Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 20835 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 20835 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 23/07/2025
Oggetto
Licenziamento disciplinare per giusta causa
R.G.N. 4375/2023
COGNOME
Rep.
Ud. 26/03/2025
CC
ORDINANZA
sul ricorso 4375-2023 proposto da:
COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 4837/2022 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 07/12/2022 R.G.N. 61/2022; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 26/03/2025 dal Consigliere Dott. NOME
CASO.
FATTI DI CAUSA
Con la sentenza in epigrafe indicata la Corte d’appello di Roma accoglieva il reclamo proposto dalla RAGIONE_SOCIALE contro la sentenza del Tribunale della medesima sede n. 6688/2021, che aveva respinto la sua opposizione all’ordinanza dello stesso Tribunale che, nella fase sommaria del procedimento ex lege n. 92/2012, aveva dichiarato l’illegittimità del licenziamento disciplinare per giusta causa intimato da detta società in data 9.2.2018 a NOME COGNOME aveva condannato la società convenuta a reint egrare quest’ultimo nel posto di lavoro ed al pagamento di un’indennità risarcitoria, oltre al versamento a suo favore dei contributi previdenziali e assistenziali; la Corte, in riforma di detta sentenza, rigettava l’originario ricorso proposto dal Cornice.
Per quanto qui interessa, la Corte, dopo aver riferito lo svolgimento della doppia fase del primo grado di giudizio e i motivi di gravame formulati dalla società reclamante rispetto alla sentenza resa dal Tribunale in sede d’opposizione, premetteva: – che, con lettera racc.ta del 19.1.2018, ma consegnata a mani del lavoratore il 22.1.2018, la società aveva contestato al ricorrente i seguenti fatti: ‘In data 16/01/2018, intorno alle ore 11.15 il dott. NOME COGNOME in visita presso il punto vendita di Roma, INDIRIZZO ove Lei svolge attività, ha notato la mancanza in area vendita dei prodotti’, in dettaglio ivi indicati, ed ha ‘chiesto spiegazioni a riguardo alla signora NOME COGNOME, consegnatario del punto vendita. Lei, dopo aver contestato la veridicità di quanto sopra descritto, alla presenza del COGNOME e della COGNOME, ha affermato di aver effettuato l’ordine in ritardo rispetto alla tempistica stabilita dalla piattaforma di smistamento. Il tutto documentato dalle
fotografie allegate. A quanto predetto si aggiunge che, da successivo controllo, è emersa la mancanza, a Lei addebitabile, degli slim indicanti tipologia e prezzo dei seguenti prodotti’, pure indicati dettaglio nella nota; che in quest’ultima la datrice di lavoro specificava che in detto comportamento rinveniva ‘le seguenti infrazioni disciplinari: – Negligenza nello svolgimento delle mansioni; – Danni di immagine, organizzativi, economici e di qualità del servizio; – Violazione dei doveri del lavoratore così come previsto dall’art. 220 del CCNL applicato al Suo rapporto di lavoro; – Recidività in analogo comportamento (contestazione del 14/04/2017, del 27/05/2017 e del 20/10/2017)’.
Tanto premesso, la Corte -andando in contrario avviso rispetto al Tribunale (il quale aveva ritenuto sforniti di prova i precedenti fatti contestati nel 2017 con le lettere del 6.5.2017, del 20.6.2017 e del 10.11.2017, richiamati a titolo di recidiva nella lettera di contestazione disciplinare del 19.1.2018) -riteneva che la prova testimoniale, pur richiesta in merito dalla società, non fosse necessaria perché sussistevano evidenti ragioni per ritenere provati gli addebiti precedenti al licenziamento ed oggetto di recidiva.
3.1. Spiegate, quindi, tali ragioni, la Corte osservava che i fatti oggetto della quarta contestazione disciplinare erano stati ritenuti provati dal Tribunale sulla base dell’istruttoria (documentale e per testimoni) e che la sentenza in parte qua non era stata reclamata dal Cornice.
Osservava che, analogamente, non era stata reclamata dal Cornice la sentenza nella parte in cui il Tribunale aveva escluso la natura ritorsiva del licenziamento (per mancanza di prova) ed aveva ritenuto che vi fossero stati procedimenti
disciplinari conclusi nell’arco dell’anno solare 2017, per cui correttamente la società aveva richiamato nella lettera di contestazione disciplinare la recidiva oltre la terza volta nell’anno solare in una qualunque delle mancanze che prevedono la sospensione, sicché il Tribunale non aveva seguito la tesi del ricorrente secondo la quale in tutto le contestazioni erano tre, non essendo stata comunicata la quarta e decisiva contestazione.
