SENTENZA TRIBUNALE DI BERGAMO N. 603 2025 – N. R.G. 00000650 2024 DEPOSITO MINUTA 03 07 2025 PUBBLICAZIONE 03 07 2025
TRIBUNALE DI BERGAMO
Sez. monocratica del lavoro
VERBALE EX ART. 429 C.P.C.
Il Giudice, dott.ssa NOME COGNOME all’udienza del 3 luglio 2025, all’esito dell’udienza di cui all’art. 127 ter c.p.c., nella causa iscritta al N. 650/24 R.G., promossa da
(Avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME)
CONTRO
(Avv. NOME COGNOME)
Repubblica Italiana
Il Giudice del lavoro del Tribunale di Bergamo, visto l’art. 127 ter c.p.c. e l’art. 429 c.p.c., viste le conclusioni delle parti, le note di trattazione scritta, nonchØ i motivi a sostegno, pronuncia la seguente
SENTENZA
nel nome del popolo italiano
PARTE RICORRENTE: per l’accoglimento del ricorso; PARTE RESISTENTE: per il rigetto del ricorso;
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso regolarmente notificato
in giudizio, dinanzi al Tribunale di Bergamo in funzione di giudice del lavoro, la per sentir accertare l’illegittimità del recesso intimatogli il 25.9.2023 e sentirla condannare al pagamento delle seguenti somme: € 65.000,00 a titolo di indennità risarcitoria per mancate retribuzioni dalla data del recesso sino alla naturale scadenza del contratto ed € 4.814,00 lordi per relative incidenze sul TFR; nonchØ per sentirla condannare al pagamento della somma di € 10.000,00 a titolo di indennizzo per arricchimento ingiustificato in relazione all’attività svolta dal 12 aprile al 16 luglio 2023, tutto oltre interessi e rivalutazione.
A fondamento di tale pretesa il ricorrente esponeva di aver preso contatti con la convenuta nel marzo 2023 quando le era stata rappresentata dalla società l’esigenza di assumere un manager esperto per: lo svolgimento di un’analisi dell’organizzazione aziendale e la redazione di un piano di sviluppo e crescita dell’azienda, nonchè il successivo affiancamento della proprietà nella realizzazione di tale piano; la gestione della produzione e dei settori ad essa collegata.
Il ricorrente riferiva che a partire dal 12 aprile 2023 aveva avviato la sua attività di analisi, recandosi in azienda per raccogliere le necessarie informazioni ed incontrando le figure che ricoprivano ruoli significativi.
Il dopo aver dichiarato di aver consegnato alla tra il maggio ed il giugno 2023, una serie di relazioni relative all’attività svolta, aggiungeva che l’assunzione era stata formalizzata il 17 luglio 2023 con la mansione di dirigente e con un contratto a termine di 12 mesi, in cui era inserito un patto di prova di sei mesi.
Il riferiva di aver continuato con il lavoro di programmazione nel luglio 2023, di aver goduto delle ferie dal 4 al 27 agosto 2023 in concomitanza con la chiusura aziendale e di aver ripreso la propria attività nel settembre 2023.
Il ricorrente esponeva quindi di aver ricevuto con stupore, il 25.9.2023, la lettera di licenziamento con effetto immediato per mancato superamento del periodo di prova.
Rispetto al recesso il ricorrente eccepiva la nullità del patto di prova per violazione all’art. 7, comma 2, d.lgs. 104/22, essendo stato inserito un patto di prova pari alla metà della durata pattuita per il contratto a tempo determinato.
In via subordinata il deduceva l’illegittimità del recesso per insufficiente durata dell’esperimento della prova, essendo stato allontanato solo dopo 34 giorni di lavorativi su una prova pattuita di sei mesi.
Il ricorrente rivendicava quindi il risarcimento del danno relativo all’illegittimo licenziamento nonché, in via subordinata, all’indebito arricchimento da parte della società che si era avvantaggiata del lavoro da lui svolto. Rassegnava le sopra precisate conclusioni.
La convenuta, regolarmente citata, si costituiva in giudizio, resistendo alla domanda di cui chiedeva il rigetto.
La convenuta rilevava come la durata del patto di prova fosse conforme alle previsioni normative e contrattuali e come la permanenza in azienda del ricorrente fosse stata sufficiente per accertarne l’inadeguatezza rispetto al ruolo assegnatogli.
