Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 7972 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 7972 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 25/03/2024
Oggetto: brevetto limitazione amministrativa
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 28636/2022 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difes a dall’AVV_NOTAIO
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli AVV_NOTAIO e NOME COGNOME, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo, sito in Roma , INDIRIZZO
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte di appello di Venezia n. 2329/2022, depositata il 2 novembre 2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 23 febbraio 2024 dal Consigliere NOME COGNOME;
RILEVATO CHE:
RAGIONE_SOCIALE propone ricorso per cassazione avverso la sentenza
della Corte di appello di Venezia, depositata il 14 ottobre 2022, che, in parziale riforma della sentenza del locale Tribunale, ha dichiarato che il prodotto RAGIONE_SOCIALE S, dalla medesima commercializzato tra il gennaio e luglio 2014, interferiva con l’ambito di tutela del la frazione nazionale del brevetto NUMERO_DOCUMENTO 2 460 399 B1 di titolarità della RAGIONE_SOCIALE, nella sua versione limitata, la ha condannata al pagamento in favore di quest’ultima della somma di euro 4.236,16, oltre interessi legali, a titolo di retroversione degli utili, oltre che alla restituzione degli importi ricevuti a titolo di spese processuali in esecuzione della sentenza di primo grado, e le ha inibito la produzione e commercializzazione, tramite qualsiasi modalità, del predetto prodotto RAGIONE_SOCIALE, nella prima versione, con penale nel caso di violazione dell’ordine ;
la Corte di appello ha riferito che il giudizio, preceduto da un ricorso per provvedimento d’urgenza , traeva origine dalla proposizione da parte della RAGIONE_SOCIALE di una domanda di contraffazione della frazione nazionale del menzionato brevetto europeo, avente a oggetto un utensile portatile utilizzato per la raccolta di piccoli frutti (cd. «abbacchiatore») posta in essere dalla RAGIONE_SOCIALE mediante la commercializzazione di uno strumento, denominato RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, e che nel corso di tale giudizio l’attri ce aveva chiesto la limitazione della privativa ex art. 79, terzo comma, cod. prop. ind. (ovvero, in subordine, la tutela dell ‘invenzione quale modello di utilità);
ha dato atto che il giudice di primo grado aveva respinto le domande attoree ritenendo che la limitazione brevettuale aveva determinato la cessazione della materia del contendere in ragione del venire meno del titolo originariamente azionato e che la domanda di contraffazione formulata con riferimento alla frazione nazionale del brevetto europeo, così come risultante a seguito della limitazione, doveva considerarsi una domanda nuova e, in quanto tale, era inammissibile, poiché proposta oltre il termine previsto;
ha, quindi, accolto il gravame evidenziando, in primo luogo, che la
limitazione del brevetto, operata dalla RAGIONE_SOCIALE in via amministrativa, non dava luogo a una nuova domanda di tutela della privativa, ma costituiva una rinuncia parziale all’ambito di tutela della stessa, i cui effetti operavano ex tunc sin dalla proposizione della domanda originaria;
in secondo luogo, richiamando le conclusioni della consulenza tecnica d’ufficio, ha ritenuto valido il titolo brevettuale azionato, così come risultante all’esito della limitazione, escludendo che con questa si sia ampliato l’ambito della tutela e riscontr ando i requisiti di novità e altezza inventiva, e ha accertato l’interferenza con tale ambito di protezione del prodotto RAGIONE_SOCIALE S, limitatamente alla sua prima versione, commercializzato dalla RAGIONE_SOCIALE dal gennaio al giugno 2014;
infine, ha proceduto alla liquidazione del danno lamentato dalla RAGIONE_SOCIALE facendo ricorso al criterio della retroversione degli utili e ha disposto le misure inibitorie conseguenziali;
il ricorso è affidato a sette motivi;
resiste con controricorso la RAGIONE_SOCIALE;
-le parti depositano memoria ai sensi dell’art. 380 -bis .1 cod. proc. civ.;
CONSIDERATO CHE:
con il primo motivo la ricorrente denuncia la violazione o falsa applicazione de ll’ art. 79 cod. prop. ind., per aver la sentenza impugnata erroneamente qualificato l’istanza avanzata dalla RAGIONE_SOCIALE nel corso del giudizio di primo grado quale istanza di limitazione «ex art. 79, ultimo comma, C.P.I.» e non già quale istanza amministrativa ex art. 79, primo comma, cod. prop. ind.;
evidenzia, sul punto, che l’art. 79, ultimo comma, cod. prop. ind. delinea una fattispecie, relativa agli effetti di concorrenti limitazioni di un brevetto europeo a seguito sia di procedura di cui alla Convenzione sul brevetto europeo, sia di procedura nazionale, che non era riferibile al caso in esame;
il motivo è inammissibile;
va preliminarmente rammentato che la rilevazione e l’ interpretazione del contenuto della domanda è attività riservata al giudice di merito e non è sindacabile in cassazione ove il dedotto errore attenga, come prospettato nel caso in esame, al momento logico relativo all’accertamento in concreto della volontà della parte (cfr. Cass. 22 settembre 2023, n. 27181; Cass. 13 agosto 2018, n. 20718; Cass. 27 gennaio 2016, n. 1545);
