Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 2025 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 2025 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 28/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso 9638-2023 proposto da:
COGNOMENOME COGNOME, domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO NOME INDIRIZZO presso lo studio degli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME che la rappresentano e difendono;
– controricorrente –
nonché contro
AZIENDA OSPEDALIERA UNIVERSITARIA RAGIONE_SOCIALE “COGNOME” DI MESSINA, in persona del Commissario Straordinario e legale rappresentante pro tempore,
Oggetto
Licenziamento disciplinare
R.G.N. 9638/2023
COGNOME
Rep.
Ud. 17/12/2024
CC
elettivamente domiciliata presso l’indirizzo PEC dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 103/2023 della CORTE D’APPELLO di MESSINA, depositata il 16/02/2023 R.G.N. 321/2022; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 17/12/2024 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Fatti di causa
1.- La Corte d’appello di Messina, con la sentenza in atti, ha rigettato il reclamo proposto da COGNOME COGNOME nei confronti di RAGIONE_SOCIALE e Azienda Ospedaliera Universitaria Gaetano Martino (AOU), ed avverso la sentenza del tribunale che aveva confermato il rigetto dell’impugnazione del licenziamento per giusta causa comminatogli dalla datrice di lavoro RAGIONE_SOCIALE per aver richiesto rimborsi di spese sanitarie per somme superiori (€ 14.451,81 e € 5.000,00 ) a quelle effettivamente sostenute, sulla scorta della polizza sanitaria accesa dalla datrice di lavoro con la consociata RAGIONE_SOCIALE (GBS).
2.A fondamento della sentenza la Corte d’appello ha richiamato i documenti con i quali il lavoratore aveva corredato la richiesta di rimborso, prodotti in atti dall’una e dall’altra parte, e la contestazione disciplinare con la quale Alleanza Assicurazioni aveva contestato al dipendente di aver richiesto il rimborso di spese sanitarie non pagate relativamente alla fattura A/2/01/000002 di € 7226,81 e relativamente alla ricevuta fiscale n. 192253 di € 500.
3.- Sulla ricevuta n. 192253 la Corte ha sostenuto che quella depositata dal dipendente risultasse visibilmente manomessa con l’aggiunta di uno zero alla cifra originaria ‘500’ (‘5000’) nella casella da pagare; mentre era innegabile che il dott. COGNOME
che aveva rilasciato tale documento, avesse versato alla azienda soltanto la somma di 500 €.
4.- La Corte ha messo quindi in rilievo le discordanti versioni e l’inverosimiglianza delle tesi difensive sostenute da COGNOME in sede disciplinare e nel corso del giudizio (in cui ha affermato che la fattura fosse stata modificata dal dott. COGNOME). E non ha dato credito al lavoratore, il quale aveva effettuato un prelievo di 3000 € il giorno 19 dicembre: secondo la Corte, come rilevato dal tribunale, tale fatto dimostrava solo il possesso della somma in contanti il giorno prima del rilascio della fattura, ma di per sé non dimostrava che la somma fosse stata poi incassata dal dottore.
5.- Per quanto riguardava la fattura, la Corte d’appello ha rilevato che non fosse in alcun modo giustificata la tesi del ricorrente secondo cui, invece dei 7226,81 euro attestati dalla fattura dell’AOU e dal preventivo , egli avrebbe pagato in totale la somma di € 14.451,81 (7225,00 € in contanti e 7226,81 € con assegno) di cui aveva richiesto il rimborso.
6.La Corte d’appello si è soffermata chiaramente e motivatamente sulle istanze di prova per testi del ricorrente ed ha giustificato in vario modo la loro esclusione, sostenendo, in sintesi, che fossero non pertinenti ed irrilevanti ai fini della decisione.
7.Per quanto riguardava la lettera che il COGNOME affermava di aver inviato, ad un anno di distanza dall’intervento, per protestare con l’azienda sanitaria – sostenendo di aver pagato una somma elevata, nonostante l’intervento operatorio fosse stato negativo – la Corte ha osservato che il lavoratore non aveva offerto alcuna prova di aver effettivamente recapitato all’azienda proprio tale pagina; non c’era alcuna prova che COGNOME avesse scritto la lettera prima di ricevere la contestazione disciplinare e, in ogni caso, non era improbabile
che all’epoca della redazione di quella lettera, se mai essa fosse stata spedita, egli potesse avere avuto sentore del fatto che Alleanza stesse espletando degli accertamenti a suo carico.