Sebbene tale ultima affermazione del Tribunale non fosse stata oggetto di reclamo e fosse passata in giudicato, la Corte richiamava il principio di diritto espresso in Cass. n. 18661/2017 e osservava che dalle allegazioni delle parti risultava persino che la contestazione era stata letta alla presenza del Cornice, che aveva però, senza alcun ragionevole motivo, rifiutato di ricevere l’atto; di talché, conformemente a quanto affermato dai giudici di primo grado, vi era stata quindi anche la quarta contestazione, correttamente comunicata, nella quale erano altresì richiamate le precedenti contestazioni disciplinari.
Secondo la Corte, avendo il Tribunale affermato che risultava ‘sufficientemente provata l’effettività dell’addebito da ultimo contestato’, ne conseguiva che risultava integrata la fattispecie contrattuale di cui all’art. 225. Osservava, infatti, che la recidiva qualificata e ripetuta nel corso di un anno è considerata dalle parti sociali talmente grave da comportare il recesso datoriale, posto che chiaramente denota un atteggiamento del dipendente nei confronti del vincolo contrattuale e degli obblighi che ne derivano gravemente
negligente e del tutto privo di interesse, insensibile al potere direttivo datoriale e che fa venir meno il rapporto di fiducia.
Avverso tale decisione COGNOME NOME ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi.
L’intimata resiste con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memoria in vista dell’adunanza camerale dell’11.12.2024, in cui la causa fu rimessa al Presidente per una nuova assegnazione.
Le parti hanno depositato ulteriori memorie.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo il ricorrente denuncia ‘violazione e falsa applicazione del principio del giusto processo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, per aver fondato il proprio convincimento in assenza della necessaria informazione ed istruzione probatoria -art. 360 c.p.c., n. 3 e n. 5 -violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. e all’art. 2119 c.c., e dell’art. 116 c.p.c., per aver la Corte d’appello ritenuta correttamente articolati i capitoli di prova in ordine alle contestazioni e alla sussi stenza delle condizioni di cui all’art. 225 e 229 CCNL -art. 360 co. 1 n. 5 difetto di motivazione e errore di fatto nel ritenere sussistente la recidiva per l’irrogazione di precedenti provvedimenti di sospensione. Falsa applicazione dell’art. 2729 c.c., in relazione agli artt. 2697 c.c., 2119 c.c. e 2 e 5, L. 604/66, per avere la Corte d’appello omesso di esaminare il valore indiziario di fatti decisivi per il giudizio, la
loro concordanza e per aver operato un’errata scelta dei fatti posti a fondamento dell’accertamento presuntivo.
La Corte d’appello con evidente vizio logico e di motivazione prima ritiene che il Tribunale erri nel non disporre l’istruttoria per permettere alla Rica Gest di prova(re) i fatti oggetto delle contestazioni poste a base della recidiva e contestualmente ritiene che tali fatti siano provati omettendo di valutare fatti decisivi di segno contrario. La Corte ritiene che i capitoli articolati da controparte siano volti a provare le predette contestazioni pur ciò non essendo come eccepito dalla difesa di COGNOME e senza motivare e prendere posizione sulle eccezioni del Cornice. La corte di Appello ritiene sussistente la prova dell’irrogazione della sanzione della sospensiva prevista dall’art. 225 CCNL in totale assenza di riscontro probatorio. Omessa e illogica motivazione in ordine alla presunta omessa impugnazione e contestazione delle sanzioni poste e dei fatti posti a base della recidiva’.
Con un secondo motivo denuncia ‘art. 360 c.p.c., n. 3 e n. 5 -Difetto di motivazione e errore di fatto nel ritenere sussistente il perfezionamento della notifica della contestazione disciplinare per rifiuto della consegna e richiesta di spedizione della stessa -Carenza di motivazione del licenziamento. Omessa motivazione in ordine art. 360 c.p.c n. 3 -Falsa applicazione dell’art. 2729 c.c., in relazione agli artt. 2697 c.c., 2119 c.c. e 2 e 5, L. 604/66, per avere la Corte d’appello omesso di esaminare il valore indiziario di fatti decisivi per il giudizio, la loro concordanza ai fini dell’assolvimento dell’onere della prova in capo alla ricorrente e per aver operato un’errata scelta dei fatti posti a fondamento dell’accertamento presuntivo.
