Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 7245 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 7245 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 18/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 7856/2019 R.G. proposto da : COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME
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RICORRENTE- contro
COGNOME NOMECOGNOME NOME, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOMECOGNOME
-CONTRORICORRENTI- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di GENOVA n. 1357/2018, depositata il 30/08/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 04/02/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con sentenza n. 1357/ 2018, la Corte d’appello di Genova , in parziale accoglimento del gravame proposto da NOME COGNOME e NOME COGNOME, eredi di NOME COGNOME, ha accolto l’oppos izione avverso due decreti ingiuntivi emessi per il pagamento delle spettanze professionali richieste dall’avv. COGNOME per la difesa in 32 procedimenti.
La Corte di merito, escluso un abusivo frazionamento del credito, ha negato che le parti avessero concordato il compenso e ha respinto l’eccezion e di prescrizione presuntiva e di negligente espletamento del mandato, reputando carente di prova l’effettuazion e di pagamenti ulteriori rispetto a quelli già detratti dall’importo liquidato.
Ha affermato che il difensore aveva prodotto una dichiarazione ricognitiva di debito con cui l’assistito, NOME COGNOME aveva ammesso di esser debitore di €. 1.000.000 ,00, ma precisando che di tale dichiarazione il ricorrente aveva inteso avvalersi solo per supportare le proprie richieste e per resistere all’eccezione di pagamento, avendo insistito per la liquidazione del dovuto in applicazione delle tariffe professionali. Ha ridotto le somme pretese con entrambi i decreti ingiuntivi, per un importo finale complessivo, al netto degli acconti, pari ad € . 384.473,30, oltre accessori, regolando le spese.
La cassazione della sentenza è chiesta dall’avv. NOME COGNOME sulla base di dieci motivi.
NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno proposto controricorso. In prossimità dell’adunanza camerale le parti hanno depositato memorie illustrative.
RAGIONI DELLA DECISIONE
L’ecc ezione di inammissibilità del ricorso ai sensi dell’art. 380 bis n. 1 c.p.c. deve essere respinta, non essendo proposte solo questioni in diritto decise in appello in senso conforme alla
giurisprudenza di questioni, ma anche deduzioni difensive meritevoli di accoglimento per le ragioni di seguito illustrate.
Con il primo motivo di ricorso l’avv. COGNOME deduce la nullità della sentenza per violazione dell’art. 342 c.p.c., dolendosi del l’inammissibilità del secondo motivo di appello, contenente una pluralità di critiche alla sentenza di primo che, a suo parere, l’appellante avrebbe dovuto articolare in motivi separati.
La censura è infondata.
Non sono in discussione l’intellegibilità , la pertinenza e la formulazione di censure adeguatamente argomentate alla sentenza di primo grado, ma la tecnica di redazione del ricorso che, secondo il ricorrente, avrebbe richiesto l’elaborazion e di critiche raggruppate in motivi separati, perché pertinenti ai diversi aspetti della controversia.
La nuova formulazione dell’art. 342 c.p.c. , inizialmente interpretato nel senso di imporre una più rigorosa strutturazione dell’atto di appello, richiede tuttavia solo che l’impugnazione contenga una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati e una parte argomentativa volta a confutare le ragioni della sentenza, senza l’utilizzo di particolari forme sacramentali o di una particolare tecnica di redazione del gravame (Cass. SU 27199/2017), non occorrendo neppure osservare uno schema espositivo predeterminato a pena di inammissibilità.
Il secondo motivo deduce la violazione degli artt. 100, 112, 329, comma secondo, 342 c.p.c. e 2909 c.c.
Si afferma che la pronuncia di rigetto dell’opposizione al d.i. 411/2009 era passata in giudicato poiché gli appellanti nulla avevano replicato riguardo alla dichiarata genericità delle contestazioni svolte dall’avv. COGNOME essendosi limitati a chiedere l’ applicazione dei minimi tariffari.
Il motivo è infondato.
Dalle stesse argomentazioni trascritte in ricorso può rilevarsi che gli appellanti avevano lamentato che il Tribunale, cadendo in errore, aveva ritenuto generiche le contestazioni ed avevano replicato di aver richiesto già nel giudizio di opposizione l’applicazion e dei minimi tariffari, oltre a proporre una più analitica esposizione delle proprie deduzioni con riferimento alle cause di separazione e divorzio, instando per la riduzione di tutte le restanti notule e per il riesame delle attività, della complessità dell’impegno e dei risultati ottenuti sulla base delle acquisizioni istruttorie, utilmente contrastando tutte le rationes della prima pronuncia, impedendone il passaggio in giudicato.
Con il terzo motivo si lamenta la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c., contestando alla Corte di merito di aver rideterminato gli onorari del difensore, reputando implicitamente sussistente, sotto tale profilo, un’ omessa pronuncia da parte del Tribunale.
