Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 3232 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L   Num. 3232  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 05/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso 26492-2020 proposto da:
COGNOME  NOME,  elettivamente  domiciliato  in  ROMAINDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato  NOME  COGNOME,  che  lo  rappresenta  e  difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
BANCA  ADRIA  COLLI  EUGANEI  CREDITO  COOPERATIVO SOCIETA’ RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante  pro  tempore,  elettivamente  domiciliata  in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato  NOME  COGNOME,  che  la  rappresenta  e difende unitamente agli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 50/2020 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 06/02/2020 R.G.N. 328/2019; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 09/01/2024 dal AVV_NOTAIO.
Fatti di causa
Rep.
Ud. 09/01/2024
CC
La Corte d’appello di Venezia, con la sentenza in atti, in parziale accoglimento del reclamo ed in riforma della sentenza impugnata, ha condannato la Banca RAGIONE_SOCIALE al pagamento dell’importo di euro 2.593,89 oltre accessori a NOME COGNOME ed ha rigettato per il resto il reclamo proposto confermando la sentenza impugnata in punto di legittimità del licenziamento intimato al COGNOME per una serie di addebiti disciplinari relativi alla apertura ed alla gestione di un conto corrente nei confronti di RAGIONE_SOCIALE così come formulati con la lettera di contestazione (nn. 1-9); e con i quali si addebitava, tra l’altro, al ricorrente che presso la filiale di Villafranca Padovana dove era preposto veniva aperto un conto corrente intestato alla RAGIONE_SOCIALE senza acquisire alcuna informazione sui soggetti interessati (COGNOME e COGNOME),in violazione delle disposizioni che disciplinano l’attività bancaria; che era stato consegnato un libretto di assegni senza liquidità; che non fosse stato correttamente compilato il questionario antiriciclaggio; che a seguito del trasferimento del COGNOME alla filiale di Bastia inspiegabilmente il rapporto con la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE veniva trasferito presso la stessa filiale ed il rapporto continuava ad essere esclusivamente gestito dal COGNOME; che nonostante il conto presentasse un saldo sostanzialmente pari a zero era stato consegnato al cliente un secondo libretto di assegni; che l’ufficio legale interno in data 10 gennaio 2017 aveva comunicato alla filiale di Bastia ed al ricorrente personalmente la segnalazione CAI CARTER con cui sostanzialmente RAGIONE_SOCIALE comunicava che la RAGIONE_SOCIALE Madiba non avesse provveduto al saldo di quanto sborsato mediante utilizzo della carta di credito.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME  con  due  motivi  ai  quali  ha  resistito  la  Banca  con
contro
ricorso. Le parti hanno depositato memorie; il collegio ha riservato la motivazione all’esito della camera di consiglio.
Ragioni della decisione
1.- Col primo motivo di ricorso si deduce il travisamento della prova in relazione all’art. 360 comma 1 n. 5 c.p.c. in quanto la motivazione della impugnata sentenza sarebbe, a dire del ricorrente, costellata da un considerevole numero di elementi probatori travisati che anche complessivamente considerati sono stati decisivi per il rigetto dell’appello e la conferma della legittimità del licenziamento del lavoratore. In particolare i dati probatori travisati dalla Corte di merito sarebbero decisivi, in quanto emerge che, in conseguenza di tali clamorose sviste, l’impugnata sentenza ha errato: -nell’affermare che il COGNOME avrebbe confermato nella denuncia ai Carabinieri e nelle proprie giustificazioni in sede disciplinare di aver avuto contezza dell’inso luto a partire dalle 10.30 (l’unico dato oggettivo, costituito dal file log, indica un orario ben successivo); nell’affermare che il ricorrente non avrebbe mai contestato nella loro materialità gli addebiti mossi dalla banca; nell’affermare che il 27.0 6.2020 il direttore della filiale aveva dato corso all’apertura del conto corrente a nome del sig. NOME COGNOME, non essendovi alcuna prova del contatto diretto tra il COGNOME e il COGNOME; -nell’affermare che non vi sarebbe stata alcuna verifica riguardo al legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE; nell’affermare che i controlli RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE avrebbero dovuto essere obbligatoriamente eseguiti; -nell’affermare che la valutazione del rischio gravasse sul direttore di filiale e non sull ‘Ufficio Sistemi di Pagamento ; -nell’affermare che il NOME era stato messo al corrente dall’Ufficio Sistemi di Pagamento sui rischi cui la Banca poteva incorrere con l’utilizzo degli SDD B2B.
Si  tratta,  ad  avviso  del  ricorrente,  di  travisamenti  delle risultanze documentali che ricadono sulle principali
contestazioni poste dalla banca a fondamento del licenziamento e che, se correttamente valutate, avrebbero comportato un differente esito processuale, considerato che le altre contestazioni -relative tutt’al più a mere violazioni formali -non  sarebbero  state idonee a sorreggere il provvedimento disciplinare più drastico.
1.1.- Il motivo di ricorso in oggetto è inammissibile atteso che deduce il vizio di cui al n. 5 dell’art. 360 c.p.c. in una ipotesi preclusa per la ricorrenza di una cd. ‘doppia conforme’ (cfr. art. 348 ter, ultimo comma, c.p.c., in seguito art. 360, comma 4, c.p.c., per le modifich e introdotte dall’art. 3, commi 26 e 27, d. lgs. n. 149 del 2022), senza indicare le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (v. Cass. n. 26774 del 2016; conf. Cass. n. 20944 del 2019).
1.2.  Inoltre  il  dedotto  vizio  mira  in  realtà  ad  una  nuova  e generale  rivalutazione delle prove  ed  a  sostituire, alla decisione ampiamente motivata della quaestio facti, effettuata  dalla  Corte  di  merito,  una  nuova  valutazione  da parte di questa Corte che non è deputata a questo compito dall’ordinamento.
