Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 34178 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 34178 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 23/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 8028/2023 R.G. proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME, domiciliata presso il loro recapito digitale con indirizzo pec: info@pec.studiolegaleliguori.com;
-ricorrente-
contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del ministro pro tempore , rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, elettivamente domiciliato in Roma INDIRIZZO
-resistente- per la cassazione del decreto della Corte di appello di Napoli n. 1433/2022, depositato il 27 ottobre 2022.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 9 luglio 2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1. -Con ricorso ex art. 3 l. 24 marzo 2001 n. 89, depositato innanzi alla Corte di appello di Napoli, NOME COGNOME ha lamentato la violazione, in proprio danno, del diritto riconosciuto dagli artt. 111 Cost., 6, paragrafo 1, Convenzione EDU, 47, comma 2, Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea e 2, comma 2 -bis, l. 24 marzo 2001 n. 89 ad un processo celebrato in tempi ragionevoli. Dopo aver allegato in fatto che in data 11 gennaio 2002 è stata sottoposta dal dott. COGNOME NOME presso la Casa di Cura NOME. NOME COGNOME a un errato e inadeguato trattamento sanitario a cagione del quale ha subito lesioni personali a cui sono residuati postumi di natura permanente e che in relazione al relativo giudizio civile di primo grado aveva già richiesto e ottenuto l’indennizzo ex l. Pinto (decreto della Corte di appello di Roma dell’11 ottobre 2017), ha lamentato l’eccessiva durat a del giudizio presupposto di secondo grado che, svoltosi innanzi alla Corte di appello di Napoli, è iniziato il 10/2/2012, data della notifica dell’atto di appello ed è terminato il 26/4/2018, data di deposito della sentenza e, pertanto, è durato 6 anni, 2 mesi e 16 giorni; l’eccessiva durata del primo procedimento di correzione di errore materiale che, svoltosi innanzi alla Corte di appello di Napoli, è iniziato il 30 maggio 2018, data di deposito dell’istanza di correzione di errore materiale ed è termin ato il 19 luglio 2018, data di interruzione del giudizio e, pertanto, è durato 1 mese e 19 giorni; l’eccessiva durata del secondo procedimento di correzione di errore materiale che, svoltosi innanzi alla Corte di appello di Napoli, è iniziato il 3 ottobre 2018, data di deposito dell’istanza di correzione di errore materiale e non è ancora terminato in quanto non è stata mai depositata e comunicata l’ordinanza che ha deciso sull’istanza di correzione e, pertanto, fino al 29 gennaio 2020, data di deposito del l’istanza di correzione di errore materiale, è durato 1 anno, 3 mesi e 26 giorni; l’eccessiva durata del giudizio presupposto di secondo grado (in esso compresi i procedimenti di correzione di errore materiale) che fino al 29
gennaio 2020 è durato complessivi 7 anni, 8 mesi e 1 giorno che è una durata irragionevole e, cioè, superiore a quella massima prevista dall’art. 2, comma 2 bis, l. 24 marzo 2001 n. 89 (comma aggiunto dall’art. 55 d.l. 22 giugno 2012 n. 83) pari a due anni in secondo grado…’; l’esasperante lentezza dell’intero procedimento che le ha cagionato, con esclusiva efficienza causale, sofferenze morali e psicofisiche, un turbamento del suo stato d’animo, la lesione della sua dignità, un perdurante stato di angoscia, ansia, paura, forte stress, patema d’animo, disagio psichico e un repentino cambiamento in peius delle sue abitudini di vita privata, familiare e sociale, con conseguente lesione della sua personalità. La ricorrente, pertanto, ha chiesto la condanna del Ministero della Giustizia al pagamento in suo favore del danno non patrimoniale per la violazione del termine ragionevole del giudizio presupposto di secondo grado (in esso compresi i procedimenti di correzione di errore materiale) nella misura base pari al valore massimo legislativo o, quantomeno, molto prossimo al massimo legislativo – con la necessaria personalizzazione per gli anni successivi al terzo tenendo conto nella loro determinazione anche del periodo irragionevole già accertato di 4 anni del giudizio presupposto di primo grado mediante applicazione degli aumenti previsti dall’art. 2 bis, comma 1, l. 24 marzo 2001 n. 89 e, cioè, fino al 20% per gli anni successivi al terzo e fino al 40% per gli anni successivi al settimo – e, in ogni caso, nella misura che verrà ritenuta secondo giustizia; degli interessi al tasso legale dalla data di deposito del ricorso al soddisfo; delle spese e compensi del procedimento con distrazione, ex art. 93 cod. proc. civ.
