Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 15357 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 15357 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 09/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso 16427-2021 proposto da:
NOME, domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente principale –
contro
CONSORZIO RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA DELLA RAGIONE_SOCIALE DI RAGIONE_SOCIALE, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
ricorrente incidentale -nonché contro
NOMECOGNOME
ricorrente principale – controricorrente incidentale –
Oggetto
R.G.N.16427/2021
COGNOME
Rep.
Ud.27/02/2025
CC
avverso la sentenza n. 100/2021 della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI, depositata il 12/04/2021 R.G.N. 237/2020; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 27/02/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Rilevato che
La Corte di appello di Cagliari, in accoglimento per quanto di ragione del reclamo proposto da NOME COGNOME in riforma della sentenza di primo grado, ha dichiarato risolto il rapporto di lavoro fra le parti dal 23 settembre 2017 ed ha condannato la datrice di lavoro RAGIONE_SOCIALE a corrispondere al lavoratore un’indennità pari a dodici mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto.
La statuizione di riforma è stata fondata sul difetto di proporzionalità del licenziamento intimato al COGNOME sulla base di contestazione che ascriveva al dipendente, addetto alla raccolta dei rifiuti urbani, di non avere eseguito nei giorni indicati nella lettera di addebito in modo completo e preciso il ritiro dell’organico.
Per la cassazione della decisione ha proposto ricorso NOME COGNOME sulla base di un unico motivo; la cooperativa intimata ha resistito con controricorso e contestuale ricorso incidentale affidato ad un unico motivo.
Entrambe le parti hanno depositato memoria.
Considerato che
Con l’unico motivo di ricorso principale NOME COGNOME deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 70 e 73 c.c.n.l. Fise Igiene Ambiente, censurando la sentenza impugnata per non avere fatto corretta applicazione della norma collettiva in
tema di licenziamento per giustificato motivo soggettivo. Sostiene che in difetto del presupposto- almeno tre precedenti disciplinari negli ultimi due anni con sospensione complessiva pari a venti giorni -stabilito dal contratto collettivo per l’intimazio ne del licenziamento per giustificato motivo soggettivo, doveva trovare applicazione una sanzione con ogni conseguenza in tema di tutela applicabile (art. 18 comma 4, anziché comma 5°, l. n. 300/1970, nel testo applicabile ratione temporis ).
Con l’unico motivo di ricorso incidentale RAGIONE_SOCIALE deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 2119 c.c. censurando la sentenza impugnata per avere la Corte di merito, al fine della verifica della ‘giusta causa’ di l icenziamento, omesso di valorizzare la gravità dell’inadempimento posto in essere dal lavoratore <> ( ricorso incidentale, pag. 14).
I motivi sono entrambi da respingere.
3.1. Occorre premettere che la Corte di merito, ritenuti accertati i fatti oggetto di addebito, ha comparato le condotte ascritte con le previsioni del codice disciplinare in tema di licenziamento per giusta causa e di licenziamento per giustificato motivo soggettivo. In relazione al primo profilo ha evidenziato che la norma collettiva (art. 73 c.c.n.l. cit.) punisce con il licenziamento senza preavviso comportamenti molto più gravi della banale negligenza imputabile al Medda; in relazione al secondo profilo ha rilevato che il recesso con preavviso richiede il verificarsi di un presupposto di fatto – tre precedenti disciplinari negli ultimi due anni con applicazione della sanzione disciplinare
della sospensione per complessivi venti giorni- in concreto insussistente.
3.2. Le ragioni alla base della decisione non sono validamente incrinate dalle censure formulate con i ricorsi, principale ed incidentale.
3.3. Tale valutazione non è validamente incrinata dalle censure articolate con i motivi di ricorso principale ed incidentale.
3.4. Invero, con riferimento al motivo di ricorso incidentale che per ragioni di ordine logico giuridico si esamina con priorità, si premette che parte ricorrente incidentale, pur muovendo dalla corretta ricostruzione dei principi enucleati dal giudice di legittimità in tema di ‘giusta causa’ ex art. 2119 c.c. formula censure che per come concretamente articolate si collocano al di fuori del perimetro del sindacato riservato alla Corte di cassazione.
