Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 3840 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 3840 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 15/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1348/2024 R.G. proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME elettivamente domiciliato in Roma INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE, che lo rappresenta e difende ricorrente
contro
Fallimento NOME Gennaro RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in Battipaglia INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE, che lo rappresenta e difende controricorrente
avverso il decreto di Tribunale Nocera Inferiore n. 14101/2023 depositato il 15/12/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19/12/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1 Con decreto del 15/12/2023 il Tribunale di Nocera Inferiore rigettava il reclamo, ex art 26 l.fall., proposto dall’avv. NOME
COGNOME avverso il decreto del 26/5/2023 pronunciato dal Giudice Delegato al Fallimento Lodato COGNOME RAGIONE_SOCIALE, che aveva liquidato, ai sensi dell’art. 25 , comma 1, nr. 6, l.fall., in complessivi € 18.921 i compensi per l’attività svolta dal professionista di difesa e rappresentanza della curatela in quattro procedimenti, di cui uno costituito da tre cause riunite, di opposizione allo stato passivo, in luogo dei compensi richiesti dal professionista, in applicazione dei criteri tariffari, pari ad € 70.133, oltre accessori, secondo i valori medi, ovvero, in subordine, pari ad € 37.637 secondo i valori minimi.
2 Il Tribunale, dopo aver delineato il quadro normativo e giurisprudenziale in merito alla liquidazione dei compensi al legale nominato dagli organi della procedura fallimentare, ha osservato: i) che, con riferimento alle opposizioni allo stato passivo proposte da COGNOME NOME (r.g. n. 1009/2019), COGNOME NOME (r.g. n. 836/2019) e NOME COGNOME (r.g. n. 1075/2019), le richieste di ammissione erano rispettivamente di € 162.520,47, € 250.396,81 ed € 252.697,60, sicché il valore delle controversie rientrava nello scaglione compreso tra € 52.000 e € 260.000; ii) che la liquidazione effettuata dal G.D per ognuno di tali giudizi in € 4.217 (oltre accessori di legge) era corretta e condivisibile, sia con riferimento all ‘ esclusione dal computo finale della fase istruttoria, sia nella scelta di liquidare il compenso per tali giudizi facendo applicazione di parametri inferiori a quelli medi; iii) che immeritevole di censura era anche la liquidazione afferente alle opposizioni proposte da NOME COGNOME (r.g. n. 1067/2019), COGNOME Giuseppe (r.g. n. 1082/2019) e COGNOME Giovanni (r.g. n. 1083/2019), dal momento che anche in questo caso non era stata provato lo svolgimento della fase di trattazione/istruzione, lo scostamento dai parametri medi era giustificato dalla negligente condotta serbata dal legale nell’esecuzione dell’incarico professionale , mentre l’esclusione della fase decisionale trovava fondamento nella pendenza dei giudizi,
seppur oggetto di transazione, e nella revoca del mandato conferito al ricorrente.
3 COGNOME NOME ha proposto ricorso per Cassazione affidato a tre motivi.
Il Fallimento ha svolto difese con controricorso illustrato con memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1 Il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 10 e 14 c.p.c., 99 l. fall., 2233 c.c., 1, 4 e 5 D.M. n. 55/2014; nonché del D.M. n. 37/2018, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.: si argomenta che l’art. 4, comma 5, lett. c) D.M. n. 55/2014, per costante giurisprudenza, richiede, ai fini del riconoscimento del compenso, che sia stata espletata almeno l’attività di trattazione e si sostiene che il Tribunale, in relazione alle cause di opposizione allo stato passivo nr r.g. 1009/2019, 836/2019 e 1075/2019, nell’aver escluso lo svolgimento di alcuna fase di trattazione e/o istruttoria che, al contrario, in tutte e tre le controversie si era ritualmente tenuta in presenza di note di trattazione scritta, e finanche con richieste istruttorie, sia incorso nel vizio di falsa applicazione della disciplina del procedimento di opposizione a stato passivo.
Con riferimento alle opposizioni riunite proposte da NOME COGNOME (r.g. n. 1067/2019), COGNOME NOME (r.g. n. 1082/2019) e COGNOME NOME (r.g. n. 1083/2019), il ricorrente lamenta che il Tribunale non ha tenuto conto che era stata nominato CTU, nella persona del dr. NOME COGNOME e che, quindi, si era svolta l’attività di trattazione e di istruttoria.
Il professionista lamenta, infine, l’esclusione dalla liquidazione della fase decisoria, in violazione dell’art. 6, comma 4, del D.M. 55/2014,
in quanto il giudizio si era concluso con una transazione sottoscritta dalle parti ben prima della revoca dell’incarico.
