Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 19681 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 19681 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 16/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 580/2024 R.G. proposto da : COGNOME elettivamente domiciliato in BOLOGNA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende, con domicilio digitale ex lege
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in MILANO INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende, con domicilio digitale ex lege
-controricorrente-
avverso SENTENZA di TRIBUNALE BOLOGNA n. 2211/2023 depositata il 31/10/2023. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 16/05/2025
dal Consigliere NOME COGNOME.
Svolgimento del processo
Con atto notificato il 19/12/2023 NOME COGNOME propone ricorso per cassazione avverso la sentenza del Tribunale di Bologna pubblicata 31 0ttobre 2023. RAGIONE_SOCIALE ha depositato controricorso per dedurre la inammissibilità o infondatezza del ricorso.
Innanzi al Giudice di Pace di Bologna il ricorrente avviava nei confronti di RAGIONE_SOCIALE un giudizio per ottenere il risarcimento del danno patrimoniale conseguente alla improvvisa disattivazione della linea di telefonia per un periodo di dodici giorni; in accoglimento della domanda, il giudice condannava RAGIONE_SOCIALE a corrispondere all’attore la somma di € 400,00 equitativamente liquidata (in misura minore rispetto a quella richiesta).
L’attore impugnava il primo capo della sentenza per dedurre la violazione degli artt. ex artt. 1175, 1337, 1366 e 1375 cod. civ., assumendo che il giudice non aveva adeguatamente valutato che egli era stato indotto con mala fede a stipulare il contratto, posto che l’operatore telefonico non aveva rivelato la sussistenza di un impedimento a registrare il contratto a suo nome a causa di un insoluto preesistente, risalente nel tempo, riferibile però alla società RAGIONE_SOCIALE di cui era socio; veniva denunciata come incongrua anche la valutazione del quantum debeatur a titolo risarcitorio, considerato che a causa del disservizio aveva subito una perdita economica di € 7.000,00, riferita alla propria attività commerciale. Il provvedimento veniva impugnato anche da Fastweb.
Il Tribunale adito, in riforma dell’appellata sentenza, in accoglimento dell’appello incidentale di Fastweb e in rigetto di quello del ricorrente, riteneva infondata la domanda risarcitoria del danno emergente e del lucro cessante – il primo per esborsi sostenuti per cambiare l’operatore telefonico e il secondo per aver perduto occasioni di lavoro essendo agente di commercio -sull’assunto che l’attore avesse argomentato in ordine all ‘an , ma solo genericamente in ordine al quantum e, nel secondo grado non avesse neppure provveduto al deposito del proprio fascicolo, sussistendo dunque grave carenza probatoria che non consentiva il ricorso al criterio equitativo di liquidazione del danno.
Parte controricorrente ha depositato atto che non può qualificarsi ‘memoria’, in difetto dei relativi requisiti di legge.
Motivi della decisione
Con unico motivo il ricorrente deduce il vizio di ‘omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti ex art. 360 comma 1 n. 5 c.p.c. -contraddittorietà della sentenza impugnata’. Lamenta la insufficienza e illogicità della motivazione nella sentenza impugnata là dove il giudice di secondo grado, pur convenendo con il giudice di prime cure circa il grave inadempimento contrattuale riferibile alla condotta dell’operatore telefonico prima (nella fase di contrattazione), e della compagnia telefonica poi ( nella fase di esecuzione del contratto) nel determinare la illegittima sospensione dell’utenza mobile, senza dare alcun preavviso al cliente e senza inviare antecedentemente alcuna richiesta di pagamento delle fatture rimaste insolute (per un importo irrisorio di circa
80 euro in relazione ad altro contratto datato 2017 intestato alla società di cui era socio), ha ritenuto che il danno lamentato non fosse risarcibile neanche in via equitativa in quanto ‘non ancorato ad alcun elemento concreto, né fattuale né giuridico’.
Il motivo è p.q.r. fondato è va accolto nei termini di seguito indicato.