In relazione a tale aspetto, la riferiva come ricorrente si fosse interfacciato con superbia ed autorità con il personale e non fosse stato in grado di adeguare il proprio lavoro alla realtà medio piccola della società e quindi di avviare concrete iniziative di sviluppo, predisponendo invece relazioni teoriche prive di concretezza e svincolate dalla realtà produttiva della società.
La convenuta inoltre rilevava come il ricorrente avesse assunto iniziative gestorie del tutto inappropriate. Concludeva per il rigetto del ricorso.
La causa, istruita documentalmente e testimonialmente, viene decisa all’udienza odierna all’esito del procedimento di cui all’art. 127 ter c.p.c..
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso non può essere accolto.
Il ricorrente Ł stato assunto dalla convenuta il 17 luglio 2023 come dirigente e la mansione di responsabile di stabilimento ed operations, con un contratto a termine di 12 mesi (v. doc. 16 fasc. ricorrente).
Il contratto prevedeva un periodo di prova di 6 mesi e rispetto ad esso l’art. 2, comma 2, CCNL applicato al rapporto precisa che ‘l’eventuale fissazione del periodo di prova, limitatamente ai dirigenti di nuova assunzione e comunque per una durata non superiore a sei mesi, potrà essere concordata fra le parti e dovrà risultare da atto scritto’ (v. CCNL in atti).
Ne consegue che il termine di sei mesi Ł quello massimo previsto dalla contrattazione collettiva.
Trattandosi di rapporto a termine occorre far riferimento anche all’art. 7 d.lgs. 104/22 nella formulazione vigente all’epoca dell’assunzione e che, dopo aver previsto al primo comma che ‘nei casi in cui è previsto il periodo di prova, questo non può essere superiore a sei mesi, salva la durata inferiore prevista dalle disposizioni dei contratti collettivi’, aggiungeva al suo secondo comma che ‘nel rapporto di lavoro a tempo determinato, il periodo di prova Ł stabilito in misura proporzionale alla durata del contratto e alle mansioni da svolgere in relazione alla natura dell’impiego’.
E’ ben vero che nella situazione in esame il periodo di prova, fissato nella estensione massima prevista dalla contrattazione collettiva, Ł certamente ampio rispetto alla durata del contratto a termine (12 mesi), ma va rapportato al ruolo ed alla mansione con cui il ricorrente era stato assunto, quello di dirigente con la qualifica di responsabile di stabilimento ed operations.
Si Ł in presenza di una figura apicale, connotata da enorme responsabilità e da uno strettissimo legame fiduciario con l’imprenditore, per cui rispetto ad essa il patto di prova assume connotati particolari in ragione appunto della specificità del ruolo, che implicava ampia responsabilità strategica e autonomia decisionale.
Del resto nella pratica, Ł assolutamente usuale, in caso di nuova assunzione di un dirigente (anche con responsabilità inferiori rispetto a quelle attribuite al ), l’apposizione di un patto di prova nella misura massima prevista dalla contrattazione collettiva.
Infatti, il periodo di sei mesi, che di frequente viene previsto anche per figure professionali meno qualificate (come ad esempio quelle dei quadri), Ł un arco temporale minimamente indispensabile per apprezzare a pieno le capacità del dirigente.
Peraltro, per la tipologia di mansione con cui il era stato assunto, ovvero quella di responsabile di stabilimento ed operations, Ł abbastanza intuibile che la società, ove fosse stata soddisfatta del suo operato, alla scadenza del rapporto a termine lo avrebbe convertito in contratto a tempo indeterminato.
Infatti, la mansione di responsabile di stabilimento ed operations Ł indispensabile all’interno di un’azienda e parimenti è comprensibile che la volesse testare in maniera adeguata le capacità del ricorrente, poichØ, pur avendolo assunto con contratto a termine, dalla eventuale inadeguatezza nel ruolo sarebbero potute derivare conseguenze pregiudizievoli di notevole entità.
E’ ovvio infatti che una ristrutturazione aziendale non adeguata al contesto (cosa che appunto si sarebbe potuta verificare nella situazione in esame) può avere un impatto fortemente negativo su un’azienda.