-la censura è, comunque, estranea all’ambito di applicazione del l’invocato n. 3 del primo comma dell’art. 360 cod. proc. civ., giacché essa non pone in discussione il significato e la portata applicativa della disposizione richiamata in rubrica, bensì l’ erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa che è attività riservata al giudice di merito (cfr. Cass., Sez. Un., 5 maggio 2006, n. 10313);
può, inoltre, osservarsi, con riferimento al contestato passaggio della sentenza di appello, che la Corte di appello ha richiamato l’art. 79 cod. proc. civ. per affermare l’equiparazione, sotto il profilo degli effetti giuridici, della limitazione giudiziale e di quella amministrativa, sostenendo, dunque, che anche quest’ultima , al pari della prima, dava luogo a una limitazione della domanda originariamente proposta e non già a una nuova domanda;
con il secondo motivo la ricorrente si duole della «motivazione obiettivamente incomprensibile» della decisione impugnata nella parte in cui «viene affermata la legittimità giudiziale e amministrativa all’interno di un giudizio di nullità » brevettuale;
il motivo è inammissibile;
la doglianza investe un passaggio motivazionale con il quale la Corte di appello provvede all’illustrazione dell’istituto della limitazione, affermando che «Essa può essere amministrativa o giudiziale, ipotesi quest’ultima introdotta con la riforma del 2010, e dalla formulazione
della norma può essere affermato che essa può essere proposta, nell’una e nell’altra ipotesi, pendente in giudizio di nullità brevettuale »; – tale passaggio motivazione non esprime la ratio decidendi , che, invece, è indicata nel successivo passaggio in cui si afferma la sostanziale identità degli effetti delle due modalità di limitazione del brevetto e, dunque, la inconfigurabilità della domanda di tutela del brevetto limitato in sede amministrativa nelle more del giudizio di nullità quale nuova domanda;
il motivo di ricorso, pertanto, non risulta essere concludente;
in ogni caso, non si ravvisa la dedotta incomprensibilità della motivazione, essendo chiaro il significato della sentenza sul punto, la quale ha ritenuto che nelle more del giudizio il titolare del brevetto può chiedere la limitazione della privativa sia in sede amministrativa, sia al giudice presso il quale pende il giudizio medesimo;
con il terzo motivo la ricorrente deduce la violazione o falsa applicazione degli artt. 79, terzo comma, cod. prop. ind., 163, 166, 167 e 183, sesto comma, cod. proc. civ. e 111 Cost.;
con tale censura lamenta che la Corte di appello ha fatto discendere dalla intervenuta limitazione amministrativa gli effetti propri della limitazione giudiziale, tra cui quello della proponibilità in ogni stato e grado del giudizio, e che, dunque, ha erroneamente consentito l’ingresso di domande di merito e istruttorie non tempestivamente articolate;
– il motivo è infondato;
questa Sezione ha condivisibilmente affermato che in tema di brevetto europeo rilasciato per l’Italia, ove tale brevetto sia assoggettato alla procedura di limitazione amministrativa, la relativa protezione deve ritenersi definita dal contenuto della limitazione con effetto retroattivo, a prescindere dalla nullità delle originarie rivendicazioni, successivamente modificate attraverso la menzionata procedura (cfr. Cass. 14 agosto 2019, n. 21402);
gli effetti della limitazione amministrativa, dunque, retroagiscono al momento del deposito della domanda di brevetto, per cui non assume rilievo, a tali fini, il momento in cui la richiesta di limitazione è presentata, né, tanto meno, il momento in cui tale richiesta è accolta; – una siffatta interpretazione è imposta dall’art. 68, secondo comma, della Convenzione sul Brevetto Europeo, oltre a essere coerente con l ‘ esigenza di ridurre il contenzioso in materia brevettuale, altrimenti frustrata se l’efficacia della limitazione decorresse dalla data in cui è emesso il provvedimento giacché in tal caso non verrebbe meno l’interesse del terzo a far accertare la nullità del brevetto nel periodo anteriore alla disposta limitazione al fine di escludere la lamentata contraffazione;
-tale interpretazione, inoltre, non pregiudica l’interesse de i terzi a una ragionevole certezza dei loro diritti, atteso che, determinando una riduzione dell’ambio di protezione del titolo, non dà luogo a una compressione dell ‘ambito delle attività lecitamente esperibili dai terzi medesimi;
orbene, la parte lamenta che il giudice abbia dato ingresso a istanze istruttorie, in relazione alla richiesta di consulenza tecnica d’ufficio, e a una nuova domanda, conseguente alla limitazione del brevetto, successivamente al maturarsi delle relative decadenze;
quanto al primo aspetto, si osserva che il mezzo istruttorio in oggetto ha carattere officioso, per cui la sua può essere disposto dal giudice indipendentemente dalla richiesta di una delle parti;
