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Liquidazione compenso CTU: nullo il decreto post-sentenza

La Corte di Cassazione ha stabilito la nullità di un decreto di liquidazione compenso CTU emesso dal Tribunale dopo la pubblicazione della sentenza che definiva il giudizio. Secondo la Corte, una volta concluso il processo, il giudice esaurisce il proprio potere decisionale e non può più provvedere alla liquidazione delle spese per il consulente. Tale atto è stato definito ‘abnorme’ e cassato senza rinvio, chiarendo che il consulente può comunque recuperare il proprio compenso tramite un decreto ingiuntivo.

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Pubblicato il 4 ottobre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Liquidazione compenso CTU: nullo il decreto emesso dopo la sentenza

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale della procedura civile: una volta emessa la sentenza che definisce il giudizio, il giudice perde il potere di decidere su aspetti accessori della causa, come la liquidazione compenso CTU. Questo principio garantisce la certezza del diritto e la stabilità delle decisioni giudiziarie. Analizziamo insieme questa importante pronuncia e le sue implicazioni pratiche per professionisti e consulenti tecnici.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine da un ricorso per cassazione presentato contro un decreto del Tribunale di Teramo. Il Tribunale, dopo aver definito un giudizio con una sentenza pubblicata a maggio, aveva successivamente emesso, a luglio dello stesso anno, un decreto per liquidare il compenso dovuto al Consulente Tecnico d’Ufficio (CTU) che aveva prestato la sua opera nel corso del processo. La parte soccombente ha impugnato tale decreto, sostenendone la nullità per “carenza di potere”, ovvero perché il giudice, avendo già chiuso il caso, non aveva più l’autorità per emettere ulteriori provvedimenti.

Il Problema della Liquidazione Compenso CTU Post-Sentenza

La questione centrale affrontata dalla Suprema Corte è se un giudice, dopo aver concluso un procedimento con una sentenza che regola anche le spese processuali, possa ancora intervenire per liquidare le spettanze del proprio ausiliario. Secondo l’orientamento consolidato, la risposta è negativa. Con la pubblicazione della sentenza, il giudice si “spoglia” della causa, esaurendo la propria funzione giurisdizionale su quella specifica controversia. Qualsiasi atto successivo relativo al merito o alle spese di quel giudizio è da considerarsi emesso al di fuori dei suoi poteri.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, dichiarando il decreto di liquidazione nullo. Gli Ermellini hanno qualificato il provvedimento come “abnorme”, ovvero un atto anomalo che si pone al di fuori dello schema legale del processo. Trattandosi di un atto emesso in carenza di potere e idoneo a incidere su posizioni di diritto soggettivo in modo definitivo, la Corte ha confermato che lo strumento corretto per contestarlo non è l’opposizione ordinaria, ma il ricorso straordinario per cassazione ai sensi dell’art. 111 della Costituzione.

Le Motivazioni della Corte

La motivazione della sentenza si fonda sul principio dell’esaurimento del potere giurisdizionale del giudice una volta che il giudizio è stato definito. La Corte ha chiarito che il giudice, regolando le spese processuali nella sentenza finale, conclude ogni sua funzione relativa a quella causa. Un successivo intervento sulla liquidazione del compenso del CTU costituirebbe una violazione di tale principio. La Cassazione ha inoltre precisato che questa interpretazione non lede il diritto del consulente a ricevere il proprio compenso. Il CTU, infatti, può sempre agire per via monitoria, richiedendo un decreto ingiuntivo contro la parte obbligata al pagamento, sulla base della prestazione svolta. Di conseguenza, il decreto è stato cassato senza rinvio, annullandolo in via definitiva.

Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza consolida un importante principio di procedura civile: la stabilità delle decisioni giudiziarie. Per le parti in causa, significa che dopo la sentenza non possono esserci “sorprese” sotto forma di ulteriori provvedimenti di spesa emessi dallo stesso giudice. Per i Consulenti Tecnici d’Ufficio, emerge una chiara indicazione operativa: è fondamentale assicurarsi che la liquidazione del proprio compenso avvenga prima o contestualmente alla sentenza che definisce il giudizio. Qualora ciò non accada, la strada da percorrere non è quella di sollecitare un provvedimento tardivo dal giudice della causa, bensì quella di avviare un autonomo procedimento per decreto ingiuntivo per vedere soddisfatto il proprio diritto.

Può un giudice liquidare il compenso del CTU dopo aver emesso la sentenza definitiva che chiude il processo?
No. Secondo la Corte di Cassazione, una volta definito il giudizio con sentenza e regolato l’onere delle spese processuali, il giudice non ha più il potere di provvedere alla liquidazione dei compensi in favore del consulente tecnico d’ufficio.

Cosa si intende per provvedimento ‘abnorme’ in questo contesto?
Un provvedimento è definito ‘abnorme’ quando è stato emesso da un giudice in una situazione di ‘carenza di potere’, cioè dopo che la sua funzione giurisdizionale su quel caso si era già esaurita con la sentenza. Tale atto è considerato anomalo e al di fuori del corretto schema processuale.

Come può il CTU ottenere il pagamento se il giudice si è ‘dimenticato’ di liquidare il suo compenso in sentenza?
Il consulente non subisce alcuna lesione del suo diritto. Può ottenere il compenso per la propria prestazione chiedendo e ottenendo un decreto ingiuntivo contro la parte obbligata, ai sensi dell’art. 633, n. 3) del codice di procedura civile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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