Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 13178 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 13178 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 18/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso 14721-2023 proposto da:
COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALEgià RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME, NOME COGNOME
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 33/2023 della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata il 16/02/2023 R.G.N. 522/2022; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
26/03/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Oggetto
Straordinario per il personale direttivo
R.G.N. 14721/2023
COGNOME
Rep.
Ud. 26/03/2025
CC
RILEVATO CHE
la Corte di Appello di Torino, con la sentenza impugnata, in riforma della pronuncia di primo grado, ha respinto il ricorso proposto da NOME COGNOME nei confronti della FCA Italy S.p.A. con cui il dipendente, premesso di avere percepito dal 2000 l’indennità di funzioni direttive, aveva esposto che detta indennità, rimasta invariata nell’importo annuo di euro 1.812,72 dal gennaio 2008 alla cessazione del rapporto, risultava del tutto insu fficiente a ‘coprire’ le reali prestazioni straordinarie effettuate dal 2008 al 2018, in entità ben superiore al limite delle 200 ore annue previste dalla contrattazione collettiva ed eccedente i limiti di ragionevolezza; pertanto, applicando alle ore di straordinario effettuate la percentuale del 25% e detraendo l’indennità di funzioni direttive percepita, l’COGNOME aveva chiesto, con riferimento al decennio 2008 – 2018, la condanna della convenuta alla corresponsione in suo favore della somma di euro 49.272,00 oltre accessori e spese di lite;
la Corte, in estrema sintesi, ha ritenuto, esaminando la contrattazione collettiva nazionale e aziendale applicabile al rapporto, che le parti stipulanti ‘hanno inteso ribadire la volontà di affermare che per il personale con funzioni direttive rimangono ferme le disposizioni di legge che sottraggono tale categoria ai limiti di orario e neppure vengono estesi i limiti di orario settimanali previsti a livello di contrattazione collettiva’; la Corte ha anche escluso che l’istante avesse proposto una domanda risarcitoria per usura psico-fisica ovvero una richiesta di adeguamento della retribuzione ex art 36 Cost.;
per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso il soccombente con tre motivi; ha resistito con controricorso l’intimata società;
entrambe le parti hanno comunicato memorie; all’esito della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nel termine di sessanta giorni;
CONSIDERATO CHE
1. i motivi di ricorso possono essere come di seguito sintetizzati; 1.1. il primo denuncia la violazione dell’art. 1 R.D. n. 692 del 1923 e dell’art. 17, comma 5, d. lgs. n. 66 del 2003, così come interpretati dalla Corte costituzionale e dalla giurisprudenza di legittimità, lamentando altresì che la Corte territoriale avrebbe ‘omesso ogni valutazione sul tema della ragionevolezza della pretesa datoriale’;
1.2. il secondo motivo denuncia la violazione degli artt. 1362 e 1366 c.c., in combinato disposto con gli artt. 5 e 7 CCNL Industria, sostenendo che la disciplina collettiva richiamata ‘non può esser letta come giustificatrice di un assoluto e illimitato disin teresse per l’impegno quantitativo profuso dal lavoratore con mansioni direttive’;
1.3. il terzo motivo denuncia la violazione degli artt. 4 e 5 CCSL 29/12/2010 e 7/7/2018, in combinato disposto con l’art. 1 R.D. n. 692 del 1923 e art. 16, comma 5, d. lgs. n. 66 del 2003, ovvero, in subordine, violazione degli artt. 1362 e 1366 c.c., in relazione agli artt. 4 e 5 CCSL 29/12/2010 e 7/7/2018; si sostiene che le norme richiamate del Contratto Collettivo Specifico di lavoro del Gruppo Fiat vadano interpretate nel senso che ‘anche per i professional esiste una durata normale dell’orario di lavoro oltre la quale scatta il lavoro straordinario che, però, in forza delle deroghe di legge per il personale direttivo, non viene retribuito se non nei limiti di quanto previsto nella Indennità Funzioni Direttive, sempre che il numero di ore