8.- Secondo la Corte, COGNOME avrebbe dovuto dimostrare in positivo di avere effettivamente versato quelle somme e non soltanto che il versamento fosse concretamente possibile; il fatto che egli si sia in tal modo autodenunciato era pure ininfluente, visto che la violazione del limite di pagamento in contanti comportava una pena amministrativa pecuniaria, rischio ampiamente accettabile al fine di evitare il licenziamento.
9.- Esistevano quindi sulla base dei fatti commessi, anche soltanto del secondo, gli estremi della giusta causa di licenziamento e non mancava la proporzionalità tra la sanzione irrogata ed i fatti commessi.
10.- Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione COGNOME Salvatore con nove motivi ai quali hanno resistito con controricorso RAGIONE_SOCIALE e Azienda Ospedaliera Universitaria NOME COGNOME : quest’ultimo peraltro inammissibile in quanto tardivo (come illustrato più avanti, sub 28).
11.Il ricorrente ed RAGIONE_SOCIALE hanno depositato memoria prima dell’udienza. Il collegio ha riservato la motivazione, ai sensi dell’art. 380bis1, secondo comma, ult. parte c.p.c.
Ragioni della decisione
1.Col primo motivo il ricorso deduce la violazione dell’art. 360 n. 3 c.p.c. in relazione all’art. 132 n. 4 c.p.c. ed all’art. 2697 c.c.: erroneità della sentenza in quanto la Corte di appello ha ritenuto che il lavoratore avrebbe dovuto dimostrare in positivo di avere effettivamente versato le maggiori somme di cui alle fatture per le quali ha chiesto il rimborso, e non soltanto che il
versamento fosse concretamente possibile, tuttavia la Corte non aveva ammesso i mezzi istruttori articolati proprio per provare tali fatti.
2.- Con il secondo motivo si sostiene la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., nonche’ omesso esame di fatto decisivo della controversia, (art. 360 c.p.c. co.1 n.5 cpc), in quanto la Corte di appello ha rigettato la domanda del lavoratore per la ravvisata mancata prova del versamento delle maggiori somme di cui alle fatture per le quali aveva chiesto il rimborso mentre non ha ammesso la prova che i fatti posti a fondamento della stessa erano proprio diretti a provare.
3.- Con il terzo motivo si sostiene la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., e 2729 cc (art. 360 c.p.c. co.1 n.5 cpc) in quanto la Corte di appello ha violato le disposizioni che impongono l’obbligo di una valutazione unitaria della prova e degli elemen ti presuntivi.
4.- Con il quarto motivo si denuncia la violazione degli artt. 115, 116, 421 c.p.c. ed art. 1, comma 60 legge n. 92/2012 (art. 360 c.p.c. co.1 n.5 cpc) in quanto la Corte di appello non ha ammesso i mezzi di prova offerti dal ricorrente in quanto costui non li avrebbe indicati in sede di giustificazione dell’addebito disciplinare.
5.Con il quinto motivo si deduce violazione dell’art. 115 c.p.c. in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, travisamento della prova per avere la Corte di appello travisato la prova costituita dalle dichiarazioni rese dal ricorrente mediante interrogatorio libero richiesto dal giudice.
6.- Con il sesto motivo si denuncia la violazione degli artt. 115, 116 c.p.c. e 2697 c.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 per aver violato la disposizione dell’art. 2697 c.c. nel ritenere che gravasse sul ricorrente l’onere di provare il
contenuto della raccomandata inviata all’azienda ospedaliera anziché che tale onere gravasse su quest’ultima.
