Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 24364 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 24364 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 02/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 6404/2024 R.G. proposto da NOME COGNOME , elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME rappresentato e difeso dagli avv. NOME COGNOME e NOME COGNOME
– ricorrente principale –
contro
Fallimento RAGIONE_SOCIALE di NOME COGNOME e dei soci NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME , elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME
– controricorrente principale e ricorrente incidentale avverso il decreto cron. n. 1/2024, depositato dal Tribunale di Avellino il 9.1.2024;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 9.7.2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME svols e per più di vent’anni l’incarico di coadiutore del curatore del fallimento della RAGIONE_SOCIALE di NOME COGNOME e dei soci illimitatamente responsabili. Una volta completata la sua attività (per essere stato sostituito nel l’incarico da altro professionista), presentò istanza di liquidazione del compenso, che venne determinato dal giudice delegato in misura pari a quella degli acconti già percepiti (€ 35.000 oltre agli accessori).
Il ricorrente propose reclamo davanti al collegio del Tribunale di Avellino, che però respinse il gravame, dopo avere disatteso l’eccezione preliminare del fallimento volta a fare dichiarare il reclamo inammissibile perché tardivo.
Contro il decreto del Tribunale NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione articolato in due motivi.
Il fallimento si è difeso con controricorso, contenente anche un motivo di ricorso incidentale.
Entrambe le parti hanno depositato memoria illustrativa nel termine di legge anteriore alla data fissata per la trattazione in camera di consiglio ai sensi dell ‘ art. 380 -bis .1 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso NOME COGNOME denuncia , ai sensi dell’ art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., «nullità della sentenza per violazione degli artt. 132, n. 4, c.p.c., 118 disp. att. c.p.c. e 111 Cost.», nonché, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., «omesso esame di fatti e risultanze istruttorie decisive per il giudizio».
Si sostiene che il tribunale avrebbe errato nell ‘afferma re che gran parte dell’attività professionale prestata dal ricorrente
(in particolare la redazione di tredici relazioni in materia contabile) rientrava in quella richiesta per lo svolgimento dell ‘incarico di consulen te tecnico di parte in tre giudizi instaurati dal fallimento e già separatamente remunerata. In particolare, il ricorrente sostiene che tale statuizione del tribunale (che conferma quella precedente del giudice delegato) sarebbe priva di una effettiva e comprensibile motivazione.
1.1. Il motivo è infondato.
1.1.1. Occorre ricordare il costante orientamento di questa Corte -a partire dalla sentenza delle Sezioni unite n. 8053/2014 -secondo cui il vizio di omessa motivazione sussiste, in termini che ne consentono la sindacabilità in Cassazione, soltanto nel caso di riduzione al di sotto del «minimo costituzionale», ravvisabile se vi è «mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico», ovvero «motivazione apparente» o «contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili» o, infine, «motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile», esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di sufficienza della motivazione.
Ebbene, nel caso di specie, il tribunale ha dato conto della decisione adottata, innanzitutto distinguendo le attività per le quali si trattava di liquidare il compenso da altre attività che, sebbene menzionate nell’istanza del ricorrente, ha ritenuto esulanti dall’incarico di coadiutore e già remunerate come attività accessorie nell’ambito degli incarichi di consulente tecnico di parte in tre giudizi di rilevante valore economico.
Il ricorrente non condivide tale conclusione, perché sostiene che lo iato temporale di alcuni anni tra le tredici relazioni e l’attività di c.t.p. sia incompatibile con la tesi secondo cui le prime sarebbero propedeutiche alla seconda. Inoltre, sostiene che potrebbe essere considerata attività di studio quale
c.t.p. solo quella che «ha investito ed ha avuto ad oggetto gli incarti processuali, i quesiti di causa, le difese svolte nei rispettivi processi, lo studio delle consulenze d’ufficio e di quelle delle controparti, i profili difensivi delle cause».
