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Licenziamento soggettivo: CCNL non vincolante

Un lavoratore addetto alla raccolta rifiuti viene licenziato per negligenza. La Corte d’Appello ritiene il licenziamento sproporzionato, condannando l’azienda a un’indennità. La Corte di Cassazione, con ordinanza 15357/2025, ha rigettato sia il ricorso del lavoratore, che invocava una tutela maggiore basata sul CCNL, sia quello dell’azienda, che contestava la valutazione di non gravità della condotta. La Corte ha chiarito che le previsioni del CCNL sul licenziamento per giustificato motivo soggettivo non sono un elenco tassativo e il giudice può valutare autonomamente la gravità dei fatti, ampliando e non limitando le ipotesi di recesso.

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Pubblicato il 28 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Licenziamento per Giustificato Motivo Soggettivo: La Cassazione e il Ruolo del CCNL

Il licenziamento per giustificato motivo soggettivo rappresenta uno dei temi più dibattuti nel diritto del lavoro. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti cruciali sul rapporto tra la valutazione del giudice e le previsioni dei Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro (CCNL) in materia disciplinare. La pronuncia analizza il caso di un lavoratore licenziato per negligenza, la cui difesa si basava sull’assenza dei presupposti per il recesso previsti dal CCNL di settore. Vediamo nel dettaglio la vicenda e i principi affermati dai giudici.

I Fatti del Caso: dalla Negligenza al Licenziamento

Un dipendente di una cooperativa sociale, impiegato nella raccolta dei rifiuti urbani, veniva licenziato per non aver eseguito in modo completo e preciso il ritiro della frazione organica in alcuni giorni specifici. In primo grado, il licenziamento veniva gestito in un certo modo, ma la Corte d’Appello ribaltava la decisione. I giudici di secondo grado, pur riconoscendo la condotta del lavoratore, ritenevano il licenziamento una sanzione sproporzionata rispetto alla mancanza commessa. Di conseguenza, dichiaravano risolto il rapporto di lavoro e condannavano la società a versare al lavoratore un’indennità pari a dodici mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto.

Il Ricorso in Cassazione: CCNL contro Gravità della Condotta

Insoddisfatte della decisione, entrambe le parti si rivolgevano alla Corte di Cassazione.

La Tesi del Lavoratore

Il lavoratore sosteneva che la Corte d’Appello avesse errato nell’applicare le norme del CCNL di settore (Fise Igiene Ambiente). Secondo la sua interpretazione, il licenziamento per giustificato motivo soggettivo sarebbe stato possibile solo in presenza di specifici presupposti, ovvero almeno tre precedenti disciplinari negli ultimi due anni con sospensione. In assenza di tali condizioni, si sarebbe dovuta applicare una sanzione conservativa, con conseguente diritto a una tutela differente (reintegrazione attenuata).

La Tesi dell’Azienda

La cooperativa, con un ricorso incidentale, lamentava che la Corte d’Appello avesse sottovalutato la gravità della condotta del dipendente, non riconoscendo la sussistenza di una ‘giusta causa’ o, quantomeno, di un giustificato motivo soggettivo idoneo a legittimare il recesso.

Il Licenziamento per Giustificato Motivo Soggettivo nel Contesto del CCNL

La Corte di Cassazione ha rigettato entrambi i ricorsi, offrendo una lezione di diritto fondamentale. La questione centrale era se le previsioni del CCNL costituissero un limite invalicabile per il datore di lavoro e per il giudice nella valutazione della legittimità di un licenziamento per giustificato motivo soggettivo.

La Corte ha chiarito che le previsioni dei contratti collettivi in materia di sanzioni disciplinari hanno, di norma, una valenza esemplificativa e non precludono una valutazione autonoma da parte del giudice. Il loro scopo è orientare, non ingabbiare.