La Corte di appello di Napoli, con decreto monocratico del 17/11/2020 n. 3667/2020, ha accolto il ricorso; ha ingiunto al Ministero della Giustizia il pagamento in favore della ricorrente dell’importo di euro 2.400,00 a titolo di indennizzo per equa riparazione oltre interessi legali dalla domanda (29 gennaio 2020);
dell’importo di euro 527,00 per spese del procedimento, di cui euro 27,00 per esborsi ed euro 500,00 per compensi, oltre le maggiorazioni di legge sui compensi del 15% per spese generali, I.V.A. e C.A., con distrazione, ex art. 93 cod. proc. civ., in favore dell’avv. NOME COGNOME .
-Con ricorso ex art. 5 ter l. 24 marzo 2001 n. 89, la ricorrente ha proposto impugnazione avverso il decreto monocratico.
Radicatasi la lite in sede di opposizione, il Ministero della Giustizia è rimasto contumace.
La Corte di appello di Napoli con decreto collegiale 15 marzo 2021 n. 1485/2021 ha accolto i motivi di opposizione; ha riconosciuto a titolo di equa riparazione l’importo base di euro 750,00 per ciascun anno di ritardo del giudizio presupposto di secondo grado, importo comprensivo (“che ingloba’) l’incremento percentuale rispetto ai valori medi; ha liquidato alla ricorrente il danno non patrimoniale nella complessiva e maggior misura di euro 4.500,00 oltre interessi legali dalla domanda al soddisfo; ha liquidato alla ricorrente gli esborsi del procedimento monitorio nella maggior misura di euro 59,00; ha liquidato la maggiorazione di legge sui compensi del procedimento monitorio del 30% per la redazione degli atti con tecniche informatiche idonee ad agevolarne la consultazione e la fruizione e depositati mediante modalità telematiche; ha revocato il decreto monocratico opposto anche in relazione alle spese di lite liquidate dal primo giudice; ha liquidato alla ricorrente l’importo di euro 894,31 per spese di lite del procedimento di opposizione, nel quale è assorbito e ricompreso quello inerente all’attività svolta in sede monitoria, di cui euro 189,00 per esborsi ed euro 705,31 per compensi oltre le maggiorazioni di legge monitoria, di cui euro 189,00 per esborsi ed euro 705,31 per compensi oltre le maggiorazioni di legge sui compensi del 15% per spese generali, C.A. e I V.A., con distrazione, ex art. 93 cod. proc. civ., in favore dell’avv. NOME COGNOME e dell’avv. NOME COGNOME.
La ricorrente ha proposto ricorso per cassazione avverso detto decreto affidato a tre motivi. In particolare: con il primo motivo ha lamentato la nullità del decreto e del procedimento; anomalia motivazionale – in relazione alla liquidazione e quantificazione dei compensi del procedimento monitorio e del procedimento di opposizione – per: a. mancanza di motivazione sotto l’aspetto materiale e grafico; b. contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili; c. motivazione perplessa; d. motivazione obiettivamente incomprensibile; violazione e/o falsa applicazione delle norme ex arti. 132, comma 2, n. 4, cod. proc. civ., 118disp. att. cod. proc. civ. e 111 Cosi (art. 360, comma 1, n. 4 cod. proc. civ.); con il secondo motivo ha lamentato la violazione e/o falsa applicazione – in relazione alla liquidazione e quantificazione dei compensi del procedimento monitorio e del procedimento di opposizione – delle norme ex artt. 91 cod. proc. civ., 2233 cod. civ., 24, comma 1, l. 13 giugno 1942 n. 794, 13, comma 6, l. 31 dicembre 2012 n. 247, 2, comma 1, 4 D.M. 10 marzo 2014 n. 55, tabelle 8 e 12 D.M. 10 marzo 2014 n. 55 (art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ.); con il terzo e ultimo motivo ha lamentato la nullità del decreto e del procedimento; violazione – in relazione alla domanda di distrazione delle spese di lite del procedimento monitorio e del procedimento di opposizione – del principio di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato; violazione e/o falsa applicazione delle norme ex arti. 93 e 112 cod. proc. civ. (art. 360, comma 1, n. 4 cod. proc. civ.).