di lavoro straordinario prestate, da provarsi, come è stato, da parte del lavoratore non superi il limite della ragionevolezza posto a garanzia della salute e della sicurezza del dipendente, ed individuato, sempre in forza dell’autonoma valutazione delle parti sociali in 260 ore annue o nel diverso limite che verrà ritenuto, con congrua motivazione, dal Giudice di merito’;
il primo motivo è fondato nei sensi espressi dalla seguente motivazione;
2.1. la Corte costituzionale, pur giudicando infondata la questione di illegittimità costituzionale della disciplina che non applica al personale direttivo delle aziende i limiti di durata massima dell’orario di lavoro, ha tuttavia precisato che ‘un limite quantitativo globale, ancorché non stabilito dalla legge o dal contratto in un numero massimo di ore di lavoro, sussiste pur sempre, anche per il personale direttivo, anzitutto in rapporto alla necessaria tutela della salute ed integrità fisiopsichica, garantita dalla Costituzione a tutti i lavoratori, e, sempre nel rispetto di questo principio, in rapporto alle obbiettive esigenze e caratteristiche dell’attività richiesta alle diverse categorie di dirigenti o funzionari con mansioni direttive: talché al giudice è sicuramente consentito esercitare, nelle singole fattispecie, un controllo sulla ragionevolezza della durata delle prestazioni di lavoro pretese dall’imprenditore, con riguardo alla natura delle funzioni espletate ed alle effettive condizioni ed esigenze del servizio, secondo i diversi tipi di imprese’ (Corte cost. n. 101 del 1975);
in coerenza con tali presupposti, si è formata una antica e costante giurisprudenza di questa Corte, secondo cui il diritto al compenso per lavoro straordinario va comunque riconosciuto ai dipendenti con funzioni direttive in due casi: a) quando la contrattazione collettiva contempli un diverso orario normale di
lavoro per il personale con detta qualifica, e tale orario venga in concreto superato; b) se la durata della prestazione valichi comunque il limite di ragionevolezza, escluso ogni riferimento all’orario contrattualmente previsto per altre categorie di lavoratori (Cass. n. 4 del 1988; Cass. n. 7036 del 1986; Cass. n. 2595 del 1995; Cass. n. 2476 del 1997; Cass. n. 16050 del 2004; Cass. n. 3038 del 2011; Cass. n. 21253 del 2012; Cass. n.18161 del 2018);
2.2. nella specie, anche nel caso in cui l’interpretazione della disciplina collettiva applicabile al rapporto, come ritenuto dalla Corte territoriale, sia nel senso della mancanza di previsioni che contemplino, anche per il personale direttivo, un orario normale di lavoro, tuttavia i giudici del gravame si sono sottratti al controllo del rispetto del limite della ragionevolezza; ossia non hanno verificato se, nella concretezza della vicenda sottoposta al loro giudizio, potesse dirsi valicato il limite della ragionevolezza, avuto riguardo non solo alla dimensione quantitativa della prestazione ma anche alle sue caratteristiche qualitative, per il tipo di mansioni espletate, in rapporto alle esigenze di tutela della salute e del riposo psico-fisico dei lavoratori;
la Corte ha, invece, ritenuto sufficiente escludere che nella specie fosse stata proposta una ‘domanda risarcitoria di inadempimento contrattuale dell’obbligo di preservare dall’usura psico -fisica del lavoratore’; ma il superamento del limite della ‘ragionevolezza’ secondo la giurisprudenza richiamata -fonda il diritto ad un compenso, secondo la valutazione equitativa del giudice, che è azione diversa rispetto al risarcimento del danno per violazione dell’art. 2087 c.c.;
pertanto, accolto il primo motivo di ricorso, gli altri possono essere assorbiti, in quanto successivi in ordine logico-giuridico;
la sentenza impugnata va cassata, con rinvio al giudice indicato in dispositivo che procederà a rinnovato esame della controversia uniformandosi a quanto statuito da questa Corte, anche sulla base dei precedenti richiamati, provvedendo poi alle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di Appello di Torino, in diversa composizione, anche per le spese.
Così deciso in Roma nell’adunanza camerale del 26 marzo 2025.