Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 8999 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 8999 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 04/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso 28560-2020 proposto da:
NOME, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE CON RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME NOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– controricorrente –
Oggetto licenziamento
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud. 06/12/2023
CC
avverso la sentenza n. 1678/2020 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 14/09/2020 R.G.N. 1625/2020; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 06/12/2023 dal AVV_NOTAIO.
RILEVATO CHE
La Corte di appello di Roma in accoglimento del reclamo proposto da RAGIONE_SOCIALE ha rigettato la domanda di NOME COGNOME che aveva impugnato il licenziamento intimatole dalla società il 17/19 dicembre 2018 ritenendolo illecito perché di natura ritorsiva e comunque illegittimo stante la mancanza di ragioni tecniche organizzative e produttive che giustificassero il suo trasferimento in data 8 giugno 2018, comunicatogli oralmente, dal punto vendita di Mediaworld di Roma INDIRIZZO alla sede di Vicenza, provvedimento da lei impugnato con richiesta della comunicazione delle motivazioni, lesivo del diritto alla salute e in violazione del diritto di difesa.
La Corte di merito ha ritenuto che il licenziamento intimato fosse legittimo per le seguenti ragioni:
in primo luogo, ha rammentato che il 5 maggio 2015 era stata avviata una procedura di riduzione del personale per far fronte al calo di fatturato registrato ed alle gravi condizioni economiche della società;
in esito al ricorso a contratto di solidarietà, prorogato rispetto agli originari dodici mesi previsti, in vista dell’ultima proroga, vennero disposti i trasferimenti del personale in esubero nei 17 punti vendita interessati e tra questi quello di Roma cui era assegnata la lavoratrice;
la sede più vicina cui assegnare le sei unità in esubero a Roma era risultata Vicenza.
2.1. La Corte ha ritenuto comprovate le ragioni organizzative poste a base del trasferimento osservando che lo stesso per essere legittimo non doveva risultare necessariamente inevitabile.
2.2. Quanto alla scelta della lavoratrice da trasferire ha rammentato che non vi erano disposizioni collettive che imponevano la comparazione con altri lavoratori e il datore di lavoro aveva valutato l’anzianità aziendale, i carichi di famiglia e tale scelta non era sindacabile da parte del giudice.
2.3. Ha poi rilevato che era onere della lavoratrice dimostrare che la società aveva tenuto un comportamento contrario ai principi di correttezza e buona fede e che la situazione familiare della lavoratrice era stata compiutamente valutata e comparata con quella dei dipendenti che erano rimasti in servizio a Roma, i quali erano risultati avere situazioni personali più complesse.
2.4. Il giudice di appello ha poi evidenziato che dalle certificazioni mediche prodotte non emergeva che la lavoratrice non poteva affrontare uno spostamento in un’altra città ma solo che era consigliata una sede di lavoro non distante dalla residenza, per evitare uno stress da pendolarismo. In tale prospettiva ha ritenuto che non fosse stata offerta la prova che a Vicenza la lavoratrice non potesse trovare un’abitazione prossima alla sede che le era stata assegnata.
2.5. Ha ritenuto irrilevante la mera eventualità dell’apertura di un nuovo punto vendita a Roma nel febbraio 2019 e, con riguardo al trasferimento di alcuni lavoratori al punto vendita di Roma 2, ha sottolineato che si era trattato di evento verificatosi a distanza di tempo dal trasferimento impugnato.
2.6. Ha escluso infine che la datrice di lavoro avesse violato l’art. 170 del c.c.n.l. osservando che la circostanza che le indennità spettanti per il trasferimento non fossero espressamente richiamate nella lettera che lo disponeva non dimostrava per ciò solo che l’azienda avesse inteso rifiutare di erogarle.
2.7. Pertanto, ha ritenuto ingiustificato il rifiuto della lavoratrice di trasferirsi, ingiustificata l’assenza dal servizio
protrattasi per dieci giorni e giustificato il licenziamento intimato ai sensi dell’ art. 225 c.c.n.l..
Per la Cassazione della sentenza ha proposto ricorso NOME COGNOME affidato a due motivi. Resiste con tempestivo controricorso RAGIONE_SOCIALE. La ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
RITENUTO CHE
Con il primo motivo di ricorso è denunciata la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2103 c. c. e dell’art. 171 CCNL Terziario: Distribuzione e Servizi -violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2697 c. c., in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c..
