Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 34589 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 34589 Anno 2024
Presidente:
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 27/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso 28289-2022 proposto da:
COGNOME elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 143/2022 della CORTE D’APPELLO DI CAGLIARI SEZIONE DISTACCATA DI SASSARI, depositata il 28/09/2022 R.G.N. 88/2022;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 07/11/2024 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Oggetto
R.G.N. 28289/2022
COGNOME
Rep.
Ud. 07/11/2024
CC
FATTI DI CAUSA
La Corte d’appello di Cagliari, sezione distaccata di Sassari, con la sentenza impugnata, per quanto qui rileva, accoglieva il reclamo incidentale proposto da Intesa Sanpaolo S.p.A. avverso la sentenza con cui il tribunale di Tempio Pausania aveva annullato il licenziamento intimato dalla stessa Banca a Sabatti Sergio il 19/9/2016 per tardività della contestazione, con riconoscimento della tutela indennitaria pari a 24 mesi dell’ultima retribuzione ex articolo 18, comma 5 legge 300/ 70 come mod. dalla l. 92/2012. La Corte sassarese dichiarava legittimo il licenziamento irrogato al lavoratore a seguito della definizione del procedimento penale promosso nei suoi confronti per fatti di furto aggravato.
A fondamento della sentenza, la Corte d’appello affermava che non sussisteva la tardività della contestazione del licenziamento, come accertata dal tribunale, atteso che nel giudizio non vi era alcuna prova che consentisse di sostenere che nel 2007, alla data della prima contestazione disciplinare -avvenuta per un altro episodio analogo di furto ai danni del cliente COGNOME -, la banca conoscesse anche i comportamenti, tenuti dal COGNOME nei confronti dei correntisti COGNOME e COGNOME, che avevano condotto al licenziamento irrogato dopo la definizione del procedimento penale nel 2016.
La conoscenza di tali ultimi fatti era ritenuta temporalmente collocata solo al momento della pubblicazione di un articolo di stampa in data 24/11/2012; la notizia giornalistica aveva reso noto il capo di imputazione mosso al COGNOME in ragione del quale veniva prima disposto l’allontanamento cautelare dal servizio in data 27/11/2012 e poi, con successiva raccomandata del 3/12/2012, veniva contestata la condotta di furto con destrezza aggravato dall’abuso della qualità di impiegato nei confronti de tre clienti.
Nelle more del processo penale il lavoratore era dapprima allontanato cautelarmente dal servizio, poi temporaneamente riammesso in attesa dell’esito definitivo del procedimento ed infine, a seguito della definitiva sentenza di condanna, nuovamente sospeso e poi licenziato in data 19.9.2016. Il licenziamento era preceduto da una lettera di contestazione del 16.8.2016 che, richiamato il contenuto della contestazione disciplinare mossa nel 2012 e riattivato il procedimento disciplinare all’epoca sospeso, aveva lo scopo di integrare gli addebiti già formulati con il dato della intervenuta condanna penale irrevocabile quale ‘fatto ulteriore di rilevantissima gravità che assume valore autonomo nell’ambito del rapporto di lavoro esistente’ .
Il Giudice d’appello valutava tempestiva la contestazione eseguita nel 2012 (‘… consente di affermare la tempestività della contestazione disciplinare relativa alla condotta di furto con destrezza commessa dal COGNOME nei confronti dei correntisti COGNOME e COGNOME posto che, prima della pubblicazione della notizia giornalistica, non vi Ł in atti un solo documento da cui emergerebbe che l’azienda sia stata a conoscenza dei comportamenti posti in essere dal dipendente anche nei confronti di detti due correntisti asseritamente valutandoli come irrilevanti disciplinarmente’) in relazione alla quale era stato sospeso il procedimento disciplinare, ai sensi dell’art. 41 c.c.n.l. , in attesa dell’esito del giudizio penale , contestazione integrata nel 2016 a seguito della intervenuta condanna definitiva
Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione COGNOME Sergio affidato a due motivi di censura, ai quali ha resistito intesa Sanpaolo SRAGIONE_SOCIALEp.RAGIONE_SOCIALE.
Le parti hanno depositato memorie prima dell’udienza
RAGIONI DELLA DECISIONE
1)- Con il primo motivo di ricorso si deduce l’omesso esame del fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti relativo alla conoscenza dei fatti posti a base del licenziamento già sin dal marzo del 2007; in particolare l’omesso esame di quattro decisive risultanze istruttorie comprovanti detta conoscenza ex articolo 360 n. 5 c.p.c.