La Corte di cassazione ha respinto il primo motivo, accogliendo il secondo e dichiarando assorbito il terzo. La decisione è stata cassata con rinvio alla Corte di appello in diversa composizione, cui è stato demandato di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
-La ricorrente ha riassunto il giudizio innanzi alla Corte di appello di Napoli.
Si è costituito il Ministero della Giustizia che ha resistito all’impugnazione.
La Corte di appello di Napoli, con decreto collegiale 27 ottobre 2022 n. 2944/2022, ha accolto la domanda, condannando il Ministero della Giustizia al pagamento in favore della ricorrente: dell’importo di euro 1.747,05 per la totalità delle spese di lite del procedimento di opposizione, di cui euro 189,00 per esborsi ed euro 1.558,05 per compensi (comprensivo dell’aumento del 30% ex art. 4, comma 1 bis, D.M. 10 marzo 2014 n. 55), oltre le maggiorazioni di legge sui compensi del 15% per spese generali, C.A. e I.V.A., con distrazione, ex art. 93 cod. proc. civ., in favore del difensore avv. NOME COGNOME dell’importo di euro 365,00 per la metà delle spese di lite del giudizio di cassazione, di cui euro 15,00 per esborsi ed euro 350,00 per compensi (senza l’aumento del 30% ex art. 4, comma 1 bis, D.M. 10 marzo 2014 n. 55), oltre le maggiorazioni di legge sui compensi del 15% per spese generali, C.A. e I.V.A., con distrazione, ex art. 93 cod. proc. civ., in favore del difensore avv. NOME COGNOME dell’importo di euro 275,00 per la metà delle spese di lite del giudizio di rinvio, di cui euro 15,00 per esborsi ed euro 260,00 per compensi (senza l’aumento del 30% ex art. 4, comma 1 bis, D.M. 10 marzo 2014 n. 55), oltre le maggiorazioni di legge sui compensi del 15% per spese generali, I.V.A. e C.A., con distrazione, ex art. 93 cod. proc. civ., in favore del difensore avv. NOME COGNOME ha compensato tra le parti il residuo 50% delle spese di lite del giudizio di cassazione e del giudizio di rinvio.
–NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione affidato a nove motivi.
Il Ministero della giustizia si è costituito con atto depositato il 26 maggio 2023, chiedendo di essere sentito all’udienza eventualmente fissata.
Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ai sensi dell’art. 380bis .1 cod. proc. civ.
Parte ricorrente ha depositato una memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. -Preliminarmente, occorre rilevare l’irritualità della costituzione in giudizio del Ministero della giustizia, il cui difensore non ha provveduto al deposito del controricorso nel termine di cui all’art. 370 cod. proc. civ., ma si è limitato a depositare un atto di costituzione ai fini dell’eventuale partecipazione alla discussione orale ex art. 370 cod. proc. civ. Nel giudizio di cassazione svolto nelle forme del procedimento in camera di consiglio, non essendo prevista la fase della discussione orale propria dell’ordinario giudizio di legittimità in pubblica udienza, non è ammissibile la costituzione tardiva del difensore mediante deposito di procura speciale rilasciata ai fini della partecipazione alla discussione, poiché la Corte giudica senza l’intervento del Pubblico Ministero e delle parti, il concorso dei quali, alla fase decisoria, può realizzarsi in forma scritta, mediante il deposito di memorie (Cass., Sez. I, 25 ottobre 2018, n. 27124). Nel procedimento in camera di consiglio di cui all’art. 380 bis.1 cod. proc. civ., la “memoria di costituzione” depositata in cancelleria, in mancanza di notificazione, non è qualificabile come controricorso (Cass., Sez. V, 22 luglio 2021, n. 20996).