Difetto di motivazione in ordine alla validità della notifica dell’atto di contestazione per omessa valutazione di un fatto decisivo relativo al motivo di rifiuto della consegna e all’omessa lettura della pronuncia. Omesso esame dell’eccezione relativa al difetto di motivazione del licenziamento’.
Con un terzo motivo denuncia ‘Art. 360 co. 1 n. 5 Violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. -Lesione del diritto di difesa, omessa, insufficiente a contraddittoria motivazione sulla mancata ammissione della prova per testi del Corn ice in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c.
Si lamenta la mancata ammissione dei mezzi istruttori articolati dal Cornice in ogni fase del procedimento volti a prova contraria rispetto ai fatti contestati e alle circostanze ritenute provate dalla Corte di Appello’.
I motivi, che possono essere congiuntamente esaminati per connessione, sono fondati nei termini e nei limiti che si passa ad illustrare.
Sussistono anzitutto le anomalie motivazionali che il ricorrente denuncia in termini di illogicità e contraddittorietà nell’ambito del primo motivo (v. in particolare facciate 29-31 del ricorso).
Secondo un consolidato indirizzo di questa Corte, infatti, l’anomalia motivazionale deducibile in sede di legittimità può consistere anche nel contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili (v. per tutte, tra le recenti, Sez. un. n. 37406/2022).
5.1. Ebbene, la Corte di merito ha considerato che: ‘Poiché i fatti erano specifici’ , riferendosi ai fatti richiamati a titolo di recidiva , ‘i giudici di primo grado avrebbero potuto ammettere la prova chiesta dalla società, che ha visto quindi leso il diritto di difesa, perché la decisione si è fondata tutta sulla mancanza di prova’.
Tuttavia, subito dopo la stessa Corte (alla facciata 7 della sua sentenza) ha scritto che: ‘Ritiene il Collegio che tale prova non sia necessaria perché sussistono evidenti ragioni per ritenere provati gli addebiti precedenti al licenziamento ed oggetto di recidiva’ .
Tale evidente contraddittorietà è aggravata dal seguito immediato della motivazione, perché vi si legge (sempre alla facciata 7) : ‘In primo luogo, va considerato che a fronte dei procedimenti disciplinari’, alludendo sempre a quelli relativi ‘agli addebiti precedenti al licenziamento’, ‘il Cornice non si è mai difeso e non ha impugnato le sanzioni’.
Detta ultima affermazione, infatti, è in contrasto evidente con quanto riferito dalla medesima Corte territoriale nella narrativa del processo, dove si legge che il lavoratore con il ricorso introduttivo del giudizio aveva convenuto la datrice di lavoro , tra l’altro, ‘chiedendo preliminarmente di dichiarare l’illegittimità e il conseguente annullamento delle sanzioni disciplinari irrogategli per la sospensione temporanea dal servizio, con lettere a lui consegnate rispettivamente in data 14.04.2017, 03.06.2017, 20.10.2017 e del licenziamento intimato il 19.01.2018 per giusta causa; accertare l’inesistenza della recidiva di cu i all’art. 225 ccnl’ (così tra la prima e la seconda facciata della stessa sentenza). Stando, perciò, a tale
parte dello ‘Svolgimento del processo’, riferita dalla stessa Corte, il lavoratore aveva impugnato in giudizio anzitutto le sanzioni disciplinari (conservative) che avevano preceduto il licenziamento.
Anche successivamente la Corte d’appello ha considerato che: ‘Poiché le contestazioni erano specifiche e il Cornice non ha reso giustificazioni e non ha impugnato le sanzioni irrogate, egli, pertanto, avrebbe dovuto prendere in questa sede specifica posizione in ordine alle circostanze allegate dalla datrice di lavoro, relative ai suoi compiti ed allo stato delle corsie a lui assegnate (per come emergenti dalle fotografie) e non limitarsi a presentare giustificazioni irrilevanti e comunque generiche.
I fatti oggetto della quarta contestazione disciplinare sono stati ritenuti provati dal tribunale sulla base dell’istruttoria (documentale e per testimoni) e la sentenza in parte qua non è stata reclamata dal Cornice’.