3.5. Va ricordato che la giusta causa è una nozione che la legge, allo scopo di un adeguamento delle norme alla realtà da disciplinare, articolata e mutevole nel tempo, configura con una disposizione (ascrivibile alla tipologia delle c.d. clausole generali) di limitato contenuto, delineante un modello generico che richiede di essere specificato in sede interpretativa mediante la valorizzazione sia di fattori esterni relativi alla coscienza generale, sia di principi che la stessa disposizione tacitamente richiama. Tali specificazioni del parametro normativo hanno natura giuridica e la loro disapplicazione è deducibile in sede di legittimità come violazione di legge, mentre l’accertamento della concreta ricorrenza, nel fatto dedotto in giudizio, degli elementi che integrano il parametro normativo e le sue specificazioni e
della loro concreta attitudine a costituire giusta causa di licenziamento, si pone sul diverso piano del giudizio di fatto, demandato al giudice di merito e incensurabile in cassazione se privo di errori logici o giuridici (Cass. n. 8254 del 2004, n. 5095/2011 e, Cass. 6498/2012). L’attività di integrazione del precetto normativo di cui all’art. 2119 c.c. (norma c.d. elastica), compiuta dal giudice di merito – ai fini della individuazione della giusta causa di licenziamento mediante riferimento alla “coscienza generale”, è sindacabile in cassazione a condizione che la contestazione del giudizio valutativo operato in sede di merito non si limiti ad una censura generica e meramente contrappositiva, ma contenga, invece, una specifica denuncia di non coerenza del predetto giudizio rispetto agli “standards”, conformi ai valori dell’ordinamento esistenti nella realtà sociale (Cass. n. 9266 del 2005, v. pure Cass. n.4984/2014).
3.6. La modalità di articolazione delle censure formulate con il motivo di ricorso incidentale in esame non è conforme alle richiamate indicazioni del giudice di legittimità: parte ricorrente, infatti, pur formalmente denunziando la non conformità del giudizio espresso dal giudice di merito agli standars presenti nell’ordinamento e nella coscienza sociale neppure individua quale sia il parametro normativo, in tesi in contrasto con detti standards al quale la Corte di merito avrebbe ancorato la verifica della sussistenza della giusta causa di licenziamento, limitandosi ad una valutazione meramente contrappositiva in punto di gravità del fatto a quella fatta propria dal giudice di merito. Le critiche articolate, infatti, tendono, piuttosto, a contestare la ritenuta non proporzionalità del licenziamento quale in concreto effettuata dal giudice di merito sulla base delle circostanze fattuali accertate, contestazione che si sostanzia nella mera contrapposizione valutativa in ordine ad elementi già apprezzati
dal giudice del reclamo in senso favorevole al dipendente, in quanto tale intrinsecamente inidonea a dare contezza dell’errore in tesi ascritto alla sentenza impugnata. Come ripetutamente affermato da questa Corte, infatti, il giudizio di proporzionalità è censurabile in sede di legittimità solo ai sensi dell’art. 360 n. 5 cod. proc. civ. (v. tra le altre, Cass. 25/05/2012, n. 8293; Cass. 19/10/2007, n. 21965) e quindi, trovando applicazione, ratione temporis , il testo attualmente vigente dell’art. 360 co mma primo, n. 5 cod. proc. civ., solo mediante la denunzia dell’omesso esame di un fatto decisivo e controverso oggetto di discussione, neppure formalmente prospettato dall’odierno ricorrente incidentale.
3.7. In relazione al motivo di ricorso principale si ricorda che secondo la giurisprudenza di legittimità in tema di licenziamento disciplinare, l’operazione valutativa compiuta dal giudice di merito nell’applicare clausole generali come quelle della giusta causa o del giustificato motivo soggettivo non sfugge ad una verifica in sede di giudizio di legittimità, sotto il profilo della correttezza del metodo seguito e del rispetto dei criteri e principi desumibili dall’ordinamento generale, a cominciare dai principi costituzionali, e dalla disciplina particolare, anche collettiva, in cui la concreta fattispecie si colloca, mentre l’applicazione in concreto del più specifico canone integrativo, così ricostruito, rientra nella valutazione di fatto devoluta al giudice di merito e non è censurabile in sede di legittimità se non per vizio di motivazione ( Cass. n. 14504/2019); con affermazione riferibile anche alla ipotesi di giustificato motivo soggettivo di licenziamento è stato precisato che, la giusta causa di licenziamento è nozione legale rispetto alla quale non sono vincolanti – al contrario che per le sanzioni disciplinari con effetto conservativo – le previsioni dei contratti collettivi, che hanno
valenza esemplificativa e non precludono l’autonoma valutazione del giudice di merito in ordine alla idoneità delle specifiche condotte a compromettere il vincolo fiduciario tra datore e lavoratore, con il solo limite che non può essere irrogato un licenziamento per giusta causa quando questo costituisca una sanzione più grave di quella prevista dal contratto collettivo in relazione ad una determinata infrazione ( Cass. n. 19023/2019).