2. -Con il primo motivo si lamenta la nullità del decreto collegiale di rinvio e del procedimento; anomalia motivazionale – in relazione alla liquidazione e quantificazione dei compensi del precedente giudizio di legittimità – per mancanza di motivazione sotto l’aspetto materiale e grafico; violazione e/o falsa applicazione delle norme ex artt. 132, comma 2, n. 4, cod. proc. civ., 118 disp. att. cod. proc. civ. e 111 Cost. (art. 360, comma 1, n. 4 cod. proc. civ.). Parte ricorrente censura la decisione della Corte di appello di Napoli in sede di rinvio nella parte in cui ha condannato il Ministero della Giustizia al pagamento in favore della ricorrente dell’importo di euro 365,00 per la metà delle spese di lite del giudizio di cassazione, di cui euro 15,00 per esborsi ed euro 350,00 per compensi (senza
l’aumento del 30% ex art. 4, comma 1 bis, D.M. 10 marzo 2014 n. 55), oltre le maggiorazioni di legge sui compensi del 15% per spese generali, C.A. e I.V.A., con distrazione, ex art. 93 cod. proc. civ., in favore del difensore avv. NOME COGNOME compensando tra le parti il residuo 50% delle spese di lite del giudizio di cassazione. Tale decisione – in relazione alla liquidazione e quantificazione dei compensi del precedente giudizio di legittimità -sarebbe nulla per anomalia motivazionale, non avendo indicato espressamente per la liquidazione dei compensi del precedente giudizio di legittimità: i parametri professionali utilizzati; la tabella utilizzata (tra le 28 tabelle previste dai parametri professionali all’epoca vigenti); lo scaglione di valore della causa utilizzato; le specifiche attività processuali effettivamente ritenute come espletate; le voci della tabella per le fasi in concreto espletate e liquidate; l’importo liquidato per ciascuna fase in concreto espletata e liquidata; i valori applicati e liquidati (medi, massimi o minimi) per ciascuna fase processuale in concreto espletata e liquidata; alcun altro criterio idoneo a comprendere l’incongrua e riduttiva liquidazione e quantificazione dei compensi; né sono stati spiegati specificamente i passaggi che avrebbero dovuto consentire di apprezzare che la liquidazione compiuta di euro 700,00 al lordo dell’operata compensazione non sia avvenuta al di sotto degli importi minimi.
Con il secondo motivo si lamenta la violazione e/o falsa applicazione – in relazione alla liquidazione e quantificazione dei compensi del precedente giudizio di legittimità – delle norme ex artt. 10, 14, 91 cod. proc. civ., 2233, comma 2, cod. civ., 24, comma 1, l. 13 giugno 1942 n. 794, 13, comma 6, l. 31 dicembre 2012 n. 247, 2, comma 1, 4, commi 1 e 5, 5, commi 1 e 3, D.M. 10 marzo 2014 n. 55 e tabella 13 D.M. 10 marzo 2014 n. 55 (art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ.). Parte ricorrente deduce che la Corte di appello ha liquidato un importo per compensi del precedente giudizio di legittimità di gran lunga inferiore a quello risultante dai valori medi
richiesti che, comunque, di regola avrebbe dovuto applicare, importo palesemente irrisorio e simbolico e non consono al decoro della professione. A tal fine, vengono richiamati i valori medi che la Corte avrebbe dovuto liquidare, tenuto conto dell’attività svolta. In particolare, si deduce che la Corte di appello di Napoli in sede di rinvio avrebbe dovuto quantificare i compensi del precedente giudizio di legittimità nella misura lorda di euro 892,50 sulla scorta dei valori minimi, così specificata:
Compensi: Tabella n. 13 D.M. 10 marzo 2014 n. 55 (giudizi innanzi alla Corte di cassazione scaglione di valore da euro 1.100,01 a euro 5.200,00 – Valori minimi tariffari
Fase di studio euro 337,50
Fase introduttiva euro 370,00
Fase decisionale euro 185,00
Totale compensi euro 892,50;
compensare per metà tale importo;
liquidare alla ricorrente la residua metà dei compensi del precedente giudizio di legittimità nella misura di euro 446,25 al netto della compensazione oltre le maggiorazioni di legge richieste (e solo in parte liquidate dal giudice di rinvio) quali:
il 30% per la redazione degli atti con tecniche informatiche idonee ad agevolarne la consultazione e la fruizione e depositati mediante modalità telematiche, ex art. 4, comma 1 bis, D.M. 10 marzo 2014 n. 55;
il 15% per spese generali, ex art. 2, comma 2, D.M. 10 marzo 2014 n. 55;
il 4% per RAGIONE_SOCIALE;
il 22% per RAGIONE_SOCIALE
2.1. -Il primo e il secondo motivo, esaminabili congiuntamente perché riguardano la stessa questione, sono infondati.
Il procedimento camerale di equa riparazione del pregiudizio derivante dalla violazione del termine di ragionevole durata del
processo di cui alla l. n. 89 del 2001 ha natura contenziosa e, pertanto, ai fini della liquidazione dei compensi spettanti agli avvocati va applicata la tabella 12 allegata al d.m. n. 55 del 2014 per il giudizio dinanzi alla Corte d’appello (Cass., Sez. VI-2, 21 luglio 2020, n. 15493; Cass., Sez. VI-2, 14 novembre 2016, n. 23187) e la tabella 13 per i giudizi innanzi alla Corte di cassazione.
