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Liquidazione danno parentale: la motivazione è d’obbligo

Una madre ha citato in giudizio un’azienda sanitaria per la morte intrauterina del figlio. La Corte d’Appello le ha riconosciuto un risarcimento, ma la Corte di Cassazione ha annullato la decisione. Il punto cruciale è la mancanza di una motivazione chiara e dettagliata per la liquidazione del danno parentale. La Cassazione ha rinviato il caso per un nuovo giudizio che dovrà spiegare esplicitamente i criteri usati per calcolare l’importo del risarcimento.

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Pubblicato il 14 dicembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Liquidazione Danno Parentale: La Cassazione Sottolinea l’Obbligo di Motivazione

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha riaffermato un principio fondamentale in materia di risarcimento del danno: la liquidazione del danno parentale non può essere un atto arbitrario del giudice, ma deve seguire un percorso logico-giuridico chiaro e trasparente. Questa pronuncia nasce da una vicenda drammatica, la perdita di un figlio durante la gravidanza, e offre spunti cruciali sulla corretta valutazione del dolore e della sofferenza.

I Fatti del Caso: La Tragica Perdita di un Nascituro

Una donna, giunta alla 36ª settimana di gravidanza, perdeva il suo bambino a causa della mancata esecuzione di un taglio cesareo presso una struttura ospedaliera pubblica. Insieme alle altre due figlie minori, citava in giudizio l’Azienda Sanitaria Locale per ottenere il risarcimento dei danni subiti. Il Tribunale di primo grado riconosceva la responsabilità della struttura e condannava l’Azienda a pagare una somma alla madre e una somma inferiore a ciascuna delle sorelle del nascituro.

Il Percorso Giudiziario e la Sfida sulla Liquidazione Danno Parentale

Insoddisfatta dell’importo riconosciutole, la madre proponeva appello, chiedendo una somma maggiore per la perdita del rapporto parentale. Faceva riferimento alle Tabelle Milanesi, che prevedono importi significativamente più alti, e chiedeva un ulteriore risarcimento per il danno subito dal nascituro stesso. La Corte d’Appello accoglieva parzialmente la richiesta, aumentando il risarcimento a 140.000 euro.

Tuttavia, la madre ricorreva in Cassazione, lamentando due vizi principali della sentenza d’appello:
1. Motivazione Apparente: La decisione della Corte d’Appello era, a suo dire, apodittica. Non spiegava i criteri e i parametri utilizzati per arrivare alla cifra di 140.000 euro, limitandosi a definirla “congrua” senza un’analisi dettagliata.
2. Errato Calcolo degli Interessi: La sentenza non aveva specificato correttamente le modalità di calcolo degli interessi compensativi sul capitale dovuto.

La Decisione della Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il primo motivo di ricorso, ritenendolo fondato. Ha stabilito che la Corte d’Appello è effettivamente venuta meno al suo obbligo di motivazione. Sebbene i giudici godano di un potere di valutazione equitativa nel determinare l’ammontare del risarcimento, questa discrezionalità non può tradursi in arbitrarietà. È necessario che la sentenza illustri in modo comprensibile il percorso logico seguito.

L’Insufficienza della Motivazione della Corte d’Appello

La Corte territoriale si era limitata a menzionare le circostanze “altamente drammatiche” e la composizione del nucleo familiare, per poi concludere che la somma di 140.000 euro appariva “congrua”. Secondo la Cassazione, questa è una motivazione solo apparente, che non consente di comprendere come sia stato ponderato il danno e perché sia stata scelta quella specifica cifra.

Il Ruolo delle Tabelle Milanesi

La Cassazione ha ribadito che, sebbene le Tabelle Milanesi non siano automaticamente applicabili, rappresentano un punto di riferimento essenziale per garantire un’uniformità di trattamento a livello nazionale. Il giudice può discostarsene, ma deve giustificare la sua scelta. Nel caso di specie, il danno derivava dalla perdita di una relazione affettiva “potenziale” con un figlio nato morto, una situazione di eccezionale gravità che richiede una personalizzazione del risarcimento, ma sempre all’interno di un quadro motivazionale solido.

Le Motivazioni

La motivazione della Cassazione si fonda sull’articolo 132 del Codice di Procedura Civile, che impone al giudice di esporre “le ragioni di fatto e di diritto della decisione”. Una motivazione è considerata apparente quando, pur esistendo graficamente, non rende percepibile il ragionamento seguito per arrivare alla conclusione. Nel caso in esame, la Corte d’Appello ha riconosciuto la gravità del danno ma non ha spiegato come ha tradotto questa gravità in un importo monetario. Non ha chiarito quali parametri abbia usato, come abbia ponderato le circostanze specifiche (la fase avanzata della gravidanza, le modalità con cui la madre ha appreso la notizia) né come si sia rapportata ai valori indicati dalle tabelle di riferimento. Questo vuoto argomentativo vizia la sentenza, rendendola non trasparente e non controllabile nel suo iter logico.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame è un importante monito per i giudici di merito: la giustizia, soprattutto quando si tratta di lenire un dolore incommensurabile come la perdita di un figlio, deve essere non solo equa ma anche trasparente. La liquidazione del danno parentale esige un’analisi approfondita e una motivazione che dia conto di tutti gli elementi considerati. La decisione è stata quindi cassata e il caso è stato rinviato alla Corte d’Appello di Roma, in diversa composizione, che dovrà procedere a una nuova liquidazione, questa volta fornendo una spiegazione dettagliata e rigorosa del suo calcolo.

Perché la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza d’appello?
La Cassazione ha annullato la sentenza perché la motivazione fornita dalla Corte d’Appello per quantificare il risarcimento di 140.000 euro è stata ritenuta ‘apodittica’ e ‘apparente’. In pratica, i giudici d’appello non hanno spiegato in modo chiaro e logico il percorso seguito per determinare quell’importo, violando l’obbligo di motivazione della decisione.

Come deve essere calcolato il risarcimento per la perdita di un figlio nato morto?
Il risarcimento deve essere liquidato in via equitativa, tenendo conto di tutte le circostanze del caso. Sebbene la relazione affettiva sia solo ‘potenziale’, essa si rafforza durante la gravidanza. Il giudice deve considerare parametri come la fase avanzata della gestazione, le modalità drammatiche dell’evento e la composizione del nucleo familiare, utilizzando le Tabelle Milanesi come punto di partenza e giustificando ogni scostamento.

Qual è il valore delle Tabelle Milanesi nella liquidazione del danno?
Le Tabelle Milanesi non sono una legge, ma rappresentano un punto di riferimento fondamentale per garantire una valutazione uniforme del danno non patrimoniale su tutto il territorio nazionale. Il giudice può non applicarle in modo automatico, ma deve usarle come base per la sua liquidazione e deve fornire una motivazione adeguata se decide di discostarsene.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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