3.8. Tanto premesso, l’assunto dal quale muove l’odierno ricorrente, secondo il quale il licenziamento per giustificato motivo soggettivo sarebbe consentito solo in presenza dei presupposti indicati nel comma 2 dell’art. 73 c.c.n.l., conseguendone, in difetto, la necessaria applicabilità della sanzione conservativa, non trova innanzitutto riscontro nel dato testuale della norma collettiva.
3.9. Invero, il criterio concordato dalle parti collettive nella graduazione delle sanzioni disciplinari è rappresentato dalla ‘gravità’ dell’infrazione, secondo quanto enunciato al comma 1 dell’art. 73 c.c.n.l. che, anche per collocazione sistematica, assume valenza generale destinata ad orientare la selezione della sanzione applicabile; in tale contesto, la previsione del comma 2, risulta finalizzata non, come viceversa sostenuto dal ricorrente principale, a limitare la possibilità di licenziamento per giustificato motivo soggettivo solo al ricorrere di determinati presupposti, ma, al contrario, ad ampliare l’area della recedibilità con preavviso, riconoscendo al datore di lavoro la facoltà di porre legittimamente fine al rapporto di lavoro, in presenza delle delineate situazioni di recidiva; in altri termini, con tale previsione le parti stipulanti, con valutazione preventiva, hanno mostrato di ritenere che nelle specificate ipotesi di recidiva era giustificata la sanzione espulsiva del licenziamento con preavviso
e ciò a prescindere dal concreto giudizio di gravità della fattispecie, giudizio invece richiesto in tutte le altre ipotesi.
3.10. Da tanto si evince che in astratto il licenziamento con preavviso ben poteva essere legittimamente intimato in assenza dei presupposti del comma 2 dell’art. 73 c.c.n.l. .
3.11. Ciò posto, in relazione alla selezione della tutela applicabile questa Corte ha chiarito che in linea di principio il giudice può sussumere la condotta addebitata al lavoratore, e in concreto accertata giudizialmente, nella previsione contrattuale che, con clausola generale ed elastica, punisca l’illecito con sanzione conservativa, né detta operazione di interpretazione e sussunzione trasmoda nel giudizio di proporzionalità della sanzione rispetto al fatto contestato, restando nei limiti dell’attuazione del principio di proporzionalità, come eseguito dalle parti sociali attraverso la previsione del contratto collettivo ( Cass. n. 11655/2022). In concreto, tuttavia, parte ricorrente si limita ad affermare apoditticamente l’applicabilità della sanzione conservativa, senza in alcun modo argomentare a riguardo con riferimento alla scala di valori espressa dalle parti collettive alla stregua della quale la concreta fattispecie era destinata ad essere punita con misura conservativa; nulla infatti deduce onde dimostrare che sulla base del criterio di graduazione delle sanzioni adottato dalle parti collettive e pur in difetto di espressa previsione della condotta addebitata nell’ambito di quelle punite con sanzione conservativa, la fattispecie in concreto accertata risultava sussumibile tra queste ultime anziché tra quelle implicanti il licenziamento.
3.12. In base alle considerazioni che precedono sia il ricorso principale che il ricorso incidentale devono essere respinti. Tanto assorbe il rilievo di improcedibilità ex art. 369, comma 2 n. 4 c.p.c. del ricorso principale stante il deposito, solo in estratto,
del c.c.n.l. applicabile (v. elenco documenti in calce, n. 1), e del ricorso incidentale per omesso deposito del contratto collettivo, secondo quanto evincibile dall’elenco dei documenti indicati in calce a ciascuna impugnazione.
Al rigetto di entrambi i ricorsi, principale ed incidentale, consegue la compensazione delle spese di lite.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente principale e del ricorrente incidentale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso principale e incidentale a norma del comma 1 bis dell’ art.13 d. P.R. n. 115/2002 (Cass. Sez. Un. n. 23535/2019),
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale e il ricorso incidentale. Compensa le spese di lite.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente principale e del ricorrente incidentale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale e per il ricorso incidentale a norma del comma 1 bis dello stesso art.13, se dovuto.
Roma, 27 febbraio 2025