Come questa Corte ha già avuto modo di porre in rilievo, la liquidazione in via equitativa ex art. 1226 c.c. è fondata sull’equità c.d. “integrativa” o “suppletiva”, intesa cioè giustizia del caso singolo, quale principio che si sostituisce alla norma di diritto nel caso concreto, bensì quale principio che completa la norma giuridica, sicché esso può trovare ingresso unicamente qualora la parte abbia dimostrato la sussistenza di un danno risarcibile o detto danno debba ritenersi in re ipsa all’evento in quanto discendente in via diretta e immediata dalla situazione illegittima (Cass. Sez. 6 -3, Ordinanza n. 26051 del 17/11/2020).
La liquidazione equitativa, pertanto, consente di sopperire alle difficoltà di quantificazione del danno, al fine di assicurare l’effettività della tutela risarcitoria, ma non può assumere valenza surrogatoria della prova, incombente sulla parte, dell’esistenza dello stesso e del nesso di causalità giuridica che lo lega all’inadempimento o al fatto illecito extracontrattuale. (Cass. Sez. 3 -, Ordinanza n. 13515 del 29/04/2022).
Essa presuppone, in definitiva, l’esistenza di un danno risarcibile certo (e non meramente eventuale o ipotetico), nonché l’impossibilità, l’estrema o la particolare difficoltà di provarlo nel suo preciso ammontare in relazione al caso concreto; la determinazione dell’ammontare del danno secondo il criterio equitativo, ove ne sussistano i
presupposti, è rimessa d’ufficio, anche senza domanda di parte, al prudente apprezzamento del giudice di merito e pure in grado di appello (Cass. Sez. 3 -, Ordinanza n. 2831 del 05/02/2021).
Orbene, tale principio è stato dal giudice dell’appello invero disatteso nell’impugnata sentenza, di riforma di quella del giudice di prime cure, sulla base di un ragionamento del tutto apodittico ed intrinsecamente ed irredimibilmente illogico in termini tali da appalesarsi quale motivazione al riguardo meramente apparente, e pertanto insussistente ( in tal senso dovendo invero propriamente intendersi e riqualificarsi la censura mossa dall’odierno ricorrente, al di là delle irrilevanti improprietà formali ).
Dopo aver ritenuto illegittimo e scorretto il comportamento assunto dall’operatore telefonico nella fase di contrattazione e nella repentina interruzione del servizio, comportante certamente disagi per ovviare alla mancanza di collegamenti telefonici e internet, ed avere quindi ritenuto nella specie sussistente l’ an del danno, il giudice del gravame è pervenuto ad escludere la possibilità di farsi nella specie luogo alla valutazione del medesimo in quanto ‘non ancorato ad alcun elemento concreto, né fattuale né giuridico’.
Orbene, il giudice dell’appello ha a tale stregua del tutto immotivatamente tenuto in assoluto non cale gli elementi valutati dal giudice di prime cure per pervenire all’effettuata liquidazione equitativa del danno, e in particolare ha del tutto negletto la circostanza che il telefono veniva usato non solo per uso personale, ma anche per lavoro, posto che l’utilità alternativa che può trarsi da un bene non esclude l’inadempimento e il danno
conseguenza (cfr. Cass. Sez. 3 -, Ordinanza n. 2520 del 03/02/2025; Cass. SU n. 33645/2022).
Ha del pari del tutto omesso di motivatamente considerare le molteplici utilità fornite dal telefonino, che rendono il medesimo strumento pressoché imprescindibile e irrinunziabile nell’odierno modus vivendi .
Non ha quindi considerato che l’impossibilità di provare l’ammontare preciso del danno da interruzione repentina del servizio di telecomunicazione con riguardo a una linea telefonica è da intendere in senso relativo, essendo al riguardo sufficiente una difficoltà anche solo di un certo rilievo per escludere che sia al giudice del merito consentita una decisione di ” non liquet “, risolvendosi la pronuncia nella negazione di quanto, invece, già definitivamente accertato in termini di esistenza di una condotta generatrice di danno ingiusto e di conseguente legittimità della relativa richiesta risarcitoria ( v. Cass., 29/4/2022, n. 13515 ).
Alla fondatezza nei suindicati termini del motivo consegue l’accoglimento e la cassazione in relazione dell’impugnata sentenza, con rinvio al Tribunale di Bologna, che in diversa composizione procederà a nuovo esame facendo dei suindicati disattesi principi applicazione.
Il giudice del rinvio provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione. Cassa in relazione l’impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, al Tribunale di Bologna, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, il 16/5/2025.