Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 20416 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 20416 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 21/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 208/2020 R.G. proposto da: COGNOME NOMECOGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato
COGNOME UMBERTO;
– ricorrente –
contro
CONDOMINIO NOME COGNOME rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME
– controricorrente e ricorrente incidentale nonché contro
RAGIONE_SOCIALE;
– intimata – avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO DI GENOVA n. 726/2019, depositata il 23/05/2019; udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18/06/2025 dal
Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Il Tribunale di Massa rigettava la domanda della RAGIONE_SOCIALE di COGNOME NOME ( ex amministratore del condominio denominato NOME B sito in Pontremoli) volta ad ottenere la condanna del convenuto Condominio al pagamento della somma di €. 7.938,10 per anticipazioni di denaro per il pagamento di spese condominiali asseritamente effettuate dal COGNOME quando era amministratore; rigettava altresì la richiesta di condanna della terza chiamata assicuratrice Unipol assicurazioni s.p.a. a tenere indenne l’assicurato COGNOME nel caso di accoglimento delle domande risarcitorie avanzate in via riconvenzionale dal Condominio.
In parziale accoglimento della domanda riconvenzionale del Condominio, il Tribunale di Massa condannava l’attore al pagamento in favore del Condominio della somma di €. 10.439,86, oltre interessi legali, quale debito dell’ ex amministratore COGNOME nei confronti del Condominio per lo scoperto del conto corrente condominiale, nonché al risarcimento del danno liquidato equitativamente in €. 5.000,00.
La RAGIONE_SOCIALE proponeva appello avverso la decisione del Tribunale di Massa e, con sentenza n. 726/2019, la Corte di appello di Genova riformava in la sentenza in parziale accoglimento del gravame, rigettando la domanda di condanna al pagamento della somma di € . 10.439,36 e confermando, con diversa motivazione, la condanna risarcitoria nella misura di €. 5.000,00.
Secondo la Corte territoriale:
– ingiustificatamente il Tribunale ha parificato lo scoperto di conto corrente del Condominio ad un correlato debito dell’amministratore, atteso che il convenuto Condominio non ha certo dimostrato che lo scoperto di conto corrente fosse frutto di eventuali distrazioni di provvista operate dall’amministratore a vantaggio personale o di terzi estranei. Tantomeno è provato che nel corso del triennio in cui il COGNOME non aveva reso il conto della sua gestione i condòmini avessero continuato ad alimentare detto conto corrente bancario con bonifici di proprie quote contributive per la gestione condominiale: si
ché è evidente che lo scoperto di conto sia una diretta conseguenza del fatto che il conto non fosse più alimentato da versamenti dei condòmini, e che via via si fosse reso passivo per tale conseguenza come per l’esaurimento del residuo attivo attraverso i pagamenti di fornitori condominiali;
resta indubbio che la condotta inadempiente del COGNOME nel triennio 2004/2007, e la sua resistenza a regolarmente restituire la documentazione condominiale al nuovo amministratore, è stata dannosa per il Condominio, rendendo oltremodo difficoltosa la ripresa di una regolare gestione condominiale. Pertanto, pare giustificato, per l’estrema difficoltà di provare un tale danno nel suo preciso ammontare, ricorrere a valutazione equitativa e stimarlo, valutate tutte le circostanze del caso, nella somma di €. 5 000.
Avverso la suddetta sentenza la RAGIONE_SOCIALE ha promosso ricorso per Cassazione affidandolo ad un unico motivo.
Resiste con controricorso il Condominio NOME COGNOME proponendo a sua volta ricorso incidentale affidato ad un unico motivo.
In prossimità dell’adunanza entrambe le parti hanno depositato memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
I. RICORSO PRINCIPALE SAIC
La ricorrente deduce violazione e falsa applicazione, ex art. 360, comma 1, n. 3) cod. proc. civ., in relazione all’art. 1226 c.c. In particolare, lamenta una insufficienza motivazionale nella parte della sentenza in cui -riconoscendo l’inadempimento dell’amministratore nel fornire la documentazione ai condòmini e, quindi, il potenziale danno causato agli stessi -per quantificare detto danno fa ricorso al criterio equitativo, senza però fornire alcuna valida ragione a supporto del ragionamento logico-giuridico che spinge a ritenere «equa» la liquidazione nella misura di €. 5.000,00. A giudizio del ricorrente, la formula «valutate tutte le circostanze del caso» non
sembra rispondere a un rigoroso criterio interpretativo, ma assume invece la sostanza di una motivazione assolutamente apparente, in quanto costituita da un’espressione generica e stereotipata che non fornisce i criteri di verifica del ragionamento logico e giuridico che ha condotto la Corte d’appello alla quantificazione del danno.
Il motivo è infondato.
Si deve ritenere che il ristoro riconosciuto dalla Corte territoriale sia qualificabile come danno patrimoniale da mancato guadagno, consistente nell’impoverimento della situazione in cui versava il conto corrente condominiale al termine del triennio 2004/2007.
A tal proposito, questa Corte ha chiarito che, concretandosi nell’accrescimento patrimoniale effettivamente pregiudicato o impedito dall’inadempimento dell’obbligazione contrattuale, il danno da mancato guadagno presuppone la prova, sia pure indiziaria, dell’utilità patrimoniale che il creditore avrebbe conseguito se l’obbligazione fosse stata adempiuta, esclusi i mancati guadagni meramente ipotetici perché dipendenti da condizioni incerte, sicché la sua liquidazione richiede un rigoroso giudizio di probabilità (e non di mera possibilità), che può essere equitativamente svolto in presenza di elementi certi offerti dalla parte non inadempiente, dai quali il giudice possa sillogisticamente desumere l’entità del danno subito (Sez. 3 – , Ordinanza n. 29486 del 15/11/2024, Rv. 672884 -01; Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 5613 del 08/03/2018, Rv. 647991 – 01).
