Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 3144 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 3144 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 07/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1981/2024 R.G. proposto da :
COGNOME NOMECOGNOME rappresentato e difeso in proprio ai sensi dell’art. 86 c.p.c., con domicilio digitale in atti.
-RICORRENTE- contro
COGNOME.
-INTIMATA- avverso l’ordinanza del TRIBUNALE di CASSINO depositata il 05/06/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 24/01/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE
Con ordinanza n. 2175/2021, il Tribunale di Cassino ha liquidato in favore dell’avv. COGNOME €. 1896 ,80 per la difesa di NOME COGNOME in una controversia di lavoro nei conf ronti dell’USL Latina . La pronuncia ha affermato che il difensore aveva titolo al compenso solo per lo studio e l’introduzion e della controversia, avendo rinunciato al mandato, e che spettavano i compensi tabellari minimi per le cause di valore indeterminato, date la scarna attività processuale svolta e le vicende successive intervenute con gli assistiti, con
compensazione delle spese di giudizio per la riduzione delle pretese originarie e il carattere seriale della lite.
Per la cassazione dell’ordinanza l’avv. NOME COGNOME ha proposto ricorso in tre motivi, illustrati con memoria.
NOME COGNOME non ha svolto difese.
2. Il primo motivo di ricorso denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 50 bis e 50 quater, 132 n. 4 c.p.c. e 14 del d.lgs. 150/2011. Espone il ricorrente che il giudizio di merito era stato sin dall’inizio assegnato al giudice istruttore dinanzi al quale si era svolta l’intera trattazione, mentre il Collegio era stato designato solo al momento della decisione; lamenta che l’ordinanza è stata redatta dal giudice monocratico e poi sottoscritta dal solo Presidente. Deduce che la semplificazione delle regole processuali e l’impossibilità di conversione del rito previste dagli artt. 3 e 14 del d.lgs. 150/2011 devono trovare un necessario bilanciamento nella trattazione collegiale della causa a pena di nullità della decisione.
Il primo motivo è inammissibile.
I procedimenti per la liquidazione dei compensi sono regolati dal rito speciale di cui all’art. 3 del medesimo decreto, il quale prevede la trattazione e decisione collegiale. Quest’ultima norma richiede, oltre alla designazione del giudice relatore, la sola delega da parte del presidente a uno dei componenti del collegio dell’assunzione dei mezzi istruttori, con la conseguenza che le restanti attività devono svolgersi davanti all’intero collegio, in part icolare la discussione della causa e la precisazione delle conclusioni (cfr. al riguardo la pronuncia delle sezioni unite n. 12609/2012, che sottolinea come, anche alla luce della relazione di accompagnamento al d.lgs. n. 150/2011, i processi in materia di liquidazione degli onorari degli avvocati “devono essere trattati in composizione collegiale”).
Nella specie i l giudizio, incardinato dall’avv. COGNOME è stato tuttavia assegnato al relatore quale delegato dal collegio e poi si è
svolto dinanzi a detto giud ice fino all’udi enza del 22.3.2023, in cui il Collegio ha assunto la causa in decisione.
Il procedimento ha -quindi – avuto avvio nelle forme del giudizio sommario speciale ex art. 3 d.lgs. 150/2011; l’udienza di assunzion e della causa in decisione si è svolta ai sensi dell’art. 1 27 ter c.p.c. dinanzi al Collegio, senza violare il principio di immutabilità del giudice. L’ordinanza decisoria collegiale non richiedeva la firma dell’estensore, ma quella del Presidente ai sensi dell’art. 134 c.p.c. , regolarmente apposta.
La circostanza che il giudice delegato abbia condotto talune fasi della trattazione senza investirne il Collegio integra un mero errore sul rito che (a differenza delle ipotesi più volte esaminate da questa Corte: cfr. Cass. 13856/2022; Cass. 24754/2019; Cass. 23862/2023), richiedeva la deduzione di uno specifico pregiudizio processuale ai danni del ricorrente, in mancanza della quale la censura va dichiarata inammissibile per difetto di interesse (Cass. 20834/2022; Cass. 26419/2020). Le regole sul rito non hanno copertura costituzionale e la loro violazione non cagiona automaticamente alcuna nullità e non può esser dedotta quale motivo di impugnazione, a meno che l’errore non abbia inciso sul contraddittorio o sull’esercizio del diritto di difesa (cfr. Cass. 8422/2018; Cass. 12567/2021; Cass. s.u. 758/2022; Cass. s.u. 36596/2021Cass. 24481/2022; Cass. 2978/2024).
Il secondo motivo denuncia la violazione e falsa applicazione del DM 55/2014, 1 e 11 D.M. 55/2014, lamentando che il Tribunale abbia applicato il D.M. 147/2022 e non gli artt. artt. 1 -11 DM 55/2014, dovendo quantificare il compenso nel maggior importo di 3. 245,08.
Il motivo è inammissibile per assoluta genericità della censura, invocando l’applicabilità degli artt. 1 -11 del D.M. 55/2015, senza contestare, in maniera argomentata, la correttezza della liquidazione in relazione ai presupposti in base ai quali il Collegio ha ritenuto
applicabili i minimi tabellari, valorizzando il ridotto impegno del difensore e il carattere seriale della controversia.
4. Il terzo motivo deduce la violazione dell’art. 91 c.p.c. , lamentando che, avendo il difensore titolo ad un importo maggiore di quello liquidato, non poteva esser disposta la compensazione delle spese.
Il motivo è inammissibile poiché si basa sul presupposto, rilevatosi infondato, che il ricorrente avesse titolo ad un compenso maggiore di quello liquidato dal Tribunale, senza censurare sotto altro profilo la correttezza della regolazione delle spese.
Il ricorso è, pertanto, inammissibile.
Nulla sulla spese non avendo l’intimata svolto difese.
Si dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso.
Dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda sezione