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Liquidazione danno demansionamento: motivazione illogica

La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza della Corte d’Appello relativa alla liquidazione danno da demansionamento. La Corte territoriale, pur ritenendo ‘eccessiva’ la quantificazione del danno operata in primo grado, aveva paradossalmente liquidato una somma di gran lunga superiore. La Cassazione ha ravvisato un vizio di ‘motivazione perplessa e obiettivamente incomprensibile’, caratterizzato da un ‘contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili’, rinviando il caso per una nuova valutazione.

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Pubblicato il 28 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Liquidazione Danno da Demansionamento: Quando la Motivazione è Illogica

La corretta liquidazione danno da demansionamento è un tema cruciale nel diritto del lavoro, che richiede un’attenta valutazione da parte dei giudici. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha messo in luce un caso emblematico di vizio motivazionale, annullando una sentenza d’appello che, nel tentativo di ridurre un risarcimento ritenuto eccessivo, lo aveva paradossalmente aumentato in modo considerevole. Questo caso offre spunti fondamentali sull’importanza della coerenza e logicità nelle decisioni giudiziarie.

I Fatti del Caso: Un Percorso Giudiziario Contraddittorio

La vicenda ha origine dalla domanda di un lavoratore che, dopo essere stato demansionato per un lungo periodo (dal 2009 al 2017), si era rivolto al Tribunale. In primo grado, il giudice aveva accertato il demansionamento e condannato l’azienda a un risarcimento per il danno professionale, quantificato nel quadruplo della differenza retributiva tra il livello di inquadramento originario (5°) e quello inferiore a cui era stato adibito (3°). A questa somma si aggiungeva un ulteriore importo per il danno alla salute.

La società datrice di lavoro ha impugnato la decisione davanti alla Corte d’Appello, lamentando, tra le altre cose, l’eccessività della quantificazione del danno professionale. La Corte d’Appello, accogliendo parzialmente il gravame, ha riformato la sentenza. Tuttavia, nel ricalcolare il danno, ha commesso un errore logico fatale: pur affermando che la quantificazione del Tribunale fosse ‘obiettivamente eccessiva’, ha stabilito un nuovo criterio di calcolo (il 100% della retribuzione mensile percepita per ogni mese di demansionamento) che ha portato a una somma quasi doppia rispetto a quella iniziale (da circa 91.000 euro a oltre 191.000 euro).

L’illogicità nella Liquidazione Danno da Demansionamento secondo la Cassazione

Di fronte a questa palese contraddizione, l’azienda ha proposto ricorso per cassazione, denunciando la nullità della sentenza d’appello per vizio di motivazione. Il motivo di ricorso si fondava proprio sulla manifesta illogicità e contraddittorietà della decisione: come poteva un risarcimento essere considerato ‘eccessivo’ e, allo stesso tempo, essere sostituito da uno di importo quasi doppio?

La censura sollevata dall’azienda evidenziava un ‘contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili’ e una ‘motivazione perplessa e obiettivamente incomprensibile’, vizi che rientrano nella nozione di vizio motivazionale rilevante ai sensi dell’art. 360, n. 5, c.p.c.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha ritenuto il motivo di ricorso fondato, accogliendolo pienamente. Gli Ermellini hanno sottolineato come la sussistenza del vizio fosse palese. La Corte territoriale aveva commesso un evidente errore di valutazione: pur condividendo la critica dell’azienda sull’eccessività del primo risarcimento, aveva adottato un parametro di liquidazione del tutto diverso che, di fatto, aggravava la posizione dell’azienda stessa.

L’errore, come spiegato dalla Cassazione, è nato dal non aver considerato che la liquidazione del Tribunale era parametrata sulla differenza retributiva, mentre quella della Corte d’Appello si basava sull’intera retribuzione mensile. Questa differente base di calcolo ha generato un risultato finale macroscopicamente superiore, rendendo la motivazione della sentenza d’appello intrinsecamente contraddittoria e illogica. La Corte ha affermato che tale situazione si pone in termini di ‘palese contraddittorietà, inconciliabilità e illogicità’.

Le Conclusioni

Alla luce di quanto esposto, la Suprema Corte ha cassato la sentenza impugnata e ha rinviato la causa alla Corte d’Appello di Napoli, in diversa composizione, per un nuovo esame. Il nuovo giudice dovrà procedere a una nuova liquidazione del danno, questa volta basata su un percorso logico-giuridico coerente e privo di contraddizioni. La decisione ribadisce un principio fondamentale: una sentenza deve essere non solo giusta nel merito, ma anche sorretta da una motivazione chiara, logica e comprensibile, specialmente quando si tratta di quantificare un risarcimento. Un’affermazione che contraddice il risultato finale della decisione rende la stessa irrimediabilmente viziata.

Perché la sentenza della Corte d’Appello è stata annullata dalla Cassazione?
La sentenza è stata annullata per un vizio di motivazione, in quanto conteneva un ‘contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili’. Pur definendo ‘eccessiva’ la liquidazione del danno stabilita in primo grado, la Corte d’Appello ha poi determinato un importo risarcitorio di gran lunga superiore, rendendo la sua motivazione illogica e incomprensibile.

Quale errore ha commesso la Corte d’Appello nel calcolare il risarcimento?
L’errore è stato non comprendere che il proprio criterio di calcolo (100% dell’intera retribuzione mensile) avrebbe prodotto un risultato molto più elevato rispetto a quello del Tribunale (quadruplo della sola differenza retributiva). Questo ha portato al paradosso di aumentare un risarcimento che si intendeva ridurre perché ritenuto eccessivo.

Cosa succede adesso al caso?
La Corte di Cassazione ha cassato la sentenza e ha rinviato la causa alla Corte d’Appello di Napoli, che dovrà riesaminare la questione con un collegio di giudici diverso. Il nuovo giudice dovrà determinare nuovamente l’importo del risarcimento per il demansionamento, fornendo una motivazione coerente e priva di contraddizioni logiche.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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