1.1 Il secondo motivo deduce , ai sensi dell’ art. 360, comma 1°, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 1176, 1218 e 2697 c.c., 92 c.p.c., 35 e 41, comma 4, l. fall., con riferimento agli artt. 1, 4 e 5 D.M. n. 55/2014, nonché del D.M. n. 37/2018: il ricorrente censura il passaggio motivazionale che, a fondamento della mancata applicazione dei medi tariffari, in relazione ai procedimenti di opposizione conclusisi con il rigetto di due ricorsi e l’accoglimento della terza opposizione , e la liquidazione di una somma in misura sensibilmente ridotta rispetto a quanto richiesto, ha addotto un inesistente dovere di informazione degli organi del Fallimento circa la possibilità di proporre ricorso per cassazione sulla statuizione di integrale compensazione delle spese, impugnazione che avrebbe avuto ragionevolmente esito infausto per la procedura avendo il Tribunale spiegato le ragioni della compensazione delle spese.
A dire del COGNOME nulla poteva imputarsi al legale in ordine mancata previsione , all’interno d ella transazione della lite, di addivenire all’ abbandono della stessa piuttosto che alla presentazione di conclusioni congiunte, che avrebbero consentito al curatore di modificare lo stato passivo, in quanto: a) il ricorrente aveva sottoscritto solo ‘per rinuncia al vincolo di solidarietà professionale ex art. 13 l.p. ‘, non assumendo alcuna diversa partecipazione alla scrittura in oggetto; b) l’intervenuta transazione aveva ricevuto la preventiva autorizzazione del giudice delegato in sostituzione del comitato dei creditori.
In definitiva, la statuizione del Tribunale di disattendere la richiesta di applicazione dei parametri minimi, oltre ad essere contra ius, si fonderebbe su una motivazione apparente e un grave vizio logico.
1.2 Il terzo motivo lamenta l’ omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (art. 360,
comma 1, n. 5, c.p.c.) nonché il travisamento della prova e la nullità del decreto (art. 360, comma 1°, n. 4 c.p.c.)
Si rappresenta, in ordine all ‘ esclusione dal compenso per le fasi di trattazione dei giudizi nr. 836/2019 1075/2019 e 1009/2019, che erano stati allegati da parte del reclamante i verbali di udienza, le note di trattazione scritta e i provvedimenti.
Per quanto riguarda i giudizi riuniti, erano stati versati da parte della difesa del COGNOME in fase di reclamo gli atti difensivi, i provvedimenti resi dal giudice in sede di trattazione (tra cui il provvedimento di riunione e di ammissione di CTU) nonché il provvedimento di autorizzazione del G.D. e il parere dei curatori.
Il decreto del tribunale, non avendo tenuto in nessun conto, pur essendo stato oggetto di discussione tra le parti, le allegazioni e la documentazione prodotta, malgrado il suo contenuto fosse decisivo, sarebbe incorso in un vero e proprio ‘travisamento della prova’, concretizzatosi nella ‘ dispercezione ‘ delle prove documentali offerte nel corso del giudizio dall’attuale ricorrente.
2 Il primo e il terzo motivo, da esaminarsi congiuntamente, vanno accolti per quanto di ragione.
2.1 Va precisato che l’art . 4, comma 5, D.M. n. 55/2014 prevede un compenso unitario per la fase di trattazione, che comprende anche l’eventuale attività istruttoria.
Questo compenso deve essere riconosciuto all’avvocato anche a prescindere dall’effettivo svolgimento, nel corso del grado del singolo giudizio di merito, di attività a contenuto istruttorio, essendo sufficiente la semplice trattazione della causa (si vedano, tra le tante, Cass. 8561/2023 e 4698/2019).
2.2 Occorre altresì rilevare, con riferimento alla censura, articolata nel terzo motivo, di violazione dell’art. 360 , comma 1, n. 5, c.p.c., che questa Corte, in relazione all’omesso esame della prova documentale (Cass. 18859/2021; 16812/2018; 19150/2016 e 25756/2014), ha affermato che tale vizio può essere denunciato per
cassazione quando determina l’omissione di motivazione su un punto decisivo della controversia e, segnatamente, quando il documento non esaminato offre la prova di circostanze di portata tale da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito (cfr. Cass. 18859/2021; 16812/2018; 19150/2016 e 25756/2014).
In altre parole, il mancato esame di un documento costituisce un vizio denunciabile ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. se il documento non esaminato offre la prova di fatti, primari o secondari, che siano stati oggetto della controversia, su cui il giudice si è pronunciato e che si rivelino decisivi, in quanto il loro esame è in grado di determinare un diverso esito della vertenza.
È per questo che la denuncia in sede di legittimità deve contenere, a pena di inammissibilità, l’indicazione delle ragioni per le quali il documento trascurato avrebbe senza dubbio dato luogo a una decisione diversa.