7.- Con il settimo motivo si deduce violazione degli artt. 115, 116 c.p.c., 2119 c.c. e 58 ccnal (art. 360 c.p.c. co. 1 n. 5) perché la Corte di appello , dopo aver ritenuto (erroneamente) che il lavoratore avesse sborsato somme inferiori rispetto a quelle per cui ha chiesto ed ottenuto il rimborso, ha concluso che tale condotta integrasse una giusta causa di licenziamento. 8.Con l’ottavo motivo si lamenta la violazione degli artt. 115, 116 c.p.c., 2119 c.c. e 58 Ccnal (art. 360 c.p.c. co.1 n. 5 cpc), relativamente allo scrutinio sulla non proporzionalità tra fatti addebitati al ricorrente e la sanzione espulsiva irrogata, la Corte di appello non si è attenuta i principi vigenti in materia;
9.- Con il nono motivo si deduce violazione degli artt. 115, 116 c.p.c., 2697 c.c. e 132 cpc, (art. 360 c.p.c. co. 1 n. 5) perché la Corte ha omesso di pronunciarsi sulle ulteriori prove ribadite con il reclamo e trascritte in ricorso.
10.- I motivi primo, secondo, terzo, quarto e nono, censurano la decisione, di carattere processuale, della Corte territoriale di non ammettere le prove richieste dal ricorrente e possono essere esaminati unitariamente per la connessione logica giuridica che li correla.
Essi sono inammissibili perché sotto il vizio di errores in procedendo o in iudicando mirano in realtà ad un ribaltamento del giudizio di fatto con cui la Corte di appello non ha dato credito alla versione difensiva del COGNOME con la quale aveva sostenuto di aver pagato effettivamente (rispettivamente al dott. COGNOME ed all’AOU) le somme di cui aveva poi chiesto il rimborso.
La Corte ha ritenuto non rilevanti e non decisive le prove testimoniali dedotte ed in sostanza superfluo accedere anche alle ulteriori istanze istruttorie, in quanto da altri elementi
probatori, ritenuti più certi e verosimili (costituiti dai documenti di causa, dalle presunzioni, dalla valutazione del contegno del ricorrente, dalle difese rese dal medesimo nel corso del procedimento disciplinare e dall’interrogatorio libero), emergev a che il lavoratore non pagò la somma di 5000 € al dottore COGNOME avendo questi ricevuto solo 500 € che versò alla AOU, come attestato dalla fattura prodotta in giudizio da AOU; mentre la copia prodotta dal ricorrente era manifestamente falsa; e non era stato il dott. COGNOME a correggerla su richiesta del lavoratore che gli aveva fatto rilevare l’errore relativo alla cifra di 500 euro; non era neppure credibile che egli pagò in contanti il dott. COGNOME piuttosto che con metodo tracciabile perché ‘aveva paura dell’operazione’ .
12.- Inoltre, ad avviso della Corte, il lavoratore non pagò mai regolarmente ed effettivamente all’Azienda Ospedaliera l’ulteriore somma di 7225,00 € in contanti. Tanto risultava sulla base del preventivo di 7226,81 € e non di 14.451,81 € e dal fatto che l’AOU non potesse ricevere somme in contanti sopra i 1000 € (il pagamento all’epoca era vietato); inoltre la copia della fattura 14.451,81 prodotta dal lavoratore -ancorché presentasse i bolli dell’AOU – non era autentica; soprattutto perché non era stato identificato chi avesse ricevuto i soldi in contanti, chi l’avesse sottoscritta, chi avesse apposto la dicitura ‘copia conforme’ e la data di rilascio. Inoltre non era provata la spedizione della lettera del 25 marzo 2014 all’AOU in cui il ricorrente lamentava di aver pagato la cifra di € 5000 più € 14.451,81 autodenunciandosi, e secondo la Corte non poteva escludersi che fosse stata una messa in scena. La denuncia penale a carico del dott. COGNOME era stata archiviata. Il ricorrente aveva partecipato pi uttosto ‘ad un pactum sceleris con personale infedele delll’AOU’ (pag. 14 della sentenza impugnata).
13. Sulla scorta di tali premesse, risulta quindi, anzitutto, che i giudici di merito abbiano compiuto una approfondita valutazione ed una analisi critica di molteplici elementi di prova acquisiti in giudizio, secondo un’opzione interpretativa che non è suscettibile di un riesame di carattere generale in questa sede di cassazione che non è un terzo grado di giudizio con compito di verificare la fondatezza di ogni affermazione effettuata dal giudice di appello nella sentenza impugnata.
