Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 14172 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 14172 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 27/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso 8236-2024 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa ope legis dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO;
– ricorrente –
contro
COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 637/2023 della CORTE D’APPELLO di SALERNO, depositata il 16/02/2024 R.G.N. 238/2023; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 27/03/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Oggetto
Licenziamento disciplinare
R.G.N. 8236/2024
COGNOME
Rep.
Ud. 27/03/2025
CC
RILEVATO CHE
la Corte di Appello di Salerno, con la sentenza impugnata, nell’ambito di un procedimento ex lege n. 92 del 2012, in riforma della pronuncia di primo grado, ha annullato il licenziamento disciplinare intimato in data 28/29 gennaio 2019 a COGNOME Alfonso dall’Agenzia delle Entrate – Riscossione, applicando le tutele previste dal comma 4 dell’art. 18 St . lav.;
la Corte, in estrema sintesi, in accoglimento del motivo di gravame che lamentava la ‘tardività della contestazione disciplinare’, ha ritenuto, con articolata motivazione, che ‘il periodo di tempo intercorso dalla chiusura delle attività di audit interno del 12.3.2018 alla nota di trasmissione all’ufficio competente per i procedimenti disciplinari del 3.12.2018’ violasse il principio della ‘immediatezza della reazione disciplinare’;
ha argomentato: ‘intempestività della contestazione e ridimensionata gravità oggettiva dei fatti non affievoliscono il disvalore della condotta ma, valorizzata l’assenza di interessi privati, favoritismi, e indebite agevolazioni dolose, consentono di ritenere svilita la declinata fiducia datoriale e rafforzate le ragioni di un incrementato affidamento del lavoratore nella prosecuzione del rapporto di lavoro’;
dal punto di vista della tutela, la Corte ha ritenuto che ‘non si tratta tuttavia di una violazione procedurale poiché non è previsto nel contratto collettivo il termine di decadenza dell’esercizio del potere disciplinare, bensì di una lesione non solo formale ma sostanziale del principio di tempestività, in conseguenza del quale discende non l’applicazione della tutela di cui all’art. 18 co. 6 St. lav., bensì quella reintegratoria del 4 comma’;
per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso la soccombente Agenzia per il tramite dell’Avvocatura erariale con tre motivi; ha resistito con controricorso l’intimato; la parte controricorrente ha comunicato memoria; all’esito della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nel termine di sessanta giorni;
CONSIDERATO CHE
i motivi di ricorso possono essere come di seguito sintetizzati; 1.1. il primo denuncia: ‘Erronea interpretazione e applicazione dell’art. 7, l. 300/1970, in combinato disposto con gli artt. 1175 e 1375 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c. Illegittimità della sentenza, con riguardo alla dichiarata tardività della contestazione disciplinare. Violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4) c.p.c. Violazione dell’art. 132, comma 1, n. 4) c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4) c.p.c. Nullità della sentenza’; si contesta la sentenza impugnata per aver ritenuto intempestiva la contestazione disciplinare;
1.2. il secondo motivo denuncia: ‘Violazione dell’art. 132, comma 1, n. 4) c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4) c.p.c. Nullità della sentenza nella parte in cui, con motivazione apparente, sostiene la necessità di ponderare ‘fiducia datoriale’ e ‘affidamento del lavoratore’. Violazione dell’art. 360, comma 1, n. 5) c.p.c., con riguardo all’omesso esame del fatto che il dipendente ha fornito i propri servizi a terzi principalmente residenti nel proprio comune di residenza, fatto decisivo rispetto alla qualificazione della ‘giusta causa’ del licenziamento. Erronea interpretazione e applicazione dell’art. 2119 c.c. e dell’art. 38, in combinato disposto con l’art. 32, C.C.N.L. del 9