2.3 Nel caso di specie il ricorrente richiama i verbali di udienza, le note di trattazione scritta e il verbale di nomina di CTU, indicando la sede in cui sono stati prodotti; si tratta indubbiamente di documenti rappresentativi di fatti potenzialmente decisivi ai fini del riconoscimento al professionista del compenso per l’attività di trattazione che il Tribunale, quanto meno per i giudizi di opposizione riuniti, ha omesso di esaminare ritenendo in maniera generica non provato lo svolgimento di tale fase processuale.
2.4 Venendo all’esclusione del compenso per la fase decisionale dei giudizi di opposizione allo stato passivo proposti da NOME COGNOME (r.g. n. 1067/2019), COGNOME NOME (r.g. n. 1082/2019) e COGNOME NOME (r.g. n. 1083/2019), va rilevato che l’art. 4, comma 6, DM 55/2014, applicabile ratione temporis, stabilisce che « nell’ipotesi di conciliazione giudiziale o transazione della controversia, la liquidazione del compenso è di regola aumentato fino a un quarto
rispetto a quello altrimenti liquidabile per la fase decisionale fermo quanto maturato per l’attività precedentemente svolta ».
Risulta accertato dallo stesso decreto che dopo la riunione dei giudizi ed in seno agli stessi i ricorrenti e la curatela avevano raggiunto un accordo transattivo, giusta autorizzazione all’accordo resa dal G.D il 22.6.2021, formalizzata con l’atto transattivo sottoscritto il 7.9.2021 e che in data 11.8.2022 la curatela aveva revocato i mandati all’Avv. COGNOME ed affidato i relativi incarichi all’Avv. NOME COGNOME
I giudizi erano ancora pendenti ma in fase conclusiva, rimanendo soltanto da dare esecuzione all’accordo già concluso , che andava emendato da un errore procedurale.
In particolare, non era stata prevista la modifica dello stato passivo -secondo gli importi concordati -nel medesimo giudizio di opposizione.
2.5 È accertato , quindi, che l’accordo transattivo si era perfezionato, nei suoi termini sostanziali, prima della revoca del mandato professionale all’avv. COGNOME .
Pertanto, il Tribunale ha errato nel non riconoscere al ricorrente, neppure in parte, il compenso ai sensi dell’art. 6 D.M. citato, spettante al legale per la conclusione della transazione, per la ragione che i giudizi erano ancora pendenti in attesa della corretta regolamentazione delle modalità di chiusura del giudizio di opposizione allo stato passivo e che al reclamante era stato revocato il mandato.
La revoca del mandato professionale non era, di per sé, ragione idonea a disconoscere il compenso maturato dal professionista per l’attività in discorso , ma, al più, ove disposta per condotte inadempie nti dell’avvocato, avrebbe potuto giustificare il ricorso allo strumento di autotutela dell’eccezione di inadempimento .
Il secondo motivo è inammissibile.
3.1 È opportuno, innanzitutto, ricordare, in tema di liquidazione delle spese processuali successiva al D.M. n. 55/2014, che il giudice deve solo quantificare il compenso tra il minimo ed il massimo delle tariffe, a loro volta derogabili con apposita motivazione (cfr. Cass. 14198/2022, 2386/2017 e 26608/2017).
È stato altresì precisato che l’esercizio del potere discrezionale del giudice, contenuto tra il minimo e il massimo, non è soggetto a sindacato di legittimità, attenendo pur sempre a parametri fissati dalla tabella, mentre la motivazione è doverosa allorquando il giudice decida di aumentare o diminuire ulteriormente gli importi da riconoscere, essendo necessario, in tal caso, che siano controllabili le ragioni che giustificano lo scostamento e la misura di questo. (cfr. Cass. 19989/2021).
3.2 Nel caso di specie, il Tribunale di Nocera Inferiore ha spiegato le ragioni della liquidazione del compenso al di sotto dei parametri medi di tariffa e la censura si risolve in una mera critica, non consentita in questa sede, alle valutazioni operate dal giudice di merito.
4 In conclusione, in accoglimento del primo e del terzo motivo, l’impugnato decreto deve essere cassato con rinvio della causa al Tribunale di Nocera Inferiore, in diversa composizione, anche per la regolamentazione delle spese del presente giudizio.
PQM
La Corte accoglie il primo e terzo motivo del ricorso nei termini di cui in motivazione, dichiara inammissibile il secondo, cassa il decreto impugnato in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa al Tribunale di Nocera Inferiore, in diversa composizione, cui demanda anche la regolamentazione delle spese del presente giudizio.
Così deciso nella Camera di Consiglio del 19 dicembre 2024.