Il riferimento, in motivazione, alla difficoltà nella ripresa della regolare amministrazione, dovuta alla condotta inadempiente del COGNOME nel triennio 2004/2007 come alla sua resistenza a regolarmente restituire la documentazione condominiale al nuovo amministratore, costituisce elemento indiziario sufficiente per ravvisare l’esistenza di un danno non ipotetico ma dipendente da condizioni certe, sebbene sia estremamente difficile quantificarne la portata se non in via equitativa, nel caso di specie ragguagliata alla
metà (circa) dello scoperto di conto provocato dall’assenza di gestione per un intero triennio.
La censura, che investe, non già la violazione di norme di diritto, ma la valutazione di merito operata dalla Corte territoriale, è dunque da respingere.
II. RICORSO INCIDENTALE DEL CONDOMINIO
Con l’unico motivo del ricorso incidentale, si deduce , da parte del Condominio, violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 c.c. e 115 cod. proc. civ., con riferimento all’art. 360, n. comma 1, 3) cod. proc. civ., per avere la Corte territoriale omesso di considerare alcune prove documentali depositate dalla convenuta nel corso del giudizio di primo grado (presenti nel fascicoletto Allegato A, della comparsa di costituzione e risposta di primo grado), che provano la mancanza di affidamento e le movimentazioni del conto non autorizzate dal Condominio, ma ugualmente effettuate dal Caponi. In particolare, si tratta di n. 9 assegni emessi nel 2005, sottoscritti dal COGNOME, alcuni dei quali risultano non specificati, altri emessi a favore di società sportive, studi commerciali e cooperative che nulla avevano a che fare con il Condominio. Assegni che mai il Caponi ha contestato, giustificandone le fatture a sostegno dei pagamenti eventualmente effettuati a favore del Condominio: di tale comportamento processuale la Corte territoriale non ha tenuto conto poiché non ha assunto come fonte di prova ex art. 115 cod. proc. civ. la non contestazione di controparte.
Il motivo è inammissibile sotto due diversi profili.
Quanto alla mancata valutazione della non contestazione di controparte: il principio generale di riparto dell’onere probatorio di cui all’art. 2697 cod. civ. deve essere contemperato con il principio di acquisizione probatoria, che trova fondamento nella costituzionalizzazione del principio del giusto processo, con la conseguenza che anche il principio dispositivo delle prove va inteso in modo differente, traducendosi nel dovere del giudice di
pronunciare nel merito della causa sulla base del materiale probatorio ritualmente acquisito – da qualunque parte processuale provenga – con una valutazione non atomistica ma globale nel quadro di una indagine unitaria ed organica.
Si ricorda, pertanto, che l’accertamento della sussistenza di una non contestazione, quale contenuto della posizione processuale della parte, rientrando nel quadro dell’interpretazione del contenuto e dell’ampiezza dell’atto della parte, è funzione del giudice di merito, sindacabile solo per vizio di motivazione, neanche dedotto nel caso che ci occupa. La non contestazione dei fatti, non costituisce, dunque, prova legale, bensì un mero elemento di prova, sicchè il giudice di appello, ove nuovamente investito dell’accertamento dei medesimi fatti con specifico motivo di impugnazione, è chiamato a compiere una valutazione discrezionale di tutto il materiale probatorio ritualmente acquisito, senza essere vincolato alla condotta processuale tenuta dal convenuto nel primo grado del giudizio (Sez. L, Sentenza n. 10182 del 03/05/2007, Rv. 597236 -01; conf.: Sez. 2, Ordinanza n. 27490 del 28/10/2019, Rv. 655681 -01; Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 3680 del 07/02/2019, Rv. 653130 -01; Sez. L – , Sentenza n. 8708 del 04/04/2017, Rv. 644025 – 01). Del resto, la generica deduzione di assenza di prova senza negazione del fatto storico, da parte del COGNOME, non è equiparabile alla specifica contestazione di cui all’art. 115 cod. proc. civ. (Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 17889 del 27/08/2020, Rv. 658756 – 01).
Il motivo è, altresì, inammissibile per difetto di autosufficienza.
Il ricorrente incidentale -senza peraltro lamentare un error in procedendo , per il quale la Corte di cassazione è giudice anche del fatto processuale -fa riferimento (nel controricorso incidentale ma anche in memoria) a documenti ( gli assegni non contestati dall’ ex amministratore, dai quali risulterebbe lo storno del danaro giacente sul conto corrente verso soggetti o non precisati o estranei alla gestione del Condominio) dei quali, tuttavia, non viene
analiticamente riportato il contenuto, neanche attraverso la riproduzione della missiva con la quale il nuovo amministratore trasmetteva copia di detti assegni al COGNOME per chiedere giustificazione in merito ad essi.
Pertanto -in assenza di qualsiasi esame nel merito da parte della Corte d’Appello, la quale anzi esclude che lo scoperto di conto possa essere attribuito ad appropriazioni di provvista condominiale da parte dell’amministratore allora in carica (v. sentenza p. 6, punto 2 lett. c) -questa Corte non è in grado di valutare un ‘ eventuale mancata valutazione di una prova decisiva (travisamento per omissione) da parte della Corte territoriale.
In definitiva, il Collegio rigetta il ricorso principale, dichiara inammissibile quello incidentale.
Stante la soccombenza reciproca, le spese sono compensate.
Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013, stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater D.P.R. n. 115 del 2002, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte di entrambe le parti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 -bis, del D.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso principale; dichiara inammissibile il ricorso incidentale; compensa le spese.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater D.P.R. n. 115 del 2002, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte di entrambe le parti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1bis , del D.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 18 giugno 2025.