Passando quindi all’altra eccezione sollevata dal ricorrente, il fatto che la risoluzione del rapporto sia avvenuta dopo soltanto 34 giorni di effettivo lavoro, non esclude, di per sØ, che durante questo arco temporale la società non sia stata in grado di vagliare le capacità del dipendente.
Si tratta quindi di valutare se il tempo concesso sia stato sufficiente a determinare, nella datrice di lavoro, la convinzione che il non fosse adatto alle mansioni per le quali era stato assunto, con la precisazione che, in caso di licenziamento per mancato superamento della prova, Ł onere del lavoratore dimostrare il positivo superamento della prova stessa (v. Tribunale Roma sez. lav., 14/07/2021, n.6826 ed in precedenza (tra molte: Cass. n. 21784 del 2009; Cass. n. 15654 del 2001; Cass. n. 7644 del 1998; Cass. n. 22396 del 2018 e n. 26679/2018).
Fatta questa premessa, il ricorrente, pur avendo dedotto che la sua assunzione era legata all’esigenza della di inserire un manager esperto che svolgesse un’analisi approfondita dell’organizzazione aziendale, redigesse un piano di sviluppo e crescita dell’azienda, affiancando la proprietà nella realizzazione di tale piano
e gestendo la produzione ed i settori ad essa collegati, si Ł limitato ad allegare al ricorso le relazioni da lui predisposte, senza tuttavia offrire elementi sulla situazione concreta della per consentire di effettuare una verifica sulla congruità del piano di ristrutturazione aziendale da lui ideato con specifico riferimento alla struttura societaria della convenuta.
Per contro, dalle deposizioni acquisite (anche attraverso i testi indotti dallo stesso ricorrente) non risulta che costui avesse iniziato ad assumere iniziative significative rispetto all’organizzazione della .
Ad esempio, la teste (indotta dal ricorrente), dipendente della convenuta da 7 anni e mezzo come responsabile amministrativa, dopo aver confermato che il era stato presentato come ‘la figura di riferimento per la riorganizzazione e dare impulso alla crescita aziendale’, ha riferito che l’unico intervento da lui operato rispetto al suo ruolo Ł stato quello di redigere un mansionario (v. dep. ).
Il mansionario, tuttavia, non era altro che la descrizione delle mansioni che la stava svolgendo in quel momento e di quelle che avrebbe assunto a seguito del pensionamento di una collega (v. dep. ).
Rispetto a quest’ultimo aspetto la teste ha aggiunto che nel piano del ricorrente costei avrebbe dovuto assorbire tutte le mansioni della collega pensionata, ma ovviamente Ł stato impossibile, per cui attualmente la , oltre a continuare a svolgere le mansioni sue proprie, ne ha assorbite solo alcune di quelle della collega, poichØ lei non poteva ‘seguire tutto da sola’ (v. dep. ).
Quindi, l’intervento pensato dal rispetto alla lavoratrice peraltro l’unico riguardante questa figura professionale, non era coerente, nŁ adeguato, poichØ caricava la lavoratrice di un eccessivo numero di incombenze.
Il teste anch’egli indotto dal ricorrente, non ha offerto utili elementi a favore della tesi del poichØ, dopo aver a sua volta confermato di essere a conoscenza del fatto che costui ‘aveva in ballo il progetto di riorganizzare l’azienda’, non ha evidenziato interventi che riguardassero il suo ruolo (v. dep.
).
Considerazioni analoghe si traggono dalla deposizione del teste , dipendente della convenuta dal 2016 come responsabile della qualità, posto che i compiti a lui assegnati dal ricorrente si sono limitati alla delimitazione con delle linee adesive di una zona della produzione ove stoccare il materiale delle presse (area già nota al personale della produzione) ed alla ristampa di ‘cartelli che erano già presenti a bordo presse perchØ dovevano avere tutti lo stesso carattere e la stessa dimensione ‘ (v. dep.
).
Inoltre, il ha riferito che il gli chiese pure ‘perché una sedia bianca fosse stata scartata da un operatore anche se la sedia aveva in bella vista un centimetro di macchia nera, per cui a livello di qualità non era accettabile ed era evidente’ (v. dep. ).
Pure in questo caso Ł abbastanza evidente come l’intervento del ricorrente sia stato marginale, non adeguato al ruolo e neppure particolarmente competente.