Esso è come noto (Cass. Sez. 5, sentenza n. 25332 del 28/11/2014) un giudizio a critica vincolata, nel quale le censure alla pronuncia di merito devono trovare collocazione entro un elenco tassativo di motivi, in quanto la Corte di Cassazione non è mai giudice del fatto in senso sostanziale ed esercita un controllo sulla legalità e logicità della decisione che non consente di riesaminare e di valutare autonomamente e direttamente il merito della causa.
14.- Inoltre va rammentato che non tutte le contraddizioni o le insufficienze della motivazione di una sentenza possono condurre alla sua nullità in sede di legittimità posto che nell’attuale assetto ordinamentale il vizio di motivazione può essere censur ato ai sensi dell’art. 360 n. 4 in relazione all’art. 132, comma 2, n. 4 c.p.c., soltanto nel caso in cui la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente o manifestamente contraddittoria o incomprensibile (Cass. S. U. n. 22232/2016; Cass. n. 23940/2017; Cass. n. 22598/2018): ipotesi, tutte, non ravvisabili nel ragionamento logico-giuridico pure presente nella impugnata pronuncia.
15.- Costituisce inoltre ius receptum nella giurisprudenza di legittimità che sia devoluta al giudice del merito l’individuazione delle fonti del proprio convincimento, e pertanto anche la valutazione delle prove, il controllo della loro attendibilità e concludenza, la scelta, fra le risultanze istruttorie, di quelle
ritenute idonee ad acclarare i fatti oggetto della controversia, privilegiando in via logica taluni mezzi di prova e disattendendone altri, in ragione del loro diverso spessore probatorio, con l’unico limite della adeguata e congrua motivazione del criterio adottato; conseguentemente, ai fini di una corretta decisione, il giudice non è tenuto a valutare analiticamente tutte le risultanze processuali, ne’ a confutare singolarmente le argomentazioni prospettate dalle parti, essendo invece sufficiente che egli, dopo averle vagliate nel loro complesso, indichi gli elementi sui quali intende fondare il suo convincimento e l’iter seguito nella valutazione degli stessi e per le proprie conclusioni, implicitamente disattendendo quelli logicamente incompatibili con la decisione adottata.
16. In particolare gli accertamenti di fatto non sono sindacabili in sede di legittimità oltre i limiti imposti dal novellato art. 360, co. 1, n. 5, c.p.c., così come rigorosamente interpretato dalle Sezioni unite di questa Corte con le sentenze n. 8053 e n. 8054 del 2014 (con principi costantemente ribaditi dalle stesse Sezioni unite v. n. 19881 del 2014, n. 25008 del 2014, n. 417 del 2015, oltre che dalle Sezioni semplici), di cui la parte ricorrente non tiene alcun conto, pretendendo, in realtà, una rivalutazione degli accadimenti storici ed una revisione del giudizio di fatto non ammissibile in questa sede.
17.- In proposito va altresì osservato come nei motivi di ricorso in esame si denuncia pure l’esistenza del vizio di cui al n. 5 dell’art. 360 c.p.c. in una ipotesi che è preclusa dalla ricorrenza di una cd. ‘doppia conforme’ (cfr. art. 348 ter, ultimo comma, c.p.c., in seguito art. 360, comma 4, c.p.c., per le modifiche introdotte dall’art. 3, commi 26 e 27, d. lgs. n. 149 del 2022), senza indicare le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto
dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (v. Cass. n. 26774 del 2016; conf. Cass. n. 20944 del 2019).
18.Deve ancora evidenziarsi, in consonanza con l’orientamento di questa Corte (v. Cass., S.U. n. 20867 del 2020; Cass. n. 11892 del 2016; Cass. n. 25029 del 2015; Cass. n. 25216 del 2014), che la violazione dell’art. 115 c.p.c. può essere dedotta come vizio di legittimità qualora il giudice, esercitando il suo potere discrezionale nella scelta e valutazione degli elementi probatori, ometta di valutare le risultanze di cui la parte abbia esplicitamente dedotto la decisività, salvo escluderne in concreto, motivando sul punto, la rilevanza o non ammetta le prove (rilevanti ed ammissibili) ed affermi che la domanda non sia provata ovvero quando egli ponga alla base della decisione fatti che erroneamente ritenga notori o la sua scienza personale.