La critica non è condivisibile, perché non c’è alcuna intrinseca contraddizione nello iato temporale tra relazioni e svolgimento dell’incarico di c.t.p. (ci sarebbe solo nel caso in cui le relazioni fossero state redatte dopo l’attività di c.t.p.) e perché nulla esclude che un unico incarico (e quindi un unico compenso) abbia avuto ad oggetto sia l’attività di assistenza tecnica necessaria per verificare i presupposti per l’avvio di un giudizio, sia la successiva attività di c.t.p. nel giudizio conseguentemente instaurato.
In sostanza, le critiche del ricorrente nulla tolgono alla constatazione che il decreto contiene una motivazione della decisione adottata dal tribunale effettiva, pertinente e non «obiettivamente incomprensibile». Per il resto, ogni critica rivolta alla qualità della motivazione del decreto impugnato non è proponibile in questa sede di mero controllo di legittimità.
1.1.2. Men che meno sussiste il vizio di «omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti», perché i fatti rilevanti per la liquidazione del compenso sono stati esaminati al giudice del merito, quantunque con un esito diverso da quello auspicato e ritenuto corretto dal ricorrente.
Il secondo motivo denuncia, ai sensi dell’ art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., «violazione e falsa applicazione dell’art. 168 d.P.R. n. 115 del 2002 e dell’art. 111, comma 6, Cost. -Violazione dei principi giurisprudenziale sui contenuti della motivazione in materia di liquidazione del compenso».
Pure il secondo motivo prospetta un vizio di motivazione, questa volta con riferimento alla congruità della liquidazione del compenso per l’attività che anche i giudici del merito hanno riconosciuto come propria dell’incarico di coadiutore (e quindi non remunerata dai compensi liquidati al ricorrente quale consulente tecnico di parte).
2.1 Il motivo è infondato per ragioni analoghe a quelle del motivo precedente.
Il Tribunale di Avellino ha liquidato il compenso a vacazioni, motivando sulla ritenuta inapplicabilità di altre norme e parametri. Ha quindi ritenuto congruo l’importo già liquidato a titolo di acconti in rapporto al valore (invero assai modesto) delle vacazioni stabilito nel d.m. 30.5.2002 e al tempo presumibilmente speso per lo svolgimento dell’incarico.
Il primo aspetto (applicabilità delle vacazioni) non è contestato dal ricorrente, mentre la critica sul secondo attiene piuttosto all’accertamento del fatto ed è formulata in termini generici e, in parte, non pertinenti, in quanto concentrati sulla diffico ltà e sull’importanza dell’incarico e non sulla misura del tempo impiegato per svolgerlo.
Ancora una volta si deve pertanto constatare che nel decreto c’è una motivazione e ricordare che l’esistenza di una motivazione è l’unico aspetto sindacabile in sede di legittimità .
Non vi è luogo a provvedere sul ricorso incidentale del fallimento («Art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.: violazione e/o falsa applicazione di legge con riferimento all’art. 26 legge fall., nella formulazione vigente ‘ante riforma’, e/o all’art. 22, d.lgs. n. 169 del 2007»), perché esso, essendo stato proposto dalla parte totalmente vittoriosa nel giudizio di merito, deve intendersi condizionato all’accoglimento del ricorso principale, anche se così non qualificato dalla parte (Cass. S.u. n. 7381/2013).
Risulta pertanto irrilevante l’errore effettivamente commesso dal Tribunale di Avellino nell’individuare la normativa applicabile ratione temporis in un fallimento dichiarato ben prima dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 5 del 2006, che allungò da tre a dieci giorni il termine per proporre il reclamo di cui all’art. 26 legge fall .
Rigettato il ricorso principale e assorbito quello incidentale, le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
5 . Si dà atto che, in base all’esito del giudizio, sussiste il presupposto per il raddoppio del contributo unificato ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale e dichiara conseguentemente assorbito il ricorso incidentale;
condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in € 10.000 per compensi, oltre alle spese forfettarie al 15%, a € 200 per esborsi e agli accessori di legge;
dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del