Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 986 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 986 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 10/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 6952/2022 R.G. proposto da:
COGNOME , elettivamente domiciliato in PIACENZA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che lo rappresenta e difende
-ricorrente – avverso l’ ORDINANZA della CORTE D’APPELLO BOLOGNA n. 133/2019 depositata il 27/07/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 07/07/2023 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza n. 133/2019 del 27 luglio 2021, la Corte d’appello di Bologna ha respinto il ricorso ex art. 42, comma 7, D. Lgs. 159/2011,
Oggetto: Liquidazione compensi amministratore giudiziario
R.G.N. 6952/2022
Ud. 07/07/2023 CC
proposto da COGNOME avverso il provvedimento del giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Piacenza, il quale, a propria volta, aveva respinto l’istanza del medesimo COGNOME volta a conseguire la liquidazione del saldo dei compensi e delle spese per lo svolgimento di incarico di amministratore giudiziario.
La Corte felsinea, premesso che il provvedimento di rigetto di prime cure era stato adottato sul rilievo sia della mancata approvazione del rendiconto finale di gestione sia della presenza di irregolarità contabili e gestionali nell’attività del ricorre nte, si è discostata dal provvedimento del G.I.P. di Piacenza nella parte in cui il medesimo era venuto ad affermare la subordinazione del provvedimento di liquidazione alla previa approvazione del rendiconto di gestione.
Puntualizzato, quindi, che il proprio compito atteneva alla sola liquidazione dei compensi del ricorrente, senza estendersi al vaglio della correttezza dell’operato dello stesso, la Corte territoriale ha tuttavia ritenuto che, alla luce della pendenza nei confronti del ricorrente di un procedimento penale per ipotesi di reato concernenti proprio le attività di gestione come amministratore giudiziario e scaturito da segnalazione dell’ANBSC, emergesse un quadro di opacità di gestione e di irregolarità contabili tale da configurare un inadempimento idoneo a compromettere il sinallagma contrattuale e da giustificare il diniego della liquidazione di compensi ulteriori rispetto a quelli già provvisoriamente riconosciuti al ricorrente.
Per la cassazione del provvedimento della Corte d’appello di Bologna ricorre ora COGNOME.
In data 22 febbraio 2023, il Consigliere delegato, a seguito di trasmissione del fascicolo da parte della Quarta Sezione penale, ha formulato proposta di definizione ex art. 380bis c.p.c. segnalando la
inammissibilità del ricorso per inosservanza del rito civile ex art. 170, d.P.R. 115/2002 ed omessa notifica del ricorso ai controinteressati.
A detta proposta ha fatto seguito istanza del ricorrente per la definizione del giudizio.
La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, a norma degli artt. 375, secondo comma, e 380 bis.1, c.p.c.
Il ricorrente ha depositato memoria.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è affidato a tre motivi.
1.1. Con il primo motivo il ricorso deduce la nullità dell’ordinanza per violazione dell’art. 127, commi 3, 4 e 5, c.p.p.
Il ricorrente, dopo aver dettagliatamente ricostruito il dipanarsi del procedimento innanzi alla Corte d’appello di Bologna, si duole del fatto che la decisione sia stata assunta all’esito dell’udienza del 13 luglio 2021 alla quale né il ricorrente -difensore di se medesimo -né il codifensore avevano potuto presenziare, in quanto il ricorrente era stato investito quello stesso giorno da una misura cautelare.
Essendo anche il co-difensore impegnato nelle attività difensive relative all’esecuzione di tale misura, il ricorrente deduce che la Corte territoriale -sebbene informata della misura – avrebbe omesso di valutare la ricorrenza di un legittimo impedimento e di differire l’udienza, escludendo l’audizione dello stesso ricorrente e violando l’art. 127 c.p.p.
1.2. Con il secondo motivo il ricorso deduce la ‘nullità dell’ordinanza impugnata per palese violazione di legge, ed in particolare della direttiva UE 2016/343 del Parlamento europeo e del Consiglio del 09/03/2016, recepita dall’ordinamento italiano’ .
Argomenta, in particolare, il ricorso che l’ordinanza impugnata si sarebbe basata unicamente sul contenuto dell’ordinanza cautelare, utilizzando gli atti di un distinto procedimento e violando la presunzione di innocenza.
1.3. Con il terzo motivo il ricorso deduce la ‘nullità dell’ordinanza impugnata del 09-14/06/2021 per violazione di legge, ed in particolare dell’art. 111 e 24 della Costituzione con riferimento all’art. 191 c.p.p.’ .
Il ricorso si duole del fatto che agli atti del procedimento sia stata acquisita la relazione della coadiutrice dell’ANBSC irritualmente prodotta ed estranea alla precedente decisione del giudice per le indagini preliminari.
Il ricorso è inammissibile, dovendo trovare conferma la proposta di definizione ex art. 380bis c.p.c.
Questa Corte, infatti, ha stabilito il principio per cui, in tema di misure di prevenzione, il ricorso per cassazione ex art. 42, comma 7, d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, avverso la decisione della Corte di appello sull’opposizione al decreto di liquidazione dei compensi spettanti all’amministratore giudiziario dei beni sequestrati o confiscati dev’essere trattato e deciso dalle sezioni civili della Corte, stante la natura civilistica della controversia (Cass. Sez. 1 – Ordinanza n. 45197 del 08/07/2022).