Il motivo è inammissibile.
La deduzione in appello del vizio di omessa pronuncia era volta ad evidenziare che il Tribunale, nel reputare erroneamente generiche le contestazioni degli opponenti, si era sottratto al compito di valutare la congruità dei compensi.
È solo in tal senso che il motivo era rubricato, sia pure impropriamente, come violazione dell’art. 112 c.p.c., volendosi intendere che il giudice non poteva ritenere ostativo per l’esame del merito la pretesa genericità delle argomentazioni difensive degli ingiunti, dovendo determinare il giusto compenso.
La censura non è pertinente poiché non è stata, neppure implicitamente, dichiarata dal giudice di appello la nullità della prima decisione per violazione dell’art. 112 c.p.c .
Con il quarto motivo di ricorso l’avv. COGNOME deduce la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c., per aver la Corte distrettuale proceduto di ufficio alla riduzione dei compensi oggetto
delle notule in base ad un’ipotetica ripetitività delle cause, assumendo che le contestazioni concernenti la corretta quantificazione di un credito integrano eccezioni in senso stretto, rimesse all’iniziativa del debitore.
Il motivo è infondato.
Gli appellanti avevano contestato la congruità delle somme liquidate dal tribunale, chiedendo l’applicazion e dei minimi: le contestazioni del quantum sostanziano una negazione dei fatti costitutivi della domanda ed integrano mere difese o eccezioni in senso lato, ove fondate su fatti estintivi o modificativi, rilevabili e deducibili anche in appello, scrutinabili sulla base del materiale probatorio disponibile.
Le eccezioni in senso stretto sono solo quelle in cui la manifestazione della volontà della parte di volerle proporre è strutturalmente prevista quale elemento integrativo della fattispecie difensiva (come nel caso di eccezioni corrispondenti alla titolarità di un’azione costitutiva), ovvero quando singole disposizioni espressamente prevedano come indispensabile l’iniziativa di parte, dovendosi in ogni altro caso ritenere la rilevabilità d’ufficio dei fatti modificativi, impeditivi o estintivi risultanti dal materiale probatorio legittimamente acquisito (Cass. SU 1099/1998), al pari delle mere contestazioni del fatto costitutivo della domanda (Cass. SU 2951/2016).
5. Con il quinto motivo si denuncia la violazione degli artt. 115, 167, 645 c.p.c. e 2697 c.c., per aver la Corte di appello quantificato i compensi nonostante l’assoluta genericità delle contestazioni sollevate dalle opponenti.
Il motivo è infondato.
Non era necessaria una più analitica contestazione delle singole prestazioni elencate nelle note: in tema di opposizione a decreto ingiuntivo per il pagamento di diritti ed onorari di avvocato o procuratore, la contestazione mossa dall’opponente circa la
pretesa fatta valere sulla base della parcella corredata dal parere del Consiglio dell’Ordine può essere anche generica, risultando comunque idonea ad investire il giudice del potere – dovere di dar corso alla verifica della fondatezza della contestazione e, correlativamente, a far gravare sul professionista l’onere di dimostrare l’attività svolta e la corretta applicazione della tariffa (Cass. 357/2023; Cass. 11790/2019; Cass. 230/2016; Cass. 942/1995; Cass. 10150/2003; Cass. 14556/2005). D’altronde , affinché un fatto possa dirsi non contestato dal convenuto, occorre o che sia stato esplicitamente ammesso, o che il convenuto abbia improntato la sua difesa su circostanze o argomentazioni incompatibili con la sua negazione. La non contestazione è esclusa allorquando, in presenza di una domanda fondata sullo svolgimento di una complessa prestazione giudiziale di avvocato, il cliente abbia comunque definito incongruo l’importo richiesto (cfr. Cass. 23816/2010; Cass. 18399/2009; Cass. 12231/2007).
Nessun vincolo poteva determinare la parcella, che resta una dichiarazione unilaterale del professionista (Cass. 230/2016; Cass. 14556/2004; Cass. 10150/2003). Se sottoscritta e corredata del parere della competente associazione professionale, mantiene, anche dopo l’abrogazione del sistema delle tariffe professionali l’efficacia vincolante prevista dall’art. 636 c.p.c. nella fase monitoria del procedimento per ingiunzione, mentre nel giudizio di opposizione ex art. 645 c.p.c. il giudice è libero di discostarsene, salvo l’obbligo di fornire congrua motivazione.
6. Il sesto motivo denuncia la violazione degli artt. 1988 e 2697 c.c., per avere la Corte di appello disposto la riduzione dei compensi professionali nonostante il riconoscimento di un debito di € 1.000.000,00 da parte dell’ing. COGNOME in presenza del quale era onere delle appellanti dimostrare l’effettivo ammontare del debito, prova che non era stata fornita, essendosi le resistenti limitate a contestare la congruità dei compensi indicati nelle notule.
Il motivo è infondato.
Nel quantificare i compensi ritenuti congrui la sentenza non ha impiegato il criterio formale dell’onere della prova, ma ha quantificato sulla base degli atti disponibili l’importo dovuto al difensore, mettendo in evidenza che era stato proprio il ricorrente a ritenere applicabili le tariffe, prescindendo dal suddetto riconoscimento.
Mancava, inoltre, la stessa deduzione di un previo accordo vincolante sul compenso, redatto in forma scritta, per un importo pari alla somma di cui il COGNOME si era dichiarato debitore, né la ricognizione di debito poteva costituire un’ autonoma fonte di obbligazione per il pagamento di quel dato importo, potendo determinare solo un’ inversione dell’ onere della prova senza tuttavia impedire al giudice di tener conto degli esiti dell’istruttoria e d egli elementi di apprezzamento della prestazione emergenti dagli atti.
7. Con il settimo motivo di ricorso si censura la violazione degli artt. 132 c.p.c. e 111, comma sesto, Cost., per non aver il giudice illustrato le ragioni della disposta riduzione dei compensi in applicazione dei minimi tariffari e ciò specificamente per le cause infondatamente ritenute ripetitive, data l’eterogeneità delle diverse controversie; si lamenta, con riferimento alla parcella per il giudizio R.G. 12582/2003, che la sentenza abbia ridotto i compensi rispetto alle spese processuali liquidate dal giudice e che, in una causa di divisione, pur riconoscendo la correttezza sul criterio di calcolo dei compensi, la Corte distrettuale abbia ridotto in via equitativa le spettanze senza indicare i parametri adottati.
Con l’ottavo motivo di ricorso si censura la violazione dell’art. 132 c.p.c. e 111, comma sesto, Cost., per difetto assoluto di motivazione in ordine alle ragioni per le quali la sentenza ha quantificato gli onorari relativi a talune controversie in misura inferiore ai minimi tariffari.
Con il nono motivo di ricorso si denuncia la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 24 R.D. 794/1942 in combinato disposto con l’art. 4, comma primo, del D.M. 8 aprile 2004 n. 127, affermando nuovamente che la Corte territoriale abbia liquidato importi inferiori ai minimi tariffari.
Con il decimo motivo di ricorso il ricorrente censura la violazione degli artt. 132 c.p.c., 111, comma 6, Cost., in relazione all’art. 360, comma 1, n.4, c.p.c., per difetto assoluto di illustrazione delle ragioni per le quali la Corte di appello non ha liquidato il compenso per la causa n. 12695/2006 R.G.
I quattro motivi sono fondati.
In materia di liquidazione degli onorari agli avvocati, il giudice d’appello, in presenza di una nota specifica, deve rideterminare l’ammontare del compenso, specificando il sistema di liquidazione adottato e la tariffa professionale applicabile alla controversia, per consentire l’accertamento della conformità della liquidazione ai criteri legali e il rispetto dell’ inderogabilità dei minimi (Cass. 11292/1998; Cass. 3995/1988; per l’analogo principio in tema di spese processuali: Cass. 27020/2017; Cass. 28826/2020).
A tale compito si è sottratto il giudice di merito.
Il rapporto professionale si era esaurito, nelle molteplici controversie in cui il ricorrente aveva svolto il patrocinio nell’interess e del Fraschetti, prima dell’abrogazione delle tariffe e l’introduzione dei valori tabellari con D.M. 140/2012 , in regime di inderogabilità dei minimi.
A supporto delle due ingiunzioni di pagamento il difensore aveva prodotto le note analitiche delle prestazioni, con indicazione dei corrispondenti importi.
La Corte ha ritenuto provate le attività ma ha rideterminato i corrispettivi, omettendo l ‘indicazione della tariffa applicata, delle ragioni della riduzione, delle prestazioni per le quali ha ridotto i
compensi e dei motivi di tali deduzioni, riconoscendo, in alcuni casi, importi inferiori ai minimi tariffari.
Nessuna statuizione è adottata per la causa n. R.G. 12695/2006.
In definitiva, la motivazione della sentenza è assolutamente carente riguardo all’evidenziazione de i metodi, dei criteri, dei parametri di quantificazione delle spettanze, delle ragioni delle disposte riduzioni, vanificando ogni possibilità di verifica del l’iter logico percorso dal giudice e della conformità della pronuncia alla disciplina tariffaria.
Sono perciò accolti i motivi settimo, ottavo, nono e decimo, con rigetto delle altre censure.
La sentenza è cassata in relazione ai motivi accolti e la causa è rinviata alla Corte di appello di Genova, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese di legittimità.
P.Q.M.
accoglie i motivi settimo, ottavo, nono e decimo, rigetta gli altri, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa alla Corte d’appello di Genova, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda