Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 506 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 506 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 09/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n.
11672/2022 r.g., proposto
da
COGNOME NOME , elett. dom.to presso la Cancelleria di questa Corte, rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME
ricorrente
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , elett. dom.to in INDIRIZZO Roma, rappresentato e difeso dagli avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME.
contro
ricorrente
avverso la sentenza della Corte d’Appello di Napoli n. 5646/2021 pubblicata in data 30/11/2021, n.r.g. 1145/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 26/11/2024 dal Consigliere dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
1.- NOME COGNOME era stato dipendente di RAGIONE_SOCIALE fino al 13/02/2018, quando era stato licenziato per ragioni disciplinari (litigio con altro dipendente all’interno dei locali del supermercato).
Adìva il Tribunale di Avellino, prospettando molteplici vizi del recesso datoriale e chiedendo pertanto la reintegrazione nel posto di lavoro per
OGGETTO:
licenziamento disciplinare -prove testimoniali -valutazione – riservata al giudice di merito
insussistenza del fatto contestato; in via gradata chiedeva la condanna della società al pagamento dell’indennità risarcitoria per sproporzione della sanzione espulsiva.
2.- Costituitosi il contraddittorio, il Tribunale rigettava le domande.
3.Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte d’Appello rigettava il gravame interposto dal Di Troia.
Per quanto ancora rileva in questa sede, a sostegno della sua decisione la Corte territoriale affermava:
i testi hanno riferito l’alterco e che entrambi i dipendenti si spintonavano e si fronteggiavano, si scambiavano pugni o comunque cercavano di colpirsi a vicenda;
dall’istruttoria è emerso che l’altro dipendente (tale COGNOME) ha avuto la peggio, tanto da dover essere ricoverato in ospedale;
non vi è prova che l’inizio del litigio sia dipeso da provocazioni del Romano; ma anche se così fosse, il Di Troia aveva l’obbligo di astenersi dal rispondere con la violenza fisica e di avvisare il suo diretto superiore;
inoltre dall’istruttoria è emerso che il litigio non terminò davanti alle casse, ma continuò negli spogliatoi, a dimostrazione che entrambi i dipendenti erano ormai fuori controllo;
nello spogliatoio il litigio fu interrotto da un poliziotto chiamato da una collega dei due, perché i dipendenti non riuscivano in alcun modo a fermarli;
nessuna prova contraria ha offerto il dipendente circa l’asserita provocazione patita;
la volontà del COGNOME non era quella di difendersi, ma di attaccare, tanto da mandare in ospedale l’altro;
il fatto è ancor più grave perché avvenuto nei locali del supermercato e mentre arrivavano i clienti;
la condotta accertata è prevista dall’art. 229 CCNL come punibile con il licenziamento senza preavviso per il ‘diverbio litigioso seguito dalle vie di fatto in servizio … che comporti nocumento o turbativa al normale esercizio dell’attività aziendale’;
la gravità delle condotte accertate costituiscono anche la giusta e proporzionata sanzione sotto il profilo della giusta causa;
la società datrice di lavoro ha avuto anche un danno all’immagine e non può fare affidamento sul futuro adempimento della prestazione lavorativa, anche in caso di banale presa in giro fra dipendenti.
4.- Avverso tale sentenza COGNOME NOME ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi.
5.- GS spa ha resistito con controricorso.
6.- Per il ricorrente si è costituito un nuovo difensore in sostituzione di quello originario, che ha rinunziato al mandato.
7.- Entrambe le parti hanno depositato memoria
8.- Il collegio si è riservata la motivazione nei termini di legge.
CONSIDERATO CHE
In via preliminare non sussist e e comunque non è provata l’eccepita tardività del ricorso per cassazione. Al riguardo va evidenziato che il controricorrente ha depositato unicamente la comunicazione della cancelleria della Corte territoriale indirizzata al proprio difensore. Orbene, in difetto di notificazione e di prova della comunicazione della sentenza integrale da parte della cancelleria della Corte territoriale al procuratore e difensore del reclamante (art. 1, co. 62, L. n. 92/2012), trova applicazione l’ordinario termine ‘lungo’ di sei mesi, ex art. 327 c.p.c. (art. 1, co. 64, L. n. 92/2012), nella specie rispettato. Infatti la sentenza della Corte territoriale è stata pubblicata in data 30/11/2021 ed il ricorso per cassazione risulta notificato in data 11/05/2022.
1.Con il primo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n n. 3) e 5), c.p.c. il ricorrente lamenta la violazione degli artt. 116 c.p.c., 2104, 2105 e 2106 c.c. e conseguente falsa applicazione dell’art. 229 CCNL per avere la Corte territoriale omesso di considerare che da tre anni egli lavorava esclusivamente di notte, il che doveva avere una rilevanza nel giudizio di proporzionalità, e che quel comportamento era stato unico e quindi del tutto occasionale.
Il motivo è inammissibile, perché involge apprezzamenti di fatto, riservati al giudice di merito. Il motivo è altresì inammissibile ai fini del vizio di omesso esame di fatto decisivo, in quanto precluso dalla c.d. doppia
conforme (art. 348 ter , co. 4 e 5 c.p.c., applicabile ratione temporis ).
2.Con il secondo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 5), c.p.c. il ricorrente lamenta ‘omessa, insufficiente, erronea e/o contraddittoria motivazione’ su un punto decisivo della lite, nonché l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione fra le parti, per avere la Corte territoriale omesso di considerare che l’alterco era iniziato a seguito di una provocazione dell’altro dipendente.
Il motivo è inammissibile sia perché i vizi di insufficienza, erronea e/o contraddittoria motivazione sono ormai stati espunti dalla novella dell’art. 360, co. 1, n. 5), c.p.c., sia perché precluso dalla c.d. doppia conforme (art. 348 ter , co. 4 e 5 c.p.c., applicabile ratione temporis ).
Infine il motivo è inammissibile, perché si fonda su un’asserita ricostruzione delle deposizioni testimoniali diversa da quella operata dai giudici di merito, insindacabile in sede di legittimità in quanto relativa all’accertamento del fatto: lo stesso ricorrente ammette che ‘qui si sta sostenendo che l’errore è stato compiuto nel risolvere la quaestio facti …’ (v. ricorso per cassazione, p. 29).
3.Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna il ricorrente a rimborsare alla controricorrente le spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in euro 4.500,00, oltre euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfettario delle spese generali e accessori di legge.
Dà atto che sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, d.P.R. n. 115/2002 pari a quello per il ricorso a norma dell’art. 13, co. 1 bis, d.P.R. cit., se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione lavoro, in