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Liquidazione controllata: danno biologico incluso

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 28484/2025, ha stabilito che le somme ricevute a titolo di risarcimento per danno biologico devono essere incluse nell’attivo della liquidazione controllata. La Corte ha rigettato la richiesta di un debitore di escludere tale importo, negando la possibilità di applicare per analogia la norma prevista per la liquidazione giudiziale (art. 146 CCII), che esclude i diritti strettamente personali. La decisione si fonda sulla specificità dell’art. 268 CCII, che elenca tassativamente i beni esclusi dalla liquidazione controllata senza menzionare tale categoria, riflettendo una scelta consapevole del legislatore e non una lacuna normativa.

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Liquidazione Controllata: Il Risarcimento per Danno Biologico Rientra nell’Attivo?

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 28484/2025) ha affrontato un tema di grande rilevanza per chi si trova in una procedura di liquidazione controllata: il destino delle somme percepite a titolo di risarcimento per danno biologico. La questione è cruciale: questo importo, legato a una lesione personale, deve essere utilizzato per pagare i creditori o può essere trattenuto dal debitore? La Suprema Corte ha fornito una risposta netta, delineando una chiara differenza tra la liquidazione controllata e la liquidazione giudiziale (ex fallimento).

I Fatti di Causa

Il caso nasce dalla richiesta di una persona, soggetta a liquidazione controllata, di escludere dalla massa attiva un importo di circa 63.000 euro ottenuto come risarcimento per un danno biologico derivante da un episodio di malasanità. Il Tribunale di Bergamo, sia in prima istanza che in sede di reclamo, aveva respinto la richiesta, sostenendo che tale somma dovesse essere acquisita alla procedura per soddisfare i creditori. Secondo i giudici di merito, la normativa sulla liquidazione controllata (art. 268 del Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza – CCII) non prevede l’esclusione per i crediti di natura strettamente personale, a differenza di quanto stabilito per la liquidazione giudiziale (art. 146 CCII).

La questione giuridica: Analogia o Scelta Legislativa?

Il ricorso in Cassazione si è basato su tre motivi principali, tutti incentrati sulla violazione e falsa applicazione degli articoli 146 e 268 del CCII. La difesa del ricorrente sosteneva che, data la natura personalissima del diritto al risarcimento del danno alla salute, la norma che ne prevede l’esclusione nella liquidazione giudiziale dovesse essere applicata per analogia anche alla liquidazione controllata. Si lamentava, inoltre, una disparità di trattamento incostituzionale tra l’imprenditore soggetto a liquidazione giudiziale e il debitore sovraindebitato.

Le Motivazioni della Cassazione sulla liquidazione controllata

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando la decisione del Tribunale di Bergamo. Le motivazioni della Suprema Corte sono articolate e si basano su un’interpretazione rigorosa della legge.

1. Assenza di una Lacuna Normativa: Il punto centrale della decisione è che non esiste una “lacuna” nella legge che giustifichi un’interpretazione analogica. L’art. 268, comma 4, del CCII elenca in modo specifico e tassativo i beni e i crediti che non sono compresi nella liquidazione controllata. Questo elenco ricalca quasi interamente quello dell’art. 146 CCII, ma omette deliberatamente la categoria dei “beni e diritti di natura strettamente personale”. Secondo la Corte, questa non è una dimenticanza, ma una scelta consapevole del legislatore.

2. Il Principio “Ubi Lex Voluit Dixit, Ubi Noluit Tacuit”: La Corte ha sottolineato che il legislatore ha riprodotto una formula già presente nella precedente normativa sul sovraindebitamento (L. 3/2012), dimostrando una continuità nella volontà di disciplinare diversamente le due procedure. Se il legislatore avesse voluto includere i diritti personali tra le esclusioni della liquidazione controllata, lo avrebbe fatto espressamente.

3. Inesistenza di un “Diritto Vivente”: La Corte ha anche respinto la richiesta di sollevare una questione di legittimità costituzionale. Affinché si possa parlare di violazione del principio di uguaglianza, sarebbe necessario un “diritto vivente”, cioè un’interpretazione consolidata che qualifichi senza dubbio il risarcimento del danno biologico come un diritto “strettamente personale”. Tuttavia, la stessa giurisprudenza della Cassazione è divisa: mentre in ambito fallimentare tale natura è stata affermata, in altri contesti (come la cedibilità del credito ex art. 1260 c.c.) è stata negata. Questa pluralità di indirizzi impedisce di considerare l’interpretazione favorevole al ricorrente come un principio consolidato.

Le Conclusioni

La sentenza stabilisce un principio chiaro e potenzialmente severo per i debitori in liquidazione controllata: le somme ricevute a titolo di risarcimento per danno biologico non sono protette e devono essere destinate al pagamento dei debiti. La decisione evidenzia una precisa volontà del legislatore di differenziare il trattamento del patrimonio del debitore a seconda della procedura concorsuale applicabile. Se da un lato la liquidazione giudiziale tutela maggiormente la sfera personale dell’imprenditore fallito, la liquidazione controllata adotta un approccio più rigoroso, privilegiando la massima soddisfazione possibile dei creditori. Questa pronuncia impone quindi una riflessione attenta per chiunque affronti una procedura di sovraindebitamento, poiché anche i crediti di natura apparentemente personale possono essere attratti nella massa da liquidare.

Il risarcimento per danno biologico può essere escluso dalla procedura di liquidazione controllata?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la normativa specifica (art. 268 CCII) non prevede questa esclusione, in quanto l’elenco dei beni non compresi nella procedura è tassativo e non menziona i diritti di natura strettamente personale.

Perché non si può applicare per analogia la norma della liquidazione giudiziale (art. 146 CCII) che invece esclude tali diritti?
La Corte ha stabilito che non è possibile un’applicazione analogica perché non esiste una lacuna legislativa. L’omissione dei “diritti di natura strettamente personale” nell’art. 268 CCII è considerata una scelta consapevole del legislatore e non una dimenticanza da colmare.

Il credito per risarcimento del danno biologico è sempre considerato un diritto “strettamente personale”?
No. La Cassazione ha evidenziato che la giurisprudenza non è unanime. Mentre un orientamento lo considera tale nel contesto della liquidazione giudiziale, un altro orientamento, in materia di cedibilità del credito, nega questa natura. Tale divergenza impedisce di qualificarla come un “diritto vivente” e di fondarvi una questione di costituzionalità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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