Nella specie, tuttavia, non sussiste alcuna violazione dei minimi, diversamente da quanto denunciato poiché, applicando la Tabella n. 13 D.M. 10 marzo 2014 n. 55 (giudizi innanzi alla Corte di cassazione scaglione di valore da euro 1.100,01 a euro 5.200,00 – Valori minimi tariffari), si determina un compenso per l’intero pari a euro 657,30, a seguito di riduzione del 30% (per assenza di specifiche e distinte questioni di fatto e diritto, art. 4, comma 4) sull’importo base, determinato in euro 939,00 (fase di studio della controversia, valore minimo: euro 355,00, fase introduttiva del giudizio, valore minimo: euro 389,00, fase decisionale, valore minimo: euro 195,00). Avendo liquidato le spese del giudizio di legittimità nella misura di un mezzo, a seguito di compensazione parziale, l’importo di euro 328,65 (pari alla metà di euro 657,30), valore minimo risultante nel caso di specie, risulta inferiore a quello effettivamente liquidato dalla Corte d’appello nella misura di euro 350,00.
-La ricorrente con il terzo motivo lamenta la nullità del decreto collegiale di rinvio e del procedimento; anomalia motivazionale -in relazione alla mancata liquidazione della maggiorazione di legge sui compensi del precedente giudizio di legittimità per la redazione degli atti con tecniche informatiche idonee ad agevolarne la consultazione e la fruizione e depositati mediante modalità telematiche – per: a) mancanza di motivazione sotto l’aspetto materiale e grafico; b) motivazione apparente; c) motivazione perplessa; violazione e/o falsa applicazione delle norme ex artt. 132, comma 2, n. 4, cod. proc. civ., 118 disp. att. cod. proc. civ. e 111 Cost. (art. 360, comma 1, n. 4 cod. proc. civ.). La Corte
di appello di Napoli in sede di rinvio – cui era stata demandata la liquidazione anche delle spese di lite del precedente giudizio di legittimità – nulla ha liquidato per la chiesta maggiorazione di legge sui compensi del precedente giudizio di legittimità per la redazione degli atti con tecniche informatiche idonee ad agevolarne la consultazione e la fruizione e depositati mediante modalità telematiche ‘in quanto questa Corte non è in grado di esaminare il fascicolo telematico del giudizio di cassazione…’. Tale argomentazione del giudice di rinvio – che sembra una giustificazione collegata a un impedimento fattuale, tra l’altro, momentaneo e non definitivo e comunque superabile aliunde -non consente di comprendere la ragione per cui non è stato in grado di esaminare il fascicolo telematico del giudizio di cassazione; l’effettiva ragione che l’ha portato a rigettare la domanda di liquidazione della maggiorazione del 30% dei compensi del precedente giudizio di legittimità, ex art. 4, comma 1 bis, D.M. 10 marzo 2014 n. 55. La motivazione si collocherebbe pertanto al di sotto della soglia ‘minima costituzionale’ che deve rispettare il giudice di merito e, come tale, censurabile in questa sede (Sez. Un. 7/4/14 n. 8053).
Con il quarto motivo si lamenta l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti; omesso esame dei fatti storici – rilevanti per la liquidazione della maggiorazione di legge sui compensi del precedente giudizio di legittimità per la redazione degli atti con tecniche informatiche idonee ad agevolarne la consultazione e la fruizione e depositati mediante modalità telematiche – relativi: a) alla redazione del precedente ricorso per cassazione con tecniche informatiche ipertestuali e, cioè, idonee ad agevolarne la consultazione e la fruizione; b) al deposito del ricorso per cassazione e di tutti gli atti e documenti con modalità telematiche; c) alla redazione della memoria ex artt. 378 e 380 bis, comma 2, cod. proc. civ. con tecniche informatiche ipertestuali e, cioè, idonee ad agevolarne la
consultazione e la fruizione; d) al deposito della memoria ex artt. 378 e 380 bis, comma 2, cod. proc. civ. con modalità telematiche (art. 360, comma 1, n. 5 cod. proc. civ.). La questione è decisiva in quanto se la Corte di appello di Napoli in sede di rinvio avesse esaminato tali fatti storici, il precedente ricorso per cassazione e la memoria ex artt. 378 e 380 bis, comma 2, cod. proc. civ. avrebbe certamente liquidato alla ricorrente la chiesta maggiorazione di legge del 30% sui compensi del precedente giudizio di legittimità per la redazione degli atti con tecniche informatiche idonee ad agevolarne la consultazione e la fruizione e depositati mediante modalità telematiche, ex art. 4, comma 1 bis, D.M. 10 marzo 2014 n. 55.