Infine, il teste , a sua volta dipendente di lunga data della resistente come addetto all’ufficio tecnico, dopo aver aggiunto di aver avuto un incontro di 20-30 minuti durante il quale il ricorrete acquisì
informazioni, ha riferito che nel suo settore non Ł stata prevista alcuna riorganizzazione, tant’Ł che ora Ł tutto uguale a prima (v. dep. ).
Il teste ha però ricordato che il durante un turno notturno voleva sostituire un capoturno, , con , che Ł un operatore (v. dep. ).
Il teste ha chiarito che la sostituzione non venne attuata perchØ, se fosse stato tolto , nel turno non ci sarebbe stato alcun capo turno e non aveva le competenze per fare il capo turno (v. dep. ).
Quindi, pure in questo caso, vi Ł stato un intervento decisamente non appropriato del , nonostante il ruolo di responsabile di stabilimento, e ciò dimostra che egli, al di là delle competenze maturate sino a quel momento, non era la persona adatta per la gestione di un’azienda della tipologia e delle dimensioni della
Peraltro, anche i toni e le espressioni utilizzate dal ricorrente nel progetto di sviluppo aziendale (doc. 5 fasc. ricorrente) appaiono non adeguate ad un profilo professionale dirigenziale.
Ad esempio, con riferimento alla figura del , dipendente storico della resistente, si legge: in azienda da 22 anni ha sicuramente delle lacune dettate a mio avviso dall’ignoranza ed è più amante del ‘lavoro’ che dell’azienda, ma a mio avviso, se ben guidato e guidato in maniera rigida e se vogliamo anche un po’ ‘dura’ potrebbe dare ancora dei risultati e dei benefici all’azienda; se proprio questo non dovesse funzionare, questa guida rigida potrebbe essere la molla che lo porterebbe ad andarsene’ (v. doc. 5 fasc. ricorrente). Il ricorrente, quindi, dopo aver dato atto della notevole competenza tecnica e dell’importante bagaglio di esperienza del , riteneva opportuno, invece che valorizzare una risorsa storica e proficua dell’azienda, assumere un atteggiamento duro nei suoi confronti, tale da poter addirittura indurre il dipendente a lasciare l’azienda.
In definitiva, secondo quanto complessivamente emerso, l’idea di sviluppo aziendale del ricorrente, nel pur breve periodo di lavoro svolto, si Ł rivelata da subito un mero piano teorico, svincolato, in concreto, dalla specificità della realtà aziendale della resistente.
Peraltro, il ha dimostrato di non conoscere il settore di riferimento della adottando iniziative, come quelle descritte dai testi, di scarso rilievo, se non inutili o addirittura sbagliate.
Infine, per quanto riguarda la dedotta nullità del patto di prova poichØ sottoscritto dopo che il lavoratore aveva già iniziato a svolgere la sua attività, deve evidenziarsi come tale eccezione sia tardiva, in quanto formulata per la prima volta solo con le note difensive.
Inoltre, Ł pacifico che il avesse in corso un contratto di lavoro a tempo determinato della durata di un anno a decorrere dal 22.7.2022 (v. doc. fasc. resistente), per cui certamente prima della formale assunzione da parte della resistente non ha svolto attività lavorativa nel ruolo assegnatogli, essendosi limitato, come riferito dai testi, a qualche incontro conoscitivo con il personale.
Per tutte le argomentazioni esposte il ricorso va integralmente respinto, non essendovi neppure i presupposti giuridici per l’azione di indebito arricchimento, anche in considerazione del fatto che la convenuta non si Ł minimamente avvantaggiata del lavoro svolto dal ricorrente, non avendo adottato alcuno degli interventi riorganizzativi da lui suggeriti nelle relazioni.
Le spese di lite, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Il Tribunale di Bergamo, in composizione monocratica ed in funzione di giudice del lavoro, definitivamente pronunciando sulla causa n. 650/24 R.G.
1) rigetta il ricorso;
2) condanna il ricorrente alla refusione delle spese di lite liquidate in complessivi € 4.000,00 per compensi professionali, oltre iva, cpa e rimborso spese generali come per legge.
Bergamo, 3 luglio 2025
Il Giudice del Lavoro Dott.ssa NOME COGNOME