19.In modo parallelo, la violazione dell’art. 116 c.p.c. presuppone che il giudice abbia valutato una prova legale secondo prudente apprezzamento o un elemento di prova liberamente valutabile come prova legale.
20.- Infine, va posto in evidenza che secondo la giurisprudenza consolidata di questa Corte il vizio di motivazione per omessa ammissione della prova testimoniale o di altra prova può essere denunciato per cassazione soltanto nel caso in cui esso investa un punto decisivo della controversia e, quindi, ove la prova non ammessa o non esaminata in concreto sia idonea a dimostrare circostanze tali da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito, di modo che la “ratio decidendi” risulti priva di fondamento (Cass.n. 18072/2024, n. 16214/2019, Cass. 2085/95; Cass. 7472/17; Cass. 26764/19).
Nessuna di queste situazioni è rappresentata nei motivi di ricorso in esame alla luce delle affermazioni che precedono e della motivazione presente nella sentenza impugnata.
22.- Il quinto motivo di ricorso denuncia il vizio del travisamento della prova; esso è però inammissibile perché la Corte d’appello ha fondato la responsabilità del lavoratore sui documenti e sulla inverosimiglianza della sua tesi difensiva in merito all ‘asserito pagamento effettuato. Il travisamento dedotto col quinto motivo verte invece su una circostanza priva di qualsiasi rilievo e certamente non decisiva (come il numero delle visite del dott. COGNOME e quanto avrebbe pagato di volta in volta).
Pertanto la stessa questione del ‘travisamento della prova’ non è stata dedotta in modo rituale ed è stata evocata al di fuori dei limiti posti dalle Sezioni unite di questa Corte che ha chiarito: «Il travisamento del contenuto oggettivo della prova, il quale ricorre in caso di svista concernente il fatto probatorio in sé, e non di verifica logica della riconducibilità dell’informazione probatoria al fatto probatorio, trova il suo istituzionale rimedio nell’impugnazione per revocazione per errore di fatt o, in concorso dei presupposti richiesti dall’articolo 395, n. 4, c.p.c., mentre, ove il fatto probatorio abbia costituito un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare, e cioè se il travisamento rifletta la lettura del fatto probatorio prospettata da una delle parti, il vizio va fatto valere, in concorso dei presupposti di legge, ai sensi dell’articolo 360, nn. 4 e 5, c.p.c., a seconda si tratti di fatto processuale o sostanziale» (Cass. SS.UU. n. 5792 del 2024); concorso dei presupposti di legge che nella specie non ricorre, sia per quanto riguarda il vizio di cui al n. 4 dell’articolo 360 c.p.c., atteso che la motivazione impugnata certamente supera sul punto la soglia del cd. ‘minimum costituzionale’
23.- Il sesto motivo è pure esso inammissibile in quanto mira alla revisione dell’accertamento compiuto dalla Corte di merito, essendo stato accertato in giudizio che l’AOU non avesse ricevuto la lettera di cui sopra ed avesse ricevuto altro; cioè un fogl io bianco, un’ecografia ed un referto riguardanti il COGNOME che restituì con nota dell’1 aprile del 2014.
24.- I motivi settimo ed ottavo sono infondati, posto che la Corte ha accertato la responsabilità del lavoratore sul piano oggettivo e soggettivo e la gravità della condotta a lui addebitata correttamente argomentando (sul piano fiduciario, del ruolo, delle mansioni, del danno, del dolo) ed ha richiamato la nozione legale di giusta causa ex art 2119 c.c.
Dalla natura legale della nozione deriva simmetricamente che l’elencazione delle ipotesi di giusta causa di licenziamento contenuta nei contratti collettivi ha valenza meramente esemplificativa, sicché non preclude un’autonoma valutazione del giudice di merito in ordine all’idoneità di un grave inadempimento, o di un grave comportamento del lavoratore contrario alle norme della comune etica o del comune vivere civile, a far venire meno il rapporto fiduciario tra datore di lavoro e lavoratore (Cass. n. 2830 del 2016; Cass. n. 4060 del 2011; Cass. n. 5372 del 2004; v. pure Cass. n. 27004 del 2018); fatto salve le disposizioni migliorative della contrattazione collettiva.