È stato, infatti, osservato che la trattazione del ricorso per cassazione avverso il provvedimento che decide sulla liquidazione dei compensi ai difensori e agli altri ausiliari del giudice spetta alle sezioni civili della Corte, a prescindere dalla natura del procedimento ai quale inerisce il decreto opposto (cfr. Cass. Sez. 2 civile n. 11577 del 11/5/2017, proprio con riferimento alla liquidazione del compenso del custode e dell’amministratore giudiziario di beni sottoposti a sequestro
di prevenzione, ai sensi della legge n. 575 del 1965, abrogata dal d. Lgs. n. 159 del 2011).
Come chiarito nella decisione Cass. Sez. 1 – Ordinanza n. 45197 del 08/07/2022, poc’anzi citata, ‘ Tali principi si inseriscono nel contesto di un consolidato orientamento giurisprudenziale, avendo le Sezioni unite civili (n. 19161 del 3/9/2009, Rv. 60988701)’ precisato che il procedimento di opposizione, ai sensi dell’art. 170 d.P.R. n. 115 del 2002, al decreto di liquidazione dei compensi ai custodi e agli ausiliari del giudice, oltre che ai decreti di liquidazione degli onorari dovuti ai difensori nominati nell’ambito del patrocinio a spese dello Stato, introduce una controversia di natura civile, indipendentemente dalla circostanza che il decreto di liquidazione sia stato pronunciato in un giudizio penale, con la conseguenza che la trattazione del ricorso per cassazione avverso il provvedimento decisorio spetta alle sezioni civili della Corte di cassazione.
È vero che l’art. 42 D. Lgs. n. 159/2011 ha introdotto una disciplina specifica con riferimento alle spese, ai compensi e ai rimborsi spettanti all’amministratore giudiziario dei beni sequestrati confiscati, alla stregua della quale la determinazione dell’ammontare del compenso e la sua liquidazione sono disposte dal Tribunale, sezione misure di prevenzione, su relazione del giudice delegato (comma 4), prima della redazione del conto finale (comma 5), sulla base delle tabelle allegate al decreto di cui all’art. 8 d.lgs. n. 14 del 2010 (istitutivo dell’Albo degli amministratori giudiziari).
Avverso tali provvedimenti l’interessato può proporre ricorso alla Corte d’appello, che giudicherà, in diversa composizione, nel caso di provvedimento emesso dall’ufficio di secondo grado (comma 7).
L’art. 42 non contempla, però, il ricorso per cassazione avverso il provvedimento che decide il ricorso di cui al comma 7, essendo tale
mezzo di impugnazione espressamente limitato alle ipotesi disciplinate dall’art. 10, D. Lgs n. 159 del 2011.
Tuttavia, il provvedimento che decide sul ricorso proposto ai sensi dell’art. 42, avendo natura dispositiva e incidendo su diritti soggettivi (a differenza di quelli aventi natura meramente gestoria), ha carattere decisorio, sicché lo stesso deve ritenersi ricorribile davanti alla Corte di cassazione ai sensi dell’art. 111, comma 7, Cost., secondo i principi generali e, dunque, al di fuori del procedimento speciale delineato dallo stesso art. 42:norma che individua nella Corte d’appello penale il giudice competente a decidere il ricorso promosso ai sensi del citato comma 7 (in tal senso Sez. 2 civile, n. 11577 del 11/5/2017, Rv. 644210-01, con riferimento all’opposizione proposta ai sensi dell’art. 170 d.P.R. n. 115 del 2002 dal custode e amministratore giudiziario di beni sottoposti a sequestro di prevenzione ai sensi della previgente legge n. 575 del 1965, in cui la Corte ha ritenuto per l’appunto ammissibile il ricorso per cassazione ai sensi del citato art. 111, comma 7, Cost.).
Ne deriva che, in assenza di una espressa previsione contenuta nella normativa di settore, l’individuazione delle sezioni della Corte di cassazione competenti a decidere sul ricorso proposto avverso la decisione della Corte d’appello, adottata ai sensi dell’art. 42, comma 7, d. Lgs. n. 159 del 2011, va condotta secondo i principi formulati dal giudice di legittimità con riferimento alla liquidazione dei compensi a tutti gli ausiliari del giudice, tenuto conto della natura del provvedimento decisorio, avente ad oggetto una controversia di natura civile ‘ .
Chiarito, quindi che, nonostante le deduzioni svolte dal ricorrente anche in memoria, il ricorso è stato correttamente trasmesso alle Sezioni civili, si deve rilevare, a questo punto, che lo stesso risulta
inammissibile, non essendo stato notificato ad alcuno, in quanto proposto secondo le forme del rito penale.
Va ribadito, infatti, il principio già affermato da questa Corte (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 2654 del 2023) per cui il ricorso per cassazione avverso il provvedimento attinente alla domanda di liquidazione dell’ausiliario del giudice nel processo penale deve essere proposto nelle forme del rito civile, ai sensi dell’art. 170 del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, sicché esso, ove proposto nelle forme del rito penale e, quindi non notificato ad alcuno, è inammissibile. (v. Cass., n. 21861/2013 e Cass., S.U., n. 19161/2009)
In considerazione di quanto sopra non va adottata alcuna statuizione in ordine alla regolamentazione delle spese processuali.
Per contro, deve trovare applicazione l’art. 380 -bis , ultimo comma, c.p.c., avendo questa Corte deciso in conformità della proposta, e conseguentemente il ricorrente deve essere condannato al pagamento, in favore della cassa delle ammende, di una somma di denaro che si stima di determinare nella misura di € 1.000,00.
P. Q. M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile, condanna il ricorrente al pagamento, in favore della cassa delle ammende, della somma di € 1.000,00.
Così deciso in Roma, nell ‘adunanza camerale in data 7 luglio 2023.