4.1. La ricorrente deduce che l’onere di provare l’esistenza delle ragioni poste a fondamento del trasferimento è interamente a carico della datrice di lavoro. Diversamente da quanto affermato con la sentenza impugnata la COGNOME contesta che tale prova sia stata offerta. Osserva infatti che tale ragione era stata individuata nell’ esubero risultante all’esito del periodo in cui aveva operato il contratto di solidarietà stipulato con le OO.SS. e certificato nell’ accordo. Deduce tuttavia che quanto dichiarato nell’accordo dalla datrice di lavoro non può assurgere a prova dell’effettiva esistenza della situazione di crisi aziendale trattandosi di dichiarazioni unilaterali che erano rimaste prive di ulteriore conferma. Inoltre, rileva che era mancata comunque la prova dell’esistenza di ragioni organizzative che giustificavano il trasferimento anche nella sede di destinazione. Osserva che la verifica da parte da parte del giudice dell’esistenza delle ragioni tecniche produttive ed organizzative poste a base del trasferimento non integrava una interferenza nelle scelte datoriali e anzi era onere della società datrice dimostrare la persistenza degli esuberi nel punto vendita al quale era assegnata la lavoratrice, esubero che il giudice della fase sommaria aveva escluso.
Il motivo è in parte inammissibile ed in parte infondato.
5.1. Rileva il Collegio che con la censura viene proposta alla Corte una lettura delle prove diversa ed alternativa a quella svolta dal giudice di appello al quale è riservata la valutazione. La Corte territoriale ha desunto l’esistenza delle ragioni del trasferimento dagli accordi che hanno regolato la fase di solidarietà finalizzata ad evitare i licenziamenti, che si era conclusa con un accertato esubero di sei posizioni lavorative nella sede di provenienza al quale si era fatto fronte, per evitare i licenziamenti, disponendo il trasferimento nella sede nella quale vi erano posti vacanti. Orbene neppure la lavoratrice, odierna ricorrente, contesta che la sede alla quale era stata destinata era la sola nella quale al momento del trasferimento vi erano posti disponibili. Si duole piuttosto della valutazione fatta dalla Corte degli elementi di prova dai quali è stata desunta l’esistenza degli esuberi. Ma questo è accertamento che impinge nel fatto ed è precluso al Collegio. Certamente la sentenza non è incorsa nella violazione dell’art. 2697 c.c. e dell’art. 2103 c.c. e 171 c.c.n.l. avendo ritenuto provato l’esubero sulla base di allegazioni e prove offerte dalla datrice di lavoro che ne era onerata che ben potevano essere desunte da circostanze fattuali quali gli accordi di solidarietà che descrivevano e sintetizzavano la situazione critica della società.
Anche il secondo motivo di ricorso – con il quale si denuncia la violazione e/o falsa applicazione artt. 1175 e 1375 c.c., nonché dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c. – non può essere accolto.
6.1. Ad avviso della ricorrente il datore di lavoro che, pur non essendovi obbligato per legge o per contratto, indica una procedura di selezione comparativa al fine di individuare il personale che dovrà essere oggetto di trasferimento, assume nei confronti degli interessati l’obbligo di svolgerla in maniera corretta e trasparente. Per l’effetto è suo onere dimostrare di essersi comportato correttamente, motivando le scelte adottate e rendendone trasparenti le ragioni.
6.2. Rileva il Collegio che il pur condivisibile principio ricordato non si attaglia alla presente fattispecie nella quale la Corte di merito ha accertato che la società datrice non si era affatto vincolata al rispetto di una procedura da seguire per individuare i soggetti che dovevano essere destinatari del provvedimento di trasferimento. Il giudice di appello ha solo verificato se la condotta datoriale era o meno improntata ai criteri generali di correttezza e buona fede nella gestione del rapporto di lavoro e, in tale prospettiva, ha accertato che in concreto il datore di lavoro nel tenere conto delle specifiche situazioni dei singoli lavoratori possibili destinatari del provvedimento, vi si era attenuto. Ancora una volta si tratta di accertamento di fatto non censurabile in sede di legittimità laddove, come avvenuto, la Corte nel ritenere corretta la condotta datoriale ha utilizzato parametri del tutto condivisi di equilibrata conciliazione degli interessi contrapposti delle parti.
In conclusione il ricorso deve essere rigettato. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002 va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dell’art.13 comma 1 bis del citato d.P.R., se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio che liquida in € 4.500,00 per compensi professionali, € 200,00 per esborsi, 15% per spese forfetarie oltre agli accessori dovuti per legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il
ricorso a norma dell’art.13 comma 1 bis del citato d.P.R., se dovuto.
Così deciso in Roma il 6 dicembre 2023