aprile 2008, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c. Illegittimità della sentenza nella parte in cui non applica la disciplina normativa del licenziamento per giusta causa’; si criticano i passaggi motivazionali che, sebbene con la ‘finalità di consentire la qualificazione della lesione del principio di tempestività come sostanziale’, hanno giudicato non gravi le condotte contestate al dipendente;
1.3. il terzo motivo deduce: ‘Erronea interpretazione e applicazione dell’art. 18, commi 4, 5 e 6, l. 300/1970, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c. Illegittimità della sentenza con riguardo al rimedio applicato’; si richiama l’insegnamento giurisp rudenziale secondo cui anche nel caso di ritardo notevole e non giustificato della contestazione dell’addebito posto a base del provvedimento di recesso la sanzione applicabile è quella prevista dal comma 5 dell’art. 18 novellato; si auspica anche un ripensamento della giurisprudenza di legittimità nel senso di affermare che, in tali casi, la tutela da apprestare sarebbe quella minore indennitaria di cui al comma 6 dell’art. 18 medesimo;
i primi due motivi di ricorso, scrutinabili congiuntamente per
connessione, non possono trovare accoglimento;
le doglianze contenute in entrambi i motivi in cui si eccepisce la nullità della sentenza, ai sensi del n. 4 dell’art. 360 c.p.c., per violazione dell’art. 132, comma 1, n. 4, c.p.c., sono infondate; come noto, le Sezioni unite di questa Corte hanno ritenuto che l’anomalia motivazionale, implicante una violazione di legge costituzionalmente rilevante, integri un error in procedendo che comporta la nullità della sentenza solo nel caso di “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, di “motivazione apparente”, di “contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili”, di “motivazione perplessa ed
obiettivamente incomprensibile” (Cass. SS.UU. nn. 8053 e 8054 del 2014);
si è ulteriormente precisato che di ‘motivazione apparente’ o di ‘motivazione perplessa e incomprensibile’ può parlarsi laddove essa non renda ‘percepibili le ragioni della decisione, perché consiste di argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscer e l’ iter logico seguito per la formazione del convincimento, di talché essa non consenta alcun effettivo controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento del giudice’ (Cass. SS.UU. n. 22232 del 2016).;
il che non ricorre nella specie in quanto è certamente percepibile il percorso motivazionale seguito dalla Corte territoriale per accogliere il motivo di gravame che lamentava ‘la tardività della contestazione disciplinare’ e non è sufficiente a determinar e il vizio radicale della nullità della sentenza né una eventuale insufficienza della motivazione, né, tanto meno, la circostanza che la medesima non soddisfi le aspettative di chi è rimasto soccombente;
per il resto le censure sono inammissibili laddove denunciano solo formalmente errores in iudicando ex art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., nella sostanza criticando apprezzamenti di merito, ovvero evocano il vizio di cui al n. 5 della stessa disposizione al di fuori dei canoni imposti dalle pronunce delle Sezioni unite del 2014 innanzi richiamate;
va infatti ribadito il risalente insegnamento secondo cui ‘la valutazione della tempestività della contestazione costituisce giudizio di merito’ (Cass. n. 1247 del 2015; Cass. n. 5546 del 2010; Cass. n. 29480 del 2008; Cass. n. 14113 del 2006) e la ‘intempestività della contestazione’, in accoglimento del relativo motivo di reclamo che ne lamentava la ‘tardività’, costituisce la essenziale ratio decidendi della sentenza
impugnata che ha condotto all’annullamento del licenziamento quale ‘lesione non solo formale ma sostanziale’, di modo che le valutazioni pure contenute in motivazione circa la non gravità delle condotte contestate – di cui comunque viene riconosciuto il ‘disvalore’ dal punto di vista disciplinare – sono da ritenere esclusivamente funzionali a sorreggere l’argomentazione che la tardività del recesso configurasse, nella specie, una violazione non meramente ‘procedurale’;
