esistenza (l’an).

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Pubblicato il 25 agosto 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Liquidazione Equitativa del Danno: Quando la Prova è Difficile, Decide il Giudice

L’ordinanza in esame offre un importante chiarimento sul principio della liquidazione equitativa del danno previsto dall’articolo 1226 del Codice Civile. La Corte di Cassazione ribadisce che, una volta provata l’esistenza di un danno (l’ an), la difficoltà nel quantificarne l’esatto ammontare (il quantum) non può tradursi in un diniego di giustizia. In questi casi, il giudice ha il potere-dovere di intervenire e determinare il risarcimento secondo equità. Analizziamo il caso specifico e i principi affermati dalla Suprema Corte.

Il Contesto: Interruzione della Linea e la Richiesta di Risarcimento

Un agente di commercio si vedeva improvvisamente disattivare la propria linea telefonica per un periodo di dodici giorni. A causa di questo disservizio, decideva di citare in giudizio la compagnia telefonica per ottenere il risarcimento del danno patrimoniale subito, quantificato in 7.000 euro a titolo di perdita economica legata alla propria attività commerciale.

Il Giudice di Pace accoglieva parzialmente la domanda, condannando la compagnia a pagare 400 euro, somma liquidata in via equitativa. Insoddisfatto, l’utente impugnava la sentenza, lamentando che il giudice non avesse considerato la mala fede della compagnia e l’incongruità del risarcimento rispetto al danno effettivo.

La Decisione del Tribunale e la Carenza di Prova

Il Tribunale, in funzione di giudice d’appello, riformava completamente la decisione di primo grado. Pur riconoscendo la scorrettezza della compagnia telefonica, rigettava la domanda risarcitoria. La motivazione? L’attore aveva argomentato sull’esistenza del danno (an), ma solo genericamente sulla sua quantificazione (quantum), senza fornire prove concrete. Secondo il Tribunale, questa grave carenza probatoria non consentiva di ricorrere al criterio equitativo per la liquidazione del danno.

La Cassazione e il Principio della Liquidazione Equitativa del Danno

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dell’utente, cassando la sentenza d’appello. La Suprema Corte ha definito il ragionamento del Tribunale ‘apodittico ed intrinsecamente ed irredimibilmente illogico’, equiparandolo a una motivazione meramente apparente e, quindi, insussistente.

La Differenza tra ‘An’ e ‘Quantum’

La Corte chiarisce un punto fondamentale: la liquidazione equitativa non è uno strumento per surrogare la prova dell’esistenza del danno. La parte danneggiata deve sempre dimostrare che un danno si è verificato e che esiste un nesso di causalità con l’inadempimento. Tuttavia, una volta assolto questo onere, il criterio equitativo interviene per sopperire alla difficoltà, o impossibilità, di provare l’esatto ammontare del pregiudizio subito.

Il Ruolo del Giudice nella Valutazione Equitativa

Il giudice d’appello, pur avendo riconosciuto l’illegittimità del comportamento della compagnia telefonica e l’esistenza di un danno (an), ha errato nell’escludere a priori la possibilità di una valutazione equitativa. Ha ignorato elementi cruciali, come il fatto che il telefono fosse usato anche per lavoro, circostanza che rende l’inadempimento e il conseguente danno ancora più evidenti.

le motivazioni

La Corte Suprema ha motivato la sua decisione richiamando la funzione dell’equità cosiddetta ‘integrativa’ o ‘suppletiva’. Questo principio non si sostituisce alla norma di diritto, ma la completa, assicurando la giustizia del caso singolo. Secondo la Cassazione, l’impossibilità di provare l’esatto ammontare del danno va intesa in senso relativo: è sufficiente una difficoltà di un certo rilievo per impedire al giudice una decisione di non liquet (ovvero di non decidere per mancanza di chiarezza). Negare il risarcimento in questi casi significherebbe negare l’esistenza di un danno già accertato.

Il giudice d’appello ha omesso di considerare le molteplici utilità di una linea telefonica nel moderno modus vivendi, rendendola uno strumento imprescindibile sia nella vita privata che professionale. Pertanto, la sua interruzione genera un danno la cui esistenza è quasi in re ipsa, ovvero implicita nell’evento stesso.

le conclusioni

La Corte di Cassazione ha cassato la sentenza e rinviato la causa al Tribunale, in diversa composizione, affinché proceda a un nuovo esame applicando i principi corretti. Questa ordinanza rafforza la tutela del consumatore e del professionista di fronte a disservizi, chiarendo che la difficoltà probatoria sul quantum non può vanificare il diritto al risarcimento quando l’inadempimento e il danno sono palesi. Il giudice di merito dovrà quindi procedere a una nuova valutazione, tenendo conto di tutti gli elementi del caso per arrivare a una liquidazione equitativa del danno che sia giusta e motivata.

Quando può un giudice ricorrere alla liquidazione equitativa del danno?
Il giudice può ricorrere alla liquidazione equitativa quando l’esistenza del danno è certa (an), ma risulta impossibile o particolarmente difficile per la parte danneggiata provare il suo preciso ammontare (quantum).

L’uso promiscuo (personale e lavorativo) di un servizio, come una linea telefonica, esclude il diritto al risarcimento per inadempimento?
No, la sentenza chiarisce che l’utilità alternativa che si può trarre da un bene non esclude l’inadempimento e il danno conseguente, specialmente se l’uso lavorativo era noto o prevedibile.

Cosa succede se la motivazione di una sentenza d’appello è considerata illogica o apparente?
Se la motivazione è talmente illogica, apodittica o apparente da risultare insussistente, la sentenza può essere cassata dalla Corte di Cassazione, con rinvio a un altro giudice per un nuovo esame del caso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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