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Licenziamento per recidiva: quando è legittimo?

Un tecnico di un’azienda radiotelevisiva viene licenziato per reiterate assenze. La Corte di Cassazione conferma la legittimità del licenziamento per recidiva, stabilendo che anche le sanzioni precedenti, seppur impugnate, possono essere considerate per valutare la gravità della condotta complessiva del lavoratore. La Corte ha inoltre ribadito la natura relativa del principio di immediatezza della contestazione disciplinare in contesti aziendali complessi.

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Pubblicato il 10 dicembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Licenziamento per Recidiva: La Cassazione Conferma la Linea Dura

Il licenziamento per recidiva rappresenta una delle questioni più delicate nel diritto del lavoro, bilanciando il potere disciplinare del datore di lavoro e il diritto del lavoratore alla conservazione del posto. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti cruciali su quando la ripetizione di condotte illecite può legittimamente portare alla massima sanzione espulsiva, anche in presenza di sanzioni precedenti ancora oggetto di impugnazione.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda un tecnico della produzione di una grande azienda radiotelevisiva nazionale, licenziato a seguito di numerose e reiterate violazioni dell’obbligo di rispettare i turni di lavoro. Il lavoratore aveva accumulato nel tempo una serie di sanzioni conservative per ritardi e assenze, manifestando, secondo l’azienda, una totale insofferenza verso le regole organizzative basilari. Nonostante le precedenti sanzioni, la condotta persisteva, portando l’azienda a procedere con il licenziamento per giusta causa, basato proprio sulla recidiva.

Il lavoratore ha impugnato il licenziamento, ma la Corte d’Appello ha respinto la sua domanda, ritenendo legittimo il provvedimento espulsivo. La controversia è quindi approdata dinanzi alla Corte di Cassazione.

I Motivi del Ricorso e la Validità del Licenziamento per Recidiva

Il lavoratore ha basato il suo ricorso in Cassazione su diversi motivi, sostenendo, tra le altre cose:

1. L’inutilizzabilità delle sanzioni pregresse: Alcune delle sanzioni conservative usate per fondare la recidiva erano state impugnate e sottoposte a un collegio di conciliazione. Secondo il ricorrente, queste non potevano essere considerate definitive e quindi non potevano contribuire a giustificare il licenziamento.
2. La tardività della contestazione: Il lavoratore lamentava che l’azienda avesse atteso troppo tempo prima di contestare gli ultimi episodi, violando il principio di immediatezza.
3. L’acquiescenza dell’azienda: La tolleranza mostrata in passato dall’azienda, che aveva applicato solo sanzioni conservative, avrebbe generato un affidamento nel lavoratore, configurando una sorta di acquiescenza.

La Decisione della Corte di Cassazione sul Licenziamento Disciplinare

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso, confermando la piena legittimità del licenziamento. I giudici hanno chiarito punti fondamentali che rafforzano la posizione del datore di lavoro di fronte a condotte reiterate.

Le Motivazioni

La Corte ha smontato le argomentazioni del lavoratore con un ragionamento giuridico solido. In primo luogo, ha stabilito che la pendenza di un’impugnazione avverso una sanzione disciplinare non ne impedisce la valutazione ai fini della recidiva. La sospensione dell’efficacia della sanzione impugnata è solo temporanea e non cancella il fatto storico della violazione. Pertanto, il datore di lavoro può legittimamente tenere conto di tali precedenti per valutare la gravità complessiva della condotta del dipendente e la sua noncuranza verso gli obblighi contrattuali. L’insieme delle infrazioni, sebbene singolarmente punite con sanzioni conservative, può delineare un illecito disciplinare più grave, tale da giustificare il licenziamento.

In secondo luogo, la Corte ha ribadito che il principio di immediatezza della contestazione deve essere interpretato in senso relativo. In aziende complesse e con strutture organizzative articolate su base nazionale, è ragionevole che l’accertamento dei fatti e la valutazione disciplinare richiedano un tempo maggiore. Un ritardo di alcuni mesi, se giustificato da tali complessità, non rende la contestazione tardiva. Nel caso di specie, la condotta era un continuum di infrazioni, e la valutazione unitaria di tale comportamento giustificava i tempi adottati dall’azienda.

Infine, i giudici hanno escluso qualsiasi forma di acquiescenza, evidenziando che le numerose sanzioni conservative inflitte nel tempo dimostravano, al contrario, la costante reazione dell’azienda alle violazioni del lavoratore.

Le Conclusioni

Questa ordinanza consolida un orientamento giurisprudenziale importante: il licenziamento per recidiva è uno strumento a disposizione del datore di lavoro per interrompere il rapporto con un dipendente che, nonostante richiami e sanzioni, persevera in condotte che minano il legame di fiducia. La decisione chiarisce che neanche l’impugnazione delle sanzioni pregresse può ‘sterilizzare’ la loro rilevanza disciplinare. Per i datori di lavoro, ciò significa poter contare su un quadro giuridico che valorizza la storia disciplinare del dipendente nella sua interezza. Per i lavoratori, è un monito a non sottovalutare le sanzioni conservative, poiché la loro somma può legittimamente condurre alla perdita del posto di lavoro.

È possibile utilizzare sanzioni disciplinari già impugnate per giustificare un licenziamento per recidiva?
Sì. La Corte di Cassazione ha stabilito che la richiesta di un collegio di conciliazione o l’impugnazione di una sanzione ne sospende solo temporaneamente l’esecutività, ma non impedisce al datore di lavoro di considerarla come precedente disciplinare per valutare la gravità di una condotta reiterata e giustificare un licenziamento.

Quanto tempo ha il datore di lavoro per avviare un procedimento disciplinare per una condotta continuata?
Il principio di immediatezza della contestazione è relativo. La sua applicazione dipende da fattori concreti come la complessità della struttura aziendale e la natura della condotta. Per infrazioni continuate nel tempo, il datore di lavoro può effettuare una valutazione complessiva, e un ritardo di alcuni mesi può essere considerato legittimo se necessario per l’accertamento dei fatti.

La ripetizione di infrazioni di per sé non gravi può portare al licenziamento?
Sì. Secondo la Corte, la reiterazione costante di condotte, come il mancato rispetto dei turni, anche se singolarmente non gravissime, può integrare un comportamento di insubordinazione e manifestare un’insofferenza verso le regole organizzative tale da ledere irrimediabilmente il vincolo di fiducia e giustificare il licenziamento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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