Con il quinto motivo parte ricorrente lamenta la nullità del decreto collegiale di rinvio e del procedimento; mancata sottoposizione alle parti – in relazione alla domanda di liquidazione della maggiorazione di legge sui compensi del precedente giudizio di legittimità per la redazione degli atti con tecniche informatiche idonee ad agevolarne la consultazione e la fruizione e depositati mediante modalità telematiche -della questione relativa all ‘incapacità del giudice di rinvio di esaminare il fascicolo telematico del giudizio di cassazione; violazione e/o falsa applicazione delle norme ex artt. 101, 184, 359 cod. proc. civ., 24 e 111 Cost. (art. 360, comma 1, n. 4 cod. proc. civ.). Si deduce che la decisione – in relazione alla domanda di liquidazione della maggiorazione di legge sui compensi del precedente giudizio di legittimità per la redazione degli atti con tecniche informatiche idonee ad agevolarne la consultazione e la fruizione e depositati mediante modalità telematiche – è nulla, errata e viziata per mancata sottoposizione alle parti della questione relativa all’incapacità del giudice di rinvio di esaminare il fascicolo telematico del giudizio di cassazione.
Con il sesto motivo si lamenta la nullità del decreto collegiale di rinvio e del procedimento per omesso esame – in relazione alla domanda di liquidazione della maggiorazione di legge sui compensi
del precedente giudizio di legittimità per la redazione degli atti con tecniche informatiche idonee ad agevolarne la consultazione e la fruizione e depositati mediante modalità telematiche – delle prove dedotte volte a provare la redazione degli atti del precedente giudizio di legittimità con tecniche informatiche idonee ad agevolarne la consultazione e la fruizione e il loro deposito mediante modalità telematiche; omessa ammissione delle istanze istruttorie volte a provare le stesse circostanze di fatto; violazione e/o falsa applicazione delle norme ex artt. 115 cod. proc. civ., 2697 cod. civ., 24 e 111 Cost. (art. 360, comma 1, n. 4 cod. proc. civ.).
Con il settimo motivo si lamenta la violazione e/o falsa applicazione -in relazione alla mancata liquidazione della maggiorazione di legge sui compensi del precedente giudizio di legittimità per la redazione degli atti con tecniche informatiche idonee ad agevolarne la consultazione e la fruizione e depositati mediante modalità telematiche – delle norme ex artt. 13, comma 6, l. 31 dicembre 2012 n. 247 e 4, comma 1 bis, D.M. 10 marzo 2014 n. 55 (art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ.).
3.1. -I motivi di ricorso dal terzo al settimo possono essere esaminati unitariamente siccome investono la stessa critica al decreto impugnato – in relazione alla mancata liquidazione della maggiorazione di legge sui compensi del precedente giudizio di legittimità per la redazione degli atti con tecniche informatiche idonee ad agevolarne la consultazione e la fruizione e depositati mediante modalità telematiche – sotto plurimi profili di censura.
I motivi sono inammissibili.
In tema di spese processuali, l’aumento del compenso per la redazione degli atti con modalità informatiche idonee ad agevolarne la consultazione e la fruizione rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, esercitabile, sulla base di un apprezzamento di fatto delle tecniche in concreto adoperate, solo qualora il difensore abbia specificato il contenuto degli atti redatti con tali modalità e le
tecniche informatiche utilizzate per consentire la ricerca testuale e la navigazione all’interno degli stessi, ed è sindacabile in sede di legittimità solo se non siano controllabili le ragioni che ne abbiano giustificato l’esercizio (Cass., Sez. VI-L, 6 dicembre 2022, n. 35753)
Non è pertanto sufficiente il mero “utilizzo del processo telematico”, essendo richiesto, invece, che la redazione degli atti giudiziari e la produzione dei documenti vengano effettuate con tecniche informatiche più raffinate, che consentano di “navigare” all’interno dell’atto stesso e dei documenti allegati con tecniche “ipertestuali” (indici e riferimenti incrociati), così riducendo significativamente i tempi di consultazione (Cass., Sez. VI-L, 19 luglio 2023, n. 21365) ed è dovuto solo ove si debbano esaminare atti e documenti scritti aventi notevoli dimensioni quantitative e di numero ingente, in quanto solo in tali situazioni le possibilità di ricerca testuale e di navigazione concretizzano le indicate agevolazioni (Cass., Sez. II, 27 luglio 2023, n. 22762).