3. il terzo motivo è, invece, fondato;
la Corte territoriale non si è confrontata con l’insegnamento espresso dalle Sezioni unite di questa Corte che hanno esplicitamente risolto la questione di massima importanza ‘concernente l’individuazione della tutela applicabile in caso di tardività della contestazione disciplinare per fatti ricadenti nella previsione dell’art. 18 della legge n. 300/70 nel testo vigente a seguito dell’introduzione dell’art. 1, comma 42, della legge n. 91/2012’ (Cass. SS.UU. n. 30985 del 2017);
in tale pronuncia il Supremo Collegio ha innanzitutto ritenuto non condivisibile l’orientamento -che pure aveva trovato sostegno in Cass. n. 2513 del 2017 secondo cui ‘il fatto non tempestivamente contestato dal datore di lavoro dovrebbe essere considerato insussistente, con violazione radicale dell’art. 7 dello statuto dei lavoratori che impedirebbe al giudice di valutare la commissione effettiva dello stesso fatto anche ai fini della scelta tra i vari regimi sanzionatori’;
si è invece affermato che laddove l’illecito disciplinare posto a base del licenziamento ‘non sia stato preceduto da tempestiva contestazione, si è fuori dalla previsione di applicazione della tutela reale nella forma attenuata di cui al quarto comma del novellato art. 18 dello Statuto dei lavoratori che è, invece, contemplata per il caso di licenziamento ritenuto gravemente
infondato in considerazione dell’accertata insussistenza del fatto’;
pertanto, ‘escluso che la tardività della contestazione dell’illecito disciplinare possa essere sanzionata attraverso il rimedio della tutela reale piena o depotenziata di cui all’art. 18’ è stato affermato il principio di diritto non applicato dalla Corte territoriale secondo cui: “La dichiarazione giudiziale di risoluzione del licenziamento disciplinare conseguente all’accertamento di un ritardo notevole e non giustificato della contestazione dell’addebito posto a base dello stesso provvedimento di recesso, ricadente “ratione temporis” nella disciplina dell’art. 18 della legge n. 300 del 1970, così come modificato dal comma 42 dell’art. 1 della legge n. 92 del 28.6.2012, comporta l’applicazione della sanzione dell’indennità come prevista dal quinto comma dello stesso art. 18 della legge n. 300/1970.” (tra le successive conf. v. Cass. n. 12231 del 2018);
lo stesso precedente rappresentato da Cass. n. 10802 del 2023, pure richiamato dalla sentenza impugnata, si avvale esplicitamente dell’arresto delle Sezioni unite citate per cassare una pronuncia di merito che aveva erroneamente applicato la tutela reinteg ratoria prevista dal comma 4 dell’art. 18 St. lav. ed affidare al giudice del rinvio il compito di verificare che ‘il ritardo nella comunicazione del licenziamento non risulti, con accertamento in fatto riservato al giudice di merito, notevole e ingiustificato, tale da ledere in senso non solo formale ma anche sostanziale il principio di tempestività, per l’affidamento in tal modo creato nel lavoratore sulla mancanza di connotazioni disciplinari del fatto e per la contrarietà del ritardo datoriale agli obbl ighi di correttezza e buona fede’; e solo in tal caso il giudice del rinvio potrà applicare la tutela di cui comma 5 dell’art. 18
St. lav. in luogo di quella indennitaria minore del comma 6, ma certo non la tutela reintegratoria cd. ‘attenuata’ applicata invece al caso sottoposto all’attenzione di questo Collegio;
pertanto, deve essere accolto il terzo motivo di ricorso con rigetto degli altri e cassazione della sentenza impugnata e rinvio al giudice indicato in dispositivo che si uniformerà a quanto statuito in ordine alla tutela applicabile, provvedendo anche alle spese del giudizio di legittimità;
P.Q.M.
La Corte accoglie il terzo motivo di ricorso e rigetta gli altri; cassa la sentenza impugnata in relazione alla censura accolta e rinvia alla Corte di Appello di Salerno, in diversa composizione, anche per le spese.
Così deciso in Roma nell’adunanza camerale del 27 marzo 2025.