6.1. Quest’ultima affermazione, tuttavia, è contraddetta da quello che la stessa Corte in precedenza aveva riferito.
In particolare, i giudici della doppia fase del primo grado, pur avendo escluso il carattere ritorsivo del licenziamento, avevano nondimeno dichiarato l’illegittimità di quest’ultimo e avevano riconosciuto al lavoratore la tutela reintegratoria con la condanna della datrice di lavoro al pagamento d’indennità risarcitoria (cfr. facciate 3 e 4 dell’impugna sentenza); sicché il lavoratore era privo d’interesse a reclamare la sentenza resa in sede d’opposizione nella parte in cui il Tribunale aveva reputato provati i fatti oggetto della quarta contestazione disciplinare (che non costituiva capo autonomo della decisione diversamente da quello circa l’esclusione della natura ritorsiva
del licenziamento, che, se ritenuta sussistente, poteva indurre la piena tutela di cui all’art. 18, commi primo e secondo, l. n. 300/1970, piuttosto che quella riconosciuta di cui al comma quarto dello stesso articolo).
In disparte le contraddittorietà già evidenziate, l’affermazione della Corte che il lavoratore ‘avrebbe dovuto prendere in questa sede specifica posizione in ordine alle circostanze allegate dalla datrice di lavoro, relative ai suoi compiti ed allo stato delle corsie a lui assegnate (per come emergenti dalle fotografie)’ porta all’esame del terzo motivo di ricorso.
In tale censura, infatti, il ricorrente essenzialmente lamenta la mancata ammissione della prova testimoniale da lui articolata.
In proposito, occorre premettere che, secondo un consolidato indirizzo di questa Corte, il relativo vizio di motivazione può essere denunciato per cassazione solo nel caso in cui esso abbia investito un punto decisivo della controversia e, quindi, ove la prova non ammessa o non esaminata in concreto fosse stata idonea a dimostrare circostanze tali da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia delle altre r isultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito, di modo che la ratio decidendi risulti priva di fondamento (così, tra le altre, Cass. n. 16271/2022). Inoltre, il ricorrente che, in sede di legittimità, denunci la mancata ammissione di una prova testimoniale da parte del giudice di merito ha l’onere di indicare specificamente le circostanze che formavano oggetto della prova, al fine di consentire al giudice di legittimità il controllo
della decisività dei fatti da provare e, quindi, delle prove stesse che, per il principio di autosufficienza del ricorso, la Corte di cassazione dev’essere in grado di compiere solo sulla base delle deduzioni contenute nell’atto, alle cui lacune non è cons entito sopperire con indagini integrative (Sez. un. n. 28336/2011). Infatti, la relativa censura è inammissibile se il ricorrente non trascrive i capitoli di prova e non indica i testi e le ragioni per le quali essi sono qualificati a testimoniare (Cass. n. 6275/2019).
Ebbene, il ricorrente ha in questa sede trascritto i capitoli d ‘interrogatorio formale e di prova testimoniale ed ha indicato i testi, che aveva chiesto di escutere (tra i quali la già menzionata COGNOME, direttore del punto vendita), nella propria comparsa di costituzione in sede d’opposizione (cfr. facciate 42-44 del ricorso), specificando di aver ribadito tale richiesta istruttoria anche nel costituirsi in sede di reclamo (v. facciata 15 del ricorso) ; richiesta sulla quale la Corte d’appello non si è pronunciata.
Non è, poi, questionabile la potenziale decisività delle circostanze fattuali oggetto di tale capitolato, segnatamente quelle che afferivano, appunto ,ai tre fatti per i quali era stata ritenuta integrata la recidiva qualificata, e che, se dimostrate, potevano giustificare almeno parzialmente quanto addebitato al lavoratore; tanto in fattispecie nella quale la caducazione anche di uno dei pregressi addebiti poteva far venire meno l’ipotesi di licenziamento prevista da ll’art. 225 del CCNL , cui unicamente si è riferita la Corte in sede di reclamo.
Pertanto, in accoglimento del ricorso ne sensi specificati, la sentenza impugnata dev’essere cassata con rinvio
alla medesima Corte territoriale che, in differente composizione, dovrà provvedere anche sulle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione e cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, cui demanda di provvedere