Ed invero, secondo la consolidata giurisprudenza (Sez. 3 sentenza n. 13918 del 03/05/2022), nel giudizio di cassazione, la parte non può dolersi del modo in cui il giudice di merito ha compiuto le proprie valutazioni discrezionali, in ordine ai diversi significati in astratto ricavabili dai mezzi di prova acquisiti al giudizio, mentre l’illegittima utilizzazione di prove inesistenti, perché riferite a fonti mai dedotte in giudizio oppure a informazioni probatorie prive di alcuna possibile o immaginabile connessione con le fonti appartenenti al processo, è sindacabile ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., in quanto integrante violazione dell’art. 115 c.p.c.,
1.3. Inoltre, come è noto, il giudice del merito non è tenuto a prendere in esame tutte le risultanze processuali prospettate dalle parti, essendo sufficiente che egli abbia indicato gli elementi posti a fondamento della statuizione adottata. In tal senso, la selezione degli elementi probatori e la valutazione di essi rientrano nella sfera di discrezionalità del giudice di merito il quale non è tenuto a confutare dettagliatamente le singole argomentazioni svolte dalle parti su ciascuna delle risultanze probatorie – sempreché la o le risultanza/e non considerata/e partitamente non sia/siano tale/i da condurre ad una diversa decisione – dovendo solo fornire un’adeguata motivazione sulla base degli elementi ritenuti più attendibili e pertinenti (Cass. n. 16467/2017; Cass. n. 12751/2001; Cass. n. 5045/1999) e, nel vigore del novellato n. 5 dell’art. 360 c.p.c., una motivazione che sia rispettosa del cd. ‘minimo costituzionale’ (cfr. Cass. SS.UU. nn. 8053 e 8054 del 2014); trattandosi tuttavia di un tipo di sindacato che nel caso in esame, per quanto già detto, è precluso per l’esistenza di un caso di doppia conforme.
1.4. Risulta in ogni caso che la Corte territoriale, ha adeguatamente e diffusamente motivato in ordine alle ragioni per cui il licenziamento del ricorrente è stato ritenuto legittimo, essendo stati considerati sussistenti dai giudici di merito i vari addebiti a lui mossi dalla Banca (nn. 1-9) per come partitamente considerati nella motivazione della impugnata sentenza, anche in rapporto alla disposizione collettiva invocata dal reclamante che all’art. 44 prevede il licenziamento in ipotesi di ‘ giusta cau sa’.
1.5. La sentenza impugnata ha inoltre correttamente motivato in ordine alla gravità delle condotte poste in essere dal  ricorrente,  che  era  la  figura  apicale  della  filiale  e  che, come tale, era tenuto a conoscere la normativa applicabile, sia interna che esterna, relativa alle operazioni attuate.
2. Con il secondo motivo si deduce il vizio di motivazione apparente ex art 360 n. 4 c.p.c. in relazione alla ritenuta proporzionalità della sanzione applicata e l’omesso esame di fatti decisivi ex art. 360 n. 5 c.p.c., perché l’impugnata sentenza si sarebbe pronunciata in maniera del tutto apparente in merito alle doglianze del reclamante relative all’omesso giudizio di ‘proporzionalità’ tra sanzione e gravità del comportamento addebitato (motivi n. 1 del reclamo ex art. 1 co. 58 L. 92/2012, pag. 15 e ss., e n. 3, pag. 69 e ss.) 2.1. Il motivo è infondato. Secondo la giurisprudenza consolidata di legittimità il vizio di motivazione apparente esiste solo quando (ordinanza nn. 13248/2020, 6758/2022) la motivazione, pur se graficamente esistente ed, eventualmente sovrabbondante nella descrizione astratta delle norme che regola la fattispecie dedotta in giudizio, non consente alcun controllo sull’esattezza e la logicità del ragionamento decisorio, così da non attingere la soglia del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111 comma 6 Cost. Nel caso in esame, come già osservato, la Corte ha riscontrato, in vari punti della sentenza, la gravità delle condotte commesse dal COGNOME anche in relazione alla disciplina collettiva e ne ha quindi tratto, con coerenza , la logica conclusione che fosse integrata la ‘giusta causa’ in conformità all’art. 2119 c.c. ed alla sua consolidata applicazione ad opera di questa Corte di legittimità, anche in ragione della posizione apicale del lavoratore e quindi della maggiore responsabilità ed intensità del vincolo fiduciario (Cass. Ordinanza n. 10775 del 05/06/2020).
Ne  risulta  quindi  una  disamina  argomentativa  chiara  ed idonea a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per  la  formazione  del  proprio  convincimento  (Cass.  n. 6758/2022).
3.-  Pertanto,  sulla  scorta  delle  premesse  il  ricorso  de  quo deve essere respinto.
Le spese processuali seguono il regime della soccombenza, nella  misura  liquidata  in  dispositivo  in  favore  della  parte controricorrente;  segue  altresì  il  raddoppio  del  contributo unificato  ove  spettante  nella  ricorrenza  dei  presupposti processuali (conformemente alle indicazioni di Cass. s.u. 20 settembre 2019, n. 23535).
4.- In considerazione della natura dei fatti e delle questioni sollevate, non sussistono invece i presupposti per la condanna del ricorrente per responsabilità aggravata ex art. 96 c.p.c. invocato dalla controricorrente.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente alla rifusione delle spese di lite, che liquida in complessivi euro 5500,00 per compensi e 200,00 per esborsi, oltre spese generali al 15%  e  accessori  di  legge.  Ai  sensi  dell’art.  13  comma  1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un importo pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 1 -bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso nella Adunanza camerale del 9.1.2024