25.- Sono inesistenti gli errores in iudicando denunciati, in assenza di errori di diritto, neppure sotto il profilo del vizio di sussunzione (Cass. 10320/18; Cass. 23851/19); dolendosi piuttosto il ricorrente di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa, esterna all’esatta interpretazione della norma e inerente alla tipica valutazione del giudice di merito, censurabile in sede di legittimità solo sotto l’aspetto del vizio di motivazione (Cass. 195/16; Cass. 24155/17; Cass. 23927/20), oggi peraltro nei rigorosi limiti del
novellato art. 360, primo comma, n. 5 c.p.c. ( qui inammissibile per doppia conforme).
26.Non sussiste violazione alcuna sotto il profilo della proporzionalità dell’illecito che costituisce una valutazione riservata al giudice merito e che nel caso di specie risulta congruamente argomentata dalla Corte di appello in conformità all’orientamento di legittimità secondo cui ‘ in materia di sanzioni disciplinari, il giudizio di proporzionalità tra licenziamento e addebito contestato è devoluto al giudice di merito, in quanto implica un apprezzamento dei fatti che hanno dato origine alla controversia, ed è sindacabile in sede di legittimità soltanto quando la motivazione della sentenza impugnata sul punto manchi del tutto, ovvero sia affetta da vizi giuridici consistenti nell’essere stata articolata su espressioni od argomenti tra loro inconciliabili, oppure perplessi o manifestamente ed obiettivamente incomprensibili, ovvero ancora sia viziata da omesso esame di un fatto avente valore decisivo, nel senso che l’elemento trascurato avrebbe condotto con certezza ad un diverso esito della controvers ia’ (Cass. 107/24, Cass. 8293/12).
27.- Per le ragioni esposte il ricorso deve essere rigettato.
28.- Le spese di lite seguono il criterio della soccombenza dettato dall’art. 91 c.p.c. in favore di Alleanza Assicurazioni S.p.A.; mentre nulla può essere liquidato per le spese in favore d ell’ Azienda Ospedaliera Universitaria Gaetano Martino che si è costituita in ritardo, con controricorso depositato oltre il termine di scadenza stabilito dal nuovo art. 370 c.p.c. (data scadenza per il deposito 27/05/202, data effettiva di deposito 08/06/2023).
Si applica infatti al caso di specie la disciplina dell’art. 370 c.p.c. che nella nuova regolamentazione – introdotta dal d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149 (c.d. “Riforma Cartabia), come modificato
dalla L. 29 dicembre 2022, n. 197 – prevede che il controricorso debba essere direttamente depositato (e non più notificato al ricorrente principale) entro 40 giorni dalla notifica del ricorso principale (nel caso di specie avvenuta il 17.4.2023). La nuova disciplina si applica ai giudizi introdotti con ricorso per cassazione notificato successivamente all’1.1.2023 posto che ai sensi del d.lgs. cit. “Salvo quanto disposto dal comma 6, le norme del capo III del titolo III del libro secondo del codice di procedura civile e del capo IV delle disposizioni per l’attuazione del codice di procedura civile e disposizioni transitorie, di cui al regio decreto 18 dicembre 1941, n. 1368, come modificati dal presente decreto, hanno effetto a decorrere dal 1° gennaio 2023 e si applicano ai giudizi introdotti con ricorso notificato a decorrere da tale data” (art. 35, comma 5).
29.- Sussistono le condizioni di cui all’art. 13, comma 1 quater, d.P.R.115 del 2002 per il pagamento del raddoppio del contributo unificato da parte del ricorrente principale.
P.Q.M.
La Corte dichiara l’inammissibilità del ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio che liquida in favore di RAGIONE_SOCIALEp.RAGIONE_SOCIALE in € 4.500,00 per compensi professionali, euro 200,00 per esborsi, 15% per spese forfettarie, oltre accessori dovuti per legge. Nulla spese per Azienda Ospedaliera Universitaria Gaetano Martino. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte dell a ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dell’art.13 comma 1 bis del citato d.P.R., se dovuto.
Così deciso nella Adunanza camerale del 17.12.2024 Il presidente
Dott. NOME COGNOME