Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 18800 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 18800 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 09/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 14478/2024 R.G. proposto da :
COGNOME rappresentato e difeso dagli avvocati COGNOME e COGNOME
-ricorrente-
contro
MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, MINISTERO DELLA GIUSTIZIA;
-intimati- avverso il DECRETO della CORTE D’APPELLO di ROMA depositato l’ 8/05/2024, r.g. n. 50545/2024.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 22/01/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
PREMESSO CHE
NOME COGNOME ricorre per cassazione avverso il decreto della Corte d’appello di Roma n. 576/2024. La Corte d’appello in sede di rinvio disposto dalla sentenza di questa Corte n. 3023/2024 -ha accolto l’opposizione proposta dal ricorrente e, revocato il decreto n. 1821/2021, ha riconosciuto l’equo indennizzo per la durata irragionevole di un processo a sua volta svoltosi a causa della durata non ragionevole di un processo amministrativo, condannando a pagare in suo favore il Ministero dell’economia e delle finanze (la somma di euro 1.600) e il Ministero della giustizia (la somma di euro 400).
Gli intimati Ministero della giustizia e Ministero dell’economia e delle finanze non hanno proposto difese nel presente giudizio.
Il ricorrente ha depositato memoria.
CONSIDERATO CHE
Il ricorso è articolato in due motivi.
Il primo motivo, in relazione alla liquidazione dei compensi del procedimento di opposizione, contesta ‘la mancata liquidazione del compenso per la fase istruttoria o di trattazione, la violazione dei valori minimi dei parametri professionali e la liquidazione di somme simboliche non consone al decoro della professione’; le norme violate sarebbero gli artt. 10, 14 e 91 c.p.c., 2233, comma 2 c.c., 24, comma 1, legge 794/1942, 13, comma 6, legge 247/2012, il d.m. 55/2014, il d.m. 147/2022 e la nuova tabella 12 del d.m. 55/2014.
Il motivo non può essere accolto. Ad avviso del ricorrente la liquidazione e quantificazione dei compensi del procedimento di opposizione è errata e viziata per la mancata liquidazione del compenso per la fase istruttoria o di trattazione, per la violazione dei valori minimi dei parametri professionali e per la liquidazione di somme simboliche non consone al decoro della professione (vedere pag. 24 del ricorso). Ad avviso del ricorrente lo scaglione di valore
della controversia è, a tutto concedere, quello sino ad euro 5.200 e andrebbero liquidate le quattro fasi previste dalla richiamata tabella 12, ossia la fase di studio, la fase introduttiva, la fase istruttoria e la fase decisionale, mentre il giudice di rinvio ha escluso la liquidazione del compenso per la fase istruttoria o di trattazione; per le quattro fasi spettano quindi euro 1.457,50, somma alla quale va aggiunta la maggiorazione del 30 per cento in relazione alla redazione degli atti con tecniche informatiche, per un totale di euro 1.894,75.
Il ragionamento del ricorrente non è corretto. La Corte d’appello ha liquidato in modo distinto i compensi per la fase monitoria e per il giudizio di opposizione, riconoscendo così la somma complessiva di euro 1.690. Tale somma è superiore a quanto previsto dalla tabella 12 richiamata dallo stesso ricorrente, che appunto prevede come compensi, considerati i valori minimi, la somma di euro 1.457,50. È vero che la Corte d’appello ha riconosciuto l’applicabilità della maggiorazione prevista dall’art. 4, comma 1 -bis del d.m. 55/2014. Ciò non significa, però, che al ricorrente debba spettare la somma di euro 1.894,75, in quanto la disposizione richiamata, nella versione applicabile alla fattispecie in esame, prevede l’ulteriore aumento ‘fino al 30 per cento’ quando ‘gli atti depositati con modalità telematiche sono redatti con tecniche informatiche idonee ad agevolarne la consultazione o la fruizione’, cosicché l’aumento in pratica riconosciuto di euro 232,50 rispetta il dettato del richiamato art. 4, comma 1bis , che non prevede un aumento del 30 per cento, ma un aumento massimo del 30 per cento, con possibilità pertanto per il giudice di riconoscere una percentuale inferiore.
Il secondo motivo contesta violazione e/o falsa applicazione, in relazione alla liquidazione e quantificazione dei compensi del giudizio di rinvio, degli artt. 10, 14, 91 c.p.c., 2233, comma 2, c.c., 24, comma 1, legge 794/1942, 13, comma 6, legge 247/2012 e 3
d.m. 55/2014, in relazione allo scaglione di valore della causa, alla mancata liquidazione del compenso per la fase istruttoria o di trattazione, alla violazione dei valori minimi dei parametri professionali e alla liquidazione di somme simboliche non consone al decoro della professione: anche considerando l’applicazione dello scaglione da euro 1.100 a euro 5.200 e dei valori minimi, il giudice di rinvio avrebbe dovuto liquidare compensi, per il medesimo giudizio, in misura non inferiore a euro 1.457,50, oltre la maggiorazione del 30% per la redazione degli atti con tecniche informatiche, per un totale quindi di euro 1.894,75, mentre invece ha liquidato la somma di euro 1.300.
Il motivo è infondato. La Corte d’appello ha liquidato, per quanto concerne il compenso del giudizio di rinvio, euro 1.300. Il ricorrente contesta (cfr. il ricorso alla pag. 83) la mancata considerazione della fase istruttoria/trattazione, pari a euro 496. È vero che questa Corte ha affermato che, ai fini della liquidazione delle spese processuali dei procedimenti di equa riparazione, spetta al difensore anche il compenso per la fase istruttoria (cfr. Cass. n. 38477/2021). Il Collegio, però, ritiene, seguendo quanto affermato da questa Corte nella pronuncia n. 34575/2021, che nel caso in esame vada escluso che si sia fatto luogo a effettiva nuova trattazione in sede di rinvio, stante che la Corte d’appello si è limitata ad applicare il dictum stabilito da questa Corte nella pronuncia che ha dato luogo al rinvio, e cioè a ripartire la soccombenza tra Ministero della Giustizia e Ministero dell’Economia e delle Finanze e a liquidare le spese delle fasi di merito e di quella di legittimità.
II. Il ricorso va pertanto rigettato.
Non vi è pronuncia sulle spese non avendo i Ministeri intimati proposto difese nel giudizio.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda