Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 13406 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 13406 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 15/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso 18405-2021 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, domiciliata in INDIRIZZO presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME AVV_NOTAIO, che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 112/2021 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA, depositata il 10/05/2021 R.G.N. 22/2020;
Oggetto
Licenziamento disciplinare
Motivo ritorsivo
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud. 04/04/2024
CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 04/04/2024 dal Consigliere AVV_NOTAIO. AVV_NOTAIO COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Con la sentenza in epigrafe indicata, la Corte d’appello di Perugia respingeva il reclamo proposto dalla RAGIONE_SOCIALE contro la sentenza del Tribunale di Terni n. 28/2020 che pure aveva respinto l’opposizione di detta società all’ordinanza del medesimo Tribunale che, nella fase sommaria del procedimento ex lege n. 92/2012, accertata la natura ritorsiva del licenziamento dalla stessa società intimato in data 27.2.2018 a COGNOME NOME, aveva condannato la convenuta datrice di lavoro a reintegrare detto lavoratore nel posto di lavoro e a corrispondergli un’indennità risarcitoria commisurata all’ultima retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento a quello dell’effettiva reintegra.
Per quanto qui interessa, la Corte territoriale anzitutto respingeva il motivo a mezzo del quale la società reclamante assumeva essere stata erroneamente disattesa dal giudice di primo grado l’eccezione di litispendenza dalla stessa sollevata, concludendo che tale eccezione era infondata, né sarebbe stato possibile riunire il giudizio d’opposizione al decreto ingiuntivo indicato dalla reclamante e quello promosso ai sensi dell’art. 1, comma 51, della l. n. 92/2012.
La Corte di merito, nel ritenere infondati gli ulteriori motivi di reclamo, confermava che, alla stregua dei documenti e delle risultanze della prova testimoniale, il licenziamento impugnato, privo di giusta causa o giustificato motivo, era stato determinato da un intento ritorsivo, in reazione alle legittime
rivendicazioni economiche del lavoratore, così come affermato nella sentenza impugnata, ritenendo incensurabili anche le statuizioni di tutela in quest’ultima adottate.
Avverso tale decisione la RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi.
Ha resistito l’intimato con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo la RAGIONE_SOCIALE denuncia ‘Falsa applicazione dell’art. 39 comma 2 c.p.c. (ex art. 360, n. 3, c.p.c.). Illegittimità della sentenza impugnata, perché non riconosce la continenza della causa che ha deciso, in cui il sig. NOME COGNOME, con la memoria del 29/05/2019, aveva esercitato il diritto di opzione e aveva chiesto l’indennità sostitutiva pari a quindici mensilità, con il ricorso monitorio iscritto in data 20/08/2019 al n. 546/2019 R.G. Tribunale di Terni col quale il medesimo sig. NOME COGNOME aveva chiesto (anche) la stessa indennità sostitutiva pari a quindici mensilità’.
Con un secondo motivo denuncia ‘Grave travisamento della prova (ex art. 360, n. 5, c.p.c.): l’informazione probatoria riportata ed utilizzata dal giudice per fondare la decisione, dell’inadempimento da parte del datore di lavoro del presunto obbligo di pagare la retribuzione mensile netta di € 1.800,00, è diversa ed inconciliabile con quella contenuta nelle buste paga prodotte in giudizio dal medesimo lavoratore; decisività dello stesso travisamento delle prove’.
Con un terzo motivo denuncia: ‘Grave travisamento della prova (ex art. 360, n. 5, c.p.c.): l’informazione probatoria riportata ed utilizzata dal giudice per fondare la decisione, della <>, è diversa ed inconciliabile con quella contenuta nel verbale della prova testimoniale della medesima COGNOME; decisività dello stesso travisamento delle prove’.
Il primo motivo è infondato.
La Corte di merito ha ben posto in luce che le due cause in primo grado erano pendenti ‘non dinanzi a giudici diversi, bensì dinanzi allo stesso Tribunale di Terni’, sicché non può porsi questione né di continenza né di litispendenza.
Secondo questa Corte, invero, gli istituti della litispendenza e della continenza, operando soltanto tra cause pendenti dinanzi a uffici giudiziari diversi, non sono applicabili se le cause identiche o connesse, pendano dinanzi al medesimo ufficio giudiziario, anche se in gradi diversi (cfr. Cass., sez. III, 17.4.2023, n. 10183). E la decisione gravata è conforme a detto principio.
