Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 23082 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 23082 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 11/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso 5500-2024 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
DELLA COGNOME UGO;
– intimato – avverso la sentenza n. 3043/2023 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 28/08/2023 R.G.N. 3054/2019; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
06/05/2025 dal Consigliere Dott. COGNOME
Fatti di causa
Oggetto
Mansioni rapporto privato
R.G.N.5500/2024
COGNOME
Rep.
Ud. 06/05/2025
CC
Il Tribunale di Napoli, in parziale accoglimento delle domande avanzate da NOME COGNOME nei confronti di RAGIONE_SOCIALE, di cui era dipendente, ha dichiarato che l’istante era stato demansionato dal giugno 2009 e, per l’effetto, ha condannato la società a riadibirlo nelle precedenti mansioni ovvero a quelle riconducibili al 5° livello di inquadramento; ha, poi, condannato la società al pagamento, in favore del lavoratore, del quadruplo della differenza di retribuzione mensile tra il 3° ed il 5° livello per ogni mese di demansionamento, oltre accessori su dette differenze; ha, infine, condannato la società al pagamento della somma di euro 18.881,00 sempre oltre accessori come determinati nel dispositivo della pronuncia, a titolo di risarcimento del danno alla salute.
La Corte di appello di Napoli, decidendo sul gravame della società e in parziale riforma della gravata sentenza, ha condannato la RAGIONE_SOCIALE al pagamento del danno professionale (giugno 2009 -10.10.2017) nella misura pari al 100% della retribuzione mensile percepita dal lavoratore e ha, poi, condannato la società al pagamento dell’importo già determinato quale danno alla salute, ricapitalizzato di anno in anno dal 25.2.2014 e detratta la quota indennizzabile dall’INAIL.
I giudici di seconde cure, ritenuto provato il demansionamento ed il conseguente danno, rimodulavano la quantificazione del danno professionale ritenendo obiettivamente eccessiva quella del Tribunale e disponevano la detrazione della quota indennizzabile d all’INAIL dalla somma riconosciuta dal Tribunale a titolo di danno biologico che consideravano corretta, compensavano, infine, le spese del doppio grado.
Avverso la sentenza di secondo grado RAGIONE_SOCIALE proponeva ricorso per cassazione affidato ad un motivo. L’intimato non svolgeva attività difensiva.
Il Collegio si riservava il deposito dell’ordinanza nei termini di legge ex art. 380 bis 1 cpc.
Ragioni della decisione
Con l’unico motivo, riguardante la liquidazione del danno alla professionalità, si eccepisce la nullità del capo della sentenza per difetto di motivazione, in relazione all’art. 360 co. 1 n. 4 cpc, essendo la stessa viziata da palese illogicità e contraddittorietà perché, da un lato, condividendo la censura relativa alla quantificazione del danno, i giudici di seconde cure la ritenevano obiettivamente eccessiva e, dall’altro, l’avevano poi determinat a in una quota maggiore, pari al 100% della retribuzione mensile percepita dal lavoratore, per il periodo giugno 2009 fino al deposito del ricorso (10.10.2017), corrispondente ad una somma di gran lunga superiore a quella determinata sulla base dei criteri di liquidazione individuati dal Tribunale.
Il motivo è fondato.
Il vizio motivazionale previsto dall’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c., nella formulazione introdotta dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, convertito in l. n. 134/2012, applicabile “ratione temporis”, così qualificata e precisata la censura proposta dalla ricorrente (Cass. n. 12690/2018), presuppone che il giudice di merito abbia esaminato la questione oggetto di doglianza, e si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa e obiettivamente incomprensibile”, mentre resta irrilevante il
semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (per tutte, Cass. Sez. Un. n. 8053/2014).
Nella fattispecie in esame, la sussistenza di tale vizio è palese perché la Corte territoriale ha ritenuto fondata la doglianza, presentata dall’allora appellante, circa la eccessiva liquidazione del danno alla professionalità, come operata dal primo giudice (pari al quadruplo della differenza retributiva giornaliera tra il 3° ed il 5° livello per ogni mese di demansionamento), ma ha poi adottato una quantificazione (nella misura del 100% della retribuzione mensile percepita dal lavoratore in relazione al periodo giugno 2009 10.0.2017) che si rivela di gran lunga maggiore rispetto alla prima che era stata ritenuta ‘obiettivamente eccessiva’.
Evidentemente, non è stato considerato dalla Corte territoriale che la liquidazione del Tribunale era sì parametrata ad una percentuale del quadruplo, ma aveva ad oggetto la differenza retributiva tra il 3° ed il 5° livello per ogni mese di demansionamento, lì dove la percentuale del 100%, statuita dalla Corte territoriale, era stata parametrata sull’intera retribuzione mensile e, quindi, determinata in modo di gran lunga superiore.
Dalla prospettazione di parte ricorrente, articolata a fondamento della esistenza di un “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e di una ‘motivazione perplessa e obiettivamente incomprensibile”, si evince effettivamente che si è passati da una liquidazione di euro 90.990,57 ad una di euro 191.412,00, senza accessori: ciò contrasta senza dubbio con la affermazione della gravata sentenza secondo cui la liquidazione di primo grado era obiettivamente eccessiva e si pone in termini di palese contraddittorietà, inconciliabilità e illogicità con la stessa.
Alla stregua di quanto esposto, il ricorso va accolto.
La gravata sentenza deve essere cassata in relazione alle censure accolte e la causa va rinviata alla Corte di appello di Napoli, in diversa composizione, che procederà ad un nuovo esame e provvederà, altresì, alle determinazioni sulle spese anche del presente giudizio.
PQM
La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza e rinvia alla Corte di appello di Napoli, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 6 maggio 2025
La Presidente
Dott.ssa NOME COGNOME