Con tale motivo parte ricorrente vuole evidenziare, ai fini della valutazione della tempestività della contestazione, la mancata considerazione da parte del giudice di appello di risultanze processuali attestative della conoscenza dei fatti in questione già dal 2007, quali le corrispondenze della Direttrice della filiale di San Teodoro, NOME COGNOME la Relazione del 30 maggio 2007 relativa ai fatti in questione e le testimonianze in giudizio della stessa Direttrice e del funzionario dell’ufficio del pe rsonale NOME COGNOME
Deve preliminarmente ribadirsi che, con riguardo al vizio denunciato questa Corte ha avuto modo di chiarire che ‘In tema di ricorso per cassazione costituisce fatto (o punto) decisivo ai sensi del’art.360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. quello la cui differente considerazione è idonea a comportare, con certezza, una decisione diversa (Cass. n.18368/2013; Cass. n. 17761/2016)
Ha anche specificato che ‘L’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., riformulato dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012 (conv., con modif., dalla l. n. 134 del 2012), introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti ed abbia carattere decisivo, ossia idoneo a determinare un esito diverso della controversia’ ( Cass. n.23238/2017)
La decisività del ‘fatto’ omesso assume nel vizio considerato dalla disposizione richiamata rilevanza assoluta poiche’ determina lo stretto nesso di causalità tra il fatto in questione e la differente decisione (non solo eventuale ma certa). Tale condizione deve dunque essere chiaramente allegata dalla parte che invochi il vizio, onerata di rappresentare non soltanto l’omissione compiuta ma la sua assoluta determinazione a modificare l’esito del giudizio.
Calando i richiamati principi al caso in esame non puo’ che evidenziarsi come le circostanze denunciate come decisive in realtà sono state considerate dalla sentenza impugnata che ne riporta il riferimento e comunque vagliate nell’insieme delle circostanze fattuali che hanno determinato il definitivo convincimento. La corte territoriale ha infatti dato atto delle comunicazioni intervenute tra la direttrice della Filiale ed il funzionario dell’ufficio del personale e di come, rispetto ai fatti in esse riportati, la banca avesse irrogato la sanzione conservativa solo con riguardo alla denuncia effettuata dal cliente sig. COGNOME non risultando, in quel momento, eguali denunce da parte degli altri clienti (Asole e Amadori).
Deve dunque ribadirsi che l’omesso esame di taluni elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice , ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze (Cass. SU n. 8053/2014; Cass. n. 17005/2024).
Nel caso di specie, la sentenza d’appello ha valutato gli elementi di prova testimoniale (deposizione teste COGNOME) e documentali
( ‘ il servizio auditing si limita(va) a segnalare diversi comportamenti di cui uno solo appare riguardare i fatti per cui Ł giudizio: ma ancora una volta nulla Ł riferito con riferimento alla posizione degli altri due correntisti indicati nel capo di imputazione e nel
documento di contestazione disciplinare del 2012′ ) ed ha ritenuto non raggiunta la prova della conoscenza da parte della Banca, all’epoca della contestazione disciplinare del 2007, anche dei comportamenti tenuti dal Sabatti nei confronti dei correntisti Asole e Amadori.
La piena conoscenza dei fatti intervenuti è stata poi raggiunta, nella valutazione della sentenza, soltanto a seguito delle notizie giornalistiche relative ai comportamenti dei Sabatti. Si tratta dunque di una valutazione complessiva effettuata dalla corte di merito, anche alla luce dell’intero quadro fattuale, che non può dare ingresso al vizio denunciato, ma che, piuttosto, costituisce una prospettazione valutativa differente, non vagliabile in questa sede di legittimità.
Per tali motivi la censura deve pertanto essere disattesa.
2)Col secondo motivo di ricorso, in via subordinata, si deduce violazione e falsa applicazione dell’articolo 654 c.p.c. ex articolo 360 numero 3 c.p.c. posto che la Corte d’appello, una volta esclusa la violazione del principio di immediatezza, in ordine alla sussistenza del fatto abbia attribuito rilevanza assoluta all’accertamento di cui alla sentenza penale passata in giudicato.
Parte ricorrente, in sostanza, si duole della mancanza di autonomia nell’accertamento e nella valutazione dei fatti illeciti, ritenendo che la corte avesse recepito automaticamente l’esito del giudizio penale.
Occorre precisare che nella impugnata sentenza la corte sassarese evidenzia come la condanna penale definitiva di un proprio dipendente per fatti collegati all’attività di lavoro non solo è destinata ad incidere sulla fiducia dei correntisti nei confronti dell’esercente l’attività bancaria, ma inevitabilmente anche sulla fiducia della stessa Banca nei confronti del proprio dipendente, e ciò a prescindere dall’eventuale danno economico
prodotto dai comportamenti illeciti. Tali considerazioni, basate sulla necessità del rapporto fiduciario nel rapporto di lavoro, sicuramente scaturenti dalla intervenuta sentenza penale passata in giudicato rispetto ai reati ascritti, costituiscono valutazione specifica su effetti e circostanze strettamente collegate al rapporto di lavoro e sono dunque autonomamente assunte quale ragione del recesso (come evidenziato nella contestazione del 18.6.2016) e, pertanto, dimostrative del percorso valutativo autonomo non meramente riproduttivo della decisione assunta in sede penale.
La censura è priva di fondamento. Il ricorso deve conclusivamente essere rigettato.
Le spese seguono il principio di soccombenza.
Si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, ove dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in E. 4.000,00 per compensi ed E. 200,00 per spese oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma quater del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, ove dovuto. Cosi’ deciso in Roma il 7 novembre 2024.
Il presidente estensore NOME COGNOME