Il secondo ed il terzo motivo di ricorso, esaminabili congiuntamente per connessione, sono entrambi inammissibili.
Da ultimo, le Sezioni Unite di questa Corte Suprema, nel dirimere un contrasto interno alla giurisprudenza di legittimità, hanno enunciato il seguente principio di diritto: ‘Il travisamento del contenuto oggettivo della prova, il quale ricorre in caso di svista concernente il fatto probatorio in sé, e non di verifica logica della riconducibilità dell’informazione probatoria al fatto
probatorio, trova il suo istituzionale rimedio nell’impugnazione per revocazione per errore di fatto, in concorso dei presupposti richiesti dall’articolo 395, n. 4, c.p.c., mentre, ove il fatto probatorio abbia costituito un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare, e cioè se il travisamento rifletta la lettura del fatto probatorio prospettata da una delle parti, il vizio fatto valere, in concorso dei presupposti di legge, ai sensi dell’articolo 360, nn. 4 e 5, c.p.c., a seconda si tratti di fatto processuale o sostanziale’ (così Cass. civ., sez. un., sent. 5.3.2024, n. 5792).
In entrambi i motivi ora in esame, la ricorrente allegando un ‘grave travisamento della prova’, relativo alle informazioni probatorie, rispettivamente, indicate nel secondo e nel terzo motivo, fa esclusivo riferimento al mezzo di cui all’art. 360, comma primo, n. 5), c.p.c.
Osserva allora il Collegio che, secondo quanto specificato dalle Sezioni unite, la deduzione del vizio di travisamento della prova anche in questa chiave è, però, possibile ‘in concorso dei presupposti di legge’.
Occorre quindi ricordare che, per questa Corte, ricorre l’ipotesi di c.d. ‘doppia conforme’, ai sensi dell’art. 348 ter, commi 4 e 5, c.p.c., con conseguente inammissibilità della censura di omesso esame di fatti decisivi ex art. 360, comma 1, n. 5), c.p.c., non solo quando la decisione di secondo grado è interamente corrispondente a quella di primo grado, ma anche quando le due statuizioni siano fondate sul medesimo iter logico-argomentativo in relazione ai fatti principali oggetto della causa, non ostandovi che il giudice di appello abbia aggiunto argomenti ulteriori per rafforzare o precisare la statuizione già
assunta dal primo giudice (in tal senso, ex multis , Cass. civ., sez. VI, 9.3.2022, n. 7724).
E’ stato, inoltre, specificato che, nell’ipotesi di ‘doppia conforme’ prevista dal quinto comma dell’articolo 348 -ter del c.p.c., il ricorrente per cassazione, per evitare l’inammissibilità del motivo di cui al n. 5 dell’articolo 360 del c.p.c., deve indic are le ragioni di fatto poste a base della decisione di primo grado e quelle poste a base della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (così, tra le altre, Cass. civ., sez. II, 14.12.2021, n. 39910; id., sez. III; 3.11.2021, n. 31312; id., sez. III, 9.11.2020, n. 24974).
Nel caso in esame, la sentenza di secondo grado e quella che ha definito il primo grado sono del tutto conformi.
Ebbene, la ricorrente neanche ha allegato se ed in che parti le motivazioni delle due sentenze in questione fossero significativamente difformi, e, come premesso in narrativa, alla conclusione del suo iter motivazionale la Corte distrettuale ha esplici tamente approvato quanto ‘affermato nella sentenza impugnata’.
Nota, ancora, il Collegio che la ricorrente, in termini di ‘grave travisamento della prova’, fatto valere ex art. 360, comma primo, n. 5), c.p.c., in realtà, come ben risulta dagli estesi sviluppi di entrambi i motivi in esame (cfr. pagg. 17-22 del ricorso, per il secondo motivo, e pagg. 23-27, per il terzo motivo), critica talune valutazioni probatorie della Corte di merito; il che non può trovare ingresso in questa sede di legittimità.
16. La ricorrente, in quanto soccombente, dev’essere condannata al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese di questo giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, ed è tenuta al versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 200,00 per esborsi e in € 5.500,00 per compensi professionali, oltre rimborso forfetario delle spese generali nella misura del 15%, IVA e CPA come per legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
Così dec iso in Roma nell’adunanza camerale del 4.4.2024.