la consulenza tecnica d’ufficio, infatti, non costituisce un mezzo di prova rimesso alla disponibilità delle parti, ma è finalizzata all’acquisizione, da parte del giudice, di un parere tecnico necessario, o quanto meno utile, per la valutazione di elementi probatori già acquisiti o per la soluzione di questioni che comportino specifiche conoscenze (cfr. Cass. 13 gennaio 2020, n. 326; Cass. 21 aprile 2010, n. 9461; Cass. 14 maggio 2002, n. 5422);
quanto al secondo aspetto, si rileva che nel chiedere la tutela del brevetto vantato, così come risultante dalla limitazione conseguita, peraltro chiesta prima dell’inizio del processo ordinario di cognizione, la parte non ha proposto una nuova domanda di contraffazione, in quanto il titolo fatto valere è lo stesso, venendo solo ridotta l’am piezza dei diritti dallo stesso derivanti;
la limitazione amministrativa costituisce, infatti, al pari di quella giudiziale, un atto (parzialmente) abdicativo del diritto di privativa (cfr., in tema, Cass. 11 dicembre 2023, n. 34428) e, laddove fatta valere in sede giudiziale attraverso la modifica della domanda in senso riduttivo, dà luogo a una situazione assimilabile alla rinuncia parziale della domanda, in quanto tale utilmente prospettabile anche successivamente alla scadenza del termine per la precisazione e la modifica delle domande;
con il quarto motivo la ricorrente critica la sentenza di appello per violazione o falsa applicazione dell’art. 79 cod. prop . ind., nella parte in cui ha ritenuto che la limitazione brevettuale potesse essere avanzata giudizialmente anche nei casi in cui oggetto del giudizio non fosse la domanda di nullità del brevetto, ma la questione della nullità fosse introdotta quale eccezione del convenuto, finalizzata a paralizzare la domanda dell’attore ;
il motivo è inammissibile;
-la doglianza muove dall’assunto che la titolare del brevetto abbia operato una limitazione giudiziale dello stesso, che non trova riscontro nella sentenza impugnata, dalla quale si evince che la limitazione era avvenuta in sede amministrativa e che la parte aveva rappresentato tale circostanza al giudice, adeguando corrispondentemente la propria domanda;
orbene, il vizio di violazione o falsa applicazione di legge non può che essere formulato se non assumendo l’accertamento di fatto, così come operato dal giudice del merito, in guisa di termine obbligato,
indefettibile e non modificabile del sillogismo tipico del paradigma dell’operazione giuridica di sussunzione, là dove, diversamente (ossia ponendo in discussione detto accertamento), si verrebbe a trasmodare nella revisione della quaestio facti e, dunque, ad esercitarsi poteri di cognizione esclusivamente riservati al giudice del merito (cfr. Cass. 13 marzo 2018, n. 6035; Cass., 23 settembre 2016, n. 18715);
-il rispetto dell’accertamento del giudice di merito sul punto osta, dunque, alla possibilità di esaminare tale doglianza;
con il quinto motivo la ricorrente deduce l’omesso esame di un fatto decisivo e controverso del giudizio, allegando la mancanza di motivazione con riferimento alla statuizione relativa alla pubblicazione della sentenza disposta ai sensi dell’art. 126 cod. prop. ind.;
con il sesto motivo la ricorrente censura la sentenza di appello per violazione o falsa applicazione dell’art. 126 cod. prop. ind., nella parte in cui ha ordinato la pubblicazione della sentenza quale effetto automatico conseguente alla commissione di un illecito contraffattivo; -con l’ultimo motivo la ricorrente lamenta la violazione o falsa applicazione dell’art. 126 cod. prop. ind., per aver la Corte di appello omesso di prescrivere le modalità con cui la pubblicazione della sentenza deve avvenire;
i motivi, esaminabili congiuntamente, sono inammissibili;
la pubblicazione in uno o più giornali della sentenza che accerti la violazione dei diritti di proprietà industriale, ai sensi dell’art. 126, primo comma, cod. prop. ind. costituisce una misura discrezionale non collegata all’accertamento del danno, trattandosi di una sanzione autonoma, diretta a portare a conoscenza del pubblico la reintegrazione del diritto offeso, analogamente a quanto previsto dall’art. 2600 cod. civ. in materia di concorrenza sleale, con la conseguenza che la sua adozione, al pari della sua mancata adozione del relativo ordine da parte del giudice di merito non è sindacabile in sede di legittimità (cfr. Cass. 8 aprile 2022, n. 11362);
si rammenta, poi, che in materia di esecuzione forzata degli obblighi di fare spetta al giudice dell’esecuzione accertare la portata sostanziale della sentenza di cognizione e determinare le modalità di esecuzione dell’obbligazione idonee a ricondurre la situazione di fatto alla regolamentazione del rapporto ivi stabilita (cfr. Cass. 12 dicembre 2018, n. 32196);
pertanto, per le suesposte considerazioni, il ricorso non può essere accolto;
le spese processuali secondo il criterio della soccombenza che si liquidano come in dispositivo;
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese di giudizio di legittimità, che si liquidano in complessivi euro 10.000,00, oltre rimborso forfettario nella misura del 15%, euro 200,00 per esborsi e accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Rom a, nell’adunanza camerale del 23 febbraio 2024.