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Licenziamento timbratura fraudolenta: la Cassazione

Una lavoratrice è stata licenziata dopo che una collega ha timbrato il cartellino di uscita per lei, mentre si trovava già a casa. La Corte di Cassazione ha confermato la legittimità del licenziamento per timbratura fraudolenta, respingendo il ricorso della dipendente. La Corte ha ritenuto la condotta un grave inadempimento che lede irrimediabilmente il rapporto di fiducia con il datore di lavoro, rendendo inammissibile ogni tentativo di rivalutare i fatti in sede di legittimità.

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Pubblicato il 9 dicembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Licenziamento per Timbratura Fraudolenta: La Decisione della Cassazione

Il tema del licenziamento per timbratura fraudolenta è da sempre al centro del dibattito giuslavoristico, poiché tocca un punto nevralgico del rapporto di lavoro: la fiducia. Con l’ordinanza n. 21279 del 2024, la Corte di Cassazione torna a pronunciarsi su questo delicato argomento, confermando la legittimità del recesso datoriale di fronte a una condotta del dipendente volta ad alterare la registrazione delle presenze. Analizziamo insieme i dettagli di questa importante decisione.

I Fatti del Caso: La Timbratura Reciproca

Una lavoratrice di una struttura sanitaria privata veniva licenziata per giusta causa. L’addebito disciplinare si fondava su un episodio specifico: una collega aveva timbrato il suo cartellino marcatempo in uscita alle ore 19:02, mentre la lavoratrice interessata aveva in realtà lasciato il posto di lavoro alle 12:22, senza effettuare alcuna timbratura, e si trovava già presso la propria abitazione al momento della timbratura serale.

L’azienda, che già sospettava un uso “disinvolto e reciproco” dei cartellini da parte delle due dipendenti, aveva predisposto un controllo. Due testimoni, infatti, avevano osservato la collega strisciare due diversi cartellini, confermando così l’irregolarità. La successiva telefonata alla dipendente licenziata accertava la sua assenza dal luogo di lavoro.

Il Percorso Giudiziario e i Motivi del Ricorso

Dopo che sia il Tribunale di primo grado sia la Corte d’Appello (in sede di rinvio) avevano confermato la legittimità del licenziamento, la lavoratrice proponeva ricorso per cassazione, basandolo principalmente su due motivi:
1. Errata valutazione delle prove: La ricorrente lamentava una violazione di legge nella valutazione delle prove testimoniali e documentali, sostenendo che i fatti non fossero stati accertati correttamente.
2. Sproporzione della sanzione: In subordine, la lavoratrice contestava la sproporzione della sanzione espulsiva rispetto alla gravità del fatto commesso.

L’Analisi della Cassazione sul licenziamento per timbratura fraudolenta

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, rigettando entrambe le censure e fornendo chiarimenti cruciali sui limiti del giudizio di legittimità.

Inammissibilità del Motivo sulla Valutazione delle Prove

La Cassazione ha ribadito un principio consolidato: il giudizio di legittimità non può trasformarsi in un terzo grado di merito. Il ricorso, pur denunciando formalmente una violazione di legge (error in iudicando), mirava in sostanza a ottenere una nuova e diversa valutazione dei fatti e delle prove. Questo tipo di riesame è precluso alla Corte di Cassazione, il cui compito è verificare la corretta applicazione delle norme, non ricostruire gli eventi. La Corte ha sottolineato che l’accertamento del carattere fraudolento della condotta è una valutazione di fatto che, se adeguatamente motivata dai giudici di merito, non è sindacabile in sede di legittimità.

Reiezione del Motivo sulla Proporzionalità della Sanzione

Anche il secondo motivo è stato respinto. I giudici hanno affermato che la Corte d’Appello aveva correttamente applicato i principi legali e giurisprudenziali sulla giusta causa e sulla proporzionalità. La condotta della lavoratrice è stata ritenuta espressione di un “contegno fraudolento”, idoneo a ledere in modo irreparabile il rapporto fiduciario con il datore di lavoro. Tale comportamento, peraltro, era esplicitamente previsto come giusta causa di licenziamento dal contratto collettivo applicabile (CCNL Sanità privata), che sanziona con la massima misura chi “alteri o falsifichi le indicazioni del registro presenze o dell’orologio marcatempo”.

Le Motivazioni della Decisione

Il nucleo della decisione della Cassazione risiede nella distinzione tra il giudizio di fatto e il giudizio di diritto. La Corte non può sostituire la propria valutazione a quella dei giudici di merito, a meno che non emergano vizi logici o errori macroscopici nell’applicazione della legge. In questo caso, la Corte d’Appello aveva logicamente ricostruito i fatti basandosi su prove testimoniali e presunzioni, concludendo per la sussistenza di un accordo fraudolento tra le colleghe. Questa ricostruzione, essendo coerente e ben argomentata, non poteva essere messa in discussione. La gravità intrinseca della falsificazione della presenza, unita alla previsione contrattuale, ha reso la sanzione del licenziamento proporzionata e legittima.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa ordinanza rafforza un orientamento ormai stabile: l’alterazione volontaria delle registrazioni delle presenze costituisce una violazione talmente grave degli obblighi di diligenza e fedeltà da compromettere definitivamente la fiducia del datore di lavoro. Per i lavoratori, essa serve da monito sulla serietà degli obblighi legati alla corretta attestazione dell’orario di lavoro. Per i datori di lavoro, conferma la possibilità di adottare la massima sanzione disciplinare di fronte a condotte fraudolente accertate, a patto di seguire scrupolosamente la procedura disciplinare prevista dalla legge e dai contratti collettivi.

Un lavoratore può essere licenziato se un collega timbra il cartellino per lui?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, questa condotta rappresenta un comportamento fraudolento che lede in modo irreparabile il rapporto di fiducia con il datore di lavoro e costituisce una giusta causa di licenziamento, specialmente se il contratto collettivo lo prevede esplicitamente.

È possibile contestare in Cassazione la valutazione delle prove fatta dal giudice di merito?
No, di norma non è possibile. La Corte di Cassazione non può riesaminare i fatti o le prove. Il suo compito è verificare che la legge sia stata applicata correttamente. Un ricorso che mira a una nuova valutazione dei fatti viene dichiarato inammissibile.

La timbratura fraudolenta è sempre considerata una giusta causa di licenziamento?
Sì, la giurisprudenza è consolidata nel ritenerla una condotta che integra la giusta causa di licenziamento. La falsificazione della propria presenza sul luogo di lavoro è considerata una violazione grave degli obblighi di diligenza e fedeltà, tale da giustificare il recesso immediato dal rapporto di lavoro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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