L’Interpretazione dell’Art. 73 del CCNL

Analizzando la norma collettiva invocata dal lavoratore, i giudici hanno concluso che la previsione del licenziamento in caso di recidiva (tre sanzioni in due anni) non serviva a limitare i casi di licenziamento, ma, al contrario, ad ampliare l’area della recedibilità. In altre parole, quella norma introduceva un’ipotesi specifica in cui il licenziamento con preavviso era da considerarsi sempre giustificato, a prescindere da un’ulteriore valutazione di gravità. Ciò non escludeva, però, che altre condotte, pur non rientrando in quella casistica, potessero essere ritenute dal giudice sufficientemente gravi da giustificare il licenziamento.

La Valutazione di Proporzionalità è Riservata al Giudice di Merito

Riguardo al ricorso dell’azienda, la Cassazione ha ribadito un principio consolidato: la valutazione sulla proporzionalità tra la sanzione e l’infrazione è un giudizio di fatto, demandato ai giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello). Tale valutazione non può essere riesaminata in sede di legittimità, a meno che non si denunci un vizio specifico, come l’omesso esame di un fatto decisivo e controverso. Nel caso di specie, l’azienda si era limitata a contrapporre la propria valutazione di gravità a quella, motivata, della Corte d’Appello, un’operazione non consentita davanti alla Cassazione.

Le Motivazioni della Corte

La Corte ha respinto il ricorso del lavoratore perché la sua argomentazione si basava su un’errata interpretazione della norma collettiva. Il CCNL non stabilisce un elenco tassativo di condotte punibili con il licenziamento, ma fornisce una guida. Il criterio fondamentale rimane sempre la ‘gravità’ dell’infrazione, che deve essere valutata caso per caso. Il licenziamento con preavviso, quindi, poteva essere legittimo anche in assenza dei presupposti di recidiva indicati dal contratto, qualora la condotta fosse stata ritenuta di per sé sufficientemente grave.

Ha altresì respinto il ricorso dell’azienda perché la contestazione riguardava l’apprezzamento dei fatti (la valutazione della proporzionalità), un ambito riservato al giudice di merito e non sindacabile in Cassazione se non per vizi procedurali specifici, che nel caso in esame non erano stati correttamente formulati.

Conclusioni

Questa ordinanza riafferma due principi chiave nel diritto del lavoro disciplinare:
1. I CCNL non esauriscono le ipotesi di licenziamento: Le clausole disciplinari dei contratti collettivi sono tendenzialmente esemplificative. Il giudice conserva il potere di valutare autonomamente se una condotta, anche se non prevista espressamente dal CCNL, sia così grave da giustificare un licenziamento per giustificato motivo soggettivo.
2. La proporzionalità è un giudizio di fatto: La decisione sulla proporzionalità della sanzione è di competenza esclusiva dei giudici di primo e secondo grado. La Corte di Cassazione interviene solo per verificare la correttezza del metodo giuridico seguito e non per sostituire la propria valutazione a quella del giudice di merito.

Le previsioni del contratto collettivo (CCNL) sul licenziamento sono sempre vincolanti per il giudice?
No. Secondo la Corte, le previsioni dei contratti collettivi in materia disciplinare hanno generalmente una valenza esemplificativa e non precludono l’autonoma valutazione del giudice sulla gravità della condotta e sull’idoneità a compromettere il vincolo fiduciario.

Un licenziamento per giustificato motivo soggettivo è valido anche senza i precedenti disciplinari richiesti dal CCNL?
Sì. La Corte ha chiarito che la previsione del CCNL che collega il licenziamento a determinate ipotesi di recidiva non limita le possibilità di recesso, ma piuttosto le amplia, riconoscendo una presunzione di gravità in quei casi specifici. Ciò non esclude che altre condotte possano essere ritenute autonomamente gravi da giustificare il licenziamento.

La Corte di Cassazione può riesaminare la gravità di un’infrazione disciplinare valutata dal giudice di merito?
No. Il giudizio sulla proporzionalità tra infrazione e sanzione è una valutazione di fatto riservata al giudice di merito (Tribunale e Corte d’Appello). La Cassazione non può riesaminare tale valutazione, ma solo verificare la correttezza giuridica del ragionamento seguito, a condizione che vengano denunciati specifici vizi processuali.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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