Nella specie, la parte non ha dimostrato di aver posto la Corte di appello nella condizione di poter verificare i presupposti per il riconoscimento della maggiorazione, né deduce di aver prodotto i relativi atti. Le relative doglianze sono dunque inammissibili in questa sede.
4 -Con l’ottavo motivo la ricorrente lamenta la nullità del decreto collegiale di rinvio e del procedimento; anomalia motivazionale – in relazione alla liquidazione e quantificazione dei compensi del giudizio di rinvio – per mancanza di motivazione sotto l’aspetto materiale e grafico; violazione e/o falsa applicazione delle norme ex artt. 132, comma 2, n. 4, cod. proc. civ., 118 disp. att. cod. proc. civ. e 111 Cost. (art. 360, comma 1, n. 4 cod. proc. civ.). In particolare, si contesta che la Corte di appello di Napoli, in sede di rinvio, non ha indicato espressamente per la liquidazione dei compensi del giudizio di rinvio:
i parametri professionali utilizzati;
la tabella utilizzata (tra le 28 tabelle previste dai parametri professionali all’epoca vigenti);
lo scaglione di valore della causa utilizzato;
le specifiche attività processuali effettivamente ritenute come espletate;
le voci della tabella per le fasi in concreto espletate e liquidate;
l’importo liquidato per ciascuna fase in concreto espletata e liquidata;
i valori applicati e liquidati (medi, massimi o minimi) per ciascuna fase processuale in concreto espletata e liquidata;
alcun altro criterio idoneo a comprendere l’incongrua e riduttiva liquidazione e quantificazione dei compensi;
non ha spiegato specificamente i passaggi che avrebbero dovuto consentire di apprezzare che la liquidazione compiuta di euro 500,00 al lordo dell’operata compensazione non sia avvenuta al di sotto degli importi minimi (conf. Cass. 14 ottobre 21 n. 28081).
Con il nono motivo la ricorrente lamenta la violazione e/o falsa applicazione – in relazione alla liquidazione e quantificazione dei compensi del giudizio di rinvio – delle norme ex artt. 10, 14, 91 cod. proc. civ., 2233, comma 2, cod. civ., 24, comma 1, l. 13 giugno 1942 n. 794, 13, comma 6, l. 31 dicembre 2012 n. 247, 2, comma 1, 4, commi 1 e 5, 5, commi 1 e 3, D.M. 10 marzo 2014 n. 55 e tabella 12 D.M. 10 marzo 2014 n. 55 (art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ.). La Corte di appello di Napoli in sede di rinvio, per tutto quanto fin qui esposto, avrebbe dovuto quantificare i compensi del precedente giudizio di rinvio nella misura lorda di euro 1.457,50 così specificata:
Compensi: Nuova tabella parametri n. 12 D.M. 10 marzo 2014 n. 55 giudizi innanzi alla Corte di appello, scaglione di valore da euro 1.100,01 a euro 5.200,00 valori minimi
Fase di studio euro 268,00 Fase introduttiva euro 268,00
Fase istruttoria/trattazione euro 496,00
Fase decisionale euro 425,50
Totale compensi euro 1.457,50;
compensare per metà tale importo;
liquidare alla ricorrente la residua metà dei compensi del giudizio di rinvio nella misura di euro 728,75 al netto della compensazione oltre le maggiorazioni di legge richieste e liquidate dal giudice di rinvio quali:
il 30% per la redazione degli atti con tecniche informatiche idonee ad agevolarne la consultazione e la fruizione e depositati mediante modalità telematiche, ex art. 4, comma 1 bis, D.M. 10 marzo 2014 n. 55;
il 15% per spese generali, ex art. 2, comma 2, D.M. 10 marzo 2014 n. 55;
il 4% per RAGIONE_SOCIALE;
il 22% per RAGIONE_SOCIALE
La Corte di appello di Napoli in sede di rinvio, solo in via gradata (in caso di ritenuta inapplicabilità al giudizio di rinvio delle modifiche normative di cui al D.M. 13 agosto 2022 n. 147 e della nuova tabella 12 dei parametri professionali), avrebbe quantomeno dovuto quantificare i compensi del precedente giudizio di rinvio nella misura lorda di euro 1.198,50 così specificata:
Compensi: tabella parametri n. 12 D.M. 10 marzo 2014 n. 55 giudizi innanzi alla Corte di appello – scaglione di valore da euro 1.100,01 a euro 5.200,00 valori minimi
Fase di studio euro 255,00
Fase introduttiva euro 255,00
Fase istruttoria/trattazione euro 283,50
Fase decisionale euro 405,00
Totale compensi euro 1198,50 compensare per metà tale importo;
liquidare alla ricorrente la residua metà dei compensi del giudizio di rinvio nella misura di euro 599,25 al netto della compensazione oltre le maggiorazioni di legge richieste e liquidate dal giudice di rinvio quali:
il 30% per la redazione degli atti con tecniche informatiche idonee ad agevolarne la consultazione e la fruizione e depositati mediante modalità telematiche, ex art. 4, comma 1 bis, D.M. 10 marzo 2014 n. 55;
il 15% per spese generali, ex art. 2, comma 2, D.M. 10 marzo 2014 n. 55;
il 4% per RAGIONE_SOCIALE;
il 22% per RAGIONE_SOCIALE
4.1. -L’ottavo e il nono motivo possono essere esaminati unitariamente siccome investono la stessa critica al decreto impugnato – in relazione alla liquidazione e quantificazione dei compensi del giudizio di rinvio – sotto diversi profili di censura.
Le censure sono infondate.
In tema di liquidazione delle spese processuali ai sensi del d.m. n. 55 del 2014, l’esercizio del potere discrezionale del giudice, contenuto tra il minimo e il massimo, non è soggetto a sindacato di legittimità, attenendo pur sempre a parametri fissati dalla tabella, mentre la motivazione è doverosa allorquando il giudice decida di aumentare o diminuire ulteriormente gli importi da riconoscere, essendo necessario, in tal caso, che siano controllabili le ragioni che giustificano lo scostamento e la misura di questo (Cass., Sez. III, 13 luglio 2021, n. 19989; Cass., Sez. IV, 10 maggio 2019, n. 12537).
Nel caso di specie non sussiste alcuna violazione dei minimi, diversamente da quanto denunciato. Quando un giudizio prosegua nel successivo grado soltanto per la determinazione delle spese di lite a carico della parte soccombente, il differenziale tra la somma attribuita dalla decisione impugnata e quella ritenuta corretta dall’impugnante costituisce il disputatum della controversia e sulla
base di tale criterio, integrato da quello del decisum , vanno determinate le ulteriori spese di lite riferite al detto grado (Cass., Sez. VI-1, 5 marzo 2020, n. 6345; Cass., Sez. VI-5, 16 novembre 2017, n. 27274; Cass., Sez. Un., 11 settembre 2007, n. 19014).
Con l’o rdinanza n. 10932 del 2022, la Corte di cassazione ha ritenuto che l’importo riconosciuto per le spese nel procedimento di opposizione, liquidate in euro 542,55, fosse inferiore ai minimi previsti dalla tariffa in funzione delle fasi riconoscibili con accoglimento del ricorso relativamente alla censura esaminata. Avendo la Corte d’appello riconosciuto, nell’ambito del giudizio di rinvio, un importo di euro 1.558,05 per compenso, oltre accessori, il valore della causa va parametrato nello scaglione fino a euro 1.100, dovendovi detrarre l’importo liquidato la prima volta. Applicando la tabella 12 del D.M. 10 marzo 2014 n. 55 per i giudizi innanzi alla Corte di appello, con riferimento al procedimento di liquidazione dell’equo indennizzo per l’irragionevole del giudizio, si ottiene un compenso, al netto delle riduzioni, di euro 235,90 (ottenuto effettuando la riduzione del 30% sulla somma di euro 337,00, calcolato sommando le seguenti fas: fase di studio della controversia, valore minimo: euro 71,00; fase introduttiva del giudizio, valore minimo: euro 71,00; fase istruttoria e/o di trattazione, valore minimo: euro 90,00; fase decisionale, valore minimo: euro 105,00). La Corte d’appello, liquidando per compensi l’ importo di euro 260,00 oltre accessori si è attestata al di sopra dei minimi, considerando altresì che le spese sono state compensate nella misura di un mezzo.
-Il ricorso va dunque rigettato.
– Nulla per le spese, in difetto di tempestiva attività defensionale della parte intimata.
-Non sussistono le condizioni per dichiarare la ricorrente tenuta al versamento di un importo di cui all’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. 115 del 2002, per essere il presente giudizio esente.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda